ANTIQUARIALE - La filatelia del XXI secolo

"Siamo reduci da dieci anni di crisi mondiale.
Noi commercianti avremmo dovuto morire,
ma ora ci sono dei segnali positivi.
Crediamo nella filatelia.
Potrà andare avanti come antiquariale.
Sarà la filatelia del XXI secolo"
(Ingegner Giacomo Avanzo)

Molti collezionisti vedono la filatelia in prossimità di una svolta critica, senza peraltro riuscire a focalizzare la dinamica degli eventi. Il pessimismo prevale, sull'onda di analisi sommarie, superficiali e ingenue, prive delle necessarie contestualizzazioni. 

La filatelia - si dice - è una passione "vecchia", o meglio "anziana", a guardare l'età media dei collezionisti; e si dimentica - non si sa o non si capisce - che a invecchiare è la popolazione italiana tutta, che i trend demografici prevedono un significativo incremento della quota degli "over 65" a livello nazionale, anche in ragione di un'accresciuta speranza di vita; fenomeno sistemico, relativo al Paese Italia, e non specifico del settore filatelico, che ne risente semmai di riflesso, per ricaduta, forse in misura più accentuata della media.

La filatelia - si dice - è una passione "in crisi": non circola più il denaro di un tempo, le botteghe sono scomparse, i grandi nomi battono in ritirata, i nuovi mercanti svendono, i collezionisti sono sfiduciati, le prospettive si fanno cupe; e si dimentica - non si sa o non si capisce - che il mondo intero ha conosciuto la più grande crisi della storia, finanziaria prima, economica poi, e infine politica e sociale; crisi sistemica, dunque, non specifica della filatelia, che ne ha semmai subito il contraccolpo in modo più acuto, com'è inevitabile per un bene voluttuario.

La filatelia - si dice - è destinata all'estinzione. Il francobollo sta uscendo di scena - non serve più, è venuta meno la funzione pratica che ne giustificava l'esistenza - perché oggi comunichiamo a distanza attraverso la tecnologia. Gli Stati stampano francobolli più per abitudine che per necessita, più per il piacere della riserva indiana dei collezionisti di "nuove emissioni" - essa stessa in via di estinzione - che non per effettive esigenze dell'utenza. Senza il contatto quotidiano con il francobollo - si dice - si finirà con l'ignorarne l'esistenza, scemerà l'interesse e svanirà il desiderio di collezionare.

E qui il ragionamento lascia esterrefatti per la sua povertà, al punto da dubitare che possa realmente provenire da un collezionista. Perché è ancora tollerabile l'ignoranza sull'evoluzione della piramide demografica; è ancora accettabile l'ingenuità di chi vede solo il mercato filatelico senza lo sfondo del sistema economico globale; ma il de profundis della filatelia per la cessata utilità pratica del francobollo - confondere cioè la morte del francobollo con la morte del collezionismo filatelico - significa solo una cosa: essere rimbecilliti, esserlo sempre stati, o esserlo diventati sotto l'inarrestabile processo degenerativo delle cellule cerebrali.

Esaminate i precedenti, richiamate la vostra esperienza personale, indagate nella cerchia delle vostre conoscenze: in quanti hanno iniziato a collezionare francobolli perché se li vedevano passare sotto gli occhi quotidianamente? E perché mai allora proprio i francobolli, e non le monete, a più elevata frequenza d'uso? E perché non i biglietti dell'autobus o gli scontrini fiscali?

Alzi la mano chi si è realmente entusiasmato per la prima volta con il 750 lire "Castelli" che affrancava la lettera dell'amichetto di penna. Non io, sicuramente, e penso veramente pochi, in generale. Perché sin quando l'oggetto è schiavo del dover essere utile, sin quando è imprigionato nella banalità della vita quotidiana, nessuno potrà mai vedervi qualcosa in più di uno mero strumento per assolvere un'incombenza pratica.
 
Dalla Prefazione di Alberto Bolaffi,
al volume "I francobolli degli ultimi Re" di Nino Aquila.
 
 

Paolo Vaccari, in ricordo di Gabriele Serra.



Enzo Diena, Premessa a "Classici senza miti", di Dino Platone e Maurizio Raybaudi Massilia. 

