LA CULTURA DI GIULIO BOLAFFI - Qualità o morte



Quante volte avete sentito, o detto voi stessi, frasi del tipo "quante ne hai viste di affrancature da 3 crazie, assolte con tre esemplari da 1 soldo e uno da 2 soldi?"; "quanti interspazi di gruppo del ½ grano di Napoli conosci?"; "quanti 40 centesimi rosa lilla scuro della IV di Sardegna ti sono passati tra le mani?".

Queste domande non sono mai innocue, non fosse altro per l'arroganza con cui sono formulate, percepibile sin anche nella comunicazione virtuale. Queste domande sono infide, subdole e sleali, perché sottendono un'idea pericolosa, che falsa i principi e sovverte le regole del gioco della qualità. Queste domande contrabbandano la modesta qualità nel sotto-baule della rarità. In queste domande vi è implicita l'aberrazione per cui un oggetto filatelico di bassa qualità può miracolosamente cambiare il suo status qualitativo in virtù della sua rarità.

L'episodio narrato da Alberto Bolaffi è la miglior risposta a tutti gli alchimisti filatelici, è la scienza ufficiale contrapposta alla pietra filosofale e agli elisir per trasmutare i metalli in oro. "Quante lettere conoscete con il 3 lire di Toscana?". Due soltanto, immagino, come tutti noi. E quante recano la firma di Giulio Bolaffi? Nessuna, com'è sotto gli occhi di tutti. Quelle due lettere - la "Faruk" e la "Rothschild" - transitarono entrambe per casa Bolaffi, ma non conobbero mai il sigillo, il marchio, la firma di Giulio Bolaffi. Perché Giulio Bolaffi amava "tutte le rarità del mondo, sempre che fossero in uno stato di conservazione assolutamente ineccepibile", e le lettere "Faruk" e  "Rothschild" non lo sono, e così ci volle un escamotage di Alberto Bolaffi, un "riferimento di tipo accademico", per superare l'impasse.

Perché una rarità di scarsa qualità - come lo è di regola - non potrà mai diventare di qualità superiore, solo perché rara, proprio come una pianta non potrà mai trasformarsi in un animale, per quanto la si annaffi. Perché qualità e rarità sono due giochi profondamente diversi, sono il calcio e il basket, la pallanuoto e la pallavolo, i cento metri e la maratona, e chi li confonde e li mischia presta un pessimo servizio alla filatelia e alla cultura filatelica. Qualità e rarità sono due filosofie diverse, due sistemi di pensiero diversi, che operano in diverse giurisdizioni, sono il civil law e il common law.


Il "3 lire Faruk", prima data d'uso del 3 lire di Toscana.
Dino Platone, nel parlare di "qualità e valutazione dei francobolli classici",
descrive il 3 lire "intaccato nel lato superiore sinistro e corto in basso".



Il "3 lire Rothschild", una gemma della filatelia mondiale.
Il francobollo è difettoso e il documento pesantemente manomesso.

Angelo Piermattei ricostruisce la storia dei 3 lire "Rothschild" e "Faruk". Da questa bella narrazione -  non esente da una sbavatura: si parla di una "firma congiunta Alberto-Giulio Bolaffi" apposta sulla "Faruk", ma di cui non c'è traccia nell'immagine di copertina dei "Capolavori Filatelici della Collezione Pedemonte"; la "Faruk" e la "Rothschild" sono firmate solo da Alberto Bolaffi - dal bel racconto di Piermattei, dicevo, apprendiamo che Renato Mondolfo acquistò la lettera "Rothschild" dal collezionista francese Roger Loeuillet, storico proprietario, apponendovi la sua firma.

Renato Mondolfo era l'altro baluardo della qualità, l'altra sentinella, l'altro guardiano di una delle due anime della filatelia. Perché Renato Mondolfo si avvicinò allora a quel che Giulio Bolaffi teneva a distanza? Una risposta diretta non si ricostruisce da informazioni pubbliche e documentate, perciò non sarebbe neanche interessante ipotizzarla. La domanda può però servire per ribadire e precisare - col conforto di alcuni fatti - la fondamentale differenza tra rarità e qualità, nonché il significato stesso di rarità.

