NAPOLI 1858


Per un'ironia della storia, il Regno delle Due Sicilie, il più grande tra gli Antichi Stati Italiani, fu l'ultimo a introdurre i francobolli nel proprio sistema postale, nel 1858 nei domini Al di qua del Faro, a Napoli, nel 1859 nei domini Al di là del Faro, in Sicilia.

E sì che già nel 1841, a Napoli, l'architetto di origini svizzere Amy Autran ne aveva sponsorizzato l'uso, giocando sulle relazioni personali con i funzionari borbonici e forte dell'esperienza maturata nei suoi viaggi d'affari in Inghilterra, dove il celeberrimo "Penny Black" era stato messo a punto proprio in quel periodo, su iniziativa di un altro privato cittadino, Sir Rowland Hill.

La proposta dell'Autran fu esaminata solo otto anni dopo, nel 1849, ma ancora in tempo per conquistare la primazia delle emissioni.
 
Il progetto di riforma prese avvio con una serie di contatti oltremanica, con le più rinomate case di arti grafiche. L'esito fu un "saggio" con l'effige di Re Ferdinando II, volta a sinistra e cinta d'alloro, e i gigli borbonici ai quattro angoli: sono i cosiddetti "saggi Thomas", dal nome dell'artista londinese George Housman Thomas, che presumibilmente li realizzò; sono stampati in calcografia, hanno un valore facciale di 2 grana e si presentano nei colori nero, celeste-ardesia, verde-oliva e bruno rossiccio.

Un blocco di quattro del "saggio Thomas" da 2 grana,
custodito nella Collezione "Naples".
Autorevoli opinioni del passato, agli albori della filatelia,
attribuivano l'esecuzione del saggio a un certo Lefebvre,
e nel volto effigiato vedevano il profilo dell'Imperatore romano Tiberio.
Gli appunti autografi dell'Autran non lasciano però dubbi sull'effige di Ferdinando II,
anche se il profilo del Re non ha in effetti alcuna somiglianza
con quelli delle monete, delle medaglie e delle stampe dell'epoca.

Allo slancio iniziale non corrispose l'immediata volontà politica di finalizzare l'iniziativa e per l'attuazione servì addirittura un altro decennio. "Per quali ragioni l'importante riforma abbia tardato ad essere accolta [...] non mi è riuscito di chiarire", scrive Emilio Diena nella sua monografia, e sarebbe specioso, ora, avanzare ipotesi e congetture. Sappiamo solo che l'Autran lasciò l'Italia nel 1853, per stabilirsi a Ginevra e dedicarsi a opere filantropiche, ma "sembra non improbabile che se egli fosse rimasto nel Regno di Napoli, l'adozione dei francobolli postali non sarebbe stata ivi tanto a lungo ritardata".

I bolli borbonici avrebbero potuto inaugurare  le emissioni filateliche, vi erano tutte le premesse affinché conquistassero il primato - come Napoli l'aveva già avuto altrove: la prima ferrovia, il primo telegrafo elettrico, il primo faro lenticolare - e invece arrivarono ultimi e pure con parecchi affanni.
 
"L'attuazione del nuovo sistema [...] costituiva una riforma radicale a cui l'Amministrazione postale napoletana non era abbastanza preparata", annota ancora Emilio Diena. Se ne ha testimonianza in una circolare dell'Amministrazione con l'elenco dei principali disservizi lamentati dal pubblico - in particolare la penuria di francobolli e la pretesa tassazione di lettere regolarmente affrancate - ma soprattutto in una comunicazione confindenziale del marzo del 1858, tra il Ministro degli Affari di Sicilia e Napoli, Giovanni Cassisi, e il Viceré di Sicilia, Principe di Castelcicala. L'oggetto era l'emissione dei francobolli siciliani e incidentalmente si finì col richiamare il travaglio dell'emissione napoletana vissuto da Federico Cervati, Amministratore Generale delle Poste. "II signor Cervati [...] non ebbe alcun ritegno a confidarmi che [...] nulla trovò preparato per un servizio che doveva attuarsi immancabilmente al I° dello imminente gennaio. Egli era nella dura alternativa o di non attuare i servizi e dare un pubblico scandalo dopo la pubblicazione dei Decreti, o di cominciar male. Coraggiosamente, per salvare la dignità del Real Governo, si appigliò al secondo partito".


