RENATO MONDOLFO, THE UNFORGETTABLE KING

Le Poste italiane emettono il francobollo dedicato a Renato Mondolfo  il 9 dicembre 1995,
 in occasione della Giornata della Filatelia.
L'annullo speciale per il primo giorno di emissione fu in uso a Roma.

Renato Mondolfo è l'enfant prodige del mondo dei francobolli.
 
Nel 1931 - a soli 13 anni - è al Congresso Filatelico di Livorno, in mezzo a due giganti: Emilio Diena, uno dei padri fondatori della filatelia, e Théodore Champions, il patriarca del mitico catalogo "Yvert e Tellier", e storico possessore del più bel 3 lire di Toscana nuovo. Il filatelico francese gli domanda quale sia il francobollo classico più raro d'Europa, e il piccolo Renato indica "le timbre-taxe pour journaux d'Hongrie", lasciando esterrefatto l'autorevole interlocutore (che si attendeva una risposta più stereotipata, tipo il "Mercurio rosso" d'Austria).
 
Il 24 aprile 1933 il giovane Renato è in fila alla Posta centrale di Trieste per acquistare la serie "Zeppelin", fresca di emissione. S'indirizza sui fogli interi, sceglie una buona centratura e resta colpito dalla bellezza dei francobolli, ma sul momento non nota altro. Solo una volta rientrato al negozio, mentre è impegnato a smembrare i fogli, si accorge che le ultime righe di quello da 20 lire sono prive della perforazione centrale (per cui vi sono dieci coppie verticali "non dentellate"). Realizza di avere tra le mani una varietà pregiata, ma non così rara come si poi sarebbe rivelata: due soli fogli erano usciti imperfetti dal Poligrafico, quello di Mondolfo e uno del 12 lire (con l'ultima fila non dentellata a destra) su 22.500 fogli complessivi. Quel giorno Mondolfo sbancò il banco, in senso letterale: beneficiò di un evento con una probabilità di cinquanta volte inferiore a un en plein alla roulette!
 
Nel 1933 Fred Rich - uno dei più rinomati mercanti austriaci - gli chiede di accompagnarlo in un viaggio d'acquisti in Italia, per supportarlo nelle valutazioni dei pezzi e nelle trattative con i collezionisti (perché Mondolfo parlava bene il tedesco e il commerciante solo quello). In macchina, di ritorno da una transazione di un certo peso, Mondolfo mette una pulce nell'orecchio di Rich: "lo sa che io ho l'impressione che la quartina nuova dell'1 lepton di Grecia che ha acquistato come n. 1 sia invece il cioccolato scuro della provvisoria di Atene?". Rich ferma la macchina all'istante, vuole controllare subito, anche perché - dice - "non ho mai visto la quartina di questo francobollo". La verifica conferma l'intuizione di Mondolfo. "Quel collezionista è troppo carino, io non posso fargli questo", bisbiglia il commerciante, e fa dietrofront per saldargli la differenza di prezzo. 
  
Nel 1935 suo padre Silvio - già mercante filatelico - lo manda a Roma per trattare l'acquisto di tre collezioni imponenti - di Lombardo-Veneto, Stato Pontificio e Colonie italiane - per un valore stimato dalla controparte in 500 milioni di lire (quando un pranzo in trattoria costava all'incirca 5 lire). Nessuno dei maggiori commercianti dell'epoca era riuscito a raggiungere un accordo. Il diciassettenne Mondolfo formula una controfferta di 425 milioni, che il collezionista accetta senza discutere perché "mia moglie, che si diletta di chiromanzia, me lo ha imposto, dicendomi che per tutto il tempo aveva osservato le sue mani, che erano mai di un perfetto gentiluomo, e che la collezione doveva assolutamente andare a lei".
 
Nel 1937 - appena maggiorenne - Mondolfo fronteggia di nuovo Théodore Champions, stavolta Parigi, all'esposizione internazionale "Pexip". Lo informa del ritrovamento di un antico francobollo russo sinora non catalogato: il 7 copechi della serie ordinaria del 1875 con l'aquila araldica a testa in giù e zampe all'aria, un cosiddetto "centro capovolto", uno degli errori più classici della filatelia. Il francese riamene freddo. "Non ci crederò fin quando non lo avrò visto!". E quando Mondolfo tira fuori l'esemplare - rinvenuto una domenica nel negozio del padre - monsieur Champion non può che chinare la testa. "Ora non posso fare a meno di averlo per la mia collezione. Dite il prezzo che volete e posso già dirvi che l'accetterò". Il francobollo entra nella collezione privata della famiglia Champion, sarà censito sul catalogo "Yvert et Tellier" come numero 24a di Russia (con l'annotazione "non se ne conosce che un solo esemplare") e Mondolfo tornerà a Trieste con 35 mila lire, quando gli italiani sognavano di "avere mille lire al mese", come recitava una canzonetta dell'epoca.

Questo era Renato Mondolfo, un mosto sacro già da ragazzino, che lasciava di stucco i più consumati collezionisti - "ma come fa lei, così piccolo, a trovare tanti gioielli?", gli disse Alfredo Baldoni, uno pioniere della Storia Postale - e fatalmente chiamato a salire sul trono della Filatelia, a esserne il Re.
 
