L'Ingegner Ottavio Masi.
Ottavio Masi è il più grande collezionista (italiano) di Lombardo-Veneto.
La storia ci tramanda numerose figure di primo piano - Achille Rivolta, Pietro Provera, Emil Capellaro, Maurizio Stella, per citare gli esponenti di casa nostra, e poi i leggendari coniugi Jerger, per omaggiare la tradizione austriaca - ma nessuno ha mai interpretato il collezionismo filatelico (del Lombardo-Veneto) con la profondità di pensiero e la risolutezza d'azione di Ottavio Masi.
E - per favore - non banalizziamo la sua grandezza invocandone la potenza di fuoco, peraltro a disposizione anche di altri: perché i mezzi finanziari sono condizione
necessaria ma largamente insufficiente per tagliare certi traguardi, e l'abbondanza di denaro rischia anzi di trasformarsi in un boomerang, di ritorcersi contro il collezionista, senza
la chiarezza delle idee.
Ottavio Masi - si può dire - ha fissato uno standard universale per il collezionismo di "alto livello".
"La filatelia la farei a strati.
Io ho un trascorso dilettantistico di corse in auto. Non ero particolarmente bravo, però mi sono divertito molto, e soprattutto mi sono reso conto di una cosa: in quel settore è fondamentale l'investimento di denaro per ottenere certi risultati, ma fortunatamente esistono delle stratificazioni, dei campionati di vari livelli.
Se tu - per dire - hai da spendere 100.000 euro in una stagione, allora fai il campionato amatoriale; se hai da spendere 500.000 euro, fai il campionato Gran Turismo; se hai da spendere 2.000.000 di euro puoi fare, non dico la Formula 1, ma sicuramente le Formule maggiori.
E' un discorso un po' azzardato, lo so, ma il fatto è che spesso si può trovare una disparità di trattamento tra persone che investono molto e altre che hanno minori disponibilità finanziarie (che non è un male, tutt'altro).
Allora, forse, stratificando anche per capacità di spesa si potrebbe riconoscere a ognuno la possibilità di raggiungere il massimo nel proprio settore: un collezionista può a esempio diventare il campione mondiale di Formula 3, e se poi, nel tempo, dovesse avere maggiori mezzi, passare alla Formula 1".
Parlare di una filatelia da Formula 1, di un'altra da Formula 2 e di un'altra ancora da Formula 3 - o di filatelia di serie A, B e C, se si preferisce il gergo calcistico - non deve dunque essere inteso come una
deminutio, ma semplicemente come una doverosa calibrazione del giudizio tecnico (su una collezione) sui mezzi finanziari (per realizzarla):
il denaro come fattore di scala (su cui parametrare la valutazione).
E' una proposta intelligente, che restituisce al collezionismo ciò che è tipico del collezionismo: dare il massimo subordinatamente alle proprie forze (economiche) e vedersi riconoscere il massimo apprezzamento (filatelico) per il massimo sforzo (economico) ben riuscito, per uno sforzo che oltre quella soglia (di denaro) non poteva andare.
Ma la proposta richiede (impone) una qualificazione aggiuntiva: nella filatelia fatta a strati - livellata in base al denaro, come propone Bottacchi - ogni strato avrà le sue regole, che saranno tanto più stringenti quanto più elevato sarà il livello.
Il collezionismo filatelico è un gioco, e come ogni gioco è un'attività
seria; può essere condotto con maggiori o minori disponibilità
economiche, ma è la serietà con cui si agisce a garantire la bontà di ciò che si sta facendo; e la serietà ha sicuramente dei punti invarianti, comuni a ogni approccio, ma ne ha pure tanti altri strettamente dipendenti dal contesto.
Mettiamola così: ci sono infiniti modi per diventare campione mondiale di serie C; ce ne sono molti per diventare campione mondiale di serie B; ce ne sono pochi(ssimi) per diventare un campione mondiale di serie A.
"Fantasia" - ricorda ancora Bottacchi - è una delle parole-chiave del collezionismo filatelico.