La carta geografica del Regno di Napoli (1782), col numero di province, distretti e comuni (al 1816).

L'introduzione del francobollo imponeva scelte politiche e prospettava temi tecnici con risvolti istituzionali.

La scelta politica toccava la definizione delle tariffe, il costo del servizio pubblico di trasporto della corrispondenza. Una specifica Commissione - istituita nel gennaio del 1857 - valutò i possibili miglioramenti da apportare all'amministrazione delle poste e rilasciò la sua relazione al Consiglio dei Ministri in aprile.

Il principio del costo proporzionale alla distanza, caratteristico del regime pre-filatelico, veniva sostituito con "il principio dell'uniformità della tassa, qualunque fosse la distanza", perché interpretare la "tassa postale come un dazio [...] o come il rimborso della spesa del trasporto delle lettere" conduceva comunque a un "principio di uniformità assoluta".

Rimaneva invece la graduazione del costo in funzione del volume della lettera (sino a due fogli) e del peso (se si superavano i due fogli) dove per "foglio" si intendevano le odierne due pagine, perciò quattro facciate: una pagina - la cosiddetta sovra-coperta - con l'indirizzo e l'affrancatura, l'altra con il testo della lettera.

L'uso del francobollo - il pagamento anticipato del servizio di trasporto - rimaneva facoltativo, a eccezione di particolari tipi di spedizione; ma se il costo veniva fatto gravare sul destinatario, allora la tassa postale aumentava in proporzione.
 
L'assenza di convenzioni postali con altri Stati della penisola è rivelatrice dell'atteggiamento di distacco del Regno di Napoli: l'affrancatura con i bolli napoletani poteva far viaggiare la lettera sino ai confini del Regno, ma non oltre, perché non riconosciuta più valida per recapitarla a destinazione.




Alcuni estratti di particolare interesse della Relazione della Commissione nominata 
"per disaminare e proporre tutti gli immigliamenti che sia necessario od utile di arrecare
nell'Amministrazione generale delle Regie Poste e de' Procacci".

Vi era poi il tema del soggetto del francobollo, una scelta stretta tra la tradizione e i limiti tecnici di realizzazione.
 
La prassi istituzionale suggeriva l'adozione dello stemma ufficiale della dinastia - come avvenuto nel Regno del Lombardo Veneto e nei Ducati di Modena e Parma - che tuttavia era troppo ricco di dettagli e sfumature, per essere adeguatamente riprodotto su un oggetto di dimensioni ridotte.

Lo stemma ufficiale dei Borbone (delle Due Sicilie), introdotto col Decreto Reale del 21 dicembre 1816.
Borbone accolsero gli stemmi delle realtà politiche su cui regnavano - Spagna, Francia e Italia - 
attorno all'emblema della propria Casa Reale, uno scudo ornato da tre gigli dorati su sfondo blu.
La scelta non si limitava ai domini dell'epoca,
ma omaggiava anche le Corone che in passato avevano governato in quei territori:
il Regno d'Aragona, il Regno di Castiglia, il Ducato di Borgogna.
Lo stemma recepiva anche tutti gli stendardi delle storiche monarchie di Napoli e Palermo,
gli Angioini, gli Aragonesi e gli Asburgo.
Suggestivo e di particolare interesse è il titolo di "Sovrani di Gerusalemme",
di cui i Borbone si sentivano depositari, col richiamo ai fasti dell'Impero federiciano. 
La decisione di ricordare i predecessori, e di appropriarsi dei loro simboli,
aveva una motivazione precisa, che trascendeva semplici questioni di prestigio dinastico.
I Borbone volevano incastonarsi nella Storia, inserirsi nel solco della tradizione.
La Corona Reale con la Croce Cristiana era posta alla sommità dello stemma,
a testimoniare l'orientamento religioso e legittimare la volontà e la grazia divina per il loro trono.
L'emblema era infine arricchito dai corollari degli Ordini Cavallereschi,
su cui i Borbone vantavano la propria autorità.



 Un timbro con lo stemma ufficiale del Regno delle Due Sicilie.
L'impronta, tra le più nitide, rimane ancora piuttosto approssimativa,
  e fa capire quanto fosse tecnicamente complicata la sua riproduzione.

