TOSCANA - Il "3 LIRE IT." del Governo Provvisorio

Lo stralcio della pagina del 3 lire, dal catalogo della Auction Phila del 10-11 novembre 1989,
dove venne battuta la celeberrima "lettera Rothschild" affrancata col 3 lire isolato.

Firenze, 27 aprile 1859

Il Granduca Leopoldo II lascia Firenze il 27 aprile 1859, all'indomani dello scoppio della Seconda Guerra di Indipendenza, sulla spinta di una rivoluzione di velluto già scemata nel tardo pomeriggio, ché i patrioti toscani devono andare a desinare.
 
L'addio al Granduca non ha nulla di drammatico o tumultuoso. Anzi, è parecchio commovente. "Addio, babbo Leopoldo!" gridano i fiorentini - col cappello in mano, in segno di rispetto - al passaggio della carrozza della famiglia granducale.
 
L'evento suscita più apprensioni alla Corte di Napoli, dove il Granduca è soprannominato affettuosamente zì Popò di Toscana (la Granduchessa Maria Antonia era la sorella di Re Ferdinando) per distinguerlo dal Conte di Siracusa, anch'egli chiamato zì Popò.
 
 Estratto da "La Fine di un Regno", di Raffaele de Cesare (Volume I).

 

Toscana, 27 aprile 1859-12 marzo 1860


 
La sera del 27 aprile il Municipio di Firenze nomina un Governo Provvisorio Toscano - "puramente e semplicemente un Governo di fatto istituito per i bisogni della pubblica sicurezza" - che il giorno dopo offre la dittatura a Vittorio Emanuele II.
 
Ma la guerra è appena iniziata, la situazione è fluida e soprattutto non è chiara la posizione di Napoleone III, il potente alleato dei Savoia contro l'Impero austriaco. Il Re di Sardegna si limita ad accordare la propria protezione e nomina un commissario straordinario, Carlo Boncompagni, con funzioni di Capo di Stato.
 
A inizio agosto, dopo l'armistizio di Villafranca, Boncompagni cede i poteri a un Consiglio presieduto dal Barone Bettino Ricasoli, già Ministro degli Interni nel precedente Gabinetto toscano.
 
Tra l'11 e il 12 marzo 1860 si tiene il plebiscito per l'annessione della Toscana al Regno di Sardegna, e il 15 marzo la Suprema Corte di Cassazione rende noti i risultati:

"Nel palazzo della signoria sentito il pubblico ministero dichiara che dagli spogli eseguiti in questa medesima udienza dei risultati parziali del suffragio universale registrati negli atti verbali si è ottenuto per resultato finale: Toscani Votanti n. 386.445, votanti per l'unione alla monarchia costituzionale n. 366.371, nulli n. 4949, così constata il plebiscito del popolo toscano volere l'unione alla monarchia costituzionale del Re Vittorio Emanuele".
 
Il Principe Eugenio di Savoia-Carignano diviene Luogotenente del Re, il Barone Ricasoli è nominato Governatore.
 
E' significativo ritrovare il Marzocco tra i simboli del Governo Provvisorio.
L'animale totemico di Firenze alludeva alla città, non aveva di significati politici,
e quindi sopravviveva a ogni contingenza storica.
Qui lo si vede raffigurato su una moneta da centro quattrini (un fiorino),
ma appare anche nel francobollo da 9 crazie con filigrana a linee ondulate
distribuito ufficialmente il 27 aprile 1859, primo giorno del Governo Provvisorio,
e la cui prima data nota di utilizzo è l'8 luglio 1859.


1 gennaio 1860: l'emissione patriottica 

L'adesione della Toscana al Regno di Sardegna era così scontata - nel sentire di Casa Savoia - che già l'1 gennaio 1860 era stata messa in circolo una nuova serie di francobolli in sostituzione dei valori granducali: sette esemplari - preparati a Firenze dagli stessi attori che avevano allestito i "Marzocchi", la tipografia Cambiagi per la stampa e l'incisore Giuseppe Niderost per il disegno - con lo scudo crociato dei Savoia su un manto d'ermellino, le diciture "FRANCOBOLLO POSTALE TOSCANO" a correre sui tre lati, e il facciale non più in crazie, soldi e quattrini, ma in moneta italiana.
 
I primi sei valori erano da 1, 5, 10, 20, 40 e 80 centesimi.
 

E poi c'era il settimo, da 3 lire, che raccoglieva idealmente l'eredità del 60 crazie.
 
 

 

3 lire

I centesimi rappresentavano una novità per la Toscana, quindi non potevano dar luogo a equivoci. La lira, invece, c'era già stata, e sarebbe stato spontaneo pensare alla vecchia moneta, se l'alto valore dell'emissione patriottica avesse avuto un facciale da "3 lire". Serviva un richiamo esplicito al nuovo numerario, ma il tassello del valore non aveva abbastanza spazio per contenere la dicitura "italiane", che fu così abbreviata nella sigla "IT.".
 
E questo piccolo "IT." diventò la prima attestazione (filatelica) d'italianità: per la prima volta l'Italia unita appariva su un francobollo, a tutti gli effetti un manifesto propagandistico in vista del plebiscito.
 
Il censimento del 3 lire del Governo Provvisorio di Toscana.
 
Un francobollo di così alto facciale fu ovviamente stampato in pochi esemplari - come già avvenuto per il 60 crazie - e la stessa frequenza d'uso fu più bassa rispetto agli altri valori dell'emissione.

Se ne sono ipotizzate due tirature - corrispondenti alle gradazioni giallo ocra e ocra arancio - ma di fatto sono arrivati a noi così pochi esemplari da consentirne il censimento preciso in ogni possibile stato di conservazione (su documento, su frammento, nuovo e usato).
 
Alcuni 3 lire, poi, si identificano così profondamente con i più celebri collezionisti che li hanno posseduti, da portarne addosso addirittura il nome, come se lo storico proprietario e il suo 3 lire fossero un tutt'uno, come se il collezionista di un tempo continuasse a vivere nel suo 3 lire, e potesse trasferire un quid del suo lustro al nuovo, temporaneo custode: la sublimazione del fascino dell'ex.

 

3 lire su lettera

 I più famosi cataloghi su cui sono passate le uniche due lettere col 3 lire di Toscana:
l'asta Harmers di Londra dell'1 Dicembre 1965,
dove il "3 lire Rothschild" compare curiosamente in quarta di copertina,
e poi l'asta AP numero 39 del 10-11 novembre 1989, dove occupa la prima pagina;
l'asta della Robson Lowe del 16 gennaio 1964, per il "3 lire Faruk"
(ma la lettera era già apparsa nel 1954 in una vendita della Harmer)
e poi l'asta "Pedemonte" della Bolaffi, il 2 marzo 1991.