"La fantasia è quello che ci arricchisce, che ci dà la gioia della scoperta, e oltretutto la filatelia è l'unico hobby davvero pregnante, perché sei tu che dipingi il quadro della tua collezione.
Gli altri hobby - i quadri, gli orologi, le automobili, qualsiasi cosa tu collezioni - ti portano a fare un semplice elenco di cose, ma senza poter costruire un discorso, mentre con la filatelia si può dare davvero il meglio della propria espressività.
Questo è impagabile ed è ciò che non mi allontanerà mai dai francobolli".
Magari le cose non sono così brutali, ma di sicuro la filatelia apre un ventaglio di possibilità - per esprimere i propri interessi, la propria personalità, il proprio gusto: in tre parole, per essere fantasiosi - che difficilmente si riscontra in altre forme di collezionismo. Pensate solo alla varietà dei segni caratteristici di una lettera - la tariffa, la combinazione di francobolli con cui è stata assolta, i timbri annullatori e accessori, le datazioni, il tragitto postale, il destinatario, il mittente e il contenuto stesso della missiva - che si possono tradurre in altrettanti percorsi collezionistici.
E però questo ventaglio di fantasia va progressivamente a chiudersi, man mano che si sale di livello.
Gareggiare nelle categorie inferiori "non è un male, tutt'altro" - per riprendere le parole di Bottacchi - anche perché più si scende di categoria più ampi sono i margini di libertà nel dipingere il quadro della propria collezione.
Quando il denaro morde, quando
il vincolo sui mezzi finanziari si fa stringente, entra in gioco una
giustizia compensativa che allenta i vincoli sulla fantasia ammissibile: non puoi spendere molto denaro, come altri, ma puoi esprimerti in una varietà di modi che ad altri è preclusa, e perciò aumentano le tue possibilità di ricerca, di sorprese, di divertimento.
Quando invece si gioca ai massimi livelli - nella serie A filatelica - gli standard da rispettare si fanno inevitabilmente più rigidi, non foss'altro per le aspettative implicite e psicologiche che si creano verso le collezioni di riferimento.
E alla fine della giostra, per quanto l'argomento possa sembrare articolato, vi sono solo due paradigmi per una collezione di alto livello:
"Scilla e Cariddi" (di Giacomo Avanzo) e
"Testine" (di Ottavio Masi).
"Scilla e Cariddi" prende per mano lo spettatore e lo porta a spasso per il
Regno delle Due Sicilie, mostrandogli tutto ciò che c'è da vedere,
al di qua del Faro e
al di là del Faro, dal ½ grano al 50 grana, con tutti i valori intermedi, e poi la
Trinacria, la
Crocetta e i
falsi d'epoca. La passeggiata segue un itinerario preciso, riconoscibile: sui pezzi "duri" - la
Trinacria, la
Crocetta, ma anche il 50 grana - si va giù pesante, con la costruzione di pagine che li accolgono in tutte le loro possibili configurazioni (sciolti e multipli, nuovi e usati, e su documento; varianti di stampa, di colore, di annulli); per i pezzi "soft" - come l'1 grano o il 2 grana di Napoli - si prediligono oggetti particolari, a esempio le affrancature miste tra le due tavole o i grandi blocchi, e i pezzi standard (a esempio gli usati sciolti) si ha cura di selezionarli di
qualità eccezionale.
Ne viene fuori un insieme armonioso, melodico, un coro di canti e controcanti dove ogni casella partecipa in proporzione alla sua importanza, al meglio possibile, sotto
un vincolo di qualità alta, tenuto conto degli oggetti effettivamente disponibili.
Se l'album fosse un barattolo da riempire di sassi, si può dire che
"Scilla e Cariddi" suggerisce una strategia progressiva, graduale: metti prima i più bei sassi grossi, poi passa a quelli di dimensione media, e solo alla fine, nello spazio residuo, inserisci i più piccoli.
