DALLA "CASPARY" ALLA "MORMINO" E RITORNO

Facciamo un passo indietro. Dalla breve e intensa dittatura garibaldina sui territori napoletani, testimoniata dalla Trinacria, torniamo al Regno di Napoli, nei Domini al di qua del Faro, come si chiamava al tempo la parte continentale del Regno delle Due Sicilie. Ritorniamo al Regno di Napoli, rimanendo però dentro la "Sale 7, Old Italian States - Part One", con il lotto numero 620.


Un raro blocco di otto dell'esemplare da 1 grano, II tavola, deliziosamente annullato con timbro "a svolazzo", che pur non passante sul frammento è congruente con la località di Lanciano.

Lo stesso pezzo lo ritroviamo circa venticinque anni dopo, nel 1981, nel catalogo della Collezione "Mormino", come lotto numero 62.


Il frammento - nella nuova versione, a colori - accoglie alcune tra le firme più prestigiose della filatelia italiana e internazionale: Giulio Bolaffi, Alberto Diena, Enzo Diena, Raybaudi, tutte apposte per esteso, e pure un timbrino "A. BOLAFFI", a marchiare il pezzo in modo indelebile. La base d'asta era 14 milioni di lire, una cifra notevole per l'epoca.

E' un bell'oggetto, da ammirare, e son sicuro di aver fatto felici molti collezionisti di "Napoli" nel postarlo, ma è altro quel che adesso mi interessa. Voglio mostrarvi la descrizione del lotto nel Catalogo Caspary.


Oibò! "Pair creased and tiny tear" e a chiudere "as a whole a magnificent block", con quell'espressione, "as a whole", da sempre impiegata per segnalare un pezzo complessivamente eccezionale, nonostante una o più (piccole?) imperfezioni. Che fine hanno fatto la "pair creased and tiny tear" nella descrizione contenuta nel Catalogo "Mormino"?

Abbiamo però una gran fortuna, una sorte favorevolissima. Possiamo attingere alla testimonianza diretta di chi ha inventariato, analizzato e descritto la Collezione "Mormino". Qui trovate l'affascinante racconto di chi può ben dire "io c'ero!". Leggetelo, perché merita ed è davvero avvincente, e sicuramente la mia narrazione non potrà nemmeno avvicinarsi alla ricostruzione dei fatti di chi quell'avventura l'ha vissuta in prima persona. Estraggo un passaggio: "stimammo 675 lotti che, quando mi furono recapitati a Roma, dovetti - con enorme piacere - descrivere singolarmente, accarezzandoli uno ad uno [...] la collezione era nel caveau dell'Italphil ed io continuavo a gustarmela giorno per giorno e la conoscevo a memoria".

Perbacco! Se la gustava ogni giorno e la conosceva a memoria, eppure non si accorse mai della "pair creased and tiny tear". Perché - presumo - se le avesse notate le avrebbe certamente descritte, come deontologia professionale imponeva e impone di fare, come aveva fatto il suo collega della Harmer venticinque anni prima. Quindi non se ne accorse, semplicemente. Non immagino neppure l'eventualità di un acritico recepimento di quella sventagliata di autorevoli autografi (della serie: "con tutte queste firme, chi sono io per dire che qualcosa non è a posto?"). Probabilmente, come lui stesso ci racconta, rimase inebriato e stordito dalla fragranza di quell'eccezionale complesso di pezzi del Regno delle Due Sicilie. "Chi ha sottomano o ricorda il catalogo della vendita può capire la mia 'esaltazione' nel vedere - per la prima volta e tutti assieme - quei francobolli".

Capiamo, capiamo. Si può veramente perdere la testa davanti a "una collezione stupenda, ricca di pezzi di grandissima qualità e con alcuni pezzi che hanno sempre rappresentato la filatelia italiana nel mondo". Capiamo, davvero, ma più attenzione nelle descrizioni non sarebbe guastata, e non guasterebbe oggi, se descrivere i francobolli è il proprio mestiere. Fortuna che l'asta non andò mai in scena, altrimenti qualche appassionato e innamorato collezionista - lui, sì, legittimato a perder la testa e non capir più nulla - avrebbe pagato almeno 14 milioni di lire più diritti, se non di più, per un blocco di otto affetto da una "pair creased and tiny tear". Che poi, magari, lo avrebbe acquistato comunque, perché il pezzo rimane eccezionale "as a whole", anche con le sue "pair creased and tiny tear"; però me lo devi dire - io voglio, pretendo che tu me lo dica - affinché la mia scelta sia pienamente consapevole.

E ora imbarchiamoci sul traghetto per attraversare lo stretto di Messina, trasferiamoci dal Regno di Napoli al Regno di Sicilia, dai Domini al di qua del Faro ai Domini al di là del Faro. 

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