La sua ineguagliabile competenza è compendiata nelle varie edizioni dei Cataloghi Sassone - segnatamente nei volumi degli Antichi Stati Italiani - diventati grazie a lui uno strumento indispensabile per gli operatori e un punto di riferimento per le transazioni del mercato filatelico.

La sua attività - intensa, sistematica, rigorosa - gli valse il titolo di "Commendatore", conferitogli dal Presidente della Repubblica Saragat; nel 1984 firmò il "Roll of Distinguished Philatelists", il massimo riconoscimento per un filatelico.
  
"... i francobolli, oltre a essere quell'hobby istruttivo che dicono tutti,
costituiscono soprattutto un divertimento assolutamente sano:
comporre o sistemare una serie o una collezione è un grosso incentivo per la mente,
la organizza orientandola verso l'ordine"
(Renato Mondolfo)
 
Renato Mondolfo nasce a Trieste il 10 febbraio 1918, e si trasferisce a Roma nel 1954.
 
"Era una serata orribile" - racconta a proposito degli eventi che lo condussero nella capitale - "Una gelida pioggia e quel delizioso vento triestino che si chiama bora, avevano reso la giornata quasi insopportabile. Intabarrato in un impermeabile foderato di pelo e con il bavero ben rialzato per proteggermi dagli elementi che conferivano all'ambiente caratteristiche polari, raggiunsi il vagone letto che doveva portarmi a Roma, dove in mattinata avrei preso l'aereo per Lisbona, sede dell'Esposizione Filatelica Internazionale. Era il 2 ottobre 1953. Svegliato dal conduttore nei pressi di Roma, alzai la tendina e non potei credere ai miei occhi: in un meraviglioso cielo azzurro splendeva un sole abbagliante. Sembrava primavera. In quel preciso istante presi la decisione: mi sarei trasferito a Roma".

All'ombra del Cupolone - nell'aprile 1954 - fonda con Luigi Raybaudi la società RAYMOND - RAYbaudi-MONDolfo - che si presenta sulla scena come "la più grande organizzazione filatelica d'Italia", e col suo ascendente e la sua autorevolezza darà un contributo decisivo al prestigio internazionale della filatelia italiana.
  
La comunicazione della prima "Asta RAYMOND",
sulla rivista "Il Collezionista - Italia Filatelica" (n. 12, 1954).
 
 
 
Asta Raymond, Palermo, 12-16 ottobre 1959.
Da sinistra: Renato Mondolfo, Luigi Raybaudi Massilia, Maurizio Raybaudi Massilia.
 
Nella sua villa romana - all'EUR - Renato Mondolfo ha ricevuto i più importanti collezionisti del mondo, e di tutto il mondo filatelico - collezionisti, mercanti e periti - conosceva grandezze e miserie, e ne parlava apertis verbis, con un piglio più romano che triestino.
 
Roma, quartiere EUR, Via degli Urali, civico n. 12:
la residenza del Commendatore Renato Mondolfo,
ora sede della Rappresentanza Permanente della Repubblica Popolare Cinese.
  
 

Renato Mondolfo alla scrivania del suo studio, nella villa romana all'EUR.
La razionalità dell'uomo è manifesta in cose piccole,
che denotano la tendenza al massimo della funzionalità:
la scrivania è posizionata "come deve essere",
con la luce proveniente da un'ampia vetrata alle spalle,
per poter osservare al meglio i francobolli.
  



Renato Mondolfo, nella sua villa romana, accanto al quadro "La figlia di Iorio",
un'opera del pittore Francesco Paolo Michetti
(personaggio celebre in filatelia per aver dipinto il quadro-bozzetto di Re Vittorio Emanuele III,
da cui furono ricavati numerosi francobolli italiani dei primi decenni del Novecento).
Del quadro ne esistono due versioni e una era... in casa Mondolfo!
Una testimonianza esplicita del gusto per l'arte di Renato Mondolfo,
di una sensibilità estetica che trasborderà, inevitabilmente, anche in filatelia.
 
  
 


Sotto il pungolo incessante di Renato Russo
- all'epoca direttore della rivista "Francobolli", il mensile dei Cataloghi Sassone -
Renato Mondolfo acconsentì a curare la rubrica "Fatti & Fatterelli",
in cui raccontava di volta in volta episodi curiosi o interessanti
che lo avevano visto protagonista durante la sua attività professionale.
I "Fatti & Fatterelli" sono poi stati raccolti nel libricino "Renato Mondolfo",
edito dalle Poste italiane nel 1995, in occasione della Giornata della Filatelia.   
 
Raramente Mondolfo ha affidato le sue riflessioni di filatelista alla pagina scritta. La sua vita e il suo pensiero vanno per lo più inferiti racimolando frammenti di conoscenza, episodi e aneddoti raccontati da chi lo ha conosciuto personalmente, da soppesare comunque con buone dosi di spirito critico, perché ognuno - pirandellianamente - ha la sua visione dell'uomo e di ciò che lo circondava, e non sempre le diverse versioni di fatti e cose collimano come dovrebbero.
 
