SCILLA E CARIDDI - Scilla contro Cariddi, trent'anni dopo


"Le cifre salivano. La gara era ardente... 
Pareva che a poco a poco l'aria si riscaldasse
e che il desiderio di quelle cose belle e rare prendesse tutti gli spiriti.
La mania si propagava come un contagio...
Era veramente una sensazione magnetica di diletto,
una di quelle sensazioni acute e profonde
che si provan quasi soltanto negli inizi di un amore..."

Scilla e Cariddi si mostra agli occhi dei collezionisti nel febbraio del 1989, oltre trent'anni fa.

Ho il piacere di conoscere personalmente l'Ingegner Giacomo Avanzo, di vantare un'amicizia, se non di lungo corso, sicuramente intensa e genuina, per quell'affinità d'animo percepita sin dal nostro primo incontro e perfezionata nel tempo.

Se l'unico modo di liberarsi di una tentazione è cedervi, come ironizzava Oscar Wilde, la tentazione di sollevare il velo su "Scilla e Cariddi", di diradare la nebbia intorno a questa mitica collezione, era così forte da non porre neanche il problema di abbozzare una pur minima resistenza.
 
Chi era il Signor "Scilla e Cariddi"? Come decise di collezionare "Napoli" e "Sicilia"? Quanto tempo servì per costruire la collezione? Perché decise di venderla? Chi furono i principali acquirenti? Quanti e quali episodi di folklore ci sono introno alla vita della collezione, dalla sua nascita allo sviluppo, sino alla dispersione?

L'Ingegner Avanzo - più semplicemente, Giacomo - ha soddisfatto tante mie curiosità, forse troppe. Non bisognerebbe mai privare il mito del suo alone metafisico, mai farlo scendere dal cielo in terra, tra i mortali. Perché allora lo si scopre umano, perciò imperfetto, incompiuto, manchevole, se non deforme e inadeguato. Molte cose si potrebbero raccontare di "Scilla e Cariddi", altre sarebbe meglio tacerle, ma non avendo la finezza per tracciare un confine, per separare nettamente le une delle altre, preferisco serrare le labbra, rimanere in silenzio, lasciare il mito nel suo habitat naturale, la mitologia, e preservare il paradigma di un collezionista unico e universale, indispensabile per capire il nostro tempo.


La Ditta Vaccari di Vignola - un blasone della filatelia italiana, in pista dal 1977 - ha con ogni probabilità intercettato un cliente storico dell'Ingegner Avanzo, evidentemente in fase di dismissione, di smontamento della propria raccolta.
 
Dal 2014 le vendite all'incanto della casa modenese propongono sistematicamente diverso materiale appartenuto allo stock di Giacomo Avanzo. L'asta numero 91 (maggio 2017) fu clamorosa: in un sol colpo uscirono numerosi pezzi di Antichi Stati rintracciabili nei sette cataloghi a prezzi netti dell'Ingegnere, editi tra il 1985 e il 1992. Troviamo anche diversi pezzi di "Scilla e Cariddi", nelle più più recenti tornate di Vaccari: il lotto 208 nell'asta 84 (già 146 in "Scilla e Cariddi", ora nella Collezione "Naples" di Francesco Melone); il 187 nell'asta 90 (già 108) e il 251 nell'asta 91 (già 107).

Il 6 aprile 2019 va in scena l'asta Vaccari numero 95.


Il catalogo accoglie molti lotti interessanti, specialmente di Napoli: una celebre quadrivalore - con gli esemplari da 50, 20, 10 e 5 grana - appartenuta alle Collezioni "Principe Doria" e "Pedemonte", firmata per esteso da Renato Mondolfo e Giulio Bolaffi; uno "svolazzo" su un francobollo del Regno d'Italia, citato e riprodotto nella monografia di Alberto Diena; una bella striscia del mezzo grano, ancora annullata "a svolazzo", purtroppo su un documento con indirizzo restaurato; poi una pregevole lettera, non tassata, con un esemplare da 1 grano; e svariati altri pezzi che lasciamo raccontare alle pagine del catalogo.










Al fondo di pagina 34 - confinato in un angolo, in scala ridotta, quasi temesse di disturbare - c'è il lotto 179, preceduto da una descrizione sobria e asciutta.