Le
"Testine" di Masi hanno tutt'altra impostazione. Già la prima pagina è un pugno allo stomaco, che toglie il fiato; e non c'è tempo di riprendersi, perché la seconda pagina colpisce con la stessa violenza, se non maggiore, quando si è ancora storditi dalla prima; e si prosegue così per l'intera collezione, per 132 pagine, senza pause, senza flessioni, senza poter mai rifiatare. È come stare in un videogioco dove il mostro alla fine del quadro non è progressivamente più grande e spaventoso, ma immensamente grande e spaventoso sin dal primo livello, e si mantiene così per tutti i livelli successivi, cambiando solo nella forma. Siamo alla presenza di una sequenza serrata di rarità - di autentiche rarità, per di più di
qualità elevata - che lascia esterrefatti per l'intera visione, dalla prima all'ultima pagina.
E' un insieme filatelico imponente, mastodontico, soffocante, che trasmette un senso di sgomento, che ti prede a schiaffi a due a due finché non diventano dispari, per usare una tipica espressione romana.
Se l'album fosse un barattolo da riempire di sassi, si può dire che le
"Testine" impongono una strategia massiva, uniforme: metti solo ed esclusivamente i sassi più grandi che esistono, e null'altro, senza darti pena di colmare gli interstizi
.
Non fatevi illusioni, se volete giocare nella serie A filatelica, oggi, anno 2024:
"Scilla e Cariddi" oppure
"Testine", altri moduli non ce ne sono.
Qualunque collezione che si allontani da questi due paradigmi, anche di poco, sta gareggiando in una serie inferiore.
E' ingenuo - oggi, anno 2024 - voler dare una dignità da serie A a soluzioni collezionistiche che avranno pure riscosso grandi successi in passato, al loro tempo, ma in fin dei conti solo grazie alla personalità di un collezionista preciso, che le propagandava e le sosteneva col suo carisma (e quindi non generalizzabili, non esportabili al di fuori di quel preciso collezionista).
E' ingenuo - per esser chiari e diretti - pensare di giocare in serie A, oggi, con una collezione
a là Saverio Imperato: perché quel tipo di approccio non è replicabile al di fuori di Saverio Imperato, perché una collezione
a là Imperato, che non sia costruita e presentata da Imperato in persona, si mostrerà fatalmente per quel che è: la versione "vorrei ma non posso" del modello
"Testine".
Così come è ingenuo impostare una collezione
a là "Scilla e Cariddi" e pensare poi di farla progredire con l'inserimento ripetuto di pezzi minori (di sassi piccoli) pretestuosamente nobilitati dalla presenza di caratteristiche specialistiche via via più spinte, perché ciò tradisce il paradigma (prima i sassi grandi, poi i medi, e solo alla fine, limitatamente allo spazio residuo, pochi sassi piccoli).
Ottavio Masi arriva in questo mondo il 30 gennaio 1932 e passa nel mondo dei più il 6 marzo 2018. Sarà un romano sui generis, dal carattere schivo, che in fatto di collezionismo preferirà sempre lasciar parlare i suoi francobolli piuttosto che esprimersi direttamente.
Il suo Lombardo-Veneto nasce con la seconda emissione, le cosiddette "Testine" del 1858, e la collezione conserverà memoria delle sue origini proprio in questo nome, anche quando sarà estesa agli altri esemplari.
La decisione di portare a bordo la prima emissione - lo racconta lo stesso Masi - è figlia di un incontro con Alberto Bolaffi: "diversi anni fa Alberto
Bolaffi mi disse: 'ingegnere, la sua collezione è magnifica; mi fa
pensare di essere entrato in uno splendido parco, lussureggiante, pieno
di fiori, di animali esotici. Il visitatore si addentra e passeggia
ammirato, ma alla fine si chiede: dov'è il castello? Vede, manca il
castello'. Io gli chiesi: 'Scusi, ma qual è il castello?' e lui rispose: 'È la prima emissione, naturalmente'. Io fui molto colpito, direi roso,
da queste parole; vi pensai per diversi giorni e notti, infine mi
decisi: avrei allargato la collezione anche alla prima emissione".
Il Lombardo-Veneto di Masi appare come la versione filatelica
degli "All Black" australiani nel rugby, una collezione invincibile: conquista il Gran Premio a Roma, nel 1997, e viene esposta - non a concorso - alla manifestazione "a invito" di Montecitorio del 1999 ("Dagli Antichi Stati all’Unità d’Italia").