Il collezionismo è altro. Non l'attualità, ma la storia. Non il visibile, ma l'invisibile. Non l'utilità pratica, ma la densità di significati. Non l'oggetto, ma il simbolo. Non il vederlo con gli occhi, ma il sentirlo con l'anima. Non l'acquisto di una cosa, ma la realizzazione di un desiderio. Non l'amore per ciò che si trova, ma l'inseguimento di ciò che si ama. Non un passatempo tra tanti, ma una via privilegiata verso la cultura.


La scomparsa del francobollo dalla quotidianità colloca l'oggetto nell'anticamera dell'antiquariato.
 
Questa parola - antiquariato - e le altre che vi orbitano intorno - antiquario antiquariale - non sono una novità negli ambienti filatelici.
 
La Bolaffi si è a lungo presentata nella veste di una ditta di "antiquari filatelici". Alberto Bolaffi parlava di "una vocazione in netta contrapposizione a quanto è la norma del commercio antiquariale", nel tratteggiare la logica impiegata da suo padre - Giulio Bolaffi - per costruire la celeberrima Collezione "Pedemonte".
 
Sergio Santachiara evocava la "più sofisticata ed elevata espressione di autentico antiquariato", per descrivere la Collezione "Ghirlandina".
 
"Io ho sempre considerato la raccolta dei francobolli classici una forma di antiquariato" - diceva Mario Gallenga, famoso collezionista di Pontificio - "per me una collezione di francobolli antichi [ha] la stessa importanza di una collezione di porcellane cinesi o di bronzi etruschi".


La parola è dunque familiare ai collezionisti, ai mercanti e agli operatori di settore. Ma le parole - ci insegna Pirandello - sono per sé prive di significato, e a poco vale cercarne la definizione nei formalismi di un dizionario. "Voi, caro mio, non saprete mai come si traduca in me quello che voi mi dite. Non avete parlato turco, no. Abbiamo usato, io e voi, la stessa lingua, le stesse parole. Ma che colpa abbiamo, io e voi, se le parole per sé, sono vuote? E voi le riempite del senso vostro, nel dirmele, e io nell'accoglierle, inevitabilmente, le riempio del senso mio. Abbiamo creduto di intenderci, non ci siamo intesi affatto". Proprio così. "Abbiamo tutti dentro un mondo di cose: ciascuno un suo mondo di cose! E come possiamo intenderci, signore, se nelle parole ch'io dico metto il senso e il valore delle cose come sono dentro di me; mentre chi le ascolta, inevitabilmente le assume col senso e col valore che hanno per sé, del mondo com'egli l'ha dentro? Crediamo di intenderci; non ci intendiamo mai". Potremmo chiosare - col gusto della provocazione - che non ci intendiamo grazie alle parole, ma nonostante le parole.

Le parole - a rifletterci sopra - sono monete parecchio usate: a forza di circolare di mano in mano - di passare di bocca in bocca, da una sensibilità all'altra - diventano duttili e malleabili, allentano il legame col loro significato "da vocabolario", e a volte seguono addirittura evoluzioni semantiche dagli sbocchi contraddittori. Poco male, purché lo si sappia e ci si regoli di conseguenza. Ognuno di noi, se maneggia certe espressioni come il cartellino consacrato di un contenuto da definire, può impadronirsene senza maggiori rimorsi di quelli che prova il fisico allorché - a spregio del greco - persiste a chiamare atomo una realtà che egli passa il tempo a dividere.

Cos'è allora la filatelia antiquariale? Cos'è che rende un oggetto filatelico - un francobollo, una lettera, un giornale - un pezzo d'antiquariato? Riusciamo a sintonizzare quei mondi di cose che sono dentro di noi, per intenderci almeno a grandi linee?

Appoggiamoci a una fonte alla portata di tutti, non tra le più autorevoli, ma ormai standard quando ci si vuol formare una prima idea su un argomento. Sentiamo cosa dice Wikipedia.
 
"Un 'oggetto d'antiquariato' è un vecchio pezzo da collezione. E' collezionabile o desiderabile per la sua età, rarità, condizione, utilità o altre caratteristiche che lo rendono unico".

