TERZA LEZIONE DI ECONOMIA (FILATELICA)





Strano animale, il collezionista: vuole tutto, ha tutto, e non gli va mai bene niente.

I prezzi dei francobolli - per lui - sono sempre troppo alti, quando deve comprare. Diventano troppo bassi, quando deve vendere. Si lamenta delle basi d'asta, se sono alte (lui vuole pagare poco, e poi è un'asta, accidenti, dovrebbero essere la competizione, semmai, a far rialzare i prezzi). Si lamenta delle basi d'asta, se sono basse (lui vuole vendere a molto, accidenti, e anche se non vuole vendere, le basi basse sono un chiaro segno della crisi della filatelia). Adora internet, che gli offre quotidianamente il quadro completo delle aste nel mondo, che lo porta a Ginevra da Feldman, a Zurigo da Corinphila, a Milano da Zanaria, senza spostarsi dal divano di casa, e all'occorrenza gli dà pure modo di improvvisarsi esso stesso commerciante, con proposte di vendita pubblicizzate 24-h-24. Però si duole - con sincerità - della scomparsa delle piccole botteghe filateliche, dei negozietti di quartiere, che tanta parte giocavano - così dice - nel creare e alimentare la passione collezionistica. E' molto "social", presente su Forum filatelici e a gruppi Facebook sette giorni su sette, dodici mesi l'anno. Eppure si stupisce e si addolora - con sincerità - per la rarefazione delle presenze ai convegni tradizionali, snobbati dai collezionisti e mal sopportati dai commercianti. In qualunque punto dello spazio-tempo lo si collochi - qui o altrove, nel presente, nel futuro o nel trapassato remoto - vi darà invariabilmente la stessa desolante sentenza: "non è più come una volta, la filatelia ormai è morta" (questa immaginifica una volta, in cui si viveva nell'Eden filatelico, è probabilmente coeva con l'originario Eden di Adamo e Eva). Potrei proseguire, volendo. Perché ogni cosa che gli va bene, qualunque cosa, al tempo stesso gli va anche male, e di ogni cosa vorrebbe anche il suo contrario.

Il collezionista è così, come come le donne di Fiorella Mannoia: dolcemente complicato, sempre più emozionato. A volte, però, i suoi bizzarri ragionamenti si spingono davvero troppo in là, diventano un insopportabile sfregio alla logica più elementare. Quando discorre del prezzo dei francobolli, a esempio. Quel singolare, il prezzo, è in realtà un plurale, i prezzi, e il riferimento non è ai diversi prezzi per i diversi livelli di pregio o qualità, ma ai diversi prezzi per uno stesso identico bene in uno stesso istante, ai prezzi in acquisto e ai prezzi in vendita, una contrapposizione presente in ogni settore di attività economica.

Un primo esempio è offerto dai money-change, i cambiavalute di regola situati nei pressi di stazioni e aeroporti. Lì trovate esposta una doppia lista di tassi di cambio per le diverse monete, in acquisto e in vendita. Se consegnate 100 euro, avrete in cambio, a esempio, 110 dollari; ma se l'istante successivo, senza neanche aver messo quei dollari in portafoglio, li riconsegnate allo stesso banco per cambiarli, non vi saranno restituiti 100 euro, proprio no, ve ne daranno 99, o comunque di meno.

Altro esempio, l'automobile. Ha un certo prezzo (per voi, d'acquisto) sin quando è esposta nella vetrina del concessionario; ma non appena girate la chiave e la mettete in moto, non appena l'auto è nel vostro garage - fossero passati anche solo cinque minuti da quando si trovava in vetrina, a meno di un chilometro dal concessionario - il suo prezzo (per voi, ora, di vendita) è ben altro, sproporzionatamente inferiore.

Queste differenze di prezzo hanno un nome e un significato: si chiamano bid-ask spread e segnalano la cosiddetta efficienza del mercato. Quanto più il mercato è efficiente, quanto più basso è il bid-ask spread (consapevoli che non potrà mai essere nullo). Il mercato all'ingrosso delle valute è tra i più efficienti al mondo (un po' meno quello al dettaglio dei money-change); il mercato delle auto usate è parecchio inefficiente, in senso inverso uno dei più inefficienti al mondo.



E il mercato dei francobolli degli Antichi Stati? Com'è il mercato dei francobolli antichi? Probabilmente ancor più inefficiente di quello delle auto. Il cosiddetto mercato filatelico - commercianti, agenti, case d'asta, piattaforme di scambio, collezionisti - opera storicamente con bid-ask spread elevatissimi, nel confronto con altri settori imprenditoriali. Il mercato filatelico - cosiddetto mercato, con abuso di linguaggio - è drammaticamente inefficiente.

E' interessante - in generale - indagare le cause di inefficienza di un mercato, studiarle nella prospettiva di rimuoverle, in tutto o in parte, nella misura in cui è possibile. A volte, però, l'indagine conduce a una conclusione sconfortante: le inefficienze - a volte - sono strutturali, ineliminabili, connesse a tutta una serie di "frizioni" - tradotte in moneta dal bid-ask spread - con le quali finiremo comunque per scontrarci, per quanto si provi a evitarle.

Prendiamo i francobolli. Banditori e mercanti lavorano con margini mostruosi: il banditore lucra - tra il conferente e l'aggiudicatario - una commissione nell'ordine del 45% del prezzo di vendita; il mercante - ancora peggio - non si espone su nessun pezzo, se non prevede almeno un profitto del 100% (e più spesso del 200% o del 300%). Sono numeri folli, all'apparenza, ma non c'è modo di evitarli, perché quei numeri sono connaturati al cosiddetto mercato filatelico, che è un mercato solo per impropria estensione del termine, un mercato che non ha nulla di un vero mercato, ma richiama più modestamente un circuito di scambio, opaco e rischioso per sua natura, com'è nella natura dell'uomo il camminare, dei pesci il nuotare, degli uccelli il volare, dei serpenti lo strisciare.

