CAPIRE LA QUALITA' - Sassone: maledetto, ti amerò! (parte III)

"L'espressione vernacolare napoletana chiagni e fotti (in italiano: 'piangi e fotti') è usata per sottolineare e stigmatizzare un tipico atteggiamento umano, opportunista e ipocrita, esibito da alcune persone che sono solite indugiare in lamentazioni proprio in quei momenti in cui le cose, per loro, vanno a gonfie vele"
(estratto da Wikipedia)

Girano buffi e curiosi personaggi, in questo mondo filatelico. Gente di tutto rispetto, altroché, alcuni con alle spalle un passato glorioso e curriculum da ridurti al silenzio. Figure straordinarie, e pur buffe e curiose. Sono commercianti e collezionisti, di lungo corso e nuova generazione, capaci di convivere con una quantità di cortocircuiti, logici e empirici, da uccidere un toro. Voglio presentarveli, affinché possiate riconoscerli e rispondergli a tono, se mai doveste incontrarli, se proprio non riusciste a evitarli.  

E' facile individuarli, perché prima o poi, di qualunque cosa si parli, sfodereranno lo slogan che ne costituisce il marchio di fabbrica, nel solco della migliore propaganda qualunquista: le fantasiose quotazioni del Sassone sono responsabili della crisi della filatelia.

La filatelia è in crisi? Volesse il Cielo! Ho ricominciato a collezionare nel 2011, e già non conto più i travasi di bile per le delusioni sofferte. Espormi sino a tre, quattro, cinque, sei, sette, otto e persino nove volte la base, in aste italiane e internazionali, non sempre è servito ad aggiudicarmi quel che desideravo (e che altri, con tutta evidenza, volevano ancor più ardentemente). Sono riuscito a perdere persino francobolli offerti a prezzo netto, di costo sensibilmente più sostenuto, per aver troppo cincischiato. Ricomprerei tutto al doppio di quanto sono andati via, se solo tornassero sul mercato, se solo i proprietari volessero cederli (ma comprensibilmente non vogliono). Però la filatelia è in crisi, secondo lor signori, che evidentemente confondono la loro specifica situazione personale col quadro complessivo e generale, scambiano la mattonella rotta su cui vivono - e le altre mattonelle malmesse a loro adiacenti - per un crepa strutturale nell'intero palazzo.

Voglio però concedergli il beneficio della conclusione, la filatelia è in crisi, per analizzarne la tenuta logica con la premessa, la colpa è del Sassone.

Lor signori - presumo - incontrano difficoltà nel piazzare il proprio materiale, nell'acquisirne di nuovo, nel gestire il turn-over dello stock, anche a causa dello spiazzamento indotto dalle aste, di cui denunciano varie inefficienze. Lor signori sono sicuramente in crisi e ammettiamo pure legittima - per quanto eroica - la generalizzazione della loro situazione personale all'intero mercato filatelico. Accettiamo pure la conclusione, la filatelia è in crisi.
 
Ma cosa c'entrano le quotazioni del Sassone? Qual è il nesso? Il motore di ricerca Philasearch fornisce ogni giorno (ogni giorno!) il quadro pressoché completo delle aste filateliche nel mondo (nel mondo!). Ogni giorno avvengono scambi di francobolli, a prezzi pubblicamente disponibili. Cosa cambierebbe, nelle migliaia di scambi effettivi, se sul Catalogo Sassone ci fosse scritta una quotazione diversa, in particolare più bassa? Semplicemente registreremmo sconti più bassi, tutto qui.

Se la filatelia è in crisi - perché questa è la premessa, per quanto dubbia - vi sembra anche solo vagamente plausibile che sia sufficiente cambiare un numero sulla pagina di un catalogo, per restituirgli vigore? Le crisi - tutte le crisi, quando sono vere crisi - hanno origini remote e cause strutturali, sono il portato di fattori endemici, difficili da rimuovere, emendare, invertire. Sorprendentemente, invece, tanto grave è il male diagnosticato - la premessa: la filatelia è in crisi - quanto rapida e innocua la terapia. Come se un medico, dopo aver emesso una prognosi infausta, rassicurasse il paziente dicendogli: "il male è incurabile, ma non si preoccupi: con un bicchiere d'acqua passa tutto".

Voglio però spingermi oltre, giocare fuori casa, sul campo di lor signori, e accettare sia la loro conclusione - la filatelia è in crisi, sebbene non ne sia convinto - sia la loro premessa, è colpa del Sassone, per quanto oscuro mi rimanga questo presunto nesso di causa-effetto. La filatelia è in crisi per colpa delle quotazioni del Sassone, d'accordo.