Ho il piacere di conoscere personalmente l'ingegner Giacomo Avanzo, che con Renato Mondolfo ebbe una lunga e assidua collaborazione professionale, e prima ancora un rapporto quasi filiale ("piango oggi la perdita di un Amico, di un Padre e di un Maestro di Vita", scrisse nella prefazione al suo catalogo di vendita n. 7, del marzo 1992, pubblicato poco dopo la morte di Mondolfo). Renato Mondolfo - mi racconta Giacomo Avanzo - acquistò le due più importanti lettere di "Napoli" con il 50 grana (storicamente riprodotte sul Catalogo Sassone) e s'infuriava con chi ne contestava la qualità, pur obiettivamente scadente. "Voi non capite nulla di filatelia!" - urlava disgustato - e ho la presunzione di sapere cosa volesse dire, grazie alle numerose e piacevoli discussioni con l'ingegner Avanzo. Voi non capite nulla di filatelia, perché valutate queste due lettere con un metro -  la qualità - che non dovrebbe neanche sfiorarle. Voi non capite nulla di filatelia, perché qualità e rarità sono due giochi diversi, ma amare l'uno non impedisce di partecipare all'altro, senza ovviamente confonderli (proprio come a un amante del basket non capiterà di toccare la palla con le mani, se per una volta dovesse trovarsi su un campo da calcio).

Renato Mondolfo amava la qualità, ma non aveva forse lo stesso pregiudizio ideologico verso le rarità non ben conservate, purché fossero autentiche rarità. Questa precisazione - autentiche rarità - può sembrare pleonastica - ne esistono forse di altro genere? - ma è invece dirimente, perché anche sul concetto di rarità c'è così tanta confusione da far ritenere che la Torre di Babele sia realmente esistita, e che questo ne sia l'odierno, maledetto retaggio.

Dobbiamo sicuramente accettare di giocare a un altro gioco, di fronte ai 3 lire "Rothschild" e "Faruk", o all'unico blocco di quattro del 50 grana di Napoli su lettera, perché questi oggetti non ammettono alternative, non sono più francobolli, ma pezzi da museo che hanno scritto la storia della filatelia, e volte oltrepassato la filatelia stessa, per entrare nel cinema, nella letteratura, a contatto con il grande pubblico.

L'autentica rarità non ha mai temuto di apparire per quel che è, di dichiarare i suoi eventuali difetti, grandi o piccoli, così come la sensuale Cleopatra non si sarà mai sentita complessata dal suo naso importante. Solo di recente, quando qualità e rarità sono state colpevolmente confuse, qualche mercante ha temuto il venir meno del sangue blu della rarità, a causa delle sue imperfezioni. Ne avevo già discusso a proposito della coppia della Trinacria "ex Caspary" e colgo l'occasione per dare un altro esempio, proveniente dalla Burrus. Osservate la differenza nelle descrizioni, di Robson Lowe nel 1964 e di Zanaria nel 2016, che dà l'esatta dimensione del cambio di approccio.






Non ha senso apprezzare le autentiche rarità su parametri qualitativi che gli sono alieni, come non avrebbe senso giudicare le doti tecniche e atletiche di Cristiano Ronaldo dalle sue performance con la racchetta in mano; ma è anche ridicolo negare, sottacere o mettere in sordina i difetti delle rarità, come fa Zanaria, temendo chissà quali ripercussioni sull'appetibilità commerciale.

Le autentiche rarità non temono confronti né giudizi, ma quando dall'olimpo degli dèi si torna ai comuni mortali, fossero anche mortali di eccezione - come le affrancature da 3 crazie con valori facciali in soldi, gli interspazi di gruppo o le tinte difficili - allora la qualità torna a mordere e serve alzare nuovamente la guardia, mantenere il più vigile senso critico, osservare tutto con sospetto e circospezione.

Molti collezionisti continuano invece a baloccarsi con l'idea che "è raro", vittime di quella che io chiamo "Sindrome di Rothschild-Faruk" (SRF). La SRF porta ad avere verso le rarità di nicchia, le rarità specialistiche, le rarità per pochi intimi - espressioni già antinomiche - la stessa benevola tolleranza che si ha verso le grandi rarità, le rarità tout-court, le rarità sic et sempliciter. La SRF, in parole semplici, è una forma di follia.

Anche Renato Mondolfo, a ogni modo, si era imposto dei limiti, dei vincoli, come tutte le persone intelligenti. Nella pubblicazione che porta il suo nome, edita da Poste Italiane, ci racconta di aver posseduto tutte le rarità che desiderava, ma di aver applicato anche ad esse, almeno una volta, un criterio di intransigenza qualitativa.


Giulio Bolaffi e Renato Mondolfo ci invitano a essere collezionisti raffinati, e la raffinatezza è tutto un gioco di dosaggi, di pesi e contrappesi, di misura e precisione, di capacità critica e contestualizzazione, di perfetta conoscenza delle regole, di sensibilità nell'intercalare le eccezioni.

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