Mondolfo aveva - a detta di tutti - un carattere amichevole e aperto, esaltato da un'ironia sottile ma pungente. "Vedi questo francobollo delle Colonie francesi?" - era la domanda retorica rivolta agli amici più fidati - "Dei 25 pezzi esistenti... questo è il quarantesimo che ho avuto fra le mani, firmato dai maggiori periti francesi".
 
Non aveva remore nel ricoprire d'ingiurie i cosiddetti "esperti", quando con la loro arroganza prendevano cantonate, né timore di complimentarsi sinceramente con i collezionisti più giovani o alle prime armi, se realizzavano delle valide costruzioni filateliche; se dava la sua referenza a un commerciante - "my friend is good for any amount" era la formula di rito - le case d'asta gli aprivano anche le porte dei caveau.
 
Era il mercante per eccellenza, tra i più facoltosi del mondo filatelico, eppure era generoso come pochi; sorrideva delle richieste eccessive e derideva le pretese al ribasso; e non si abbandonava mai ad atteggiamenti avidi o rapaci.
 
Il più bel acquisto del grande collezionista siciliano Nino Aquila - lo racconta il diretto interessato - fu la lettera con il 50 e il 2 grana, eccezionalmente viaggiata all'interno dell'Isola. "Potei venirne in possesso grazie all'amicizia di Renato Mondolfo... che - con grande liberalità - mi concesse di pagare con modalità di dilazione che definirei inimmaginabili. Sapeva che un professionista pur affermato, ma che non disponeva di grandi risorse finanziarie da dedicare al proprio hobby, non avrebbe potuto aspirare all'acquisto di quel rarissimo cimelio affrontando la spesa in un'unica soluzione. E così mi diede modo - affettuosamente - di realizzare il mio sogno".
 
La lettera col 50 grana di Sicilia della testimonianza di Nino Aquila,
per la quale Mondolfo concesse dilazioni di pagamento "inimmaginabili",
per dar mondo al collezionista - "affettuosamente" - di realizzare il suo sogno.
 
"Nella mia vita sono venuto a contatto con tutti i più grandi collezionisti del mondo", ci dice Mondolfo, e di questi contatti sono arrivati a noi alcuni frammenti che - racimolati e messi assieme - formano una piccola ma suggestiva collezione di collezionisti, un florilegio all'intero gioco collezionistico.
 
"Il più grande collezionista italiano di tutti i tempi, il dottor Achillito Chiesa,
con il quale passavo ore a discutere di filatelia classica,
trovava i miei prezzi molto ragionevoli anche in considerazione, sono parole sue,
'di ciò che imparo da lei e del piacere che provo nel metterla al corrente di qualche mia scoperta'.
In effetti aveva invece veramente poco da imparare e molto da insegnare"
(Ricordo di Renato Mondolfo di Achillito Chiesa, considerato il von Ferrary italiano)
 
 
 
"Il Conte Contini Bonacossi, che entrò massiccio in filatelia in età molto avanzata
e che in pochi anni accumulò un complesso di rarità di tutto il mondo veramente sensazionale,
mi diceva sempre, quando gli portavo dei francobolli:
'Voi credete forse che io sono uno sciocco
perché vi pago i francobolli un po' più di quello che valgono,
ma io vi assicuro che gli sciocchi siete voi, che me li vendete a questi prezzi.
Ve ne accorgerete'.
Aveva ragione!"
(Ricordo di Renato Mondolfo del mercante d'arte Alessandro Contini Bonacossi)
 
 
 
"... il fascino che esercita il francobollo ricercato anche sulle persone più dure e impenetrabili,
non può essere mascherato e l'indifferenza manifestata talvolta all'atto della presentazione
non è che la dimostrazione di una saldezza di nervi che riesce a far mantenere
un atteggiamento del tutto innaturale, per non tradire l'emozione provata.
 Il grande Caspary, quando gli sottoponevo un francobollo che sapevo interessargli moltissimo,
mi chiedeva subito se avevo qualche altra cosa più importante,
se gradivo bere qualcosa o se avevo sentito l’ultima notizia politica"
(Ricordo di Renato Mondolfo del leggendario collezionista Alfred H. Caspary)



 
"Uno dei massimi collezionisti italiani, l'ingegner Mario Tomasini,
al quale avevo sottoposto uno splendido esemplare del falso di Napoli
da 2 grana tipo III su grande frammento - lo cercava da anni - assieme ad altri francobolli,
concentrò tutta la sua attenzione sugli altri, trascurando apparentemente il falso di Napoli,
per il quale il suo cuore aveva aumentato notevolmente le pulsazioni.
Gli feci notare questo fatto e... ne ridemmo insieme"
(Ricordo di Renato Mondolfo dell'Ingegner Mario Tomasini, 
nella foto, alla vostra destra, mentre stringe la mano ad Alberto Diena)
 


A cavallo tra il 1958 e il 1959, la mitica casa d'asta londinese Robson Low tiene due aste
dedicate ai francobolli del Regno delle Due Sicilie, in occasione del centenario delle emissioni.
Il catalogo "NAPLES SICILY" passa sotto il martelletto del banditore il 10 giugno 1959.