Ma nel 2000, alla celeberrima "WIPA" - Wiener Internationale Postwertzeichen-Ausstellung, la rassegna internazionale a cadenza non regolare, con una tradizione risalente al 1881 - accade l'incredibile.
Il salone d'ingresso di "WIPA 2000".
A "WIPA 2000" le
"Testine"
di Masi si vedono superate da una collezione di prefilateliche
dell'austriaco Puchmann!
Oltre quaranta milioni di euro da un lato, poche migliaia di euro dall'altra, la regina della Champions League contro una squadra di dilettanti, col tabellone che indica l'incredibile finale: Real Madrid-Pro Patria 0-2.
Fritz Puschmann:
il collezionista che sconfisse Masi a "WIPA 2000",
con le sue prefilateliche.
Estratto dal "Vaccari Magazine" n. 24, 2000.
Se mi chiedete cosa ne penso della faccenda, se proprio volete la mia opinione spassionata, non posso che restituirvi un convincimento piatto e banale: qualcuno - chissà chi e chissà perché - volle fare uno sgarbo a Ottavio Masi, aveva forse dei conti in sospeso con lui, e pensò di regolarli umiliando il suo Lombardo-Veneto, ben sapendo quanto certi sfregi brucino dentro l'anima di un collezionista appassionato. Tutto qui, fine della storia.
Riconosco però che questa lettura - se pure fosse vera - non offre spunti di discussione, non prospetta argomenti meritori di approfondimento, quindi non è interessante.
Rigiriamo allora la questione, osserviamola da un angolo visuale che sia costruttivo, perché se la realtà non ha l'obbligo di essere interessante, le ipotesi per analizzarla devono invece esserlo necessariamente.
Diciamo allora che "WIPA 2000" è la dimostrazione plastica di quella "disparità di trattamento tra persone che investono molto e altre che hanno minori disponibilità finanziaria", di cui parla Giacomo Bottacchi.
La questione si può stilizzare in una domanda: cos'ha valore in filatelia?
Se il valore è nel possesso di pezzi outstanding, allora le esposizioni a concorso sono un inner circle a cui di fatto partecipano solo ed esclusivamente i collezionisti più danarosi (pronti a spendere, nel modo giusto) con la pletora dei collezionisti minori ingaggiati nel ruolo di eterne comparse, di sparring partner.
Se il valore è invece nella triade "studio-conoscenza-ricerca" - qualunque cosa queste tre parole vogliano dire - si aprono spazi di competizione per tutti, ma si rischia un eccesso di reazione, penalizzando i top player in un malinteso senso di giustizia che porta a trattare in modo uguale i disuguali.
Contemperare i due punti di vista - ognuno portatore di interessi meritori di tutela - non è banale. Abbracciarne uno solo e respingere l'altro, tenere un atteggiamento manicheo in una questione così ricca di sfumature, è una soluzione molto comoda, perché dispensa dal riflettere, dal ragionare, e peggio ancora, induce spirali di argomentazioni speciose che alimentano la confusione, irretiscono gli animi e allontanano dal collezionismo anziché invogliarlo.
Spiace che persino l'intelligenza brillante e raffinata di Franco Filanci sia caduta nel giochino infantile dello schierarsi con una fazione piuttosto che con l'altra, come se avesse dovuto scegliere se vedere il derby in Curva Sud o in Curva Nord. Il suo
editoriale sulla rivista "Storie di Posta" - a commento dei verdetti di "WIPA 2000" - lascia interdetti nel metodo e nel merito, nella forma espositiva e nella sostanza dei contenuti.
"Il clamore suscitato dal gran premio WIPA, attribuito per la prima volta a una collezione prefilatelica anziché alle più tradizionali collezioni zeppe di rarità filateliche, è stato a mio avviso decisamente utile per comprendere meglio il mondo del collezionismo. Esso infatti ha fatto emergere in tutta la sua evidenza l’aspetto più sottinteso e proprio per questo più ipocrita della filatelia ufficiale, ovvero la norma non scritta ma abbondantemente vulgata nei salotti buoni che gare e premi sono strettamente in funzione del valore commerciale dei pezzi esposti e degli interessi dei grandi operatori del settore".