Definizione viziata da lievi sbavature, ma abbastanza precisa per il nostro scopo. L'oggetto d'antiquariato è un "vecchio pezzo", è qualcosa risalente nel tempo, collocata nel passato, e meglio ancora nel trapassato. I francobolli degli Antichi Stati Italiani sono oggetti "vecchi di secoli", perciò potenzialmente idonei a entrare nella sfera antiquariale.
 
C'è dell'altro, però, oltre all'antichità. L'oggetto d'antiquariato deve possedere anche una serie di caratteristiche "che lo rendono un pezzo unico". Il requisito dell'unicità è dirimente: l'unicità è il filtro applicato alla sabbia dei vecchi pezzi, che trattiene nelle sue maglie le pepite d'oro dei pezzi d'antiquariato.
 
La definizione pone così un nuovo interrogativo al collezionista di francobolli con velleità antiquariali: in che senso e in che misura un oggetto filatelico può ritenersi unico? 

Iniziamo con un caso banale: le grandi rarità.

Il blocco di otto della "Crocetta"l'80 centesimi del Governo Provvisorio di Parma, su lettera (e in verità anche gli otto esemplari usati); i 3 lire di Toscana sulle lettere "Rothschild" e "Faruk" - solo per dare un ovvio campionario - sono tutti oggetti di prima grandezza, carichi di storia e di gloria, universalmente conosciuti e recensiti, in alcuni casi anche oltre i confini del collezionismo filatelico. E' inverosimile uno scemare di interesse verso questi oggetti, o altri dello stesso ceppo, che sono autentici status symbol, segni visibili di censo, potere e ricchezza, oggi come ieri, e probabilmente in eterno.

Ne segue però un fatto sgradevole, se arrestiamo qui il nostro ragionamento. Se la filatelia antiquariale è tutta e solo nella filatelia delle grandi rarità, e se la filatelia antiquariale è la filatelia del XXI secolo, allora il futuro sta regredendo sul passato, il domani rimanda alle origini, ciò che per lungo tempo è stato il Re degli hobby, per la sua larga diffusione presso vasti strati di popolazione, punta ora alla sua antica natura di hobby dei Re, un divertissement ad appannaggio di figure semi-mitologiche, dalle possibilità smisurate sotto ogni cielo.

Cosa ce ne facciamo di una conclusione così? Poco, obiettivamente. Proviamo allora ad ampliare l'angolo visuale, il minimo necessario per scorger qualcos'altro oltre le grandi rarità, quanto basta, a esempio, per intercettare un francobollo mitico degli Antichi Stati Italiani: il 3 lire del Governo Provvisorio di Toscana.

Il 3 lire di Toscana - usato, sciolto - non è un francobollo unico (ne esistono oltre 300 pezzi) e non è neppure un francobollo raro, se alla parola rarità vogliamo dare il significato approssimativo di difficile reperibilità. Un compleanno è più raro di un 3 lire, perché un compleanno viene solo una volta l'anno, mentre di 3 lire ne compaiono almeno tre o quattro ogni anno, e qualsiasi mercante di livello ne possiede in stock almeno un paio (o sa comunque dove procurarseli). Il 3 lire, semmai, è costoso - gli esemplari mal ridotti non scendono sotto i 5.000 euro, quelli semplicemente presentabili viaggiano intorno ai 25.000 euro - ma il denaro è solo un fattore di scala che determina chi può avvicinarsi a certi acquisti e chi no, e la quantità di denaro necessaria per l'acquisto non altera le caratteristiche intrinseche degli oggetti.

Il 3 lire di Toscana - usato, sciolto - non sembra potersi fregiare dello status di oggetto antiquariale, e se non è possibile parlare di filatelia antiquariale per un 3 lire di Toscana - il francobollo simbolo dell'intera filatelia classica - a più forte ragione non lo si potrà fare per pezzi di caratura inferiore.

Proviamo però a fare un passo oltre. Questi trecento e passa 3 lire di Toscana sono proprio tutti uguali o possiamo isolarne un sottoinsieme ristretto, con caratteristiche particolari? E - al limite - c'è un 3 lire che "si stacca" da tutti gli altri? Esiste un'ape regina, nell'alveare dei 3 lire?  Quando pronunciamo la parola "3 lire" - per sé vuota, priva di significato - riusciamo a far collassare in un unico oggetto - o meglio, in un oggetto unico - quei variegati mondi di cose che agitano gli animi dei collezionisti? In un solo oggetto forse no, in due neanche, in tre neppure, ma in quattro sì.