Se questa è la situazione - fingiamo lo sia - allora sarà sufficiente recidere il collegamento tra la filatelia e le quotazioni del Catalogo Sassone. Bolaffi lo fa ormai da anni, nelle sue vendite all'incanto, e nessuno ne è stato disorientato. Siate voi il cambiamento che vorreste vedere.

*** Granducato di Toscana, 1851, 2 crazie azzurro chiaro su grigio, usato. Prezzo netto: € 50.

Stop, nient'altro, niente quotazione Sassone (e possibilmente niente aggettivi e avverbi nella descrizione della proposta). Il collezionista valuterà in autonomia se 50 euro è una pretesa equa, senza esser più svisato da un riferimento di prezzo teorico, che il commerciante considera vieppiù uno dei grandi mali della filatelia. Se non credo alla quotazione Sassone, se la giudico addirittura un elemento distorsivo del mercato, allora semplicemente non la nomino, non ne faccio uso, altrimenti non farei altro che perpetuare il male, rendendomi anch'io colpevole del declino di quel mondo che dico di amare e voler proteggere.

Invece, non solo la filatelia è in crisi per colpa del Sassone, ma lor signori congegnano pure offerte di vendita - di materiale che se non è di rara bruttezza trasmette una sensazione assai peggiore di squallida normalità - accostando la quotazione piena di catalogo a un prezzo netto sensibilmente più basso, che sol per ciò appare conveniente.

Gli strali di lor signori contro le quotazioni Sassone sono un bell'esempio di chiagni e fotti, perché è solo grazie a un uso improprio e in malafede delle avversate quotazioni che lor signori riescono a commerciare. Possono impropriamente parlare di "buon affari" ai loro clienti creduloni sol perché a mezza bocca li invitano a notare quanto è conveniente il prezzo praticato rispetto alle quotazioni del Sassone, a cui per altro verso dicono di non credere (sic!). Se le quotazioni fossero ridotte - come chiedono pubblicamente, in modo fariseo - perderebbero l'unica leva commerciale di cui dispongono. Di fatto, è solo perché la quotazione piena del Sassone di un francobollo è 100, che lor signori riescono a venderlo a 10, giacché le loro proposte non hanno altra attrattiva se non... costare il 10% del Sassone.

Molti collezionisti si arrestano purtroppo alla superficie delle cose. Sto comprando a 10 quel che nominalmente vale 100; se non è un affare, una pescata, un colpo grosso, di sicuro il francobollo non lo sto nemmeno strapagando, e il giorno che volessi rivenderlo riuscirò più o meno a rientrare della spesa. Peccato che il prezzo equo del francobollo non era né 100 né 10, ma 1, una volta re-inquadrato nell'appropriata categoria qualitativa, come il Sassone impone di fare, prima di attribuire un prezzo di riferimento (che peraltro dovrebbe poi beneficiare di uno sconto di cortesia, tanto più pronunciato quanto più bassa è la qualità). Per essere outspoken, come dicono gli inglesi, la stragrande maggioranza dei collezionisti, nella stragrande maggioranza dei casi, paga i propri francobolli molto di più delle "fantasiose" (sic!) quotazioni del Sassone.

Ovviamente, quando lor signori devono approvvigionarsi, sanno bene che il materiale che han davanti non vale più di 1, e più di 1 non son disposti a pagare, con l'idea di rivenderlo a 10, sfruttando la consueta errata percezione del collezionista (della distanza tra il 10 del prezzo e il 100 della quotazione piena). Chi ha acquistato a 10, e si vede offerto 1, a fronte di una quotazione piena di 100, avverte un comprensibile senso di smarrimento, e inizia a ringhiare verso lor signori, che lasciano così partire il pistolotto: "il Sassone sta uccidendo il commercio di francobolli, i collezionisti non capiscono più nulla, tra quotazioni di catalogo alle stelle e prezzi effettivi alle stalle". I collezionisti non capiscono più nulla, è vero, ma cosa c'entra il Sassone?    

Invito tutti i collezionisti a rivolgere a lor signori una semplice domanda, senza polemica: se voi ritenete le fantasiose quotazione Sassone un male della filatelia, perché poi le utilizzate come riferimenti nelle vostre proposte di vendita? Sin quando non riceverete una risposta sensata, una replica solida e ben argomentata, che convinca e persuada, e non il solito farfugliare di luoghi comuni e frasi fatte, non comprate mai nulla da lor signori.