Il Real Decreto N. 4210 del 9 luglio 1857 ufficializza l'introduzione del francobollo e ne disciplina l'uso.

Il Real Decreto N. 4210 del 9 luglio 1857.





         
                          




                     



"Le incisioni, per l'esecuzione dei simboli araldici, per l'esatta forma dei caratteri,
e per il tratteggio accurato, offrono senza dubbio un pregio artistico non comune.
Se la preparazione delle tavole fosse riuscita scevra da imperfezioni
e se la stampa fosse stata eseguita sempre in un colore ben marcato,
su carta a superficie levigata, si sarebbero raggiunti effetti assai migliori.
Ad ogni modo, questa emissione, che presenta, per così dire una fisionomia tutta propria,
è, fra le antiche, una delle più caratteristiche e più classiche"
(Emilio Diena)

L'emissione napoletana è formata da sette esemplari, dal ½ grano al 50 grana, inframmezzati dai valori da 1, 2, 5, 10 e 20 grana.
 
Ogni francobollo mostra i simboli del Regno - il cavallo sfrenato napoletano, la trinacria siciliana e i gigli borbonici - racchiusi in una cornice di forma variabile con il valore facciale - tonda, quadrata, ottagonale, esagonale, romboidale, ovale - su cui corre la scritta "BOLLO DELLA POSTA NAPOLETANA" e con in basso il tassello del valore.
 
La decisione di non riprodurre lo stemma ufficiale delle Due Sicilie, né quello proprio della Casa dei Borbone, permise all'artista di derogare alle norme araldiche nella rappresentazione dei simboli, per raggiungere una migliore rappresentazione grafica e un più omogeneo effetto d'assieme, com'era già accaduto per alcune carte da bollo in cui si ritrova la stessa disposizione degli emblemi.

L'emissione di Napoli è l'unica degli Antichi Stati di tinta uniforme, un sobrio rosa - che pure mostra molteplici gradazioni, per le diverse proporzioni dei componenti della miscela - scelto probabilmente per evitare affrancature di una colorazione inneggiante all'unità d'Italia, sebbene negli atti ufficiali non vi siano riferimenti espliciti a sequenze cromatiche indesiderate.
 
E' vero, piuttosto, che l'uniformità del colore ostacolava il rapido riscontro delle affrancature da parte degli impiegati postali, cosicché, al momento di introdurre i francobolli anche in Sicilia, si propose l'adozione di colori diversi per ogni valore. E in quel frangente, sì, il Ministro degli Affari di Sicilia a Napoli si premurò di impedire possibili combinazioni di colori "sconvenienti" ("Fisserei i colori e ne limiterei le differenze per iscegliere colori che riuniti in qualunque modo non potessero offrire combinazioni non riconosciute dal nostro Real Governo", scriveva al Luogotenente del Re in Sicilia, in una lettera del 23 novembre 1857).

Gli articoli 11-14 del Decreto n. 4210 del 9 luglio 1857, sulle tariffe postali.


Fontewww.antichistati.com
Ogni singolo francobollo dell'emissione assolveva una specifica tariffa:
il 
½ grano copriva la tassa uniforme per ogni foglio di giornale;
il valore da 1 grano serviva per lettere interne alla Capitale e tra i comuni del circondario;
il  2 grana assolveva la tassa uniforme per lettera semplice (un foglio), oltre il circondario postale.
Le tariffe aumentavano al crescere del numero dei fogli
e i valori dell'emissione ben si prestavano a esser combinati tra loro, per soddisfarle:
per un foglio e mezzo servivano 3 grana, per due fogli occorrevano 4 grana. 
Il parametro di costo slittava poi sul peso - in ragione di 1 grana ogni 5 trappesi -
quando il volume della lettera superava i due fogli.
La spedizione cosiddetta "assicurata" - l'odierna "raccomandata" -
raddoppiava il costo delle lettere ordinarie.
 E' oggi disponibile una app per le tariffe del Regno di Napoli.

L'emissione è ufficialmente datata "1 gennaio 1858", ma il primo uso conosciuto è il 2 gennaio, per convenzione codificato "primo giorno".

Una "primo giorno" del Regno di Napoli, affrancata per 3 grana,
con al verso il bollo datario su due righe "Napoli 2 GEN".