 Pubblicare in bianco e nero era lo standard dell'epoca,
e solo in occasioni speciali si creavano degli allegati a colori per i pezzi più importanti.
Nella "Plate B" dell'allegato al catalogo "NAPLES SICILY" - in alto a sinistra -
compare la riproduzione a colori di una parte minimale del lotto n. 59,
una Trinacria su giornale, descritta come "a superb piece".
L'oggetto non è ancora conosciuto sul mercato italiano (reca solo la firma di Emilio Diena)
ma è destinato a diventare un pezzo mitico, di quelli che rimangono negli occhi e nel cuore.
 
 
Il lotto 59 della vendita "NAPLES SICILY" troverà ospitalità fissa sul Catalogo Sassone,
presentato invariabilmente negli anni come "la più bella 'Trinacria' nota su giornale".
Si vedono le firme di Alberto Diena, Giulio Bolaffi e Renato Mondolfo,
a testimoniarne una conoscenza del pezzo ora ampiamente diffusa presso il gotha della filatelia. 


Serviranno 64 anni per rivedere sul mercato il lotto 59 della vendita "NAPLES SICILY".
 Venerdì 9 giugno 2023, a Zurigo, sotto il martelletto della Corinphila,
passa la parte VI della Collezione dell'Ingegner Provera,
e il lotto 6280 è proprio "la più bella 'Trinacria' nota su giornale" del Sassone.

 

L'Ingegner Provera aveva l'abitudine di marchiare con un alberello verde i suoi pezzi
e di annotare a matita il nome del commerciante da cui li aveva acquistati.
Al verso del giornale, in basso, compare la scritta in verticale "R.M. VII 85",
che non richiede particolari abilità per essere decriptata:
"R.M." sono le iniziali di Renato Mondolfo (c'è anche un "MOND 26" in alto)
e l'indicazione "VII 85" ci informa sulla data della transazione (luglio 1985).
Dalle altre sigle ("n. 1060" e "dsočo") si potrebbe risalire addirittura al prezzo pagato.
 
 
Un biglietto intestato a Renato Mondolfo, e scritto di suo pugno per l'Ingegner Provera,
dà conferma della provenienza della più bella Trinacria su giornale:
"Caro Pierino, eccoti l'inverosimile Trinacria. Ciao. Renato".


L'Ingegner Pietro Provera,
Presidente dell'Unione Costruttori Romani dal 1964 al 1965,
e Presidente dell'Associazione dei Costruttori Edili di Roma e Provincia dal 1966 al 1971:
il "caro Pierino" di Renato Mondolfo.

 
"La più bella 'Trinacria' nota su giornale" del Catalogo Sassone,
"l'inverosimile Trinacria" di Renato Mondolfo, destinata al "caro Pierino".   
 
Grande e audace mercante, e prima ancora raffinato collezionista, Mondolfo aveva la capacità di soppesare come nessun altro i rischi e le opportunità del complesso mondo filatelico.
 
Ne è un esempio il celeberrimo blocco di otto del francobollo della luogotenenza napoletana - la Crocetta - che riposava su un grosso frammento posticcio, mancando la corrispondenza tra il tipo di annullo "a svolazzo" e il timbro circolare della località.
 
Pur di nobile provenienza - apparteneva alla Collezione Caspary ed era citato nella monografia di Emilio Diena - il pezzo era inevitabilmente chiacchierato: si diceva che la colla necessaria a collocarlo sul frammento fosse passata sul davanti e ne avesse rovinato l'aspetto, obbligando a delle riparazioni e ridipinture.
 
Nessuno se la sentiva di rimuoverlo dal supporto cartaceo, temendo di vedere tutto l'insieme sfaldarsi sotto gli occhi.
 
Ci volle il coraggio consapevole di Renato Mondolfo, per acquistarlo prima e fargli un bel "bagnetto" dopo, rendendo a tutti uno dei più grandi pezzi della filatelia classica.
 
Il blocco di otto della Crocetta (su frammento posticcio),
nel catalogo d'asta degli Antichi Stati Italiani della Collezione Caspary.
 



 Il blocco di otto della Crocetta (attualmente nella Collezione Naddei):
 la maggiore rarità del periodo della dittatura e della luogotenenza napoletana,
secondo l'opinione del  Catalogo Sassone.
 
Tanto s'infervorava davanti a pezzi anche solo potenzialmente pregiati, quanto rimaneva rimaneva freddo e insensibile se nutriva dubbi irrisolti su presunte rarità, e non erano certo il clamore e le acclamazioni del mondo a potergli far cambiare idea.
 
E' il caso del famoso 3 skilling di Svezia, stampato in giallo anziché in verde, probabilmente il più famoso tra gli errori di colore, con una storia che a tratti sconfina nella leggenda.
 
Il 3 Skilling giallo di Svezia.
 
Fu ritrovato nel 1886, in Svezia, da uno studente appassionato di filatelia, Georg Wilhelm Backman, mentre rovistava nella soffitta della nonna alla ricerca di lettere da cui recuperare francobolli per la sua collezione. Il giovanotto riconosce la particolarità dell'esemplare, lo rimuove dalla busta e lo vende al commerciante di Stoccolma Heinrich Lichtenstein, per sette corone. 
 
Il pezzo raggiunge Sigmund Friedl, uno dei più famosi mercanti filatelici austriaci, che lo cede al mitico Philippe Ferrari, per quattromila fiorini.
 