A lor signori - campioni olimpici di furberia, che con la mano destra fingono di lanciare il Sassone nel falò dei libri proibiti e con la sinistra ne trascrivono le quotazioni nelle loro vendite - vorrei dire che la tesi sostenuta - la filatelia è in crisi, per colpa del Sassone - è suggestiva e interessante, peccato solo sia sballata, e come ogni tesi sballata fondata sull'occultamento delle prove. Se proprio volete continuare a propagandarla - perché è solo propaganda - ripristinate almeno un minimo di coerenza tra ciò che dite e ciò che fate, tra il pensiero e l'azione: mettetevi d'accordo con voi stessi o, quanto meno, con la maggioranza delle personalità multiple che si agitano dentro di voi.


  Analizziamo insieme questa inserzione di vendita, finalizzata con una transazione.
 Il pezzo presenta "un taglio" (1 difetto) e "qualche abrasione" (quante? 1? 2? ... "n"?).
Siamo dunque alla presenza di un francobollo con "n+1" difetti, con "n" indeterminato.
Ritengo appropriato - alla presenza di "n+1" difetti - battezzare il pezzo come "fortemente difettoso".
Però non ritrovo questa categoria logica tra le categorie standard del Sassone.
Non può che essere - allora - una categoria inferiore all'ultima.
Forse ricadiamo addirittura nella categoria dei "francobolli da cestino di valore infimo",
di cui si dice in premessa, prima della presentazione di casi-tipo.
E' molto difficile attribuire un coefficiente c% a questo genere di pezzi,
ma sicuramente è un valore che converge a zero.
 Pure, sui "francobolli da cestino di valore infimo", lo sconto di cortesia s% tocca i picchi,
e non serve raffinati matematici per capire che il prodotto di due numeri che convergono a zero
 - i coefficienti c% e (1-s%) -  dà proprio zero,
cioè che il valore commerciale del pezzo si trova in un intorno piccolo a piacere del numero zero.
Ora, 450 euro - senza contare le spese di spedizione (sic!) - equivalgono al 2% della quotazione piena.
Il 2% - per l'amore del cielo! - per una cosa che, valutata con la massima obiettività,
è aderente allo 0%, che può variare, diciamo, tra lo 0% e al massimo l'1%,
ed è stata invece proposta (e venduta) al doppio.
Come fa il commerciante da un lato e il collezionista dall'altro
a dire che le quotazioni del Sassone sono "fantasiose" (sic!)
e poi a concludere affari a queste condizioni, con tanto di applausi e trombette?
Ognuno i suoi denari li spende come desidera, per carità.
Ma il problema, qui, non è empirico, bensì di pura logica.
Sono libero di scegliere come voglio le mie premesse,
ma poi sono moralmente e intellettualmente obbligato ad accettare tutte le conclusioni
implicite nelle premesse liberamente scelte.
Qui, invece, la conclusione (della transazione) 
smentisce la premessa (sulla attendibilità delle quotazioni Sassone).
Io sinceramente non capisco, e alla fine rinuncio a capire,
perché in fondo non c'è nulla di più deprimente del capire
che ciò che si è capito non meritava di essere capito.

Commenti

  1. E' in corso l'asta Viennafil, in cui si sta disperdendo la seconda parte della Collezione "Stern", di Lombardo Veneto (la prima parte era stata posta all'incanto prima dell'estate). L'asta è osservabile su internet, dal sito Philasearch. I realizzi, la quota di venduto, i rialzi rispetto alle basi, e soprattutto la vivacità della competizione, dimostrano la vitalità del collezionismo di francobolli classici (in coerenza con quanto era già avvenuto nella prima tornata).

    La crisi della filatelia - se c'è - è crisi di "offerta", non di "domanda". Il mercato è inflazionato dalla presenza di esemplari modesti sotto ogni punto di vista - rarità, qualità, interesse storico-postale - e dalla ossessiva riproposizione degli invenduti, che per definizione non suscitano interesse, dando così la sensazione di una situazione stagnante.

    I collezionisti appaiono però a frotte, all'improvviso, non appena un operatore filatelico esce con proposte realmente nuove, attraenti, di materiale interessante, peraltro non necessariamente ad esclusivo appannaggio dei nababbi.

    Scegliete con cura il vostro osservatorio, prima di formulare opinioni sullo stato di salute della filatelia.

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