 L'Ingegner Mario Merone, collezionista, perito filatelico, cultore di filatelia napoletana,
pubblicò nel 1995 un articolo - su "la TRIBUNA del collezionista", nr. 228, pp. 6-9 -
in cui mostrava una lettera da Spezzano Albanese a Cerchiara, 
affrancata con 2 grana lilla rosa chiaro... del 30 dicembre 1857!
La data - per l'esattezza - è scritta in calce alla lettera, dallo stesso mittente.
La lettera, oltre all'annullato "in cartella", non presenta nessun altro timbro postale,
né bolli di partenza (in teoria l'ovale di Spezzano Albanese), né di arrivo a destinazione (Cerchiara).
L'Ingegner Merone si avventura in una possibile ricostruzione della sua genesi.
 "Spezzano e Cerchiara appartenevano al distretto di Castrovillari;
il primo, però, era ubicato sul cammino principale Castrovillari-Cosenza
mentre il secondo, a nord-est di Castrovillari,
non era neppure posto su un cammino traverso del Capoluogo del Distretto
ed era collegato, per mezzo di una strada naturale adatta solo per diligenze e pedoni,
con la borgata S. Lorenzo e con Spezzano Albanese.
Forse la necessità di far giungere presto non soltanto gli auguri per il nuovo anno
ma anche le notizie di una certa rilevanza per il destinatario
o forse un qualche vincolo di parentela tra l'Ufficiale postale ed il mittente
indussero sia quest'ultimo a richiedere l'immediato inoltro della missiva
che il primo a trasgredire alle nuove norme che avrebbero dovuto trovare applicazione
soltanto dal giorno 1 gennaio 1858.
     Sul frontespizio della lettera [...] si omise [...] l'apposizione del bollo ellittico di Spezzano
per camuffare in qualche modo il paese e l'addetto che avevano operato le trasgressioni [...].
D'altronde il volume di corrispondenza tra i due paesi era scarso
come poche erano le persone che avevano scambi epistolari
 per cui la lettera dovette essere consegnata dall'Ufficiale postale ad un pedone
oppure al servizio giornaliero di diligenza
al quale veniva affidata non soltanto la corrispondenza di ufficio
 ma anche la corrispondenza postale da consegnare alla Cancelleria Comunale di Cerchiara [...].
Infine va considerato che l'apposizione del bollo di posta per lettere semplici, così come l'inoltro,
non richiedeva alcuna annotazione sui registri dell'Officina di Spezzano
per cui fu semplice trasgredire alle nuove norme".
L'Ingegner Merone considera il documento "una tra le più rare lettere del Regno di Napoli",
"l'unica lettera del Regno di Napoli [...] che reca, nel testo interno,
la data più antica finora nota, anteriore di ben tre giorni a quella del 2 gennaio 1858,
fino ad oggi ritenuta prima data d'uso".
   
Le Autorità conferirono al Cavalier Giuseppe Masini l'incarico di realizzare i bolli napoletani (dopo il rifiuto di Tommaso Aloysio Juvara, già impegnato con la produzione dei coni dei francobolli del Regno di Sicilia).
 
Il Masini allestì in calcografia le prime tavole di ogni valore -  con 200 incisioni divise da un interspazio in due gruppi da 100 - e poi la seconda tavola del 2 grana, il pezzo a più alta frequenza d'uso.

Alcuni esempi di interspazi che seperavano i due gruppi di 100, nel foglio di 200 esemplari.
 Il Dottor Francesco Melone, tra i più raffinati collezionisti e intenditori del Regno di Napoli,
ha realizzato un interessante censimento delle coppie con interspazio di gruppo.

Il Masini personalizzò ogni francobollo con un segno segreto nei pressi del tassello del valore, non si sa se per vezzo o per ragioni di sicurezza: l'iniziale del suo nome, la "G", sul ½ grano e a seguire le lettere del suo cognome, "M", "A", "S", "I", "N", "I", sui pezzi successivi.

"Vari francobolli di altri Stati presentano le sigle o talora il cognome degli incisori.
Ma il modo originale di incidere una sola lettera su ciascun valore 
non ha, che io sappia, riscontro altrove"
(Emilio Diena)

Dopo la fornitura della seconda provvista, l'incarico passò a Gaetano De Masa - che aveva pattuito un onorario più basso, 5 grana per foglio anziché gli 8 del Masini - con cui lavorava il figlio Gennaro.
 