Ladies and gentlemen, vi presento i (soli quattro esemplari del) 3 lire del Governo Provvisorio di Toscana: il 3 lire "Pedemonte" (in altro alla vostra sinistra) e il 3 lire Burrus (in alto a destra), il primo 3 lire Caspary (in basso a sinistra), il secondo 3 lire Caspary (in basso a destra).

                                   

                                   
I soli quattro esemplari usati del 3 lire "antiquariale" del Governo Provvisorio di Toscana.
L'esemplare con l'annullo a sbarre è su carta estremamente sottile
(i provvisori di Toscana nascono infatti su carte di vario spessore,
- da un quasi "cartoncino" a una quasi "carta velina" -
senza dover vedere un difetto nell'esiguità del supporto cartaceo). 
L'esemplare col doppio annullo "PER CONSEGNA"
presenta una "Tiny fault in right center, practically in margin only",
nella descrizione fornita dal catalogo d'asta della Collezione Caspary,
un "punto chiaro all'incrocio della filigrana centralmente sul lato verticale destro",
nella descrizione fornita dal catalogo d'asta della Collezione "Pedemonte".
L'immagine dell'esemplare con annullo circolare di Firenze
è ripresa dal catalogo di vendita n. 10 di Renato Mondolfo,
dove la marginatura appare sensibilmente diversa
rispetto alla riproduzione in bianco e nero sul catalogo Caspary
(il margine alla sinistra dell'osservatore è più fine, ma chiaramente bianco;
il margine destro è più ampio, bianco, e sicuramente non intaccato). 

Punto, fine, non c'è altro. La parola "3 lire di Toscana" prende forma solo ed esclusivamente con questi quattro oggetti. Tutti gli altri 3 lire se li porti pure il diavolo o, se preferite, sono semplicemente filatelia as usual.  Ce ne sono solo quattro di 3 lire, e ognuno dei quattro è a suo modo unico. Ce ne sono solo quattro, e possederne uno è anche un fatto di denaro, ma non solo di denaro. Ce ne sono solo quattro, e sono quattro pezzi d'antiquariato.

Conosco la contro-argomentazione. Questa linea di pensiero può forse attagliarsi al 3 lire, ma rimane sterile se si prova ad applicarla ai pezzi medi degli Antichi Stati, per non parlare dei più comuni. La filatelia antiquariale, di nuovo, si ridurrebbe a un insieme oltremodo ristretto di oggetti, appena un po' più ampio del nucleo delle grandi rarità, ma ancora esiguo per farne una categoria logica su cui ragionare e una categoria commerciale su cui impostare un business.

Abbordiamo alla questione per gradi. Prendiamo il 20 grana del Regno di Napoli, II tavola, su lettera. E' un pezzo quotato dal Sassone intorno ai 12.000 euro (una cifra per sé elevata, ma ordinaria all'interno del sistema dei prezzi catalogo) e scambiato nelle più recenti aste tra i 3.000 e i 4.000 euro (sorvoliamo sulla querelle "catalogo vs mercato", così come su "pescate" e "batticuori" nelle aste filateliche). Poi, però, dopo appena trent'anni di attesa, Vaccari mette in vendita la lettera col 20 grana II tavola di "Scilla e Cariddi", e così Scilla e Cariddi escono dai loro antri per lanciarsi in una lotta sanguinaria.


Cos'è accaduto? Che due pazzi si sono incontrati e il prezzo ha violato ogni logica (economica e filatelica)? Sì, è una chiave di lettura, anche se sterile, perché sulla pazzia non c'è granché da dire. Il prezzo è sicuramente è atterrato su un livello esorbitante (il 200% del catalogo!) fuori da ogni stima per quanto robusta (nel 1989 l'Ingegner Avanzo si era fermato al 90% del catalogo) e sull'aggiudicazione pesa indubbiamente l'irrazionalità passeggera dei contendenti, la loro voglia matta di possedere l'oggetto a ogni costo. Ma c'è altro, a parte la follia? Sì, c'è altro. C'era nei due collezionisti la piena consapevolezza di fronteggiare un pezzo unico - unico sul serio, non come i 3 lire di Toscana, di cui ce ne sono ben quattro - che avrebbe condannato ad altri trent'anni di attesa, se lo si fosse lasciato all'avversario. Questo è il messaggio da trattenere con forza, di là delle contingenze della competizione.