"Ottimo insieme" è l'unico apprezzamento soggettivo del banditore, di là delle asettiche, obbligate informazioni tecniche (classifica del francobollo, numero di catalogo, timbri, date). Ottimo insieme, sì. Davvero ottimo, sicuramente.

Ma il lotto 179, a pagina 34 del Catalogo Vaccari del 6 aprile 2019, è qualcosa in più di un "ottimo insieme". E' la reincarnazione del lotto 99 alla Tavola 28 di "Scilla e Cariddi", febbraio 1989. Quell' "ottimo insieme" è uno "splendido esemplare di tinta particolarmente vivace".



 La Tavola 28 e il lotto 99 della Collezione "Scilla e Cariddi".

Il 6 aprile 2019, a Vignola, va in scena l'asta Vaccari numero 95.

Il 20 grana II tavola su lettera di "Scilla e Cariddi" è sotto gli occhi dei collezionisti, dopo oltre trent'anni d'attesa.

Vaccari ha già proposto altri 20 grana su documento, nelle aste più recenti: il lotto 190, nell'asta 82 del 2013, e il lotto 287, nell'asta 91 del 2017. Le basi e i realizzi potrebbero forse dare un'indicazione di massima, un ordine di grandezza, a chi ora voglia cimentarsi nella conquista del lotto 179.








O forse, chissà, quelle basi e quei realizzi non vogliono dir nulla, non aiutano a prevedere, e possono persino diventare fuorvianti.
 
Perché il fascino dell'ex e la storia dell'oggetto pesano, contano, non hanno solo valenze filosofiche o letterarie, ma anche economiche.
 
Perché il prezzo di un oggetto lo potrebbe stabilire il suo pedigree, il legame col suo glorioso passato, che lo rende diverso da tutti gli altri, unico e irripetibile.


(Francesca Molfino)

Il 6 aprile 2019, a Vignola, provincia di Modena, va in scena l'asta Vaccari numero 95.

Permettetemi di richiamare il meccanismo di svolgimento di un'asta filatelica, sebbene sia noto a tutti.
 
Il banditore fissa un prezzo di partenza - la base d'asta - per porre "un pavimento" alle offerte, rifiutate in automatico se inferiori alla base. Dalla pubblicazione del catalogo, e sino al giorno prima dell'asta, il banditore accetta offerte "da casa" - per posta, telefono, fax, mail o via internet. Questo insieme di offerte determina una pre-asta, secondo un procedura ben nota, che val comunque la pena descrivere col più classico degli esempi. Se un lotto con base d'asta "100" riceve quatto offerte "da casa", poniamo "150", "200", "300" e "400", allora il giorno dell'asta sarà proposto in sala a "320", vale a dire l'offerta immediatamente inferiore ("300") alla più alta pervenuta ("400"), maggiorata di uno scatto ("20" nell'esempio, immaginando un tick di 20 unità monetarie, dopo quota "300"). La differenza tra base d'asta e prezzo d'apertura è un segnale sull'interesse dei collezionisti. Ci dice quanto "movimento" c'è intorno al lotto, quanto i partecipanti siano "decisi" ad aggiudicarselo, a tenere il punto. Ci lascia intravedere quel che potrebbe accadere in sala, nel corso dell'asta ufficiale.


Il 6 aprile 2019, a Vignola, in provincia di Modena, va in scena l'asta numero 95 della Ditta Vaccari.

Il banditore apre la sessione alle 10.00 della mattina, come da programma. La tecnologia - attraverso la piattaforma "Philasearch" - dà modo di essere virtualmente in sala, di seguire in tempo reale le battute dei lotti e segnarne i realizzi.
 
Le aggiudicazioni partono lente, battono il passo, un po' annoiano. Diversi lotti restano invenduti, molti vanno via alla base, o dopo un paio di rilanci, difesi senza troppa convinzione. Un paio di cose, qua e là, raddoppiano o triplicano la base, senza mai superare l'intorno dei 1.000 euro. Dopo le "Prefilateliche", il "Lombardo Veneto" e il "Ducato di Modena", arriva il "Regno di Napoli".