Se vogliamo eliminare sul serio mercanti e case d'asta - perché parliamo di questo, di sbarazzarci di quella struttura di intermediazione impostata su bid-ask spread mostruosi - se vogliamo parlare sul serio di un mondo filatelico "a chilometri zero", dal produttore al consumatore, allora facciamolo, ma facciamolo davvero, e prepariamoci a raccogliere le inevitabili conseguenze di questa nostra volontà, con tutti i costi che essa genera.

Dovremo anzitutto sostenere il costo di ricerca della controparte, perché noi non sappiamo chi possiede i francobolli che desideriamo, e perciò dobbiamo prima scovare questo Mister "X", e poi convincerlo a sedersi al tavolo con noi. Servirà tempo, probabilmente molto tempo - e il tempo è il costo più oneroso, più del denaro - anche perché il collezionista è un animale diffidente, poco incline a dar confidenza agli estranei, istintivamente sospettoso se avvicinato da uno sconosciuto. La nostra passione - non dimentichiamolo - si svolge entro limiti incomprimibili di riservatezza e discrezione. E' complicato (e costoso) svelare l'identità del possessore dei "nostri" francobolli, dei francobolli che desidereremmo acquistare, ma è altrettanto complicato (e costoso) trovare un collezionista a cui vendere, un collezionista "come noi", uno spirito affine in grado di apprezzare come noi, nel senso di pagare all'incirca come noi allora gli esemplari che ora vorremmo cedere. E' complicato (e costoso) trovare la controparte, sia in acquisto che in vendita.

Ma ammettiamo pure di averla trovata, la controparte. Ammettiamo pure di aver individuato l'altro collezionista, di aver oltrepassato la barriera del suo scetticismo, di esser entrati nella sua cerchia. Ipotesi coraggiosa, che rievoca la barzelletta del chimico, del fisico e dell'economista, naufraghi su un'isola, con una scorta di scatolette di cibarie e sprovvisti di un'apriscatole. Il chimico e il fisico propongono alcune soluzioni, ognuno secondo la propria forma mentis. "Accendiamo un fuoco e vi lanciamo dentro la scatoletta, poi la passiamo rapidamente nell'acqua del mare: lo sbalzo di temperatura dovrebbe aprirla", dice il chimico. Provano, ma niente da fare, la scatoletta non si apre. "Se lanciamo con forza la scatoletta dalla cima di un albero, avendo presente l'inclinazione e l'impatto sulla roccia, dovremmo riuscire ad aprirla". Provano, ma la scatoletta non si apre. I due guardano l'economista, sconsolati, ma speranzosi di ricevere dalla sua sapienza una risposta finalmente valida. L'economista non tradisce le attese, e con un sorriso manifesto e un malcelato sussiego, sentenzia: "Dunque, signori, ipotizziamo di avere un apriscatole...". E sia: ipotizziamo pure di averlo questo apriscatole, ipotizziamo di aver trovato l'altro collezionista, di esser ora seduti al tavolo con lui. Dobbiamo prepararci ad affrontare il costo della negoziazione per fissare il prezzo di scambio, e sarebbe forse meno sfiancante scaricare casse di frutta ai mercati generali alle tre del mattino, come potrà confermarvi chiunque si sia mai avventurato nell'impresa di negoziare con un altro collezionista.

Se però abbiamo ipotizzato di avere l'apriscatole (anche se non l'abbiamo) allora non costa nulla immaginarlo pure funzionante (anche se in realtà non funziona poi così bene). E sia: abbiamo trovato il collezionista e siamo riusciti ad accordarci sul prezzo. Però - accidenti! - c'è ancora il costo di esecuzione del contratto. Come ci organizziamo, in pratica? Come realizzare lo scambio? Con quali modalità pagare, in quanto tempo, con quali sfasamenti tra l'incasso del denaro e il ritiro dei francobolli, tutti quei dettagli pratici che servirà sbrogliare in qualche modo - e non è scontato ci si riesca in tempi brevi - per finalizzare la trattativa, per aprire finalmente questa benedetta scatoletta. Senza dimenticare il convitato di pietra, l'inseparabile compagno di ogni cosa della vita, quella cosa che per gran parte del tempo aleggia con discrezione sulle nostre teste, sino a dare la sensazione di non esserci, ma che poi, di quando in quando, scende giù in picchiata e morde con ferocia: il rischio. Cosa accade se una delle due parti defeziona? Se una adempie e l'altra si sfila? Se il francobollo, una volta acquistato, rivela un difetto prima non registrato? Se la spedizione va smarrita? La fiducia è il collante più potente tra i rapporti umani, perché quando si ha fiducia si è realmente disposti a tutto, ma la fiducia è anche l'elemento più fragile di ogni relazione, perché basta un niente per farla svanire.

Forse qualcuno troverà pure divertente tutto questo cercare, contrattare e palpitare, ma per me, vorrete scusarmi, è come mettere l'acqua sporca della scocciatura nel buon vino della passione. Non è solo per avidità e ingordigia dei commercianti, e ignavia di collezionisti, se il bid-ask spread filatelico è così elevato; ci sono anche ragioni profonde, ineludibili, connaturate alle peculiarità del particolare bene trattato e alla natura dei circuiti su cui è negoziato, che ora andremo a scoprire.

(Franco Filanci)

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