"Ma il caso WIPA ha evidenziato un altro elemento di notevole spessore, anche se pare che nessuno se ne sia accorto: ovvero quanto distorto possa essere il significato dei termini 'rarità' e 'interesse' in campo collezionistico, e soprattutto in filatelia, dove un secolo di mode e di manie ha portato a pratiche e abitudini spesso al limite dell'assurdo.
E leggo in uno dei tanti articoli-inchiesta apparsi sull'argomento che nella collezione premiata di Fritz Puschmann erano fra l'altro presenti due lettere, una del duca Ferdinando I e l'altra dell’imperatore Massimiliano II, relative all’istituzione del servizio postale pubblico nell'Impero absburgico. Lettere che, secondo chi critica i risultati di WIPA 2000, sono certamente importanti ma assolutamente non paragonabili ad alcune 'gemme' della collezione - candidata al Gran premio ma rimasta al palo - di Ottavio Masi, quali il blocco di 28 esemplari del 45 centesimi del Lombardo Veneto completo di 4 croci di Sant'Andrea, e la lettera da Verolanova con l'intera prima serie emessa nel 1850 nel Regno Lombardo Veneto".
Io forse sarò una persona all'antica, o deformato da un'eccessiva attenzione per la cultura, ma decisamente non capisco perché dovrei entusiasmarmi per la lettera di Verolanova, così come per molte altre acclamate rarità filateliche che hanno come unica ed esclusiva caratteristica quella di essere per l'appunto una rarità. Ovvero un pezzo unico e basta. Da un punto di vista storico, documentario, sociale e anche postale, che cosa c'è di eccezionale nel fatto che su quel plico ci fossero tutti e cinque i francobolli in uso in quel momento? Assolutamente nulla, se non il fatto che il mittente si era divertito ad affrancare usando cinque francobolli quando ne bastavano tre: due da 30 cent. e uno da 45, oppure due da 45 cent. e uno da 15. Un po' poco per parlare di pezzo eccezionale, che è cosa ben diversa da pezzo unico.
Il pezzo veramente interessante - e non necessariamente unico né raro - è quello che documenta fatti, usi, avvenimenti che sono parte della storia umana, nel nostro caso relativa alla posta e alle comunicazioni. E che per questo potrebbe entrare a pieno diritto in un museo (postale e sovente anche d'altro tipo) come parte di un'esposizione di documenti significativi di un'epoca, di un luogo, di una mentalità.
Il blocco del 45 cent. con le croci di Sant'Andrea può rientrare anch'esso in questo gruppo, ma come alternativa; nel senso che per dimostrare com'erano composti i fogli dei francobolli austriaci dell'epoca qualunque valore va bene, e anche un solo esemplare con la croce a fianco può servire, insieme a uno schema del foglio completo.
La lettera di Verolanova invece è solamente un optional. Colorato, insolito, divertente, un tocco indubbiamente personale in una collezione specializzata, ma per nulla necessario a dimostrare l'uso reale dei francobolli del Lombardo-Veneto. Qualunque trattazione, anche la più sofisticata, ne può fare benissimo a meno".
Tanti bei paroloni senza basi realistiche? Intellettualismi snob e senza costrutto? Parliamone.
Sicuramente è una presa di posizione che tira parecchio la corda, in cui c'è molto di paradossale, e forse addirittura di provocatorio; peccato che il trasporto emotivo, la voglia di sorprendere e spiazzare, fa perdere il controllo dell'argomentazione.
E' indubbiamente vero che la dimensione storico-culturale della filatelia si può apprezzare senza bisogno di poggiare la lente su pezzi di particolare pregio, per
qualità o rarità; ma è altrettanto vero che la filatelia non si limita ad assemblare degli input esterni e a darne la più conveniente rappresentazione in una collezione; nel lavorare sulla materia prima, fornita dall'esterno, la filatelia
ci mette del suo, aggiunge
qualcosa di specifico suo proprio, introduce nuovi concetti e parametri (la qualità, la rarità, le sfumature di colore, i ritocchi, i difetti di cliché, gli errori e le varietà, le tariffe) che abbracciano tutto il resto, lo assorbono e ne fanno un monolite,
la filatelia tout-court.