Apre le danze il lotto 159, un 50 grana con un apprezzabile annullo "a svolazzo", bel colore, bei margini, anche se un filo irregolari, base d'asta € 1.200, aggiudicato a € 1.250. Seguono le altre proposte, tra invenduti e aggiudicazioni alla base o poco più. Rimane al palo, senza un nuovo proprietario, la quadrivalore ex "Principe Doria" e ex "Pedemonte", proposta a € 7.500 (all'asta "Pedemonte", nel 1991, spuntò 11 milioni di lire, da una base di 3 milioni e mezzo).

I lotti scorrono senza particolari sussulti. Numero 163: € 100 di base, aggiudicato a € 110. Numeri 164, 165, 166, 167: invenduti. Numero 168: € 550 di base, € 600 al martelletto. Numeri 169, 170, 171, 172, 173: invenduti. Numero 174: alla base, € 1.500. Numero 175: invenduto. Numero 176: base € 750, aggiudicazione a € 800. Numero 177: invenduto. Numero 178: base d'asta € 320, battuto a € 340.


Il banditore chiama il lotto 179, quell'ottimo insieme relegato in un angolo di pagina 34, la meta-psicosi del numero 99, lo splendido esemplare di tinta particolarmente vivace, che in "Scilla e Cariddi" occupava metà pagina. Che non sarà un lotto come gli altri lo si capisce guardando il monitor in alto a destra, nella schermata predisposta da "Philasearch" per segnalare le basi d'asta, i prezzi d'apertura, i rilanci e le aggiudicazioni.

Il delta tra la base e l'apertura è quasi una poesia: € 3.300 contro € 8.000. In fase di pre-asta, quindi, sono sicuramente arrivate almeno due offerte, una certamente di € 7.500, l'altra superiore, data la scaletta del banditore.



Il Catalogo Sassone - il fantasioso Sassone, con le sue irreali quotazioni, addirittura responsabili della crisi del mercato - assegna al 20 grana II tavola n. 13a, su lettera, un prezzo teorico di € 12.000.


Il lotto 179, già 99, ha aperto a € 8.000: 2,4 volte la base, il 66% della quotazione nominale di catalogo. Cosa accadrà? Andrà via al prezzo di apertura? O avrà ancora qualche sussulto, con un paio di spalettate in sala e qualche click da casa?

Per una volta - come raramente accade - la realtà corre più veloce dei pensieri. Il display registra e visualizza rilanci frenetici, senza pause. Le offerte scorrono come le cifre sul distributore di una pompa di benzina: € 8.500, € 9.000, € 9.500, € 10.000, € 10.500, € 11.000...

Siamo alle Colonne d'Ercole della quotazione ufficiale del Sassone, siamo tra Scilla e Cariddi. Ora tutto può succedere. Non è più realtà, è mitologia.

Il 179, già 99, è conteso tra due anonimi, invisibili alla sala e al banditore: un collezionista al telefono, l'altro collegato via internet. La sala assiste ammutolita, trattiene il fiato, davanti a una serie di rilanci impressionanti, non solo nell'entità monetaria - € 12.500, € 13.000, € 13.500, € 14.000... - ma soprattutto nella velocità con cui si susseguono, come se a ballare non fossero migliaia di euro, ma denari del Monopoli.

Arrivati a € 14.000 - inutile ormai calcolare percentuali di catalogo o cercare ancoraggi a parametri oggettivi - il collezionista al telefono ha un momento di esitazione. Pochi secondi, ma sufficienti al banditore per realizzare la chiamata: alla prima, alla seconda...

Il tempo non batte più con la monotonia delle lancette di un orologio. Il tempo rallenta, si piega e si distorce, quasi si ferma, la sua misura minimale non è più il secondo, ma l'attimo, l'istante. Il martelletto del banditore resta sospeso per aria. Il collezionista al telefono rilancia.

E' un passaggio malinconico, in cui s'intravede l'epilogo della lotta, se ne intuisce il vincitore, per quel minino di familiarità acquisita con l'ambiente. Dopo 14.000 ci sarebbe 14.500, in accordo con la scaletta della casa d'asta. Chi è al telefono decide però di accelerare, di rompere la continuità degli "scatti naturali", di balzare da 14.000 a 16.000, cosicché da quel momento, se si vorrà proseguire, servirà viaggiare di 1.000 in 1.000, ripartendo da 17.000.

