Intermezzo: 5 bajocchi, lo Stato Pontificio ieri e oggi

Sabato 2 marzo 1991, Torino, Sala e Salone Bolaffi: va in scena l'asta "Pedemonte", sotto il martelletto del banditore passa una delle più straordinarie collezioni di filatelia classica al mondo, e a tutt'oggi ineguagliata.

 
La "Pedemonte" dà corpo, anima e respiro ai due fondamenti del collezionismo filatelico - qualità e rarità - senza accettare compromessi, se non quelli imposti dagli oggetti effettivamente esistenti.

La "Pedemonte" accoglie grandi rarità degli Antichi Stati Italiani - di tutti gli Antichi Stati - nelle migliori condizioni di conservazione possibili, senza la tradizionale mediazione al ribasso per cui la rarità deve far sconti alla qualità.

Ma la "Pedemonte" accoglie pure esemplari nominalmente comuni, ordinari, modesti, che tuttavia diventano piccole gemme filateliche in virtù degli intransigenti standard qualitativi con cui sono selezionati.

Questi pezzi (stra)ordinari - ordinari secondo le classificazioni generali dei cataloghi, ma straordinari per la qualità insuperabile con cui si presentano nella Collezione - offrono più d'una suggestione per riflettere sulla percezione dei collezionisti di oggetti a un tempo semplici e unici, e per indagare sul modo in cui la percezione diventa azione, quando serve decidere se e in che misura esporsi per entrarne in possesso.
 
Il 5 bajocchi della prima emissione dello Stato Pontificio è uno dei francobolli più comuni degli Antichi Stati Italiani. Il Catalogo Sassone (2019) lo quota sotto i cento euro negli stati di "usato", "frammento" e "lettera".
 

C'è di più: il 5 bajocchi è un francobollo esteticamente povero, piccolo nelle dimensioni, di colore pallido, con un grafica meno accattivante rispetto agli altri valori dell'emissione.
 
Parliamo di una Cenerentola della filatelia classica, un oggetto senza alcuna particolare attrattiva, da inserire in collezione solo per non lasciar vuota proprio la casella più facile da riempire.
 
Questo è il francobollo da 5 bajocchi dello Stato Pontificio, in generale.
 
Poi c'è il 5 bajocchi della "Pedemonte", lotto n. 382 del catalogo d'asta, un pezzo così straordinario da meritare la riproduzione a colori, oltre all'usuale - per l'epoca - immagine in bianco e nero.
 
 

Balzava all'occhio - per chi avesse voluto acquistarlo - l'abbandono di ogni canone di valutazione.
 
Il Sassone quotava 60.000 lire il 5 bajocchi su lettera e la Bolaffi aveva fissato una base d'asta di 150.000 lire.
 
Già la semplice (ipotetica) aggiudicazione alla base avrebbe stravolto ogni parametro economico ordinario.
 
Ma il lotto 382 della "Pedemonte" non andò via alla base, perché la base era ancora troppo bassa, anche se doppia rispetto alla quotazione nominale. Il fair value - il prezzo equo, nell'opinione dei partecipanti all'asta - si attestò a 10 volte la quotazione di catalogo.
 

Martedì 27 gennaio 2021, Zurigo, sala d'asta della Corinphila: sotto il martelletto del banditore svizzero passa una parte rilevante della Collezione Provera.
 
 
Parliamo dell'Ingegner Provera, un collezionista italiano di fama internazionale, studioso poliedrico, plurimedagliato alle manifestazioni internazionali, albo d'oro della filatelia italiana nel 1967 e autore di una serie di articoli sui classici d'Austria e del Lombardo Veneto, sulla rivista "Filatelia", tra i 1962 e il 1965.

L'asta Corinphila ha offerto una chiara testimonianza del suo gusto e della sua competenza, ma ha anche rivelato - nella sezione degli Antichi Stati Italiani - l'intelligenza di chi si è sempre affidato all'esperienza di figure professionali di prim'ordine, a mercanti del calibro di Renato Mondolfo e Giacomo Avanzo, le cui firme impreziosiscono buona parte delle lettere proposte.
 
Il lotto n. 5574 del catalogo Provera è il gemello omozigoto del lotto n. 382 del catalogo "Pedemonte", e se vogliamo è ancor più accattivante, per un angolo di foglio più grande e la presenza del timbro rosso "R Stato Pontificio", che gli conferisce un fascino particolare. 
 

Balza all'occhio - di nuovo - una valutazione di partenza della Corinphila (Svizzera, anno 2021) impostata con la stessa logica "oltre il catalogo" della stima iniziale della Bolaffi (Torino, anno 1991): 100 franchi svizzeri di base, equivalenti a 95 euro, a fronte di una quotazione nominale di 82,5 euro.

Ma le basi sono solo il punto di partenza. Ciò che conta in un'asta è il punto di arrivo - l'aggiudicazione, il prezzo al martelletto - e tra chi possiede la cultura dei cataloghi e del pedigree del pezzo c'era parecchia curiosità su cosa avrebbe detto il martelletto a proposito del lotto 5574.