Esistono due sole lettere affrancate col 3 lire del Governo Provvisorio di Toscana, e portano il nome dei loro proprietari storici, il Barone Alphonse de Rothschild e il Re d'Egitto Faruk I.
 
Le due lettere sono state mostrate insieme per la prima volta alla manifestazione "Quel magnifico biennio 1859-1861", a Montecitorio, in occasione del 150° anniversario dell'unità d'Italia.
 
Nessun collezionista le ha mai possedute entrambe, ma entrambe sono transitate per la Bolaffi di Torino, sebbene Giulio Bolaffi le avesse a lungo snobbate.

"Alcuni pezzi più famosi non entrarono nella sua sfera di interesse solo perché non li giudicava sufficientemente ben conservati" - ricorda il figlio Alberto - "Il caso più esemplificativo è rappresentato dalle uniche due buste conosciute con il 'Tre Lire di Toscana', denominate rispettivamente 'Faruk' e 'Rothschild' [...]. Mio padre non le prese mai in considerazione in quanto indubbiamente i due 'Tre Lire' non erano in uno stato di conservazione identificabile con il 100% della Scala di Qualità Bolaffi. Con la mia generazione si giunse però ad un compromesso introducendo l'attestato 'Bolaffi ad Honorem' ed è grazie a questo riferimento di tipo accademico che questi pezzi poterono entrambi transitare dalla nostra azienda".
 

La lettera Rothschild

Alphonse James de Rothschild nacque l'1 febbraio 1827,
primogenito del barone James Mayer, capofamiglia del ramo francese dei Rothschild,
a sua volta il più giovane dei cinque figli di Mayer Amschel Rothschild, il fondatore della dinastia.
Sposò la cugina Leonora de Rothschild nel 1857, dalla quale ebbe quattro figli.

Fu istruito a dovere per prendere il comando della banca Rothschild Frères
 e - naturalizzato francese - ebbe accesso nel 1855 alla reggenza della Banca di Francia.
 Prima dello scoppio della guerra tra Prussia e Francia, nel 1870,
i Rothschild compirono sforzi notevoli per rasserenare gli animi, 
ma l'aggressività francese e i tentennamenti di Napoleone III impedirono l'accordo.
A guerra conclusa, nel 1871, Alphonse si adoperò per ridurre le indennità richieste alla Francia,
e fu il più attivo dei banchieri nel sostenere il Governo, con operazioni finanziarie ad alta complessità,
sfruttando appieno i suoi legami familiari a Londra, Francoforte e Amburgo. 
Il contributo decisivo all'economia della nazione gli valse la nomina a membro della Legione d'Onore,
 e nel 1896 venne elevato alla classe di Gran Croce, il più alto rango di quest'ordine cavalleresco.
Singolare ma inevitabile riconoscimento istituzionale,
per un esponente di quella famiglia che  - con le parole del suo fondatore -
 aveva la politica di "fomentare le guerre, ma dirigendo Conferenze di Pace",
"in modo tale che le Nazioni sprofondino sempre di più nel loro debito
e, quindi, sempre di più sotto il nostro potere".
Morì il 26 maggio 1905.

Il Catalogo Sassone classifica la "Rothschild" come la prima grande rarità di Toscana, e la presenta da sempre come "uno dei documenti filatelici più importanti al mondo".
 
La lettera è affrancata col 3 lire isolato. Parte da Firenze il 18 dicembre 1860 - come testimoniato dal timbro circolare nero in alto a destra - ed è diretta a Parigi, al marchese Bourbon Del Monte; il francobollo è annullato col timbro lineare "PER CONSEGNA" (l'equivalente della nostra raccomandata) e sul frontespizio compaiono i timbri rossi "P.D." (Porto a Destino, a indicare una missiva da portare a destinazione senza altri oneri di consegna) e "CULOZ" (per l'instradamento francese); l'indicazione manoscritta "22" segnala il peso (in grammi) della lettera.
 
La missiva era al principio listata a lutto, circondata su tutti e quattro i lati da un vistoso bordo nero, su cui finiva anche il francobollo.

La "lettera Rothschild" nel suo stato originario,
come la si poteva vedere nel catalogo d'asta della Harmers del 1965.
   
Alphonse Rothschild l'acquistò nel 1880; alla sua morte, nel 1905, passò al collezionista francese Roger Loeuillet, che la custodì per parecchi anni, per poi venderla a Renato Mondolfo (ma di questo passaggio non è documentato il periodo).
 
La qualità modesta del francobollo (sic!) spinse a ricercare un modo per valorizzazione il documento nel suo insieme, e si pensò così di eliminarne il contorno nero, esteticamente sgradevole (sic!).
 
Quando la lettera riapparve sul mercato - nell'asta AP del 1989 -  il documento si presentava in una forma ben diversa rispetto a come lo si era visto dalla Harmers oltre trent'anni prima: il bordo di sinistra era stato abraso, e gli altri tre lati erano stati ripiegati in modo che la lettera - anche se più piccola - potesse risplendere di una nuova luce (sic!).
 
Se l'aggiudicò la Bolaffi di Torino, in una lotta al martelletto che dopo soli due minuti - tempo necessario per sei rilanci - portò da una base di 500 milioni a un realizzo di 675, per un costo finale di 795, una volta computati i diritti d'asta.
 
La lettera aveva subito anche un'altra manomissione: il francobollo era stato rimosso - forse per faciliatre l'operazione di abrasione del bordo - e poi ricollocato al suo posto in modo imperfetto (anche se occorre un occhio aquilino per accorgersi dell'approssimazione del riposizionamento).

Il riposizionamento del 3 lire.
L'annullo, se pur di poco, non ha più la configurazione originale.

I massaggi a cui la "Rothschild" è stata sottoposta ne hanno persino posto in dubbio la genuinità.

E se si trattasse di un trucco? Se la lettera fosse solo un'operazione di maquillage, per creare una rarità fittizia? Come si può essere ragionevolmente certi dalla sua originalità?
 
Mario Mentaschi ha molto ben argomentato sulla bontà dell'oggetto, col rigore proprio del cultore di Storia Postale.

"La lettera venne spedita il 18 dicembre 1860 come raccomandata (per consegna secondo la terminologia in uso in Toscana) da Firenze a Parigi. [...].

Nel dicembre 1860 gli effetti della convenzione postale franco-sarda del 1851 erano già stati estesi anche alla Toscana, come confermato dal bollo rosso impresso dall’ufficio di scambio di Parigi 'SARDAIGNE… 3 CULOZ' che indicava l’instradamento per Culoz. Come è noto gli uffici di scambio francesi indicavano nel bollo d’entrata il nome dello Stato la cui convenzione con la Francia consentiva di controllare la tariffa postale applicata. [...].