E' in apparenza un atto di forza, quasi un'intimidazione, una minaccia. Ma è un gesto che della forza ha solo la facciata. Quella prepotenza è rivelatrice di nervi ormai sfilacciati, di una serenità d'animo in dissolvenza. E' lo scatto scomposto del maratoneta senza più energie, che vuol prender coraggio e impressionare il contendente, con un'improbabile accelerazione, tanto scenografica quanto inutile.

Il banditore non ha tempo di dire € 16.000, che il display della piattaforma visualizza già € 17.000.

Si direbbe che l'altro collezionista - collegato via internet - respiri normalmente, che il suo cuore batta con ritmo regolare. Forse non si è neppure accorto del cambio di marcia che d'ora in poi segnerà la competizione. Lui continua a cliccare su "bid", in corrispondenza del minimo necessario per superare l'avversario. Si direbbe che davanti al computer non ci sia nemmeno un essere umano, ma un picchio-giocattolo, che meccanicamente fa su e giù, senza emozioni, colpendo ciclicamente il tasto che dà origine a un nuovo rilancio.

La sala è esterrefatta. Occhi sgranati, bocche spalancate. Lo stesso pensiero attraversa la testa di tutti - sta succedendo davvero? - e tutti se lo rivolgono l'un l'altro, in silenzio, scambiandosi sguardi colmi di meraviglia. Sì, è reale, sta accadendo sul serio. Siamo 20.000 leghe sotto il mare, siamo tra Scilla e Cariddi.

Questa non è più un'asta. Questo è un gioco paradossale, in cui il primo che rinsavisce... perde. Questa lettera - questo ottimo insieme, questo splendido esemplare di tinta particolarmente vivace - non si acquista più col semplice denaro. Questa lettera si paga con oro e sangue.

Un rilancio, un altro e un altro ancora e poi ancora uno. Pausa. Alla prima, alla seconda... e il tempo, ora, è fermo. Aggiudicato. La sala deflagra in un applauso, a liberare una tensione accumulata indirettamente, ma così pervasiva da aver coinvolto ogni spettatore in prima persona.

Nessuno ha realizzato cosa sia successo esattamente. Servirebbe tempo, parecchio tempo, per rielaborare il vortice di quei minuti, ché il tutto è accaduto in una manciata di minuti, anche se percepiti infiniti. Ma the show must go on, l'asta deve proseguire, la litania deve ricominciare, col suo ritmo prevedibile come lo sgranare di un rosario: numero 180, base € 60, aggiudicato a € 60; numero 181, base € 12.000, aggiudicato alla base; numeri 182, 183, 184, 185, 186, 187, 188, 189, 190, 191, 192, 193, invenduti; numero 194, € 40 di base, € 40 l'aggiudicazione...

Collezionare in fondo è solo un gioco, ma questo gioco, al fondo, può rivelarsi di una violenza disumana.







"Il vero collezionista deve sentirsi milionario anche se non possiede un centesimo ...
Se un'opera gli piace, se la capisce, se è certo della propria scelta,
deve acquistarla senza nessun timore.
Un'opera di alto livello artistico è, nel senso letterale della parola, inestimabile per il collezionista;
vale venti volte di più della somma pagata, anche la più astronomica"
(Georgij Kostakis)

L'Ingegner Giacomo Avanzo ha la fama di essere un commerciante caro. Falso. L'Ingegner Avanzo, semmai, è costoso, allo stesso modo per cui è costosa Bulgari in Via Condotti, rispetto alla più economica bigiotteria sotto casa. Giacomo Avanzo è costoso, perché le cose belle, rare e pregiate, semplicemente costano. Giacomo Avanzo è costoso, e per questa lettera, per il lotto 99 di "Scilla e Cariddi", aveva stimato un prezzo ragionevole nel 90% della quotazione del Sassone di allora: 5 milioni di lire contro 5 milioni e mezzo. Qui siamo al 200% di una quotazione nominale - Sassone 2019 - non di cento o mille euro, che in particolari circostanze potrebbe anche esser superata da molti amatori, pur di arrivare al pezzo desiderato, ma di do-di-ci-mi-la euro, una cifra che può cubare una quota rilevante di uno stipendio annuo, e che qui e ora è stata raddoppiata.