E sento di avere altri 24.000 validi motivi per prevedere nuove e più tremende lotte, a violenti colpi di spalettate, il giorno che la marea dovesse riportare a galla altre due gemme, altri due pezzi unici, altri due 20 grana del Regno di Napoli, questa volta della I tavola.





Io non so dire se il futuro della filatelia sia nell'alveo dell'antiquariato, ma spero di aver fatto un po' di chiarezza sul significato tecnico da attribuire alla dizione filatelia antiquariale.

L'antiquario filatelico - il collezionista del XXI secolo, secondo l'Ingegner Avanzo - è un cacciatore di pezzi (a loro modo) unici.
 
L'antiquario filatelico non è genericamente interessato a un bel francobollo, a una tariffa rara, a un timbro di pregio, a una destinazione inconsueta.
 
L'antiquario filatelico vuole quel pezzo e solo quello, o comunque un pezzo incluso in un piccolo gruppo definito a priori, e non gli importa nient'altro.
 
L'antiquario filatelico non discrimina nessun francobollo in base alla sua rarità "da catalogo", ma pretende una storia interessante e ben documentata che renda "unico" ogni pezzo.
 
L'antiquario filatelico possiede uno spiccato senso estetico, una vocazione naturale per la bellezza, perché non si è mai visto un oggetto d'antiquariato "brutto".
 
L'antiquario filatelico ha una marcata inclinazione artistica, "perché la collezione è scienza, ma anche arte, ed occorre avere o formarsi un temperamento da artista per poterla apprezzare", con le parole di sorprendente attualità di Alberto Bolaffi Senior, nel catalogo "FRANCOBOLLI PER COLLEZIONE", numero 21, del 1924.

Numerose altre qualificazioni sarebbero necessarie, per capire cosa la filatelia può mutuare dall'antiquariato e cosa deve invece preservare della sua specificità.
 
Sicuramente la filatelia antiquariale opera su un insieme minimale di oggetti, rispetto alla sovrabbondante offerta attuale, ma spazia ancora su tutte le fattispecie - francobolli sciolti, giornali, lettere e frammenti, dal 3 lire di Toscana al 2 grana di Napoli, senza distinzioni - perciò può ancora contare su una massa critica sufficiente ad alimentare un mercato.
 
Sicuramente c'è parecchio da lavorare sugli standard di identificazione dei francobolli antiquariali, sulla redazione di un nuovo dizionario filatelico, sul significato da assegnare alle parole, sulla loro corrispondenza alle casistiche osservabili.
 
Sicuramente la filatelia antiquariale avrà un profilo più elitario, meno popolare, sia sul versante dell'offerta che della domanda, ma sarà anche un profilo più stabile, meglio definito, a maggior contenuto artistico e culturale.
 
Probabilmente alcune categorie tradizionali, puramente filateliche, come la carta, la nuance, il cliché, le varietà, vedranno ridimensionata la loro importanza.
 
Sicuramente - e non solo probabilmente - acquisterà in rilevanza il magnifico intreccio tra le storie dei francobolli e i francobolli nella Storia.

E proprio la Storia (d'Italia) sarà al centro della prossima serie di post, che ci accompagnerà sino all'estate.