La convenzione del 1851 prevedeva per le lettere scambiate tra Regno di Sardegna e Francia una tariffa di 50 centesimi ogni 7,5 grammi di peso. La lettera, che pesava 22 grammi, doveva pertanto essere affrancata con 1,50 lire. La stessa convenzione all’articolo 25 indicava che le lettere raccomandate dovevano essere preventivamente affrancate con una tariffa che raddoppiava quella prevista per una lettera semplice. In questo caso pertanto la tariffa di 1,50 lire raddoppiava a determinare la tariffa di 3 lire. [...].

In questo caso la conoscenza della storia postale e l’uso della logica hanno evitato che un rarissimo documento postale del passato venisse ingiustamente giudicato non genuino".
 

La lettera Faruk

Faruk I, decimo sovrano della dinastia di Mehmet Ali, penultimo Re d'Egitto,
successe al padre, Re Fuad I, nel 1936, a soli 16 anni.
Dal 1938 al 1948 fu sposato con la regina Farida, dalla quale ebbe tre figlie.
Dopo il divorzio, nel 1951 sposò in seconde nozze la regina Narriman Sadiq,
dalla quale divorziò due anni dopo, e dalla loro unione nacque l'erede al trono Fuad II.
Nel luglio 1952 fu obbligato all'esilio, a seguito di un colpo di Stato.
Si trasferì dapprima nel Principato di Monaco, e poi in Italia,
negli anni della "Dolcevita" e dei paparazzi in Via Veneto.
Amante del gioco d'azzardo, anche se non sempre onesto,
e anzi spesso pronto a barare, per scherzo oppure no,
offrì lo spunto per storie a cavallo tra leggenda e realtà,
di cui comunque si appropriarono diverse case da gioco.
Si racconta che in una partita a poker al casinò di Sanremo,
di fronte a un avversario che gli annunciò un poker di donne, sicuro di vincere, 
replicò con un secco "poker di re", ma mescolò subito le carte nel mazzo, anziché mostrarle,
e nessuno - né il giocatore frodato né il croupier - ebbe il coraggio di intervenire.
Si racconta che qualche ora dopo abbia confessato agli amici
di avere soltanto un tris di Re, ma... "il quarto Re ero io, no?".
Morì a Roma, a soli 46 anni, il 18 marzo 1965, seduto a tavola per il pranzo.
Si avanzò l'ipotesi di un omicidio politico per avvelenamento, che tuttavia appare irreale,
anche perché gli fu concessa la sepoltura al Cairo, nella grande moschea di Ahmad al-Rifa,
a conferma dell'irrilevanza del suo peso politico in Egitto. 
 
La "lettera Faruk" parte da Livorno il 7 gennaio 1860, affrancata col 3 lire accompagnato da un 40 e da un 20 centesimi; la spedisce la ditta Medina - di cui compare il timbro privato - alla sua corrispondente di Alessandria d’Egitto, la Medina Luzzatto; il timbro "P.D." segnala ancora una volta lo sgravo da qualsiasi altro onere di consegna; la data di spedizione rappresenta il primo giorno d'uso del 3 lire.
 
Il Catalogo Sassone la classifica come la seconda rarità di Toscana, ma sicuramente si tratta di una lettera più interessante della "Rothschild", non solo in termini storico-postali, ma soprattutto per la possibilità di collocarla in un contesto più ampio della pura trattazione tecnica.
 
"Un'antica lettera affrancata, diretta ad Alessandria d'Egitto, può facilmente indurci ad immaginare viaggi intrapresi su treni dalle mete lontane e poco individuabili o avventurosi itinerari su animati e romantici vapori" - scrive Alberto Bolaffi, nel presentare la "Faruk" sul catalogo d'asta "Pedemonte" - "Fra tutti i francobolli, più di qualsiasi altro il '3 Lire di Toscana', con il suo alto valore facciale, che gli consentiva di percorrere lunghi tragitti postali, esprime questo esotismo misto di strano e di lontano".
 
La "Faruk" va ben oltre la filatelia, per parlarci di affari, di industrie, di sviluppo economico. "Attraverso il chacet e l'indirizzo della ditta Medina e della sua corrispondente in Medio Oriente, la Medina Luzzato, il '3 Lire Faruk' ci narra infatti dei primi moderni contatti del grande commercio internazionale, ma questo incontro d'affari italo-egiziano segna anche, ce lo ricorda la scritta 'Col vapore postale francese', lo strategico ed importante ruolo che avevano le compagnie di navigazione delle grandi potenze europee, nel XIX secolo". I timbri postali evocano poi "il laborioso porto d'imbarco di Livorno nonché quello variopinto e chiassoso di Alessandria d'Egitto".
 
C'è fatalmente la dimensione politica, con i francobolli dell'emissione patriottica toscana nel ruolo di ambasciatori del rocambolesco esito del conflitto franco-piemontese contro l'Impero austriaco. "La 'lettera Faruk' non esporta soltanto il suo messaggio mercantile, ma anche e soprattutto l'immagine della neoconiata emissione di Toscana che informa le cronache del tempo sul felice epilogo della nostra II Guerra d'Indipendenza", con l'annessione al Regno di Sardegna dei territori toscani (peraltro non contemplati al principio dell'azione bellica).
 
E infine c'è un risvolto sociale, di costume, che trasporta avanti nel tempo, a poche decine di anni dopo la spedizione della lettera, giacché "non è fuori luogo pensare anche ad eleganti quanto raffinati personaggi in abiti du Saville Road" - uomini d'affari, studiosi di nuove tendenze filosofiche e scientifiche, avventurieri e alti funzionari - "immersi in un animato dibattito che vede nel 'Faruk' il fulcro della discussione", sulla scia della travolgente passione per il collezionismo filatelico.

Re Faud, Re Faruk e il Generale Naghib:
splendori (reali) e miserie (militari) del 3 lire di Toscana.

Molte lettere dell'archivio Medina-Luzzatto rimasero in Egitto, quando se ne dispose la vendita. E in quella circostanza - con tutta probabilità - la "Faruk" andò ad arricchire la collezione di Re Fuad, che aveva iniziato ad appassionarsi di arte e filatelia proprio nel corso delle sue esperienze giovanili in Italia (aveva frequentato - tra l'altro - l'Accademia Militare di Torino).

Re Faud non smise mai di coltivare le proprie collezioni - di francobolli, monete e gioielli - e i suoi emissari battagliavano spesso in asta con quelli di altri due monarchi filatelici, Giorgio V d'Inghilterra e Carol II di Romania, per arrivare ai pezzi desiderati. Ricorse anche a facili espedienti per crearsi delle rarità a tavolino: si faceva stampare per sé i francobolli egiziani in una speciale forma esclusiva, dei foglietti di nove esemplari, chiamati "tiratura reale", con varietà di dentellature rispetto alle tirature ordinarie.   
 
