"Alla fine il XX secolo è diventato multimediale. Il dato può sfuggire ai più giovani, i cosiddetti nativi digitali, abituati a disporre di un'ampia gamma di fonti cui attingere informazioni e inconsapevoli di quale deformazione della percezione degli spazi e del tempo reale abbiano rappresentato nella vita quotidiana il succedersi e l'intrecciarsi di tali elementi. Diversa l'esperienza di chi il Novecento lo ha vissuto ed agli effetti dei primi decenni caratterizzati dalla diffusione di notizie in modalità cartacea, spedite per posta o passate di mano in mano, ha visto affiancarsi gli effetti di altri potenti mezzi di comunicazione come telefono, radio, televisione e internet".
Clemente Fedele e Francesco Luraschi ci invitano a riguardare il fenomeno della comunicazione in prospettiva storica, evolutiva, per individuarne le origini remote, per scoprire che "sono
state le lettere e i fogli manoscritti degli avvisi, scambiati tra
mercanti o comunicati a uomini di stato, e i 'fogli volanti' diffusi
anche a stampa in ambito urbano, a marcare gli inizi di una storia
sociale, psicologica e letteraria che sfocia nelle modalità televisive e
via internet di oggi".
La Posta - le sue istituzioni e le sue strutture, i suoi uomini e mezzi - può vantare la primazia nel far viaggiare notizie e non solo - lettere e giornali, ma anche valori e pacchi - e un ruolo a lungo centrale nell'assicurare la diffusione delle informazioni, pubbliche e private, che nel periodo risorgimentale - 1816-1870 - acquista un tratto speciale.
Il Risorgimento è segnato dall'incalzare delle idee, dalla loro circolazione, dallo scontro tra valori tradizionali e istanze di cambiamento, da incessanti incitamenti all'azione e da strategie politiche audaci sino all'azzardo; e se nell'immaginario collettivo gli eventi guerreggiati occupano la scena, è pur vero che il ruolo multimediale della Posta - segnatamente la trasmissione dei giornali - permette di rileggerlo come una una grande storia di comunicazione, con al centro la pubblica opinione e a contorno le più svariate situazioni personali.
Nella "Statistica della provincia di Saluzzo", redatta nel 1833, il vice-prefetto Giovanni Eandi annotava che se da un lato "gli uomini della campagna e gli artieri non si occupano di affari politici", ben altra sensibilità si riscontrava "nelle persone colte ed in quelle che hanno una qualche tintura di lettere", per le quali "[l]a lettura delle gazzette estere e del paese è [...] un vero bisogno, onde siddisfare al fomito della curiosità, ed essere giornalmente istrutte degli avvenimenti importantissimi da parecchi anni in qua occorsi nelle varie regioni del globo", e le botteghe da caffè, "dove si trovano quei fogli, sono frequentate da molti per questo solo ed unico fine".
La stessa situazione la registra il Conte di Hartig, Governatore della Lombardia, nel 1835: "La lettura è ora diventata una specie di bisogno, che si estende sino alle botteghe de' parrucchieri, né vi è molla che agisca con più forza di questa sulla pubblica opinione".
La tecnica mista - il mix di giornali, lettere e voci, per convalidare l'informazione - traspare sul "Giornale di Bergamo" del 19 luglio 1850, quando si dà conferma della permanenza in Verona della suprema Corte di Giustizia: "Sappiamo che, oltre a noi, molte e molte lettere di persone che dovrebbero essere bene informate su ciò che riguarda il Lombardo-Veneto, portarono questa lieta novella in Italia".
E l'emissione di francobolli in area asburgica - nel 1850 - marca alfine una trasformazione di mentalità, accompagnata da novità come i telegrafi elettrici, le ferrovie, i mezzi di trasporto collettivo, i dagherrotipi.
L'esigenza di conciliare l'entita delle tariffe postali (relativamente elevate perché collegate all'originaria specificità della lettera) con le peculiari esigenze della periodicità a stampa (che non poteva comunque prescindere canale postale) fu soddisfatta con l'emissione - nel 1851 - di francobolli per la spedizione dei giornali all'interno dell'Impero, senza uno stretto riferimento a una specifica provincia o un particolare territorio del dominio austriaco, e senza graduazione di tassa in base alla distanza.
"La validità estesa a tutti i regni dell'impero a volte rende però incerta l'entità statale di riferimento" - annotano Clemente Fedele e Francesco Luraschi - "Mentre in campo postale le carte valori sono incardinate al luogo d’impostazione, tale criterio sembra non valere più coi bollini asburgici da giornale e relative marche da bollo. Siccome l'obliterazione risulta in genere fatta in arrivo, la filatelia giudica preponderante l'elemento marcofilo e adotta come criterio di attribuzione il luogo di annullamento. Dato, in verità, problematico. Con conseguenza, ad esempio, che se l'affrancatura su una gazzetta da Vienna a Milano è saldata con normali francobolli la si considera austriaca mentre se presenta un bollino per giornali obliterato in arrivo diventa italiana".