Chi erano i due collezionisti, quello al telefono e l'altro collegato via internet? Il banditore soltanto lo sa, solo il banditore potrebbero dircelo, e ovviamente non ce lo dirà. Forse li ha già dimenticati. A lui, al banditore, interessa solo emettere la nota di aggiudicazione e incassare la promessa di pagamento. I suoi pensieri, i pensieri del banditore, sono già all'asta successiva.

Rimane la nostra - di noi collezionisti - legittima curiosità: chi erano, chi sono, quei due collezionisti?

Due pazzi? Può darsi. Due innamorati? Senza dubbio. Due nuovi Signor "Scilla e Cariddi"? Piuttosto improbabile. Entrambi avevano sicuramente la stessa percezione: quella di fronteggiare una lettera unica, seducente, avvolta di fascino, impregnata di charme, con ogni probabilità la più bella lettera conosciuta col 20 grana II tavola, apparsa trent'anni fa, sprofondata chissà in quale abisso, e ora riemersa, giusto il tempo di una sanguinaria serie di rilanci, prima di eclissarsi per altri trent'anni o forse più. Entrambi avevano la stessa consapevolezza: per sempre (per lui) vuol dire mai più (per me).

Cadremmo probabilmente in un grave errore di prospettiva, di giudizio, nel dare a questi due collezionisti le vesti di due nababbi, nel raffigurarceli con le sembianze di due personaggi lussureggianti. I cosiddetti "ricchi" sono ricchi perché il denaro lo posseggono, e non lo spendono, se non con parsimonia, valutando ogni passo con juicio, abituati come sono a inibire i sentimenti e a far prevalere la razionalità, a soppesare utili e perdite di ogni scelta, a contrapporre vantaggi e svantaggi, per poi agire solo in presenza di adeguate aspettative di guadagno, quanto meno in senso lato. Altrimenti non sarebbero "ricchi", vi pare?

Nessun "ricco" acquisterebbe al doppio di una quotazione nominale di € 12.000. No, quei due collezionisti non sono due "ricchi", non almeno nell'accezione usuale. Difficilmente incroceremmo lo stereotipo del "ricco", semmai potessimo conoscerli. Sono sicuramente due collezionisti dotati - almeno in questo particolare frangente - di una potenza di fuoco non banale, forse costruita in anni di paziente attesa, forse accumulata addirittura contro la loro volontà, per non esser riusciti a utilizzarla quando avrebbero voluto, avendo patito ripetute amarezze su pezzi scappati via "per uno scatto", come si dice ingenuamente, e ora determinati ad affermarsi oltre ogni calcolo razionale, perché oggi - 6 aprile 2019, a Vignola -  più che 'l dolor poté 'l digiuno.

Mi piace immaginarli così, come due collezionisti mitici. Come Scilla, colei che dilania, in lotta contro Cariddi, colei che risucchia. Due collezionisti mitologici, usciti dal loro antro, per ricordare l'insegnamento capitale di "Scilla e Cariddi", per impartire a tutti la lezione più istruttiva: il collezionismo non è diverso dalle altre cose della vita, il collezionismo ha senso solo se condotto allo stremo delle forze, acquista valore e significato solo se supera il filtro della sofferenza, del dolore, perché in filatelia - come altrove - nessun dolore, nessun risultato.

"Scilla e Cariddi" emoziona oggi come emozionava trent'anni addietro, fa vibrare e palpitare nell'aprile del 2019 proprio come in quel remoto febbraio del 1989.

"Scilla e Cariddi", trent'anni dopo, scrive una fulgida pagina di storia - da consegnare al Gran Libro della Filatelia  - in cui risplendono rabbia e amore, follia e determinazione.

Scilla e Cariddi aprite quei cancelli. Partendo da una punta di stivale, spuntano righe che ti possono far male. Una cosa che non ho mai visto prima, altro che due versi attaccati con la rima...

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