Questo 6 crazie del Granducato Toscana è un regalo di Natale.
"Non lo avresti mai acquistato" - mi è stato detto - "perché lievemente assottigliato".
"Così ho voluto regalartelo, perché lo ritengo comunque un oggetto bellissimo".
Il francobollo è un gioiellino, per margini, annullo (azzurro), freschezza e pulizia.
La bellezza può sopravvivere anche in esemplari difettosi,
perché "bellezza" non significa necessariamente "perfezione".
Rimane un oggetto di categoria inferiore, sicuramente, ma...
... trovate un'altra "seconda scelta" così, se ne siete capaci.
Questo pezzo può ancora rientrare in una logica di "filatelia antiquariale",
perché anche in filatelia antiquariale la qualità può assestarsi su vari livelli,
e un "difetto" (da assottigliamento) rimane preferibile a una "riparazione",
perché il difetto lascia comunque il francobollo nel suo stato naturale,
laddove la riparazione vi introduce degli elementi postumi e posticci.
Questo giudizio di merito pone un tema sull'agenda dell'antiquario filatelico,
perché le "riparazioni" sono un atto ordinario nel mondo dell'antiquariato,
e in filatelia rappresentano invece un elemento gravemente inquinante.
"Se la Venere di Milo fosse un francobollo, il suo valore sarebbe nullo",
era lo slogan della Bolaffi, ai tempi in cui si dedicava esclusivamente alla filatelia.
Per altro verso, la maggior parte delle grandi rarità sconta riparazioni più o meno invasive,
per restituire al pezzo una certa gradevolezza estetica, per quanto fittizia. 
La calibrazione del metro di valutazione non sembra pertanto poter prescindere
da un'analisi specifica, puntuale, realizzata esemplare per esemplare,
per capire quali "riparazioni" siano ancora tollerabili,
e quali invece si debbano respingere con forza.






Una gemma della filatelia mondiale: l'80 centesimi del Governo Provvisorio di Parma, su lettera.
La lettera è stata utilizzata come "premessa iconografica" al volume "Giulio Bolaffi 1902-2002".
Il documento originario presentava uno strappo nella parte inferiore, poi rimossa.
L'intervento estetico è assolutamente irrilevante
(lo sarebbe stato per un pezzo ordinario, a più forte ragione lo è per un pezzo unico).



 
Un'altra gemma della filatelia mondiale:
uno dei due 3 lire del Governo Provvisorio di Toscana, su lettera (prima data d'uso).
Il 3 lire è pesantemente difettoso di margini, ma nessuno se ne è mai preoccupato.
Ora, però, sappiamo una cosa in più: "a cover crease has been skilfully reduced".
Non che il fatto abbia realmente importanza, ma è comunque bene saperlo.
La lettera è nota come "3 lire Faruk", dal nome del Re d'Egitto che ne era proprietario.
Entrò nella mitica Collezione "Pedemonte", dispersa da Bolaffi nel 1991.
Guido Craveri se l'aggiudicò - nel ruolo d'agente d'asta - al prezzo complessivo di £ 777.812.380.
Uscendo dalla sala d'asta raccontò di aver ricevuto mandato a pagarla anche di più, se occorreva.
Non svelò sino a quanto si sarebbe potuto spingere, 
ma disse semplicemente che "qualche lira" l'aveva risparmiata.






La sesta della ventuno maggiori rarità del Ducato di Parma, secondo la scala del Sassone.
Una delle strisce di quattro del 40 centesimi presenta un'evidente abrasione,
che è stata poi "riparata", per ripristinare l'originario colore azzurro.
L'intervento non è tra i più leggeri, ma si può ancora giudicare tollerabile.



Il più bel francobollo del Ducato di Parma,
e uno tra i più belli di tutti gli Antichi Stati Italiani.



L'unico 50 grana del Regno di Sicilia, isolato su lettera.
Il documento è stato oggetto di un piccolo restauro
- descritto nel catalogo della 120a asta della Filasta, del 16 aprile 1993 -
che nulla toglie alla straordinarietà del pezzo.



 Una lettera problematica da raccontare, nei termini rigorosi della Storia Postale,
per la mancanza di alcuni elementi indispensabili per ricostruirne genesi e sviluppo.
La lettera, curisosamente, non reca la firma di nessun perito o commerciate
(in passato aveva la firma di Paolo Vaccari, ora cancellata).
E' appartenuta al Professor Saverio Imperato, un'incona della filatelia italiana.
Quale giudizio darne in termini antiquariali?




La seconda delle venti maggiori rarità della Dittatura e della Luogotenenza (Napoli).
Il documento sconta una leggera manomissione
- descritta nel catalogo d'asta della Collezione Caspary -
che può infastidire per l'approssimazione con cui è stata realizzata,
ma in linea di principio non pregiudica l'eccezionalità del pezzo.