1851: Mercuri
I
"Mercuri" sono i primi francobolli per giornali dell'Impero austriaco,
usati sull'intero territorio, quindi anche nel Regno del Lombardo
Veneto; prendono il nome dal soggetto della vignetta, la testa del
dio Mercurio, in veste antica, col cappello alato, un'immagine cara al direttore della I.R. Stamperia, Alois Auer, realizzata sul disegno di Iosef Axmann; furono prodotti in
tipografia - in fogli di 400 esemplari, divisi in 4 blocchi da 100
separati da un interspazio - su carta a macchina non filigranata;
rimasero validi sino al 31 maggio 1864.
Non avevano un facciale dichiarato ed era il colore a segnalarne il valore implicito, tarato in funzione del numero di giornali da spedire: il francobollo azzurro affrancava una copia singola (una gazzetta piegata e messa sotto fascia) laddove il giallo serviva per la fascetta
da 10 copie e il rosa per quella da 50, du esemplari - il rosa e il giallo - ideati per "sollevare dal disturbo d'applicare molti bollini turchini quelle redazioni che spediscono altrove ai propri incaricati parecchi esemplari de' rispettivi giornali sotto una fascia ad un indirizzo medesimo".

Le stampe del "Mercurio" rosa cessarono già nel 1852, giacché la fascetta da 50
si rivelò una casistica del tutto inusuale, se non assente, e le rimanenze
furono di conseguenza svalutate, portate allo stesso valore del "Mercurio" azzurro e usate per affrancare le copie singole; toccò poi al
"Mercurio" giallo uscire di scena, nel 1856, perché troppo pallido e perciò
difficile da riconoscere (sia il giallo che il rosa - in realtà - presentano spesso tinte evanescenti, che rendono complesso apprezzarli per bene); lo sostituì il "Mercurio" rosso (non conosciuto con timbri di località del Lombardo-Veneto).
I due "Mercuri" rossi più belli:
l'esemplare in bianco e nero è appartenuto alla Collezione Caspary;
l'altro fu proposto da Renato Mondolfo, nel suo catalogo di vendita n. 7.
Di dirimpetto allo scarso utilizzo di allora degli alti valori per finalità postali troviamo ora la loro fortuna filatelica.
Un inventariodel 1853, della Direzione di Lodi, sui fogli dei "Mercuri" gialli e rossi.
Se si pensa che i due francobolli sono introvabili, com'è evidente dalle quotazioni di catalogo,
si ha "la dimostrazione che oggi stiamo camminando sulle macerie di un passato
che non finisce mai di stupire" - annota il filatelista Francesco Luraschi.
Al "Mercurio" rosso è oggi attribuita la palma di francobollo più raro d'Europa: "it is the pride of the Austrian philatelist for it is his
country's rarest normal stamp" - scrive L. N. William, nel volume 1 della "Encyclopaedia
of Rare and Famous Stamps" - "and one needs but to mention the magical
words 'rote Merkur' to see him puff out his chest and a sparkle come
into his eyes".
Una corrispondenza privata di Emilio Diena con un collezionista (Ingegner Garbin)
relativamente alla marca per giornali "Mercurio rosso" del Lombardo-Veneto.
Diena si congratula poi col collezionista, per aver finalizzato l'acquisto:"Sento con piacere che ella ha aggiunto alla sua collezione il Mercurio [rosso].
Me ne compiaccio anche perché l'esemplare è di rara freschezza".
Riferisce poi "che durante la mia non breve carriera filatelica non ebbi mai occasione
di acquistare altro che l'esemplare offertole"; e che "si tratta di una rarità classica
e forse i prezzi segnati nei cataloghi sono inferiori al vero valore commerciale
di un francobollo che non si vede affatto".
Estratto da "Il Collezionista - Italia Filatelica", n. 7, aprile 1964. La sua fama ha addirittura valicato la cerchia dei collezionisti, per arrivare al grande pubblico; lo troviamo ad esempio al centro del romanzo d'epoca di Auguste Groner - già evocato nel titolo - e collocato in copertina nell'edizione del 2022.
Siamo a Vienna, agli inizi del Novecento,
e Therese Schubert, vedova
benestante, viene trovata morta nel suo appartamento.
Al principio si immagina un omicidio a scopo di rapina
e si ipotizza il coinvolgimento del
fidanzato della nipote e del suo fratellastro.