Ora, quando si dice che da "un punto di vista storico, documentario, sociale e anche postale" non c'è "assolutamente nulla" di eccezionale nell'avere la prima emissione del Lombardo-Veneto completa su lettera, "se non
il fatto che il mittente si era divertito ad affrancare usando cinque
francobolli quando ne bastavano tre [...] oppure
due", ecco che il paradosso, o la provocazione, degenera nella malafede, per almeno tre motivi propriamente filatelici.
Primo: il collezionista è per natura portato a raccogliere tutti i francobolli di una serie, per completarla, e in "Verolanova"
quella serie se la ritrova già tutta assieme su un'unica lettera, che documenta così, in un sol colpo, un'intera emissione postale.
Secondo: il mittente non si è affatto "divertito ad affrancare usando cinque
francobolli" - cosa ne sappiamo di come siano andate le cose? - ma ha sicuramente affrancato in tariffa e senza neppure immaginare quale meraviglia stesse componendo, perché le cosiddette "affrancature filateliche" - affrancature artefatte, per venire incontro ai desiderata del mercato - all'epoca neppure si concepivano, quindi "Verolanova" è un fascinoso e inatteso hole-in-one.
Terzo (e decisivo) punto: la filatelia annette da sempre grande valore non solo alla tariffa in sé, ma anche al modo con cui quella stessa tariffa fu assolta: non è cioè neutrale - nell'apprezzamento sia filatelico che economico - il fatto che per affrancare una lettera sia stato usato un numero n di francobolli di un certo tipo, anziché un numero m<n di francobolli di un altro tipo.
Lettera da L'Aquila a Napoli del 13 marzo 1861,
Ex Collezione Imperato.
Volendo rilanciare sulla provocazione di Franco Filanci - che vede nella lettera di Verolanova un oggetto postale "
colorato, insolito, divertente [...]
ma per nulla necessario a dimostrare l'uso reale dei francobolli del Lombardo-Veneto" - verrebbe da dire che anche questa lettera di Napoli non ha nulla di particolare, che il mittente si è solo divertito ad affrancare con quattro
Crocette ciò che avrebbe potuto affrancare semplicemente con un esemplare da 1 grano dell'
emissione del 1858.
Certo, Filanci avrebbe qui gioco facile nell'argomentare che le quattro
Crocette (in un luogo di un unico esemplare da 1 grano) testimoniano un evento storico della più grande rilevanza: l'avvento di Casa Savoia nell'ormai decaduto
Regno delle Due Sicilie.
E infatti la mia affermazione voleva essere un rilancio pesante alla provocazione di Filanci, per rendere evidente che provocazioni e paradossi saranno pure delle eleganti cravatte, ma a stringerle troppo rischiano di trasformarsi in nodi scorsoi.
Abbassiamo appena il tiro.
Lettera da Napoli a Bari, affrancata per un doppio porto di quattro grana,
con otto esemplari del ½ grano (II tavola).
Cosa stiamo dicendo? Che se questa lettera fosse stata affrancata con una coppia del 2 grana, o con una striscia di quattro dell'1 grano, anziché con otto esemplari da ½ grano (!), avrebbe avuto la stessa attrattiva, lo stesso pregio filatelico, perché tanto - giratela come volete - alla fine sempre quattro grana sono?
Riuscite davvero a dirlo senza ridere?
Lettera da Solmona per Catignano del 16 luglio 1861,
affrancata per due grana con una striscia orizzontale di quatto esemplari da ½ grano (II tavola),
transitata per Popoli (17 luglio) e Penne (18 luglio).
Ex Collezione Provera.