Alla sua morte, nel 1936, gli succedette il figlio Faruk, di soli sedici anni, che ereditò tutte le collezioni.

Nel 1952 fu però costretto a lasciare precipitosamente il suo Regno: un gruppo di militari - guidati dal Generale Neghib e dal Colonnello Nasser - aveva realizzato un colpo di Stato, e al Cairo, ora, comandavano loro.
 

I cosiddetti "Liberi Ufficiali" compiono il colpo di Stato nella notte tra il 22 e il 23 luglio 1952.
Occupano i Ministeri, le stazioni radio e tutti i presidi militari: il Cairo è in mano loro. 
Il Re è costretto ad abdicare, l'anno dopo tramonta la monarchia e sorge la repubblica.
Nel febbraio del 1954 il nuovo Governo mette all'asta le collezioni di Re Faruk
- unico caso al mondo di una collezione filatelica reale dispersa in una vendita all'incanto -
e per la prima volta appare sul mercato la lettera col 3 lire destinata a portare il suo nome.
 
 
 
Dall'esilio, Re Faruk tentò con ogni mezzo di rimpossessarsi delle sue amate collezioni.
 Diede incarico ai suoi legali di recuperarle in giudizio, come documentano i giornali dell'epoca,
e anche se la causa che non ebbe l'esito sperato, il messaggio rimane:
toglietemi pure il Regno, ma non i miei francobolli!
 
Le prime informazioni sulla "Faruk" arrivano in Europa sul finire del 1953, in occasione delle aste delle collezioni dell'ormai decaduto Re d'Egitto, e sono notizie confuse, contraddittorie, perché "della lettera non si aveva finora alcuna notizia", nessuno l'aveva mai vista, e quindi, legittimamente, "si dubitò in principio si trattasse di una falsificazione".
 
Estratto da "Il Collezionista - Italia Filatelica", n. 11, 1953.
 
La lettera ricompare in asta dieci anni dopo, nel 1964, proposta dalla casa inglese Robson Lowe. Se l'aggiudica Achille Rivolta, che la trasferisce successivamente a suo cognato Ercole Lanfranchi, conosciuto nel mondo filatelico con lo pseudonimo "Pedemonte".
 
E il 2 Marzo 1991, alle ore 21.00, a Torino, da Bolaffi, va in scena la IV sessione dell'asta "Pedemonte", dedicata ai "Capolavori Filatelici" della collezione. La "Faruk" è il lotto numero 856A, battuto per ultimo, il fuoco d'artificio finale di una vendita all'incanto che - a oggi - non ha avuto eguali.
 

Parte da 350 milioni di lire, e dopo 15 rilanci viene assegnata al cartellino "124" per 660 milioni, che salgono a 778 dopo il computo dei diritti d'asta.
 
L'aggiudicatario è il dealer Guido Craveri, che agisce per conto di un collezionista rimasto anonimo. Sarebbe stato disposto a pagarla anche di più - confessò Craveri - senza però precisare quanto, limitandosi a chiosare che qualche lira l'aveva risparmiata.
 
L'evoluzione delle firme peritali sul "3 lire Farouk":
la prima è di Alberto Diena, che emise anche il certificato per l'asta del 1964;
venne poi aggiunta la firma di Alberto Bolaffi, in occasione dell'asta del 1991;
l'immagine più aggiornata presenta le ulteriori firme
di Renato Mondolfo, Enzo Diena e Luigi Raybaudi Massilia.


3 lire su frammento 

Il Catalogo Sassone riconosce tre esemplari del 3 lire su frammento, ma gli appassionati della materia ne contano quattro:
  • il 3 lire accompagnato da una coppia dell'80 centesimi e da un'esemplare del 20 centesimi (per un totale di 4,8 lire, l'affrancatura più elevata realizzata con un 3 lire) proveniente da una lettera inviata da Firenze, il 30 luglio 1860, verso la Francia;
  • il 3 lire con un 80 centesimi, da Firenze a San Pietroburgo;
  • il 3 lire isolato timbrato a Livorno il 13 dicembre 1861 (l'ultima data d'uso, in periodo di Regno d'Italia);
  • il 3 lire isolato con timbro di Firenze, del 22 giugno 1861 (non catalogato dal Sassone tra i frammenti, per l'esiguità del supporto cartaceo su cui si trova il francobollo).
 
I tre frammenti di lettera col 3 lire riconosciuti dal Catalogo Sassone.
La catalogazione "su frammento" del 3 lire di Livorno può sembrare anch'essa tirata,
ma è tecnicamente corretta, se si ha presente il significato formale di "frammento".
Il supporto cartaceo di un francobollo è propriamente qualificabile come "frammento"
se fornisce informazioni aggiuntive rispetto a quelle desumibili dal francobollo sciolto,
o se, almeno, accoglie per intero l'annullo sul francobollo.
Nel caso del 3 lire di Livorno, l'annullo rimane incompleto,
ma la presenza del supporto cartaceo è dirimente per identificare la data e la città,
che andrebbero invece smarrite se, per ipotesi, il francobollo venisse rimosso.
Ma se data e luogo sono desumibili anche dal francobollo sciolto,
perché magari l'annullo è posizionato centralmente, come per il 3 lire di Firenze,
allora la sua presenza sul supporto cartaceo è di fatto irrilevante,
e quindi la classificazione "su frammento" è impropria.
 
C'è un episodio singolare che riguarda il frammento con la più alta affrancatura col 3 lire.
 
Il pezzo fu offerto nell'asta Harmers dell'1 dicembre 1961, in una "Valuable Selection of LOMBARDY, SARDINIA and TUSCANY", in cui era presente anche un 60 crazie usato di qualità eccezionale: il 3 lire su frammento fu aggiudicato a £ 700, il 60 crazie a £ 950.
 
Oggi, semmai quel 60 crazie tornasse a sfidare il frammento del 3 lire su un catalogo d'asta, difficilmente assisteremmo allo stesso esito. Con ogni probabilità, oggi, il risultato sarebbe ribaltato. Ma non quel giorno, non l'1 dicembre del 1965, quando la qualità sconfisse la rarità, in un mercoledì da leoni.

 

3 lire nuovo 

Gli studiosi di settore hanno censito 54 esemplari nuovi del 3 lire (12 perfetti e 42 difettosi).
 
Ce ne sono però due che si staccano dagli altri, per livello qualitativo e per la storia che vi sta dietro: il "3 lire Champions" e il "3 lire Bolaffi".