Il martelletto infine ha parlato, e il martelletto ha sempre ragione, secondo gli scienziati, a cui farebbe tanto bene un bel Corso di Economia Filatelica.
 
I lettori del Blog - che scienziati non sono - sanno che le cose sono più complesse di come appaiono, quando si parla di "prezzi di mercato" dei francobolli antichi.
 
I lettori del Blog - i modesti, semplici lettori del Blog - sanno bene quanto sia complesso decifrare razionalmente un realizzo d'asta.
 
Tra i realizzi d'asta c'è di tutto, e ognuno potrà sempre pizzicare ciò che più gli aggrada, ciò che gli serve per "dimostrare" la sua tesi preconfezionata, vittima del "bias di conferma" - vedi che è come dico io? - una delle più classiche illusioni cognitive.
 
Serve prudenza nel leggere un realizzo d'asta in termini economici, non fosse altro perché quel che un economista chiamerebbe irrazionalità esprime il più delle volte l'anima stessa del collezionismo, il fermo desiderio di possedere l'oggetto - proprio quell'oggetto e nessun altro - ad ogni costo.
 
Cautela, dunque, perché con sufficiente malafede è possibile giustificare tutto.
 
E tuttavia, pur con le accortezze del caso, è impossibile restare insensibili davanti alla straordinaria coincidenza di eventi, a trent'anni di distanza l'uno dall'altro. Due 5 bajocchi dello Stato Pontificio, ognuno su una lettera di identica provenienza, entrambi con un angolo di foglio. Due 5 bajocchi prezzati in partenza oltre la quotazione di catalogo, entrambi aggiudicati a 10 volte il catalogo (il realizzo della Corinphila è al netto delle commissioni d'asta).
 
Posso svelare qualcosa in più, oltre quel che è sotto gli occhi di tutti. Posso raccontarvi un retroscena di cui mi ha messo a conoscenza il collezionista aggiudicatario del lotto (che mantengo anonimo per questioni di privacy e ringrazio per avermi autorizzato a rivelare questo "dietro le quinte").
 
Il collezionista aveva inviato un'offerta di 900 franchi svizzeri, tramite il sistema di pre-offerte disponibile sul sito internet della Corinphila. Era dunque disposto a difendere il 5 bajocchi su lettera (82,5 euro di catalogo) fino a 900 franchi più diritti d'asta (cioè oltre i 1.000 euro)? No. Era disposto a molto di più, se prestiamo fede a quel che mi racconta (e la serietà della persona mi rende confidente sulla verità di ciò che dice).
 
Il collezionista era stato pizzicato dal dubbio che 900 franchi (più diritti) sarebbero potuti non bastare, temeva che qualcun altro avrebbe potuto portare la propria offerta a livelli ancora più alti. Così ha chiesto alla casa d'asta l'autorizzazione alla partecipazione live, con una linea di credito di 2.000 franchi svizzeri, perché voleva munizioni sufficienti per battagliare sino alla morte, semmai ce ne fosse stato bisogno.

Il martelletto si è fermato a 700 franchi, cosicché la sua pre-offerta è stata sufficiente a tenere botta all'assalto di altri collezionisti. Ma la rapidità - e diciamo pure l'isteria - con cui si succedevano gli scatti, la velocità con cui si è passati da 100 franchi di base a 700 franchi di realizzo, lo avevano messo sull'attenti, col dito indice sul mouse e il cursore posizionato sul pulsante "Bid".
 
Alla fine il dito indice è rimasto fermo, ma in compenso, all'apparire della sequenza Going, going... gone! - fino al quel momento mai apparsa, tanto era rapida la successione delle offerte - il dito medio ha troneggiato davanti al monitor, con tanto di esclamazione folkloristica, tipica dei territori dello Stato Pontificio, che lascio immaginare alla fantasia dei lettori.
 
Non sappiamo - e neppure il collezionista ha saputo dirmi - se al superamento della soglia dei 900 franchi sarebbe davvero scesa in campo la potenza di fuoco dei 2.000 franchi di fido, e in che misura sarebbe poi stata effettivamente utilizzata. Probabilmente - mi dice il collezionista, a mente lucida - superati i 1.100 franchi sarebbe subentrata qualche remora - più d'ordine psicologico che materiale - ma nessuno può sapere dove sarebbe andato a sbattere il realizzo, una volta rotto l'argine dei 900 franchi.
 
Il fatto rimane: oggi, come trent'anni fa, uno dei francobolli più insignificanti degli Antichi Stati Italiani è passato sotto il martelletto del banditore a 10 volte la quotazioni di catalogo.
 
Ognuno può vederla e pensarla come vuole, perché le interpretazioni dell'evidenza rimangono molteplici, ma una cosa simile può accadere solo per pezzi unici, quei pezzi dotati di un'anima - per citare il Dottor Melone, illustre collezionista del Regno di Napoli - quei pezzi ora o mai più - perché una vita non basta per rivederli passare - quei pezzi capaci di staccarsi dall'anonimato in cui li aveva confinati la loro condizione, per entrare a pieno titolo nel Pantheon della filatelia antiquariale.

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