A seguito della dispersione della collezione Ferrari, il francobollo passa per 35.250 franchi (695 sterline) al barone svedese Eric Leijonhufvud, che nel 1926 lo cede per 1.500 sterline al filatelista Claes A. Tamm.
 
Due anni dopo, l'errore di colore entra nella raccolta di Johan Ramberg, avvocato svedese, che lo paga duemila sterline e lo custodisce per nove anni, prima di affidarne la vendita alla casa d'asta londinese Harmers. Se lo aggiudica Re Carol II di Romania, per cinquemila sterline. 
 
Nel 1950 Re Carol lo riconsegna alla Harmers, per una vendita a trattativa privata. La contrattazione favorisce il magnate immobiliare belga René Berlingen, che lo acquista a un prezzo mai reso noto (Berlingen ne autorizzò poi l'esposizione pubblica alla manifestazione internazionale "Stockholmia '55", e per la prima volta, nel dopoguerra, il 3 skilling tornava in patria).
 
Nel 1971 il pezzo è di nuovo sotto i riflettori, all'esposizione di New York, esibito nello stand della Stanley Gibbons, incaricata da Berlingen di piazzare il francobollo a non meno di 500 mila dollari (bizzarra la modalità del conferimento: una ragazza si sarebbe recata nella sede londinese e - sollevato il vestito - avrebbe estratto il francobollo da una tasca cucita nella sottogonna).
 
Rimane invenduto, e tre anni dopo rieccolo in patria, alla manifestazione "Stockholmia '74", nelle mani del commerciante svedese Frimarkshuset. Il Museo Postale di Stoccolma viene sollecitato ad acquisirlo, al prezzo di un milione di dollari. Berlingen e Frimarkshuset commissionano una perizia a un comitato di esperti, per rassicurare il curatore museale sulla sua autenticità. Il francobollo viene radiografato, analizzato e persino pesato (0,02675 grammi) e infine qualificato "autentico", frutto di un errore di stampa genuino e non di manipolazioni chimiche. Niente da fare: il Museo rinuncia alla transazione, per una richiesta economica giudicata comunque eccessiva.
 
Berlingen ridimensiona le pretese, sotto la pressione di difficoltà economiche: nel 1978 il francobollo è aggiudicato per un milione di marchi a un acquirente anonimo, nel corso di un'asta dalla Edgar Mohrmann di Amburgo.

Negli anni '80 inizia l'era della David Feldman, la casa d'asta svizzera che sarà incaricata di licitare l'esemplare per quattro volte consecutive.
 
Nel 1984 lo aggiudica a 977.500 franchi svizzeri (500 mila dollari) a un collezionista scandinavo ancora oggi noto solo con lo pseudonimo "Mister C" (che molti identificarono nel facoltoso Ingvar Pettersson, perché due anni dopo fu visto portare il francobollo a "Stockholmia '86"; Feldman però smentì la voce, dichiarando che Pettersson aveva solo curato il trasporto per conto del proprietario).
 
Alla morte di "Mister C", nel 1990, il pezzo va di nuovo all'asta, di nuovo da Feldman. Se lo aggiudica l'imprenditore svedese Sven-Olof Karlsson per 1.897.500 franchi svizzeri (oltre un milione di dollari) segnando il record mondiale per un francobollo singolo.
 
L'8 novembre 1996 passa di nuovo sotto il martelletto del banditore svizzero, e migliora ancora la performance: aggiudicato per 2.875.000 franchi (2,3 milioni di dollari, diritti inclusi) al consorzio di investitori "The Box AB", che lo tiene un paio d'anni per poi venderlo a un privato con la mediazione del commerciante danese Thomas Hoiland.
 
Nel 2010, una finanziaria avrebbe nuovamente incaricato Feldman dell'ennesima vendita. Non sono stati ufficializzati né l'identikit dell’acquirente, né il prezzo d'acquisto (dichiarato però superiore a quello del 1996).
 
Nel maggio del 2013 - dopo vari passaggi tra mercanti, banche e investitori - il 3 skilling giallo torna nelle mani di un collezionista: il conte Gustaf Douglas, imprenditore e politico svedese, all'epoca classificato da Forbes al posto n. 423 tra i più ricchi al mondo. Douglas espone il suo gioiello alla Royal Philatelic Society di Londra, e l'anno dopo a New York, nella cornice del "World Stamp Show", dove il francobollo è circondato da un nastro di sicurezza, presidiato 24 ore su 24 da guardie armate, che impediscono persino di fotografarlo.
 
Questo è il 3 skilling giallo di Svezia, un pezzo unico, con un pedigree invidiabile, il francobollo che più di ogni altro ha segnato la storia del mercato filatelico, con continui incrementi di prezzo, anche a breve distanza di tempo.
 
Questo è il 3 skilling giallo di Svezia, che non solo Mondolfo non volle mai acquistare, ma a quanto si racconta si divertiva a produrre ab libitum nel suo studio, a partire dal comune 3 skilling verde - che poi cestinava, simulando un dispiacere - per lasciar intendere che anche il pezzo ritenuto originale era l'esito di una banale alterazione del colore.
 