Attualmente in vendita (a trattativa privata) da Viennafil.
Potremmo riproporre - inalterata - l'argomentazione precedente,
se non fosse che i cataloghi del passato gettano questa volta una nuova luce sulla casistica.

La descrizione del pezzo nel catalogo dell'asta Caspary.
Siamo ancora alla presenza di un pezzo antiquariale?

Pecchi e De Angelis  forniscono indirettamente una risposta alla nostra domanda:
se le cose stanno così, il pezzo resta ai margini della filatelia antiquariale.
 
 
 
La più bella Trinacria nuova conosciuta:
un esempio d'eccellenza di filatelia antiquariale.
Provenienza: Giacomo Avanzo, Catalogo di vendita a prezzi netti, n. 7 (marzo 1992).
 


Un francobollo mitico degli Antichi Stati Italiani: la Trinacria (su giornale).
L'esemplare presenta delle piccole mancanze di stampa dovute a pieghe originali della carta.
Se ne può essere infastiditi o rammaricati, ma si tratta di un difetto "naturale",
dovuto alle artigianali e rudimentali tecniche di produzione dei francobolli dell'800,
che pertanto non ne sminuisce il pregio, anche alla luce della qualità complessiva.





Un altro pezzo straordinario: la più bella coppia della Trinacria,
la diciassettesima delle venti maggiori rarità della Dittatura e della Luogotenenza
(ex Collezione Caspary, ex Collezione "Scilla e Cariddi").
"Negligible tiny closed split in watermark at bottom left in margin clear of design".
Ci sentiamo davvero autorizzati a escluderla dal club della filatelia antiquariale?
  La mia opinione la trovate qui






Un pezzo apparentemente problematico da valutare,
presente nella Collezione Burrus e ora custodito nella Collezione Imperato.
Il catalogo d'asta della Robson Lowe ne fornisce una descrizione inquietante,
che non consente di valutare la portata dell'intervento di restauro,
con tutta probabilità parecchio esteso e invasivo.
Un oggetto simile - per la mia sensibilità - non appartiene al club dell'antiquariato filatelico.



La Crocetta in affrancatura mista con un 2 grana delle Province Napoletane.
"Questa interessantissima lettera è stata purtroppo pesantemente manomessa"
- scrivono Enzo De Angelis e Mauro Pecchi, nel loro volume sulle "Cento Croci" -
"La Croce, fortemente difettosa, è stata staccata insieme al 2 grana,
riparata e ricollocata alla sinistra del documento, ridipingendo la parte mancante dell'annullo".
Questo pezzo, sebbene "di grande interesse, sia per l'affrancatura mista, sia per il periodo d'uso",
non può assolutamente rientrare in una logica di filatelia antiquariale.



                                         

                     

Cinque esemplari straordinari del Governo Provvisorio delle Romagne.
Possiamo considerarli tutti dei pezzi di antiquariato?



L'ottava maggiore rarità del Regno di Sicilia,
un caso realmente problematico da valutare.
Guido Oliva ne ricostruisce la genesi.
Possiamo, o no, considerarlo un pezzo di filatelia antiquariale?




La pagina del catalogo della Collezione "Ghirlandina" (Studio Filatelico Sergio Santachiara, 2002),
seguita dalla pagina del catalogo d'asta
della Laser Invest (15 febbraio 2020).
Secondo Sergio Santachiara, "
[d]alla lettera sono avulsi due francobolli",
mancano cioè due esemplari ("probabilmente un 25cent e un altro 40cent")
rispetto a un'affrancatura "di 6,30L equivalente a 7 porti di 90cent ciascuno per la Francia",
laddove sulla lettera si vede un valore facciale complessivo "di 5,65L".
Secondo la Laser Invest,
che forniscee un bignami di Storia Postale a corroborare la sua descrizione
la lettera "venne erroneamente affrancata con un francobollo da 25 centesimi in eccesso",
"probabilmente per la tariffa molto alta e del tutto unica".
Quid est veritas?
Mancano due francobolli (un 25 e un 40 centesimi) o ce ne è uno in eccesso (da 25 centesimi)?
Ovviamente cambia tutto, sotto l'una o l'altra ipotesi, in termini di valore antiquariale.
Perché se mancano due francobolli, abbiamo un pezzo filatelico pesantemente manomesso,
un oggetto mutilato, un'affrancatura non corrispondente a nessuna tariffa.
Se invece c'è un francobollo in eccesso, siamo alla presenza di un oggetto filatelico già straordinario,
caratterizzato in più dalla presenza di un esemplare che non ci sarebbe dovuto essere e invece c'è.
Graditi commenti e precisazioni - utili a decifrare il busillis - da parte dei cultori di Storia Postale.