I De Masa usarono dapprima le tavole allestite dal Masini e in seguito all'usura ne prepararono di nuove, una seconda per i valori da ½ grano, da 1, 5, 10 e 20 grana e poi una terza per il 2 grana.

La diversa "mano" creò delle differenze tra le tavole, probabilmente anche per rispondere ai desiderata dell'Amministrazione delle Poste di avere stampe più appariscenti per velocizzare l'identificazione dei francobolli durante lo smistamento della corrispondenza. Le ultime tirature dei primi cinque valori presentano così colori più vivi e incisioni più nitide, che forniscono una buona indicazione per il riconoscimento delle tavole.


                                               
La prima tavola presenta colori generalmente pallidi, a eccezione del carminio (Sassone n. 1d),
e non mostra la linea di contorno superiore, specialmente nell'angolo sinistro.
Un attento esame della tavola permette di individuare il gruppo di appartenenza, se destra o sinistra:
"Le caratteristiche che consentono di individuare i due gruppi sono salienti"
- scrive Emilio Diena nella sua monografia -
"Infatti nella parte superiore dei francobolli del gruppo di sinistra
la linea di cornice, per quanto assai sottile, è spesso visibile.
Anche la parte della linea circolare sopra 'POS(TA)' si scorge in quasi tutte le stampe.
Nella parte inferiore invece i due punti che seguono la 'G' (abbreviazione di Grano) 
non sono quasi mai visibili ed anche la piccolissima iniziale 'G.' (segno segreto) 
in molti esemplari non si vede affatto, o solo eccezionalmente se ne osserva qualche parte.
In quasi tutti gli esemplari si vedono delle tenui macchie di colore in varie parti del francobollo. Così, ad esempio, i francobolli della prima fila verticale hanno macchie di colore 
in altro sopra il triangolo tratteggiato di sinistra, altre attorno alla parola 'POSTA'.
La seconda 'L' di 'BOLLO' ha unito nella parte di destra un piccolo punto
ed altre macchie si scorgono fra 'BOLLO'  e 'G' , a sinistra di '½
ed ancora dopo la parola 'NAPOLETANA'.
Le macchie accanto alla parola 'POSTA', il punto di colore presso la seconda 'L' di 'BOLLO',
le macchie fra 'BOLLO' e 'G' si osservano in molti esemplari del gruppo di sinistra.
Per di più in parecchi francobolli di quel gruppo si nota una piccola macchia di colore
presso l'angolo inferiore sinistro, unita o quasi all'angolo retto del triangolo tratteggiato.
Più difettosi si presentano invece i francobolli appartenenti all'altro gruppo.
Infatti, anche in stampe ben nitide, non vi è affatto la linea di contorno esterna superiore
nel tratto che va dall'angolo di sinistra fino all'incontro con la circonferenza.
Il triangolo tratteggiato superiore sinistro manca della linea orizzontale e al di sotto di essa,
specie a sinistra, le linee verticali del fondo non si prolungano fino all'incontro di detta linea.
La parte di circonferenza non è visibile
nel tratto che va dalla destra di 'A' di 'DELLA' fino all'altezza di 'T' di 'POSTA'.
I due punti a destra della 'G' sono quasi sempre visibili
e la piccola 'G.' si scorge in quasi tutte le stampe; fanno eccezione quelle troppo deboli.
Le macchie nell'interno del francobollo non si presentano quasi mai;
in ogni caso mancano quelle caratteristiche intorno alla parola 'POSTA',
né si osserva quel piccolo punto di colore presso l'angolo inferiore sinistro".
La seconda tavola ha colori vivaci, a eccezione del rosa (Sassone n. 2c).
La linea superiore è ben stampata, come tutto il francobollo.
"Per questa tavola non ritengo possibile distinguere i francobolli appartenenti
a ciascuno dei due gruppi di 100 esemplari", scriveva Emilio Diena. 