 One Cent Magenta Guyana.
 
C'è un altro francobollo mitico che Mondolfo non volle mai acquistare, il celebratissimo One Cent Magenta, il pezzo più iconico dell'intera filatelia, uno status symbol capace di conquistare la ribalta mediatica su vasta scala, con una storia che - come il 3 skilling giallo - inizia col ritrovamento casuale di un ragazzino tra le lettere dello zio, nel 1873, e prosegue con transazioni a prezzi dall'evoluzione esponenziale (e un valore corrente stimato tra i 10 e i 15 milioni di dollari).
 
"Sinceramente, nella mia vita ho avuto tutti i francobolli rari che di volta in volta ho desiderato" - racconta Mondolfo - "Devo rivelare che per tre volte, nel corso della mia lunga attività, ho avuto la possibilità di acquistare quel celebratissimo Guyana, ma tutt'e tre le volte, dopo altrettanti accurati esami, vi ho rinunciato. Perché sulla sua rarità non c'è niente da dire, ma la qualità, un elemento che non tutti i collezionisti purtroppo privilegiano ma che per me è essenziale, in questo caso è purtroppo scadente, molto scadente".
 
Renato Mondolfo accanto a Giulio Bolaffi (col braccio alzato), all'asta della Collezione Caspary.
 
Renato Mondolfo e Giulio Bolaffi sono le due figure di riferimento in fatto di qualità filatelica: sono loro che hanno introdotto la qualità come parametro di selezione e valutazione, nell'apprezzamento di un oggetto filatelico.
 
La qualità - prima di loro - era un pot-pourri di regole del pollice, di folklore e aneddoti, di sensibilità mutabili e imprevedibili.
 
La qualità - dopo di loro, grazie a loro - è diventata una categoria tecnica, che ha segnato un'evoluzione culturale del collezionismo, e ha reso i collezionisti più consapevoli e raffinati, nell'interesse dell'intera comunità filatelica.
 
I rapporti tra Mondolfo e Bolaffi non furono sempre distesi, come forse era inevitabile vista la caratura dei personaggi in gioco, ognuno dei quali faticava probabilmente a riconoscere un'autorità sopra sé stesso. Ma rimanevano due spiriti affini, legati da una comunanza di pensieri e azioni, come testimoniò la moglie di Mondolfo - Elvira - in ricordo di Bolaffi.
 
"Di Giulio Bolaffi resta il ricordo di tante serate, con mio marito e lui, sempre a parlare di filatelia. Subito dopo la guerra, direi nel 1945, ci fu un convegno a Venezia. Noi eravamo in viaggio di nozze e loro discutevano di aste, di rarità, del 'volo di ritorno'. Lo ricordo al sole di Napoli, a un'asta di New Jork, sempre brillante, gran conversatore. Per lui e mio marito i francobolli dovevano essere ciò che per le donne sono i diamanti".



 
Renato Mondolfo (in piedi) con Giulio Bolaffi (alla sinistra di chi guarda),
allo stand della casa torinese all'esposizione internazionale di Londra del 1950.
Ospite d'onore - tra i due - il famoso collezionista francese Maurice Burrus.

L'azione sul mercato di Mondolfo è documentata in 11 cataloghi di vendita - pubblicati tra il gennaio 1962 e il maggio 1969 - che con il tempo, esaurita la loro funzione commerciale, si sono trasformati in altrettante lezione di stile, autentici manuali di qualità filatelica, divenuti essi stessi oggetti da collezione (per la difficoltà a reperire la serie completa).
 
 
Gli 11 cataloghi di vendita di Renato Mondolfo
(dal n. 1 al n. 6 si dividevano in due fascicoli:
uno con le descrizioni dei lotti, l'altro con le tavole fotografiche).

 

Mondolfo pubblicò due ulteriori cataloghi nel corso degli anni '70,
comunemente chiamati "Mille lotti", di formato diverso rispetto ai precedenti.
Qui vedete la dedica a un "eminente filatelista" e "caro amico",
su una copia del catalogo "Lotti 1001-1467", luglio 1973-dicembre 1974.
 
 
 
Dal catalogo n. 10 di Renato Mondolfo: una proposta commerciale che diventa una lezione di filatelia.
Tre esemplari usati da 1 quattrino del Granducato di Toscana, tre francobolli "uguali ma diversi".
I differenti livelli di prezzo segnalano stati qualitativi diversi, ben distinguibili,
e inducono a riflettere bene, a riflettere a fondo su cosa sia la qualità in filatelia,
sulla necessità di valutare singolarmente ogni parametro qualitativo,
e di arrivare a un giudizio finale che non ne privilegi nessuno.
 