Quindi? Cosa stiamo dicendo? Che se questa lettera fosse stata affrancata con un 2 grana (o con due esemplari da 1 grano) non sarebbe cambiato nulla? Che
Giulio Bolaffi,
Renato Mondolfo, Giacomo Avanzo, e tre generazioni di Diena, si sono abbassati a firmare un documento che - in fin della fiera - equivale alla più semplice delle tariffe napoletane?
Serietà, per favore, perché la serietà non dovrebbe mai venir meno, anche quando si cerca il colpo a effetto con provocazioni e paradossi.
Si ha un bel dire - astrattamente - che dovrebbe vincere la collezione
migliore sotto il profilo storico-documentale, la collezione fatta
meglio in termini di completezza e accuratezza, ma ragionando a intuito, a normale buon senso, sarebbe davvero
singolare - un'espressione di eccezionale incompetenza - se qualcuno
spendesse centinaia di migliaia di euro all'anno, ogni anno, senza poi centrare gli obiettivi culturali propri del collezionismo.
A meno che alle esposizioni filateliche non partecipi gente scappata di casa, o uscita dalle fogne, deve necessariamente esistere una correlazione generale tra il valore filatelico e il valore economico.
"Però un giorno, il potente leone, re degli animali, fu gravemente
ferito dalle frecce di un cacciatore, e fuggì, cercando riposo e
ricovero" - racconta un'antica favola persiana - "Ma ahimè! In
quel momento di angustia dovette soffrire i calci degli asini selvatici e
i morsi degli sciacalli, che poco prima divoravano i resti dei festini
del monarca. Tale è la vita, figlio mio; quando i grandi cadono, allora
giunge l'ora dei più bassi".
E in "WIPA 2000" si sentono proprio i rintocchi dell'ora dei più bassi, degli asini selvatici e degli sciacalli.
Il foglietto austriaco commemorativo della manifestazione "WIPA 2008".
Ma otto
anni dopo - a "WIPA 2008" - il leone torna all'attacco e il suo ruggito zittisce gli oltre 400 espositori arrivati da ogni parte del mondo.
Il Lombardo-Veneto di Masi non solo sbaraglia tutti i concorrenti nel settore della filatelia tradizionale - 97 punti, "Oro Grande" e Gran Premio Internazionale - ma suscita un entusiasmo incontrollato, congratulazioni chiassose e continue foto-ricordo, al punto che serve un annuncio al microfono dell'organizzazione per invitare i partecipanti a ricomporsi, così da poter proseguire col programma.
La premiazione di Ottavio Masi a "WIPA 2008".
Il 27 maggio 2017, un sabato, quando l'Ingegner Masi si trova a Verona, alla tradizionale manifestazione filatelica, i ladri entrano nella sua villa romana e portano via tutto. Collezione compresa.
Le congetture sono infinite. Un furto su commissione, da parte di chi voleva impadronirsi di gemme filateliche irraggiungibili per vie ordinarie? Uno sbaglio dei ladri, che hanno trafugato ogni cosa, fosse anche una collezione filatelica virtualmente impossibile da smerciare, vista la notorietà dei pezzi? Oppure un rapimento, realizzato con l'idea di chiedere un riscatto? E c'è stato persino chi ha ipotizzato una simulazione, una colossale messa in scena per ragioni lasciate alla facile immaginazione di ogni spirito sufficientemente cinico e calcolatore.
Ognuno può avere le sue idee, dalle più banali e convenzionali alle più bizzarre e fantasiose, ma l'evento più stupefacente l'ha comunicato - a caldo - lo stesso Ottavio Masi. "Me ne sono accorto qualche giorno fa. Era in una cassaforte della 'Parma Antonio &
figli', nello scantinato: è stata aperta da ignoti, senza scasso, usando
semplicemente la chiave, nascosta nello stesso ambiente".
C'è da rimanere allibiti: un ambiente identico al caveau di una banca viene violato perché le chiavi sono a portata di chiunque si trovi a passare? Come dire che mi hanno rubato la Ferrari perché l'ho lasciata parcheggiata con le chiavi attaccate e lo sportello aperto, per andare a compare il giornale in edicola. Sul serio?