Théodore Champions e Giulio Bolaffi


 
Il 3 lire Champions (a sinistra) e il 3 lire Bolaffi (a destra).
"Mio padre è sempre stato più acquirente che venditore dei pezzi più importanti"
- racconta Alberto Bolaffi, nel ricordare suo padre Giulio -
"Il fatto che non amasse cedere i francobolli mi riporta a un esemplare famoso,
il mitico 'Tre Lire di Toscana', che è molto raro allo stato di nuovo.
In collezione conservavamo il secondo esemplare in termini di stato di conservazione;
quando ci venne offerto negli anni Ottanta il più bello, denominato 'Champions'
in quanto appartenuto a questo grande commerciante francese,
lo acquistai, e il mio primo impulso fu di recarmi da mio padre per proporgli la sostituzione.
Immaginando, però, quale sarebbe stata la sua risposta:
'Bravo, Alberto. E' molto bello, più bello del nostro, lasciamelo",
e prevedendo che non mi avrebbe dato in cambio l'esemplare già in collezione,
con grande rammarico ma dovendo sottostare alle prioritarie esigenze aziendali,
non gli riferii dell'acquisto e lo cedetti ad un grande collezionista il cui figlio ne è tuttora detentore".
 
Il 3 lire nuovo evoca poi la storia del multiplo di questo francobollo, a lungo rimasta leggenda.

Ne troviamo una prima menzione nel volume "Capolavori filatelici della Collezione Pedemonte", in cui si richiama e si qualifica la rarità del 3 lire, per chiosare con un'annotazione sull'originaria esistenza di una striscia. "Non esistono coppie di questo esemplare: nella collezione Ferrary de la Renotière esisteva una striscia di tre esemplari nuovi del 3 lire, che fu però a suo tempo tagliata".
 
 

Questa immaginifica striscia del 3 lire è stata oggetto di infinite congetture, sul come, dove e quando sia stata separata.
 
Il catalogo "Pedemonte" cita la Collezione Ferrary de la Renotière, intorno alla quale è a sua volta fiorita così tanta mitologia da non essere più possibile distinguere la fantasia dalla realtà; la Collezione fu dispersa a Zurigo, in ben 14 aste tra il 1921 e il 1929, ma nei suoi cataloghi di vendita non vi è traccia del multiplo del 3 lire.
 
E' sembrata quindi a lungo più mito che realtà, questa striscia del 3 lire, ma Angelo Piermattei è riuscito a ricostruirla virtualmente e ha pure esibito - grazie al perito Giorgio Colla - un'immagine della coppia ancora integra, presente in un catalogo di vendita del famoso mercante Evaristo Asinelli.
 

 "Parlandone con vari esperti si è giunti a Giorgio Colla,
il noto perito filatelico di Torino nipote di Evasio Gino Asinelli.
Il Colla conserva ancora il listino pubblicato da Asinelli nel 1924
e contenente una 'Grand Choix de Timbres', in particolare 'Anciens Duchés Italiens',
tra cui la documentazione fotografica di molte rarità di Achillito Chiesa messe in vendita.
Tra queste rarità, ben tre esemplari nuovi del 3 lire, due dei quali in coppia. [...].
Esaminando il listino di Giorgio Colla, la sorpresa maggiore fu quella di costatare
che l'esemplare di sinistra della ‘coppia Chiesa’ era proprio quello del lotto Pedemonte. [...].
Ma un ulteriore risultato è stato ottenuto riguardando attentamente quel listino del 1924
e in particolare dando significato alle numerose iniziali WR
poste sia vicino agli esemplari che vicino alle relative valutazioni riportate all'interno del listino.
Probabilmente l'Asinelli aveva indicato gli esemplari acquistati dal grande collezionista
Walter Ranieri di Genova e tra questi il 3 lire di destra della coppia.
Infatti nel listino erano stati indicati, per ognuno dei tre esemplari, il prezzo di 35.000 lire,
considerando quindi la possibilità di dividere la coppia.
Appena in tempo per essere fotografato, l'ultimo multiplo del 3 lire fu probabilmente diviso nel 1924
[e] la valutazione del listino fa riflettere se si considera che a quei tempi
il salario medio italiano in lire correnti era di circa 15 lire al giorno"
(Angelo Piermattei)
 
 
 
"... dei 54 esemplari nuovi del 3 Lire è stato possibile con l'aiuto del computer
individuarne tre, in bianco e nero, con gli stessi piccoli particolari di stampa
che li identificano con quelli riprodotti dall'Asinelli.
Li riportiamo accostati: a sinistra i due esemplari singoli che costituirono la coppia,
mentre l'ultimo a destra è quello che sul listino Asinelli era già isolato"
(Angelo Piermattei)


3 lire usato

Sono stati censiti 265 esemplari usati del 3 lire - 142 con timbro circolare, 64 con timbro "PER CONSEGNA", 37 con timbro muto a barre, 22 con timbro "P.D." - sicuramente non tantissimi, ma abbastanza da far si che sul mercato ne appaiano - in media - almeno due l'anno. Il costo d'acquisizione rimane elevato - da un minimo di 5.000 euro per gli esemplari malandati, a circa 25.000 euro per i pezzi più gradevoli, anche se invariabilmente affetti da qualche problemino - ma se non si va troppo per il sottile allora la difficoltà a entrarne in possesso è solo un fatto di denaro, non di effettiva disponibilità.
 
Ma i duecento e passa 3 lire usati sono tutti grosso modo uguali, oppure - come per i 3 lire nuovi - ce n'è uno che si stacca da tutti gli altri?

Uno solo sicuramente no, due neanche, tre neppure, ma quattro sì.
 
I 3 lire di Toscana per antonomasia sono il "Pedemonte" (in altro a sinistra), il Burrus (in alto a destra), il primo Caspary (in basso a sinistra) e il secondo Caspary (in basso a destra).
 
Il Signor "Pedemonte" - Ercole Lanfranchi - in alto a sinistra;
Maurice Burrus, in alto a destra;
Alfred H. Caspary, in basso.
 

                                   

     
I quattro esemplari usati del 3 lire antiquariale.
L'esemplare con l'annullo a sbarre è su carta estremamente sottile
(i provvisori di Toscana nascono su carte di vario spessore,
- da un quasi "cartoncino" a una quasi "carta velina" -
senza dover vedere un difetto nell'esiguità del supporto cartaceo). 
L'esemplare col doppio annullo "PER CONSEGNA"
presenta una "Tiny fault in right center, practically in margin only",
(nella descrizione fornita dal catalogo d'asta della Collezione Caspary),
un "punto chiaro all'incrocio della filigrana centralmente sul lato verticale destro",
(nella descrizione fornita dal catalogo d'asta della Collezione "Pedemonte").
L'immagine dell'esemplare con annullo circolare di Firenze
è ripresa dal catalogo di vendita n. 10 di Renato Mondolfo,
dove la marginatura appare sensibilmente diversa
rispetto alla riproduzione in bianco e nero sul catalogo Caspary
(il margine alla vostra sinistra è più fine, ma chiaramente bianco;
il margine destro è più ampio, bianco, e sicuramente non intaccato).
 