Finché nell'indagine si
inserisce Joseph Müller, un tempo al servizio della polizia asburgica.
e ora richiamato dal suo superiore per risolvere il caso.
La traccia che lo porterà alla soluzione sarà proprio un "Mercurio" rosso:
la vittima ne possedeva un
esemplare,
e da questo indizio Müller ricostruirà l'intera vicenda.
1858-1861: Testine
Nel 1858 l'Impero austriaco varò una riforma monetaria, che investì di riflesso anche le carte-valori postali (vi sarà una seconda emissione nel Lombardo-Veneto, denominata in soldi e non più in centesimi); cambiarono pure le vignette dei francobolli per giornali, occupate ora dall'effigie di Francesco Giuseppe, variamente incorniciata.
Il primo francobollo fu emesso l'1 novembre 1858: il busto di Sua Maestà, in rilievo a secco, è volto a sinistra, situato dentro un doppio rettangolo entro cui corrono le diciture "STEMPEL K.K.
ZEITUNGS POST", rese squillanti da quattro cornette di posta agli angoli,
Anche questo nuovo esemplare non aveva un facciale esplicitato; il suo valore era di 1 soldo e 5 denari (1,05 soldi equivalenti a 3 centesimi) e copriva la spedizione di un giornale singolo; fu stampato in fogli da 400 pezzi, divisi in 4 gruppi da 100, separati da un interspazio orizzontale di circa 24 millimetri, e posti in vendita piegati al
centro "a mezzi fogli di 200 pezzi: ogni mezzo foglio ha due facciate;
ogni facciata 100 marche".
Nell'agosto del 1859 il colore virò sul violetto, probabilmente per evitare di confonderlo col francobollo azzurro da 15 soldi per la spedizione delle lettere.
Le
tavole di stampa differiscono peraltro in piccoli particolari, rispetto all'esemplare azzurro; il
più evidente è l'effigie dell'Imperatore, che nel francobollo azzurro è la stessa della seconda emissione ordinaria con il cosiddetto "I tipo" (nastro aperto, ciuffo piatto) e nell'esemplare lilla richiama invece il "II tipo" (nastro chiuso, ciuffo
pronunciato); l'interspazio misurava circa 10 millimetri.
Entrambi gli esemplari - azzurro e violetto - rimasero validi sino al 31 maggio 1864.
Nel 1861 fa la sua comparsa un terzo francobollo, con l'effigie di Francesco Giuseppe ora rivolta a destra (in linea con la terza emissione ordinaria) racchiusa in un ovale con attorno una cornice rettangolare ad angoli arrotondati e fondo grecato; fu realizzato con la tecnica della stampa a
secco ad alto rilievo, allora di moda sull'onda del successo dei cosiddetti "obbiadini" (i bollini chiudilettera artistici); i fogli di stampa (a macchina, non filigranati) accoglievano 400 esemplari, divisi in 4 gruppi di 100, separati da un interspazio orizzontale.
E' catalogato per convenzione come il primo francobollo per giornali (valore implicito ancora di 1,05 soldi, per una copia) con validità esclusiva per i territori del
Veneto e di Mantova (giacché la Lombardia era passato sotto il dominio sardo) sebbene anche il precedente non ebbe la possibilità
di calcare il suolo lombardo.
La sua validità andò sino al 31 maggio
1864
Tra le casistiche più interessanti vi sono gli esemplari con le impronte del bordo tipografico della composizione.
Piuttosto folkloristica la sua uscita di scena, con la validità prorogata due volte, sino all'1 giugno 1864, quando le scorte saranno
richiamate a Vienna e riservate ai "raccoglitori ed ai rivenditori di bolli-lettere" - i neo-nati collezionisti e commercianti - "verso pagamento del valore nominale, e
rispettivamente al prezzo stabilito pei bolli gazzette di 1 soldo per
ogni bollo".
1863: Aquiletta
L'ultimo dei francobolli per giornali segna il passaggio dal volto dell'Imperatore all'aquila austro-ungarica (ancora una volta in linea con le nuove emissioni ordinarie) stampata a rilievo in tipografia entro una cornice ovale a sua volta circondata da un rettangolo con fondo lineato, racchiuso in un ottagono con le diciture "STEMPEL K.K. ZEITUNGS POST".
Rimasero invariati il valore implicito (1,05 soldi) e i tecnicismi di stampa (fogli da 400 pezzi, divisi in 4 gruppi
di 100, separati da interspazio orizzontale), ma la carta a macchina si differenziò nel tempo per la comparsa della filigrana:
le prime forniture (dal luglio 1863 al giugno 1864) non l'avevano; successivamente si introdussero fogli con al centro la scritta
"ZEITUNGS-MARKEN".
