LE SORELLE AZZURRE - Trinacria

Il costo per l'invio dei giornali nel Regno di Napoli era ½ grano. L'uso del francobollo (il pagamento anticipato del servizio postale) era in questo caso obbligatorio, laddove per la generalità delle spedizioni rimaneva facoltativo (con la conseguente applicazione di una tassa).


Articoli 1 e 13 del Real Decreto N. 4210 del 9 luglio 1857.



Una copia del giornale "L'Omnibus", affrancata con l'esemplare da ½ grano. 
 
Precisione e chiarezza della norma non evitarono discussioni e polemiche tra gli editori dei giornali e l'Amministrazione delle Poste.
 
Nell'agosto del 1860 - a ridosso dello sbarco di Garibaldi nella parte continentale del Regno delle Due Sicilie - gli editori sollecitarono il Ministero delle Finanze al rispetto della puntualità nella consegna dei giornali, ché tutta l'attrattiva di un giornale stava (e sta) nella freschezza dei fatti narrati.
 
L'Amministrazione replicò col richiamo all'obbligatorietà dell'affrancatura, laddove molti giornali non recavano il francobollo - venivano cioè spediti non affrancati - per cui erano giustamente trattenuti in giacenza.
 
La querelle proseguì senza grande costrutto, con l'Amministrazione impegnata a ribadire l'obbligo di affrancatura dei giornali (con uno specifico Avviso) e gli editori ostinati a disattendere la norma.
 
Tutto però stava per cambiare, o meglio, per essere stravolto.


La vita è un susseguirsi di momenti passeggeri, ma alcuni istanti hanno il privilegio di consegnare alla Storia degli eventi che spesso non riescono a venir fuori nemmeno nel corso di secoli e secoli.
 
La dittatura di Garibaldi era un singolare momento di passaggio, sospeso tra il passato e il futuro, quando il passato non lo era ancora del tutto e il futuro faceva anticamera per diventare presente. In quel particolare momento, transitorio più di qualsiasi altro, tra quei fuochi fatui di potere, c'era l'esigenza di far sapere al popolo meridionale cos'era appena accaduto, cosa stava accadendo, cosa ci si doveva attendere che accadesse nell'immediato.

Come fare? Con i giornali, ovvio, anche perché all'epoca non vi erano poi tante altre possibilità. Serviva allora rimuovere la tassa sulle idee, serviva - tecnicamente - allineare la tariffa per le stampe e i giornali al regime postale del Regno di Sardegna. Le Poste Sarde avevano d'altra parte già esteso alla Sicilia "le disposizioni che regolano il cambio delle corrispondenze" e gli editori dei giornali colsero subito l'occasione per trarne profitto.

Sul giornale "L'Omnibus" del 13 settembre 1860, tra le "Preghiere al dittatore Garibaldi",
compare la richiesta di riduzione del tassa per la spedizione dei giornali. 

Si determinò dunque un singolare allineamento di interessi e obiettivi: il nuovo Governo voleva fare informazionecreare opinione, all'occorrenza abbandonarsi alla propaganda, ché il vasto consenso conquistato sul sentimento popolare andava ora consolidato con la precisa narrazione dei fatti e delle cose, con la loro cronaca puntuale, da diffondere massimamente; gli editori dei giornali volevano alleggerirsi di un costo, sgravarsi di un onere, rendere più profittevole la loro attività, giocando proprio sulla contrapposizione di stili tra i Borbone e il nuovo corso di Casa Savoia; e a ogni modo - di là degli ideali e dei principi liberali - vi era la necessità, se non l'obbligo, di unificare la normativa postale tra i territori del costituendo Regno d'Italia.

Il gioco delle equivalenze tra le monetazioni sarde e napoletane condusse a fissare il porto dei giornali in ½ tornese, corrispondente a ¼ di grano, la metà del costo di ½ grano in vigore in quel momento. Semplice a dirsi - ci vuol poco a scrivere su carta intestata: "da domani ½ tornese anziché ½ grano" - ma decisamente complicato a farsi, per l'indisponibilità fisica dell'oggetto necessario allo scopo, un francobollo da ½ tornese, appunto.

Una soluzione pragmatica passava per il frazionamento degli esemplari da ½ grano - seguendo un'usanza in voga nello Stato Pontificio - così da realizzare due invii, anziché uno solo, per ogni esemplare posseduto. L'idea trovò in effetti attuazione, senza peraltro mai diventare prassi, anche perché - scrive Emilio Diena - "tale espediente fu soltanto tollerato, ma non ufficialmente autorizzato".
Esemplari del ½ grano frazionato, per realizzare un'affrancatura da ½ tornese.
Sono noti 6 casi del ½ grano frazionato su giornale e 2 su frammento,
  Uno è usato a Napoli sul giornale "Il Nazionale",
 un'altro a Campobasso sul giornale "Il Sannita".
 e gli altri sul giornale "Il Rinnovamento" di Chieti.
 