Intorno al 3 lire usato c'è di sicuro un'atmosfera aristocratica, si respira un'aria di regalità, ma il 3 lire usato ci parla anche di nobili decaduti, di esemplari un tempo annoverabili nel gotha dell'antiquariato filatelico, e poi discesi tra gli esemplari comuni, una volta esaminati a dovere.
 

27/28 novembre 1992 

 Siamo nel 1992.
La Bolaffi è entrata da poco più di un anno nel mondo dei banditori d'asta
(nel marzo del 1991 ha messo all'incanto la Collezione "Pedemonte",
un ineguagliabile mix di qualità e rarità filatelica, che accoglieva il "3 lire Faruk").
Ora è una casa d'asta, ma preserva alcuni tratti dello stile originario,
e nella vendita del novembre del 1992 dedica una pagina alle vendite a trattiva privata,
in cui ogni pezzo viene simpaticamente battezzato con un nome ammiccante.
Il catalogo di novembre offre il "3 lire Maximum",
"uno dei tre esemplari più belli del francobollo antico più famoso di Italia",
anche se forse quell'annullo pensante piazzato proprio sulla dicitura "IT."
avrebbe potuto far storcere il naso agli insoddisfatti di professione.
Il problema del "Maximum", però, era qualcosa di meno evidente,
qualcosa - è proprio il caso di dire - di molto più sottile...   

 

8/9 giugno 2012


Passano vent'anni, si arriva al 2012, e il "3 lire Maximum" riappare sul mercato, ancora da Bolaffi.
Questa volta, però, è un lotto tra i tanti, il n. 1242 per la precisione,
anche perché il nuovo corso della casa torinese non contempla più un business sartoriale.
Ciò che colpisce è la nuova descrizione che ne viene data:
è ancora annoverato tra i "migliori esemplari usati della più celebre rarità del Periodo Antico",
ma se ne denuncia pure "un'impercettibile trasparenza",
(espressione un po' buffa, perché ciò che è "impercettibile" non può essere percepito,
e se invece la trasparenza è stata rilevata, allora vuol dire che è percettibile).
I certificati peritali - di Diena e Hunziker, che lo definisco entrambi "perfetto" -
sono curiosamente disponibili solo in fotocopia;
e poi c'è un certificato finanziario di "Qualità Bolaffi" del 2003,
dove viene sì nominata la "impercettibile trasparenza",
ma si dà conto soprattutto di un "eccezionale stato di conservazione",
da cui segue una livello di qualità Bolaffi del 50% (segnalato dalla tacca rossa sulla scala)
accompagnato però dalla sigla di Alberto Bolaffi nella casella "Bolaffi ad honorem".
Parliamo di quel riferimento di tipo accademico, introdotto proprio da Alberto Bolaffi, 
e rendere commerciabili anche le rarità in stati di conservazione modesti.
L'attestato "Bolaffi ad honorem" - con le parole di Alberto Bolaffi - nasceva come un "compromesso",
un espediente per consentire ai 3 lire Rothschild e Faruk di "transitare per la nostra azienda".
Ma ciò che era nato avendo in testa un oggetto filatelico di cui esistono solo due esemplari
veniva ora applicato a un oggetto filatelico - il 3 lire usato - di cui se ne contano 265 pezzi.
 
 
 
Il "3 lire Maximun" fu aggiudicato alla base (20.000 euro più diritti) nell'asta del 2012.
Una cifra importante, sicuramente, in linea con i prezzi registrati sul mercato
per i 3 lire belli di aspetto, ma con problemi più o meno evidenti.
Altrettanto sicuramente, però, è un gran brutto tonfo,
rispetto alla trattativa privata di vent'anni prima.
Come ha fatto "uno dei tre esemplari più belli del francobollo antico più famoso di Italia"
a finire affogato in un catalogo d'asta in mezzo a tanti altri pezzi insignificanti?
Come e quando ci si accorse della "impercettibile trasparenza",
destinata ad abbattersi sulla "più celebre rarità del Periodo Antico" 
come una ghigliottina sulla testa di un Re?
La storia - come ogni storia tramandata per via orale - miscela fatti veri e leggendari,
e si può dire ben poco, a voler restare quanto più possibile aderenti alla realtà.
Nel 1992 il "3 lire Maximum" trovò rapidamente un nuovo padrone,
come accade sempre quando un pezzo oustanding viene offerto sul mercato.
Subito dopo l'acquisto il collezionista lo sottopose all'esame di un noto mercante milanese,
che lo mise "in benzina" - come si dice in gergo - e vide ciò che fino ad allora era rimasto invisibile:
una "impercettibile trasparenza" non rilevabile semplicemente in controluce,
ma solo con metodi di analisi appena più avanzati.
O forse, chissà, la "messa in benzina" rimosse una riparazione,
svelando così quel minuscolo assottigliamento della carta.
Il collezionista tornò da Bolaffi per restituire il "Maximum"
- ora non più tanto "Maximum" - e riavere indietro il denaro.
Ma la Bolaffi rifiutò la restituzione:
il "3 lire Maximum" - per la Bolaffi - era ancora "Maximum" a tutti gli effetti,
e a ogni buon conto la manomissione del pezzo lo privava di qualunque garanzia.
Si finì in tribunale per dirimere la controversia,
e c'è da supporre che la Bolaffi sia stata obbligata a riprendersi indietro il "Maximum",
visto il certificato del 2003 e la riproposizione in asta nel 2012.
Così passa la gloria del mondo...

E il 3 lire - infine - richiama tutti i collezionisti a prestare attenzione al pedigree di un pezzo, alla sua storia e alla provenienza, che più si va avanti e più rappresentano l'unica autentica forma di tutela per i propri acquisti.

 
Il 5 febbraio 2022 va in scena l'asta Ghiglione n. 111 e sulla copertina del catalogo fa bella mostra di sé un eccezionale 3 lire usato: è il lotto n. 724, presentato con inevitabile enfasi, e a cui si dedica quasi metà pagina, con una riproduzione fortemente ingrandita.


A pochi giorni dall'asta, però, il lotto viene ritirato, non è più in vendita, e a tutt'oggi si vede un salto (dal lotto 723 al 725) sulla pagina dei realizzi disponibili sul sito internet di Ghiglione.

  Dal lotto 723 si passa direttamente al 725: il 724 è scomparso.
 