 

Il più bel 2 soldi del Granducato di Toscana, un "esemplare da concorso" di "Qualità Raymond",
presentato come "rarità di prima grandezza internazionale" proprio in virtù della sua qualità
 
 
 


La ricerca di una qualità estrema - in filatelia - induce talvolta a usare le forbici,
una pratica controversa, discutibile, e sicuramente parecchio discussa,
a cui peraltro Giulio Bolaffi si dice fosse parecchio abituato.
Anche Renato Mondolfo usava le forbici, sebbene con una finalità diversa,
per garantire la commerciabilità di pezzi specialistici altrimenti invendibili,
sotto il vincolo di salvaguardarne la rilevanza filatelica,
come accade ad esempio - e non solo - con i blocchi dei Marzocchi della Collezione Caspary.
"Io ho sempre pensato che se di un francobollo raro esiste un solo grande blocco nuovo,
non costituisce affatto un delitto filatelico il tagliarlo,
lasciando comunque un blocco che rimanga 'die groesste bekannte Einheit'
e cioè 'la più grande unità conosciuta'
ed altri blocchi o strisce per accontentare altri collezionisti".
- scrive chiaramente Mondolfo -
"In perfetto accordo col dottor Raybaudi, allora mio socio,
tagliai ciascuno dei due blocchi [da venticinque, da 1 quattrino e da 1 soldo, ex Caspary]
in un blocco di dieci che rimase unico come lo era stato quello da venticinque,
due blocchi di quattro, una striscia di tre e due coppie.
Tutti questi pezzi trovarono immediatamente gli amatori
e figurano tuttora in prestigiose collezioni".
 
 
 
Renato Mondolfo (con
Giulio Bolaffi) è stato l'iniziatore della qualità in filatelia.
Ma ben sapeva che la qualità doveva cedere il passo alla rarità,
quando erano in ballo le vere, autentiche rarità.
Negli anni '80 si recò in Francia, per acquistare le due lettere qui riprodotte,
che il Sassone battezza storicamente come le prime due più grandi rarità del Regno di Napoli.
Un operatore di settore ebbe l'audacia di criticarne la qualità.
La replica di Mondolfo suonò come una condanna senza appello:
"tu, di filatelia, non capisci proprio un bel niente!".
 
Renato Mondolfo era conosciuto da tutti come un grande mercante e un collezionista raffinato, ma Mondolfo è stato anche un inarrivabile perito filatelico, sebbene questa sua attività sia meno celebrata perché avveniva nell'ombra, dietro le quinte, nell'interesse di tutti.
 
Mondolfo sapeva bene che la filatelia - il collezionismo di piccoli oggetti di carta, vecchi di secoli ed esposti a ogni sorta di intemperie - era (è) cosa delicatissima, fondata sulla fiducia e la discrezione, su elementi invisibili e impalpabili, un sistema fragile da tutelare in ogni sua parte, con modi rispettosi di tutti gli attori in gioco. 

Mondolfo era una Corte di Cassazione oscura. Supervisionava sistematicamente - in modo discreto ma pervasivo - il lavoro dei due principali periti romani - Diena e Raybaudi - ne correggeva i certificati già preparati e non ancora firmati, e a volte passava lui stesso dei certificati già stilati sulla carta intestata dei due studi, i cui titolari dovevano limitarsi ad apporre la loro la firma.
 
Lo riconoscerà tra le righe lo stesso Enzo Diena, nel ricordarlo a un anno dalla scomparsa: "avevamo l'abitudine di sentirci e vederci molto spesso, nella fiducia che la coincidenza dei nostri modi di sentire sarebbe servita per far prevalere, nel mondo della filatelia, le non poche idee che avevamo in comune", per poi divenire esplicito nell'ammettere che "[c]i è già mancato, ed ancor più ci mancherà, nell'attività peritale, in cui ci consultavamo sulla base di una fiducia reciproca, che esisteva fin dai tempi di Emilio ed Alberto Diena e di Silvio Mondolfo".

Renato Mondolfo redigeva anche certificati a suo nome,
per lo più sui pezzi che lui stesso poneva in vendita.
Qui ne è mostrato uno per una Crocetta "da concorso",
offerta nel catalogo n. 5 del gennaio 1964.



Un'annotazione manuale sulla riproduzione di una lettera del Lombardo Veneto,
caratterizzata da un'insuale utilizzo del cosiddetto "Mercurio azzurro".

 
 

 L'ultimo certificato peritale di Renato Mondolfo (redatto di suo pugno!).
Il Re della Filatelia sarebbe morto - all'improvviso - tre giorni dopo.
 
La filatelia è il Re degli hobby e l'hobby dei Re: così si dice, da sempre, per restituire il senso di una passione trasversale alla società tutta, capace di legare la dimensione popolare a un profilo elitario, un impareggiabile mix tra un passatempo diffuso, ben radicato, e una cultura d'eccezione, privilegiata. 

Lo stesso dualismo lo ritroviamo in Renato Mondolfo, da un lato eccellente giocatore di bridge, dall'altro tifoso appassionato di calcio.
 
Mondolfo è stato un "World Life Master", nel gioco raffinato del bridge; ha vinto quattro volte i Campionati Europei a Squadre (nel 1965, 1967, 1969, 1971) e conquistato un bronzo (nel 1970); a livello nazionale ha vinto i Campionati Italiani a Squadre (nel 1960, 1966 e 1970), a Squadre Miste (nel 1973) e la Coppa Italia (nel 1965, 1968 e 1971).
 