Fonte: Smascherato un ignobile trucco!
La Bolaffi mette all'incanto la Collezione Capellaro, e diversi lotti li offre a trattativa privata. 
La lettera - col suo pregiato annullo - è presentata come un pezzo "irripetibile e di rarità estrema".
 La Italphil, tuttavia, aveva proposto la stessa lettera diversi anni prima,
denunciandone - con la sigla "PL" - la presenza di una piega passante per i francobolli
(peraltro già visibile dall'immagine a colori che occupava la copertina del catalogo).
La rarità, evidentemente, non bastava: si voleva pure la qualità.
 Così la la striscia fu staccata dalla lettera, la piega perfettamente stirata, e gli annulli ridipinti.
L'oggetto che ne è venuto fuori - per la mia sensibilità - ha perso ogni attrattiva,
e sicuramente non può considerarsi un pezzo di filatelia antiquariale.
 
 
 
La spettacolarità nella semplicità:
Ex Collezione Provera.
 
 

 
Un pezzo filatelico problematico, in termini antiquariali:
straordinario e insuperabile per qualità,
ma come giudicare il suo non essere in tariffa?
Provenienza: Giacomo Avanzo, Catalogo di vendita a prezzi netti, n. 7 (marzo 1992).
Ex Collezione Provera.




Un'escursione fuori dagli Antichi Stati Italiani,
per mostrare un pezzo filatelico indubbiamente antiquariale.
Ex Collezione Provera.

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  1. L'idea di una filatelia "antiquariale" - come accennato - non è una novità negli ambienti filatelici; ma è anche vero che l'espressione è stata sinora usata occasionalmente, da un club di collezionisti particolarmente raffinati, una sorta di "inner circle" della filatelia; recentemente alcuni mercanti ne hanno fatto il sottotitolo del nome della propria ditta (si presentano sul mercato come "antiquari filatelici", come la Bolaffi di tanti anni fa), ma la dizione rimane priva di contenuti specifici, e assomiglia più a un vezzo, un comprensibile tentativo di staccarsi da quella massa amorfa di venditori, cresciuta a dismisura per colpa della tecnologia; i collezionisti, posti per la prima volta davanti all'esigenza di una definizione appena più precisa, appaiono vittime di un malinteso senso di semplificazione, quando assimilano la "filatelia antiquariale" alla cosiddetta "Storia Postale", senza ulteriori qualificazioni.

    E qui - di nuovo - serve capirsi, per evitare fraintendimenti letali. La "Storia Postale" mantiene sicuramente un ruolo privilegiato per quel tratto esclusivo dei documenti postali completi (lettere, francobolli, timbri, tassazioni, testi interni). Ma serve capire che la "Storia Postale" ha un valore e un significato antiquariale nella misura in cui riesce a raccordarsi con la Grande Storia, a porre sotto una nuove luce gli eventi del passato, a penetrarli in maggiore profondità, se non proprio a rivelare sfaccettature che non sarebbero altrimenti mai state percepite. La "Storia Postale" per la "Storia Postale", la "Storia Postale" in sé - tutto quello studio iper-specialistico per "spiegare" un'affrancatura, e sapientemente isolato da tutto il resto, quasi che tutto il resto potesse infettarlo - è semplicemente "filatelia as usual".

    La filatelia antiquariale opera su tutte le fattispecie filateliche - francobolli sciolti, frammenti, lettere, giornali, documenti -, ma introduce stringenti vincoli di contestualizzazione storica e di selezione degli oggetti.

    Avremo modo, da qui all'estate, di dare una forma precisa all'idea generale, di renderla "osservabile", e per questa via di interiorizzare a fondo il concetto.

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