Il ritiro di un lotto è un evento che può ben accadere; ma il fatto qui diventa curioso perché si è tentato di eliminarne ogni traccia dell'offerta, di far dimenticare che lo si fosse mai proposto.
 
L'immagine del 3 lire è stata fisicamente rimossa dalla copertina del catalogo 111, come si può vedere nella pagina internet della casa filatelica, e come potete verificare da voi, scaricando l'attuale versione in pdf.


Con stretta coerenza, poi, il pezzo è scomparso anche all'interno del catalogo, dove il lotto 724 è stato sbianchettato e il riquadro che ne accoglieva la riproduzione è ora vuoto.
 
 
Ripetiamolo: il ritiro di un lotto da un'asta è un evento, se non proprio ordinario, di sicuro contemplato, che non meraviglia nessuno, se e quando accade.
 
Ma che si tenti di cancellare la memoria dell'offerta - che si voglia dar a intendere di non aver mai proposto in vendita un certo oggetto - è piuttosto singolare.

Perché mai il lotto 724 - un 3 lire con "quattro margini bianchi e bordo di foglio in alto" - è stato prima ritirato dall'asta e poi occultato come se non fosse mai esistito?
 
Io non so dirlo, e quindi non lo dico, ma di sicuro ho sotto gli occhi - com'è sotto gli occhi di tutti - la descrizione della casa d'asta sul catalogo originario.
 

Piuttosto curioso che un 3 lire con "quattro margini bianchi e bordo di foglio in alto" rechi solo le firme e la certificazione degli stessi proprietari della casa d'asta; davvero strano, poi, che un esemplare simile non sia mai transitato per lo studio peritale dei Diena o dei Raybaudi, che non sia mai apparso su un catalogo di Mondolfo o Avanzo, che non se ne abbia traccia in nessuna asta del passato, che non sia mai stato recensito in nemmeno una delle numerose riviste filateliche.

Non so dire perché il lotto 724 sia stato ritirato, ma so per certo per il lotto 724 era un U.P.O. - Unidentified Philatelic Object - e che il tentativo di trasferirlo nell'equivalente filatelico dell'Area 51 non poteva passare inosservato.
 
Io non so dire di più su questo 3 lire, e quindi non vado oltre il suggerimento generale di prestare sempre attenzione al pedigree, quanto meno quando di parla di parla di esemplari di livello; ma c'è qualcuno che da tempo presta grande attenzione alle caratteristiche fisiche dei francobolli toscani, e un'idea più precisa se l'è fatta.
 
"Lo vorrei vedere dal vero, perché è fatto - o meglio: rifatto - davvero bene" - annota Tiziano Nocentini - "Hanno simulato perfettamente la filigrana e anche la carta sembra davvero ben fatta. E' un lavoro ammirevole, probabilmente opera di un maestro del restauro, che però conosce poco i francobolli toscani, o almeno non li conosce come uno specialista della materia".
 
Per chi i francobolli non si limita a guardarli, ma li osserva e li radiografa, ci sono una serie di indizi che avrebbero dovuto mettere in allarme. 
 
"Un bordo così ampio e non stampato in alto è decisamente inusuale: è troppo ampio per essere un interspazio di gruppo (con questa ampiezza si dovrebbe già intravedere l'esemplare oltre l'interspazio) e azzarderei a definirlo impossibile per un bordo di foglio in alto.
 
Pur con tutte le cautele del caso, se fosse un bordo di foglio superiore, allora differirebbe enormemente da tutti gli altri valori emessi dal Governo della Toscana, quanto a stampa.
 
Di regola, negli altri valori, lo spazio tra il bordo della cornice esterna superiore del francobollo e la riga di composizione a chiusura il quadro di stampa in alto, è il più piccolo dei quattro che si riscontrano, manifestamente più piccolo di ciò che si osserva in questo 3 lire. 
 
E' quindi quanto meno un azzardo il presentarlo come un un bordo di foglio superiore.
 
Nel caso, si tratterebbe allora dell'angolo di foglio superiore destro, perché la quantità di carta bianca non stampata a destra nella parte superiore appare talmente ampia da escludere la presenza di un altro esemplare alla destra di quello principale.
 
Tutti possono sbagliare, ma qu si è stati davvero affrettati - e forse un filo superficiali - nell'offrire il francobollo in asta con quella descrizione".

 

Le varietà del 3 lire

 
Pochi francobolli (al mondo) possono vantare il fascino del 3 lire di Toscana; anzi, se si escludono i pezzi unici e iconici - tipo "One Cent Magenta" - nessun francobollo-tipo ha in sé così tanta carica comunicativa; e di conseguenza il 3 lire è stato ripetutamente oggetto di discussioni, analisi, censimenti, articoli, confronti.  
 
Non è facile scrivere del 3 lire senza ritrovarsi a rimestare nel pentolone di "già sentito tante, troppe volte"; è già un gran bel risultato riuscire a mostrare cose di per sé ben note da un'angolazione appena diversa; ma qualcuno - in effetti - è riuscito a fare di più, molto di più, a portare in luce degli aspetti, magari di dettaglio, ma a cui nessuno finora aveva badato.
 
Dal maggio 2023 Emilio Calcagno e Tiziano Nocentini, con la collaborazione del perito filatelico Paolo Cardillo, hanno avviato un ciclo di pubblicazioni sulle "varietà dei francobolli del Governo della Toscana", documentate su una pagina dedicata del sito "Il Postalista".

L'obiettivo - con le parole degli autori - è "individuare le caratteristiche uniche e ricorrenti dei francobolli nei diversi valori", per "caratterizzare e dare un nome al cliché che ha di fatto originato il francobollo stesso".
 
Si vogliono cioè censire le varietà - più o meno evidenti - rispetto al cliché standard, che a questo fine è stato letteralmente vivisezionato.
 
 
Sono state identificate 110 varietà - codificate nello schema mostrato sopra - avendo principalmente a riferimento i primi 6 esemplari dell'emissione (dal valore di 1 centesimo sino all'80 centesimi).

Anche il 3 lire può ovviamente presentarle, ma l'esiguo numero di pezzi in circolazione, gli annulli spesso pesanti o invasivi, la difficoltà a reperire immagini con una buona risoluzione e - last but non least - la pratica diffusa di procedere a restauri variamente estesi, rende piuttosto complicato censire le varietà su questo specifico pezzo.
 