Nato a Trieste, poi, non poteva che tifare la biancorossa Triestina, la squadra della sua città, che seguì assiduamente durante tutta la gioventù e oltre, per allontanarsene solo col trasferimento a Roma, senza peraltro che un altro club potesse prenderne il posto nel suo cuore: "tifare da un giorno all'altro per una squadra di club diversa dalla Triestina mi sarebbe apparso come un tradimento insopportabile". La passione per lo sport più nazional-popolare proseguì comunque con la nazionale italiana, di cui "ho assistito a tutte le partite... ovunque si giocassero".

 
 Renato Mondolfo  - il primo alla sinistra di chi guarda -
ai Campionati europei di bridge del 1967, a Dublino,
con gli altri componenti della squadra italiana.
 
 
 
 Negli anni '30 del secolo scorso la Triestina militava in seria A,
e incontrava quindi regolarmente le grandi squadre.
Contro l'Inter - a San Siro - registrava risultati altalenanti,
tra vittorie sorprendenti, brutte sconfitte e partite combattute.
Il 3 novembre 1935 l'Inter gli infligge una batosta: 5 a 0!
Mondolfo, quel pomeriggio, non aveva voglia "né di ragazze né di cinema".
Solo i francobolli potevano consolarlo per quella "domenica tristissima".
Andò nel negozio del padre, subito dopo la partita,
"con l'intenzione di rifornire, dalle buste di riserva, qualche classificatore d'Europa".
Iniziò dalla Russia, e quando arrivò al numero 24, il 7 copechi grigio e rosso,
ne aprì un pacchetto da 100 per scegliere i più belli.
"Ad un tratto ebbi l'impressione che la vista mi facesse uno scherzo"
- racconterà anni dopo -
"perché l'aquiletta imperiale bianca su fondo rosso con i suoi corni di posta era capovolta,
mentre il francobollo grigio era... diritto".
Mondolfo non poteva credere a ciò che pur aveva davanti agli occhi.
"Lo rigirai due o tre volte, sempre temendo un'illusione ottica".
E invece non era un'illusione:
il francobollo - assolutamente perfetto - era proprio un "centro-capovolto",
anzi, il più raro "centro-capovolto" del mondo.
Lo mostrò a uno scettico Théodore Champion, a Parigi,
che lo esaminò per un po', per poi obbligare Mondolfo a venderglielo,
a qualunque prezzo Mondolfo avesse stabilito.
La transazione fu chiusa a 35.000 lire, all'epoca il costo di una villetta.
 
 
 
 
Théodore Champion: 
l'uomo con cui Renato Mondolfo, ancora ragazzino, trattava da pari a pari.
 
Renato fu sposato per tutta la vita con Elvira, con cui condivideva la passione per il bridge e verso cui nutriva una devozione profonda e assoluta: nessuno - proprio nessuno - poteva rivolgerle una parola fuori posto o avere verso di lei un atteggiamento meno che esemplare.
 
La coppia aveva un'unica figlia - Ambretta - che a trent'anni fu vittima di un curioso rapimento, in cui l'elemento drammatico veniva di quando in quando smorzato da risvolti grotteschi: i rapitori erano i camerieri di casa Mondolfo, sinceramente affezionati ad Ambretta, al punto da precisare - ogni volta che contattavano la famiglia per negoziare il riscatto - che comunque fossero andate le cose l'avrebbero trattata con i guanti, e non le avrebbero mai potuto fare del male, tanto era il bene che le volevano! 
 
 
Alcuni stralci delle notizie di stampa dell'epoca, sul rapimento della figlia di Mondolfo.
 
Viva per sempre il Re!
 
E' questa l'esclamazione rivolta a tutti i monarchi dal costume orientale, per quanto l'augurio sia chiaramente assurdo. Nessuno può vivere per sempre - nemmeno il Re - ma nessuno si aspettava ciò che poi accadde.
 
Renato Mondolfo abdica la sera del 2 febbraio 1992, a Roma, dopo una giornata trascorsa in mezzo ai suoi francobolli e una serata con in mano le carte da bridge: così, all'improvviso, senza che vi fosse stata la pur minima avvisaglia di un malore, di un disturbo, di un pur minimo fastidio.
 
Nessuno, quando lo vide per l'ultima volta, poteva anche solo lontanamente immaginare che quella sarebbe stata davvero l'ultima volta, che non avrebbe mai più rivisto il Re della Filatelia.
 
Il Re è morto, viva il Re!
 
E' questa l'esclamazione con cui tradizionalmente si segnala l'avvicendamento di due Re sul trono, con la presa d'atto della morte del vecchio Sovrano e la contestuale promozione del giovane Principe, a enfatizzare l'assenza di fratture, la più assoluta continuità dinastica.
 
Ma nel Regno della Filatelia, quando morì Mondolfo, nessuno se la sentì di inneggiare a un suo successore. Con Mondolfo muore un Re, forse insostituibile, di sicuro indimenticabile.    
 

L'ultimo saluto a Renato Mondolfo dell'Ingegner Giacomo Avanzo,
a chiusura della presentazione del suo catalogo n. 7.
C'è una ineguagliabile atmosfera romantica e poetica
nel fatto che il catalogo 7 fu anche l'ultimo dell'Ingegner Avanzo,
con la più bella Trinacria nuova in copertina
 e la più bella Trinacria "primo giorno" in quarta pagina:
non si sarebbe potuto immaginare un commiato migliore al Re della Filatelia.

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