La prima tavola ha ben visibile una linea di colore al margine inferiore,
pur variamente sfumata in ragione dell'appoggio della rulletta durante il riporto dell'incisione.
I colori sono tipicamente pallidi, a eccezione del carminio (Sassone n. 3d).
La seconda tavola non mostra alcuna linea nel margine inferiore (completamente bianco)
e la possiede invece nel margine superiore.
I colori sono decisamente più carichi.



La prima tavola mostra la linea della rulletta (linea di colore orizzontale) al margine inferiore,
e non invece nel margine superiore, se non molto debolmente e solo in parte.
La stampa è spesso pallida e poco visibile.
La seconda tavola mostra di regola la linea di rulletta al margine superiore (come la terza tavola),
ma molto più distante dal filo di riquadro (a differenza della terza tavola).
Il margine inferiore è bianco.
Il margine destro è spesso colorato e lo spazio verticale tra i francobolli e 6 mm anziché 4.
C'è un "segno caratteristico", visibile in quasi tutti gli esemplari:
una piccola macchia bianca sotto la "N" di "NAPOLETANA",
causato da una particella di metallo che aderì casualmente alla superficie del rullo
e, per effetto della forte pressione, vi produsse un piccolo incavo,
generando la ripetizione del difetto sulla tavola,
che appare in quasi tutti gli esemplari (circa 170 su 200).
La dicitura "G: 2" è spesso sbavata e dà l'impressione di esser allungata.
La terza tavola mostra la linea di rulletta al margine superiore più o meno marcata,
mentre quello inferiore è sempre bianco.
 Il margine sinistro si presenta spesso colorato in modo evidente.
La stampa è meglio definita e i colori sono più vivi, rispetto alle altre due tavole.

Il segno caratteristico della seconda tavola del 2 grana
è la piccola macchia bianca sotto la prima "N" di "NAPOLETANA".
La terza tavola ha un'interessante particolarità.
Porta inserita un esemplare della seconda tavola, che occupa la posizione 46
(si trova cioè al sesto posto della quinta fila orizzontale del gruppo di sinistra dei 100 francobolli).
La bizzarria è stata spiegata da Emilio Diena, dopo un consulto col Dr. Carroll Chase.
"L'operaio calcografico che accudiva alla preparazione di questa terza tavola,
facendo rotolare su di essa il cilindretto d'acciaio,
ebbe ad interrompere, in un certo momento, il non breve lavoro [...] 
Allorché si rimise all'opera, cominciò a rotolare per errore il rullo
che aveva servito per la seconda tavola;
ma accortosene dopo ottenuta una impronta,
lo abbandonò, e proseguì con quello preparato per la terza tavola".
 


 

 La prima tavola ha una stampa nitida e margini privi di macchie di colore.
Il filetto di riquadro inferiore è quasi sempre incompleto sotto l'angolo sinistro.
I colori spaziano dal rosa lillaceo delle prime tirature a varie tonalità del rosa.
La seconda tavola mostra lettere ombreggiate da sbavature 
e i margini inferiore e laterali ombreggiati o del tutto colorati.
Lo spazio tra francobolli in senso verticale di 3 mm e mezzo anziché di 2 e mezzo.
I colori sono le gradazioni del carminio.

Affrancatura di 20 grana, formata con "valori gemelli" (di entrambe le tavole) del 5 grana.





La prima tavola presenta (quasi) sempre il segno segreto del Masini (la lettera "I")
e i colori variano dal rosa lillaceo delle prime tirature al rosa brunastro.
La seconda tavola non ha il segno segreto
e i colori sono le gradazioni del carminio e del rosa carminio.




                                             
La prima tavola mostra sempre macchie di colore, più o meno numerose e diffuse.
I colori spaziano dal rosa lillaceo delle prime tirature al rosa brunastro.
La seconda tavola ha una stampa meno nitida, l'assenza pressoché totale di macchie di colore,
e colori rosa chiaro e rosa carminio. 

La ditta "Bonaventura Tajani" di Vietri, in Salerno, fornì la carta per le stampe, fabbricata con telai e forme consegnati dall'Amministrazione Generale delle Poste.
 
La carta era bianca e porosa, filigranata con quaranta gigli borbonici; mostrava sui quattro lati la scritta "BOLLI POSTALI", racchiusa in una doppia cornice rettangolare, e un nastro ondulato nello spazio rimanente; riproduceva in basso a sinistra il monogramma "BT", le iniziale del produttore.