Un certificato peritale di un 3 lire di Toscana usato, 
che dà conto di un "ripristino di gran parte dei margini",
e in particolare di una "colorazione della cornice sul lato destro",
che "ha coperto una piccola traccia dell'asta della 'R' di 'PER'".
Un 3 lire alterato (a fini estetici) può diventare inservibile (per i fini tecnici),
ma del resto le riparazioni del 3 lire di Toscana sono la normalità, la prassi.
Il mercante fiorentino Romano Donnini - un nome storico della filatelia italiana - 
sosteneva che, nella sua esperienza commerciale, un 3 lire "naturalmente difettoso"
- per scarsa marginatura, assottigliamenti, o altre mancanze, appunto, "naturali" -
fosse di gran lunga più raro - e quindi da preferire - a un 3 lire variamente "riparato".
La prassi di restaurare gli oggetti filatelici solo per renderli più appetibili sul mercato
- di cui il 3 lire di Toscana è il caso maggiormente rappresentativo -
rischia in effetti di far perdere per sempre informazioni preziose sulla loro natura. 

Calcagno e Nocentini sono comunque stati in grado di visionare 40  esemplari, su cui hanno riscontrato 28 delle 110 varietà a oggi conosciute: come a dire che, no, i 3 lire di Toscana non sono tutti uguali, e che si possono distinguere non solo per caratteristiche macroscopiche - come la qualità o il pedigree - ma anche per aspetti più minuti e dettagliati, e pur tecnicamente rilevanti, per la gioia di tutti gli ingegni dotati di spirito di osservazione.   
 
Magia del 3 lire: dopo oltre 150 anni non smette di sorprendere e meravigliare quella stessa comunità di filatelici che pure l'ha osservato per una vita intera.
 
"Nessuno, prima di noi, aveva mai classificato le varietà dei francobolli del Governo della Toscana e quindi nessuno aveva potuto studiare i 3 lire da questo punto di vista, per determinarne la posizione nel quadro di stampa" - sottolinea giustamente orgoglioso Nocentini - "Noi l'abbiamo fatto per primi e abbiamo insegnato alla comunità filatelica come poterlo fare, in caso capiti tra le mani un esemplare del 3 Lire del tipo fil-let. Sono sicuro che potremmo determinare la posizione di altri 3 lire, disponendo di un numero sufficiente di immagini del verso di altri esemplari".

Rimane tuttavia il rammarico per l'ostracismo dei circoli più rinomati.
 
"Fioccherebbero medaglie, premi e onorificenze varie, in un contesto sano.
 
Ma siccome non appartengo all'establishment della filatelia di Toscana, a tutto ciò non sarà dato grande spazio, al di fuori di questo blog o del sito Il Postalista diretto da Roberto Monticini.
 
Poco male: preferisco star fuori da un ambiente dove si si privilegia l'appartenenza - le amicizie, le aderenze, le raccomandazioni - piuttosto che la competenza; preferisco rimanere libero di dire ciò che penso, senza timori né vincoli, se non quelli imposti dal rispetto della realtà oggettiva dei fatti, in una parola dalla verità".
 
E di là di tutto, chi ama la filatelia, lo studio e la documentazione, non può che rigioire nello scoprire - grazie a Calcagno e Nocentini - l'attualità dell'editoriale della rivista "Il Collezionista", numero 3, marzo 1951, in gran parte dedicata al centenario dei francobolli toscani.
 

 

Oltre la filatelia 

Il 3 lire di Toscana è molto più che un raro francobollo antico: è un oggetto carico di suggestioni, di evocazioni, con significati emozionali che oltrepassano la ristretta cerchia dei filatelici, per proiettarsi nel campo dell'arte e della comunicazione, fonte di ispirazione per registi e scrittori.

Il 3 lire di Toscana è la filatelia che va oltre sé stessa, per raggiungere un pubblico di gran lunga più numeroso, da incuriosire, turbare e infine attrarre.
 
Un novantenne, privo di conoscenza e senza documenti, viene ricoverato in ospedale.
Quattro infermieri, troppo presi a giocare a carte, lo dimenticano sul letto in corridoio.
Ma durante la notte, all'improvviso, l'anziano si risveglia.
Parla in dialetto stretto, dice di chiamarsi Carlo e racconta di un antico francobollo
nascosto in un cofanetto seppellito sotto una piastrella di una piazza a Livorno:
è un'immaginifica lettera "primo giorno" con il 3 lire di Toscana.
Propone agli infermieri di ritrovare quel tesoro, e si offre di regalarglielo.
 "Vi lascio i soldi, basta che mi organizziate un bel funerale
con una banda e tante donne e tanti bambini". 
Una vecchia ambulanza è in fuga, in una notte d'estate di promesse e incertezze,
con un anziano che vuol rivedere i luoghi e le persone importanti della sua vita,
e tre infermieri attratti da un francobollo che potrebbe cambiar loro la vita.
 Al mattino la caposala scopre l'assenza e li insegue, col quarto infermiere,
per portare a Carlo il farmaco salvavita che gli altri tre hanno dimenticato.
Il viaggio è pieno di sorprese e incidenti,
vicende surreali e zingaresche,
tra archeologhe che fanno il vino, giostrai e prostitute,
con tante cose che si rivelano diverse da come appaiano.
Quando si arriva finalmente a destinazione, 
e Carlo sembra aver individuato il punto in cui è celato il tesoro, 
ecco che sviene per un malore e deve essere riportato in ospedale.
Tutti rimangono ammutoliti per la fine della fantastica avventura,
ma soprattutto perché avvertono la responsabilità per l'accaduto
e una forte e sincera riconoscenza per Carlo,
che gli ha fatto vivere momenti indimenticabili.
L'epilogo è una festa in campagna, con tutti gli amici dell'ospedale,
Carlo che balla felice col suo abito bianco a doppio petto,
e un primo piano sull'immaginifica lettera col 3 Lire "primo giorno".
Tutti i personaggi, alla fine, arrivano a realizzare qualcosa:
chi si sposa, chi fa un grande viaggio vagheggiato per anni,
chi riesce a dare un senso al proprio lavoro e alla sua vita.
Il 3 lire, alla fine, ha rappresentato qualcosa per cui è valsa la pena impegnarsi.
 
 
 
Agli inizi degli anni trenta del novecento un 3 lire viene rubato a casa di un diplomatico
che gli attribuisce un valore di 400 mila lire, quando uno stipendio medio era di 200 lire.
Si susseguono da quel momento una serie di delitti inspiegabili,
fin quando il francobollo viene ritrovato, custodito in un medaglione portafoto...
"Martini scattò in piedi. Il suo sguardo si era fatto grave.
- Hai dimenticato che stiamo parlando di un omicidio? - esclamò. 
- Se sai qualcosa, hai il dovere di dirlo!
Paolo esitò ancora poi, si decise, ma parlare gli costò uno sforzo.
- Il fatto è che... c'è qualche cosa che non quadra in quella famiglia.
Un'aria di mistero. Non so spiegare il perché ma ho sempre avuto l'impressione
che fossero tutti quanti legati da un segreto vergognoso...".

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