Nessuno lo avrebbe mai creduto, se non fosse stato Ottavio Masi in persona a dirlo, ma si rimane comunque sconcertati, perché è una confessione che restituisce l'inverosimile immagine di un uomo imperdonabilmente distratto, sbadato e approssimativo, e a ogni modo è un'ammissione che esclude qualsiasi risarcimento da parte di una compagnia di assicurazione.
La domanda "si sa qualcosa della Collezione Masi?" ha continuato a circolare negli ambienti filatelici per oltre tre anni, ricevendo invariabilmente la stessa risposta: "no, niente" (anche perché "saperne qualcosa" significava avere informazioni su un oggetto rubato, quindi essere in qualche modo in contatto con i ladri).
Finché, nel febbraio 2020, affiora la punta dell'iceberg. Due uomini - uno appena scarcerato, dopo aver scontato 15 anni per associazione a delinquere di stampo mafioso - si presentano allo studio milanese di un noto operatore filatelico, per chiedere una "consulenza" su 9 francobolli. Il filatelico riconosce i pezzi - anche se manomessi - denuncia il fatto alle forze dell'ordine e collabora attivamente per ricostruire la vicenda. Si arriva a scovare un terzo soggetto, sorpreso a casa sua, dove custodiva altri 15
francobolli.
"A tre anni dal furto, qualcosa è emerso.
Questo grazie ai poliziotti di Milano e al commerciante-perito
Sebastiano Cilio
che - avendo ricevuto in visione alcuni reperti da
controllare -
per certi dettagli ha collegato il materiale a quanto venne
esposto nel 2008 alla 'Wipa'.
Protagonista è la collezione di Ottavio
Masi, dedicata al Lombardo-Veneto
e che alla manifestazione ottenne il
gran premio nazionale.
Si tratta di ventiquattro francobolli di ottima
qualità,
ventuno dei quali stimabili, a catalogo, per 300-400mila euro.
Si aggiunge il 'Mercurio' destinato ai giornali con stampa recto-verso,
unico conosciuto non linguellato: un pezzo d'amatore.
'È una
piccola parte di quanto trafugato', annota l'esperto.
'Purtroppo vanno
segnalati due elementi.
Il primo ha svilito di molto la collezione,
almeno per quanto ho potuto vedere:
al fine di rendere meno
riconoscibili i singoli pezzi, qualcuno ha tagliato i blocchi,
facendo
loro perdere il plus valore che avevano.
Per lo stesso scopo, sono state
cancellate le firme delle perizie precedenti'.
Denunciate per ricettazione tre persone"
Il Lombardo-Veneto di Masi aveva un valore economico stimato intorno ai 40 milioni di euro, abbastanza per rammaricarsi anche del denaro speso e ora andato.
Ma il Lombardo-Veneto di Masi aveva soprattutto - sopra a tutto - un valore emotivo irriducibile a calcoli in moneta. Esprimeva la forza, la caparbietà e la volontà di un collezionista innamorato, e quanto fosse follemente innamorato lo raccontano quelle incredibili pagine d'album, che senza alcuna retorica rappresentano un pezzo di vita.
E si va persino oltre la dimensione individuale. Perché il Lombardo-Veneto di Masi non era soltanto l'insuperabile collezione privata dell'ingegnere romano Ottavio Masi; il Lombardo-Veneto di Masi era il Lombardo Veneto, un patrimonio dell'intera comunità filatelica. Il suo furto non è solo uno danno - enorme sul piano economico, invalutabile su quello sentimentale - che è stato inflitto a un privato. Il furto del Lombardo-Veneto di Masi è stato uno sfregio, un oltraggio, alla filatelia tutta.
Ogni collezionista è destinato a separarsi dalla sua collezione - a vederla andar via da vivo o ad abbandonarla nel giorno della morte - e forse nessuno inizierebbe a collezionare se solo immaginasse il dolore del giorno della separazione.
Ma il modo in cui le
"Testine" si sono separate da Ottavio Masi dà una fitta così acuta e persistente, a cui solo il congedo da tutte le cose terrene può metter fine.
Il necrologio di Ottavio Masi, di Casa Bolaffi.
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