ELOGIO DEL DESIDERIO




Tutti li abbiamo, nessuno ne parla. Ci hanno insegnato a sussurrarli in solitudine, ché un fiato appena più forte di un bisbiglio potrebbe vanificarli. Li custodiamo nel cuore e li guardiamo da lontano, solo una sbirciata ogni tanto, per assicurarci che siano ancora là. Sono i desideri.

Desiderare è una parola di origine latina: de-sidera. C'è il prefisso de, col suo significato di privazione (de-strutturato: privo di struttura; de-mente; sprovvisto di intelligenza; de-forme: senza forma; de-faticante: togliere la fatica). E poi c'è sidera - da sidus, sideris - che significa astro, stella, e per estensione cielo stellato. Il desiderio è la condizione di assenza di stelle, e desiderare significa avvertire la mancanza di un cielo stellato.

Le stelle - questi punti splendenti appiccicati al cielo - sensibilizzano e suggestionano, sollecitano pensieri e azioni, assecondano le inclinazioni artistiche e assolvono funzioni pratiche.

Il cielo stellato è uno spettacolo irresistibile: attrae lo sguardo, emoziona, la sua visione è un'esperienza di vertigine. Fronteggiamo l'infinito, il mistero. Siamo davanti a qualcosa che non possediamo e vorremmo avere, che percepiamo puro, divino, superiore, espressione di quella forza celeste presente in noi, a cui di quando in quando riusciamo ad accedere, sentendo una felicità che non chiede altro, la felicità propria di chi si confonde col cielo, magari per poco, ma quanto basta per andare oltre sé stesso, per consegnarsi a una realtà più vasta, trascendente.

Nel cielo stellato c'è l'avvenire, il futuro, il destino: è il corso delle stelle. Gli antichi scrutavano le stelle per intuire cosa li attendeva, nella speranza di intravedere un segno augurale, da cui trarre buoni presagi. Quegli stessi punti, enigmatici per gli astrologi, erano invece una sicurezza per i marinai, per la loro navigazione in mare aperto, un riferimento nel cielo per orientarsi e trovare la rotta, a cui indirizzare lo sguardo.

Sei la mia stella, diciamo a chi è per noi degno di ammirazione, a chi ci guida nel nostro cammino nel mondo come le stelle nel cielo indirizzavano la navigazione dei marinai nel mare. Si nasce sotto una buona stella, quando la vita ci sorride, quando ogni cosa va come auspichiamo. E poi c'è il folklore popolare, che invita a esprimere un desiderio alla visione di una stella cadente, come se la stella cadesse davvero e noi potessimo sul serio afferrarla, per ricongiungerci con un pezzo di cielo.

E quindi uscimmo a riveder le stelle, scrive Dante nell'ultimo verso del suo "Inferno", e la contemplazione del cielo diventa l'annuncio di un cammino luminoso, di speranza, dopo aver attraversato le tenebre. Quelle stelle le ritroviamo nel verso finale di ogni cantica - puro e disposto a salire a le stelle nel "Purgatorio", l'amor che move il sole e le altre stelle nel "Paradiso" - una ricorrenza che non è solo simmetria stilistica, ma esprime i motivi di fondo dell'intera opera dantesca.

Una stella cometa guida i Re Magi verso il Salvatore e due sole cose riempivano l'animo del filosofo tedesco Immanuel Kant: il cielo stellato sopra di me e la legge morale dentro di me.

Le stelle ci appartengono, sono nostre, accendono la nostra immaginazione, orientano la nostra vita, ci portano oltre noi stessi, pur rimanendo a distanze fisiche inaccessibili.


Se nelle stelle c'è tutto questo, e se può esserci molto altro ancora, il cielo coperto e le notti nuvolose - l'assenza di stelle, l'inibizione alla loro visione - trasmettono inevitabilmente un senso di smarrimento, di tristezza e paura. Sentiamo la mancanza delle stelle, avvertiamo un vuoto insopportabile. Il nostro animo si mette in moto per colmarlo, inizia una ricerca appassionata - fatta di attesa, perseveranza e sopportazione - per rimpossessarsi di ciò che gli manca, per ricongiungersi a una parte di sé.

Siamo in contatto col desiderio, siamo in quella situazione in cui ci mancano le stelle, in cui ci sentiamo disorientati e angosciati senza essere annichiliti o paralizzati. Il desiderio è l'esperienza paradossale di una mancanza (si è perso qualcosa) mai disgiunta da una forza (si è spinti verso qualcosa). Il desiderio è debolezza e energia allo stesso tempo.

Poche cose raccontano la natura umana come i desideri.
 
Lontani dalle stelle, un legame affievolito col cielo, la forte nostalgia per qualcosa che si è perso, senza saper dire esattamente cosa sia, e la prepotente spinta a recuperarlo, qualunque cosa sia; lontani dalle stelle, sì, ma protesi a raggiungerle, o forse a ritrovarle, come se fosse esistito un tempo in cui ogni distanza era azzerata; lontani dalle stelle ma vogliosi di riaverle, senza riuscirci mai del tutto, ogni volta condannati a ricominciare, a cercare di nuovo; lontani dalla stelle, a contemplare il vuoto di una mancanza profonda, ma con spirito di fede, di ardore, di speranza.

Il desiderio ci appartiene, è nostro, come le stelle, ma al tempo stesso ci sovrasta e ci supera, ci porta al di là di noi stessi, allarga l'orizzonte del nostro mondo, proprio come le stelle. Il desiderio assilla, martella, non dà tregua. Dai desideri non si fugge, non c'è modo di evitarli, perché nessuno può evitare di stare sotto il cielo.
 
Il desiderio convoca una responsabilità, ci prospetta un cammino, un percorso, segnato da mancanza, attesa, tensione. Da questo percorso - da questo continuo movimento ideale da noi verso le stelle - passa il meglio della nostra vita e ne va della nostra intera esistenza.

Quando accorciamo questa strada, quando rimpiccioliamo questo spazio e riduciamo questo tempo, noi mortifichiamo i nostri desideri. Li barattiamo con bisogni puntuali, concreti, da acquietare immediatamente, oppure scadiamo nella volubilità dei godimenti di quel consumo compulsivo che - cosa straordinaria - satura e lascia insoddisfatti.
 
Ai desideri servono spazi illimitati, come alle stelle serve il cielo, spazi infiniti per quegli slanci necessari a oltrepassare le seduzioni che a ogni momento tentano di intercettare il nostro movimento, che vogliono indurci dipendenze che dissipano la vita e la rendono aleatoria e inconcludente.

Nel desiderio riecheggia l'infinito, con tutti i suoi misteri, ma il desiderio deve anche saper considerare il suo simmetrico, il suo opposto naturale. Considerare: esaminare a fondo, guardare con attenzione, tenere conto, riflettere, reputare, pensare. Con-siderare, cum-sideris: aver ritrovato quel che si era perso, ristabilire un legame col cielo, risalire tra le stelle, averle a disposizione e tenerne conto come se da quelle con-siderazioni dipendesse tutto il nostro destino.


Questi sono i nostri desideri. Sapremo essere alla loro altezza?

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