Quel che occorreva non erano però espedienti, rimedi estemporanei o accomodamenti pratici. Serviva un intervento strutturale, da realizzare pure in fretta, perché certi momenti passano in un istante. Con sollecitudine si doveva transitare dell'intenzione all'azione.

La linea d'attacco più efficace - la via più rapida, di minor resistenza - fu individuata ancora nell'esemplare del ½ grano, ma non "a valle", sul francobollo già stampato, bensì "a monte", sulle tavole originarie. Nulla di meglio che raschiar via la "G" di grano e sostituirla con la "T" di tornese, limitando l'operazione a metà della tavola, sia per ragioni di celerità sia per preservare la possibilità di stampare i valori da ½ grano.

La tavola del ½ grano come doveva presentarsi dopo la modifica:
una parte continuava a riportare l'originaria "G" di grano,
nell'altra appariva invece la nuova "T" di tornese.

Si scelse di stampare il nuovo francobollo in azzurro, anziché nel tradizionale rosa, non sappiamo se solo al fine pratico di facilitare la distinzione dal ½ grano, o per la precisa volontà politica di marcare l'avvento della nuova Casa Reale, o se magari per entrambi i motivi.
 
Emilio Diena, sul punto, rimase piuttosto cauto. "Mi fu chiesto perché per il nuovo valore da ½ tornese sia stato scelto il colore azzurro. Non mi è riuscito di trovare al riguardo alcun accenno. Mi sembra probabile che siano corsi soltanto degli accordi verbali. E' da ritenere che si sia voluto semplicemente adottare un colore che permette di ottenere stampe calcografiche ben distinte ed appariscenti".

Ma d'altra parte fu l'intero processo di emissione a seguire percorsi informali, a non avere alcuna dimensione istituzionale. Ce la si cavò semplicemente con una scarna Notificazione delle Poste - senza data! - pubblicata sul "Giornale Officiale di Napoli" n. 50 del 5 novembre 1860 e su "L'Omnibus" dell'8 dello stesso mese. Tutto qui, nient'altro.

L'annuncio dell'emissione del valore da ½ tornese.
Torna alla memoria, per associazione di idee, 
 il sonetto "Lupa Romana" del poeta Trilussa,
 sapendo cosa sarebbe diventato quel francobollo per i collezionisti:
"Er giorno che la Lupa allattò Romolo
nun pensò né a l'onori né a la gloria:
sapeva già che, uscita dalla Favola,
l'avrebbero ingabbiata ne la Storia".

Il 6 novembre 1860 - nata dalla metà di destra della seconda tavola del ½ grano, a opera dell'incisore Pasquale Amendola e del tipografo Gennaro De Masa - si manifestava per la prima volta il francobollo da ½ tornese, poi battezzato dai collezionisti Trinacria, identico nello stereotipo al francobollo borbonico, ma tinto d'azzurro, il colore dei Savoia.

Dal ½ grano dell'emissione del 1858 al ½ tornese Trinacria. 



La Trinacria,
il francobollo della dittatura di Giuseppe Garibaldi.  
"Il fatto che la Trinacria si presenta in un unico caratteristico colore, azzurro intenso,
con lievissime tonalità dovute soltanto all'inchiostrazione delle tavola
oppure all'azione della colla e degli agenti atmosferici,
nonché la breve vita di quel raro francobollo,
rendono assai attendibile la supposizione che ne sia stata eseguita una tiratura unica,
limitata ad un numero ristretto di esemplari,
che per l'urgenza dell'applicazione della nuova tariffa per la spedizione delle stampe periodiche
venne immediatamente usata".
(Emilio Diena)



Trinacria "primo giorno" su fascetta.
Esistono solo cinque Trinacrie usate il 6 novembre 1860.
(tre su giornale, due su fascetta).



Terzo giorno d'uso della Trinacria, sul giornale "L'Omnibus",
con notizie di eccezionale contenuto storico.
 
 
 
L'unico giornale affrancato con due esemplari della Trinacria.
ex Collezioni "Pedemonte" e Imperato.
 




La "coppia Caspary" della Trinacria, con lo stralcio dell'articolo di stampa sulla tornata d'asta.



La "coppia Burrus" (riparata) annullata "a svolazzo".

Il periodo di validità della Trinacria si estendeva formalmente sino al 30 novembre 1861, ma la sua presenza sulla scena non andò oltre un breve momento di passaggio, la sua vita non durò che pochi istanti: fu usata spesso nel mese di novembre, già molto meno in dicembre, e sporadicamente in seguito.

Storia breve e intensa, quella della Trinacria, storia di una magia passeggera, storia di un oggetto che nell'asciutta comunicazione della sua nascita già conteneva - in quel nota bene - l'annuncio della sua imminente scomparsa.

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