La validità del francobollo seguì le sorti della Terza Guerra d'Indipendenza, e il 19 Agosto 1866 uscì definitivamente di scena.
Tra le varietà si annoverano i decalchi, gli esemplari con bordo di foglio che mostrano la riquadratura del filetto esterno della composizione e le coppie tête-bêche (il 17° pezzo di una parte della tiratura fu inserito al contrario nella composizione da stampa).
Il foglio originario di stampa, con il 17° esemplare (tra il 16° e il 18°) capovolto.
I segnatasse
La libera circolazione delle informazioni (politiche) è sempre stata un tema per i Governi assolutistici, soprattutto se il flusso informativo proviene da altri Stati, magari pure ostili.
"I fogli moltiplicati a stampa hanno sempre impensierito le autorità, sia religiose che civili. L'età moderna vede nascere un apparato censorio di controllo le cui vicende costituiscono un capitolo di storia dell’opinione pubblica ricco di risvolti postali" - scrivono Fedele e Luraschi - "Tema intrigante quello delle misure di contrasto ai possibili effetti destabilizzanti da circolazione delle notizie. Alle maniere forti di polizia si affiancava la serie dei controlli indiretti svolti nei nostri uffici che comprendeva la tecnica della ritardata distribuzione di gazzette pericolose in modo da disinnescarne l'effetto miccia nei giorni di posta in cui gli animi delle fazioni, in trepidante attesa, erano più surriscaldati. Tra redattori e censori, così come tra editori e governi, è stato un continuo gioco di rimpalli. In certi momenti si interveniva col pugno duro, in altri delicatamente per non irritare la pubblica opinione".
E se non se si può palesemente proibire l'affluenza di giornali dall'estero - ché la misura apparirebbe eccessiva a un'opinione pubblica che va comunque tenuta quieta - se ne può ancora ostacolare la diffusione in vari modi: con una censura preventiva, oppure astenendosi da agevolazioni, o con l'imposizione di una tassa d'ingresso.
Il 27 gennaio 1853 il Ministro delle Finanze rivoluzionava il sistema d'incasso della tassa sulle gazzette estere in abbonamento, per la quale "si adotterà l'incollamento di apposite marche da bollo a foggia delle marche postali per le lettere", da far gravare sul destinatario. La circolare dell'8 febbraio forniva ulteriori precisazioni: "la nuova pratica di bollatura adottata per le gazzette estere politiche: in luogo di tale bollatura, trattandosi di quelle gazzette politiche estere che si ricevono con il mezzo dell'I.R. ufficio postale, si adotterà l'incollamento di apposite marche da bollo a foggia delle marche postali per le lettere".
Parliamo dunque di segnatasse, e non più di francobolli, anche se storicamente
vi sono stati apparentati e censiti in tutti i
cataloghi filatelici.
Il 2 kreuzer (equivalente ai 10 centesimi del Lombardo-Veneto) è il
primo di questi segnatasse per giornali, emesso l'1 marzo 1853, valido sull'intero
territorio dell'Impero, sino al 31 ottobre 1858.
Nel novembre 1858 - in corrispondenza della riforma monetaria con cui si passo dalle lire ai soldi - entrò in circolo il valore da 4 kreuzer.
La sua vita durò un soffio, ché già dall'1 gennaio 1859 la tariffa fu ridotta a 2 kreuzer, con contestuale emissione di un segnatasse dedicato (e in attesa che entrasse in uso si adoperarono le rimanenze del 4 kreuzer
come se valessero 2 kreuzer) i cui
cliché si ricavarono dalla matrice del 4 kreuzer (con
la sostituzione della cifra del valore).
Una parte della tiratura fu realizzata su carta filigranata - con al centro la scritta "ZEITUNGS-MARKEN" - dal giugno
1864.
La tassa sulle gazzette gravava dal 1858 anche sui giornali provenienti dagli Stati tedeschi; era stata fissata in 2 kreuzer e in questo caso assolta tramite l'appostazione di uno specifico bollo.
Dal gennaio 1859 la si ridusse a 1 kreuzer e si passò al sistema dei segnatasse, per cui si rese necessaria la creazione del valore dedicato, ricavato scalpellando le cifre dalla tavola ormai in disuso del 4 kreuzer.

Riferimenti bibliografici
CLEMENTE FEDELE, FRANCESCO LURASCHI
Giornali in Posta - Prima parte - L'epoca dei bolli
("Storie di Posta", volume 9, maggio 2014)
Giornali in Posta - Seconda parte - L'epoca dei bollini
("Storie di Posta", volume 10, novembre 2014)
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