Alberto Diena realizzò la prima ricostruzione del foglio filigranato dei 200 francobolli di Napoli,
pubblicata nel 1923 sul Catalogo storico-descrittivo dei francobolli d'Italia.
Un foglio completo si trovava nella collezione De Ferrari.
Un contributo dedicato fornisce tutti i dettagli di interesse per lo specialista.



                  
La riproduzione del monogramma BT  (alla sinistra del lettore)
e il verso di un esemplare da 2 grana col monogramma molto ben visibile (alla destra).



Il posizionamento della filigrana, in ipotesi di centratura ottimale.
Rimanevano ovviamente possibili collocazioni alternative,
corrispondenti a diverse disposizioni del foglio sulla lastra di stampa,
da cui la variabilità nel posizionamento della filigrana sui francobolli.

Dalle tecniche rudimentali di produzione originarono una pletora di varietà, di particolare interesse per lo specialista: incisioni multiple, doppie stampe, stampe recto-verso, coppie disallineate; e poi, ancora, francobolli senza filigrana (a causa degli ampi spazi tra i disegni) o con filigrana capovolta, invertita, o capovolta e invertita (perché non gli operai non badavano a porre i fogli sotto la pressa in modo che la filigrana avesse la stessa direzione della stampa).

2 grana I tavola carminio cupo, con doppia incisione.
"... due registrazioni in data del 21 gennaio e del 6 febbraio
fanno conoscere che il Masini richiese Ducati 150
'per aver corretto quattro plancie per la formazione de' bolli'.
Indubbiamente una di queste tavole è questa che stiamo esaminando [I tavola del 2 grana].
Si vedono infatti nel gruppo di sinistra irregolarità di allineamento,
traccie di incisioni nel margine superiore non completamente eliminate e parziali doppie incisioni. [...].
Queste interessanti varietà che si hanno nella prima tavola [...]
sono da considerare in qualche caso come rare,
per il fatto che se la doppia incisione è nel margine della composizione,
questo veniva spesso ritagliato dai fogli, asportando così la parte caratteristiche.
In alcuni casi la incisione più debole si avverte soltanto in esemplari molto ben stampati,
mentre negli altri è difficilmente visibile.
Il cattivo allineamento in alcune parti della composizione di sinistra
è così forte che - sebbene paia e strisce di questa tavola siano abbastanza comuni - 
è piuttosto difficile trovare paia orizzontali con buoni margini in entrambi i francobolli"
(Emilio Diena)



Coppia del 2 grana I tavola, con disallineamento di 1,5 mm.



Striscia orizzontale del 2 grana rosa carminio I tavola, 
con disallineamento e bordo di foglio integrale con filigrana di cornice.



Striscia di tre del 2 grana I tavola su "carta gialla".
"La colla d'amido veniva distesa, con pennellessa, prima della gommatura su fogli asciutti 
e presenta spesso delle striature che rimangono visibili 
anche dopo l'immersione dei francobolli nell'acqua.
A seconda delle proporzioni nelle quali era composta la miscela di colla di pesce, 
di gomma e di mastice inglese, e per la maggiore o minore purezza e densità di tali sostanze
l'aspetto dei fogli gommati varia, 
e si produsse in modo diverso un'azione di ingiallimento della carta.
Tale alterazione si estese talora anche sulle sopra-coperte su cui troviamo applicati i francobolli.
L'ingiallimento della carta di esemplari impressi su colori tenui è naturalmente più deplorevole, giacché rende meno appariscenti i particolari della stampa.
A rigore però tali esemplari, sebbene di aspetto non gradevole, 
non dovrebbero essere considerati di scarto dagli amatori, 
ed anzi mi sembra che dovrebbe riservarsi un posto in ogni collezione specializzata"
(Emilio Diena)



Striscia di tre del 5 grana I tavola, rosa brunastro,
con i primi due esemplari con incisioni multiple e tra loro disallineati.
"La prima tavola del 5 grana riuscì tanto difettosa 
che sarebbe stato opportuno di procedere anche per questa
alla eliminazione di parecchie colonne [...].
L'imperizia nell'opera di riporto è resa molto palese per le frequenti doppie incisioni che si presentano, per le distanze diverse nel senso verticale fra gli esemplari, per il cattivo allineamento nel senso orizzontale, così da far ritenere che questa sia stata una delle primissime preparate [...].
Infine si è indotti a credere che la stessa rulletta, a causa forse del suo difettoso supporto,
ed anche per l'imperizia dell'operaio, abbia dato luogo a delle oscillazioni
che furono la causa delle doppie o multiple incisioni che si produssero così di frequente"
(Emilio Diena)



                   
5 grana I tavola stampa recto-verso (a sinistra).
2 grana I tavola al recto e 1 grano I tavola al verso (a destra).
"La ragione d'essere di esemplari con la stampa sulle due facce è probabilmente questa:
alcuni fogli essendo riusciti di stampa troppo debole o altrimenti imperfetta,
e dovendo gli operai impressori render conto dei fogli di 'carta grezza' ricevuti,
in conseguenza, si ricorse talora a una nuova impressione sul rovescio di quei fogli
per trarne partito ed evitare così di aggiungerli agli scarti"
(Emilio Diena) 

I torchi della Direzione delle Poste diedero vita a oltre 14 milioni di francobolli, sicuramente scaglionati in almeno 22 provviste, di cui abbiamo oggi una puntuale evidenza, grazie all'obbligo di rendicontazione imposto all'epoca sulla produzione e il deposito di francobolli.

"Ogni consegnazione di carta dovrà essere accompagnata da una dichiarazione del Signor Tajani
con la quale dee affermare con giuramento di avere egli fabbricata unicamente
la quantità di carta di cui farà consegna all'Amministrazione generale delle poste"
(Articolo 2 del contratto tra l'Amministrazione delle Poste e la Cartiera Bonaventura Tajani)

Garibaldi entrava a Napoli il 7 settembre 1860 e già il 9 settembre, con un Decreto Dittatoriale, prescriveva "lo stemma della real Casa Savoia, con leggenda Vittorio Emanuele Re d'Italia" su tutti i suggelli dello Stato.
 
Una successiva disposizione del Ministero delle Finanze ordinò la sospensione della fabbricazione di francobolli, ma fu disattesa. I valori dell'emissione del 1858 continuarono a esser prodotti pure successivamente alla caduta dei Borbone, anche se dopo il 27 agosto 1860 non se ne possono più documentare le partite con la stessa esattezza, per l'assenza dei verbali di immissione dei bolli nel magazzino. I rendiconti permettono però di affermare che tutti i valori continuarono a esser stampati sino alla fine del 1860 - se non addirittura fino a gennaio del 1861 -, a eccezione del 50 grana e, forse, del 20 grana.

Il 21 novembre 1861 è la data ufficiale del fuori corso dei francobolli borbonici, oltre otto mesi dopo la proclamazione del Regno di Italia e quando già circolava l'emissione delle Province Napoletane - con la faccia di Re Vittorio Emanuele II, ma il facciale ancora in grana - a testimoniare l'inerzia nel fluire della storia, a ricordare - come nota argutamente Franco Filanci - che "nella storia - quella vera - le date hanno un'importanza relativa: servono soprattutto a focalizzare il periodo in cui una certa cosa è avvenuta, e a ordinare cronologicamente gli avvenimenti", ma non certo a segnare inesistenti punti di svolta o di rottura nella vita di ogni giorno.


Le due più grandi rarità filateliche del Regno di Napoli.

Commenti

  1. Tutte le citazioni di Emilio Diena - in questo post e nei seguenti - provengono dalla sua monografia "I francobolli del Regno di Napoli (e i due i due provvisori da mezzo tornese del 1860)", pubblicata per la prima volta sotto forma di volume nel 1932 - dopo averne dato un'anteprima sulle pagine del "Corriere Filatelico" - e recentemente edita di nuovo dalla Ditta Vaccari di Vignola.

    "E' un libro che fin dall'inizio venne considerato come perfetto", annotava Enzo Diena, e in effetti - al netto di poche correzioni marginali, rispetto all'economia complessiva del lavoro - è ancor oggi un "must" per tutti i collezionisti del Regno di Napoli.

    RispondiElimina

Posta un commento

Post popolari in questo blog

KU FU? DALLA SICILIA CON FURORE

SEMIOFORI

LE DUE SICILIE - Normanni e Svevi