TRA PASSATO E FUTURO


Leggete gli eventi dell'unità d'Italia in un qualsiasi libro di storia, e poi rileggete quegli stessi eventi nei giornali dell'epoca o, se fosse possibile, nel diario di un uomo del tempo. Ne avrete una sensazione di così violento contrasto, da dubitare che si stia parlando di un unico avvenimento.

Nel primo caso - il libro di storia - è un continuo susseguirsi di cause e di effetti, concatenati da una logica serrata che dà ordine e chiarezza all'esposizione e fa apparire ogni cosa ovvia, scontata, sia nell'esito che nei passaggi intermedi: i fatti non sarebbero potuti andare diversamente da come si sono svolti, tanto convincente è la trama che li lega, quanto naturale il loro sbocco, e in definitiva è accaduto tutto e solo ciò che doveva necessariamente accadere, per date premesse (anch'esse inevitabili).

Nel secondo caso - i giornali o il diario - è un incessante alternarsi di luci e ombre, un indecifrabile intercalarsi di punti interrogativi e punti esclamativi - per l'incertezza sul futuro, fosse anche del giorno dopo, per lo stupore dei fatti presenti, imprevedibili anche solo il giorno prima -, è un isterico sovrapporsi di sensazioni disparate, senza che l'una abbia avuto modo di manifestarsi appieno, che già un'altra vi è subentrata, e in definitiva di ogni cosa potrebbe ben accadere anche il suo contrario.

La fallacia narrativa è l'attitudine a raccontare e interpretare i fatti storici abusando del beneficio della retrospettiva. Sicuramente gli eventi devono prima concludersi, se li si vuole alzare al rango di eventi storici da narrare precisione, ma la visione retrospettiva non è mai neutrale, innocente o innocua. Sapere come sono andate le cose, conoscere l'ultima pagina del libro, avere la consapevolezza su dove si andrà a finire, sono fattori condizionanti, e diciamo pure distorsivi, nella ricostruzione della storia. Ogni evento, dal più rilevante al più insulso, è visto, analizzato e collegato a tutti gli altri eventi, grandi o insignificanti, in funzione di quell'esito. Tutto deve tenersi - e tutto si fa in modo che si tenga - per giustificare quello sbocco. I singoli fatti, che disposti in sequenza scrivono la storia, hanno una loro logica - devono averla, altrimenti come faremmo a ricordarla? - e una logica gliela si impone, per assicurare la coerenza con la scena finale.

E' arduo scrutare il futuro, ma ancor più complesso è leggere nitidamente il passato, lanciare uno sguardo puro su ciò che è stato senza inquinarlo con la conoscenza di ciò che è accaduto successivamente. I francobolli degli Antichi Stati Italiani sono un contrappeso alla fallacia della narrazione, nella misura in cui rendono consapevoli di quante inerzie e contraddizioni vi siano nella configurazione della storia, in quel suo fluire che non è mai realmente fluido. Nemmeno i francobolli riescono però a sottrarsi a suggestioni improbabili. Raccontare storie - reinterpretare il passato in funzione del presente, vedere negli oggetti del passato gli ambasciatori, i profeti, dell'inevitabile presente - è un gioco troppo seducente, per sperare di resistervi.

Come non vedere nella regressione del sistema postale siciliano - dal francobollo al porto in denaro, un fatto unico nella storia - l'annuncio della questione meridionale, il regresso della metà di una Nazione rispetto all'altra metà? Il Regno delle Due Sicilie fu uno sbaglio? Probabile, se guardiamo alla fine della storia e ai suoi intertempi. La Sicilia dei Ferdinando e dei Francesco fu un continuo tumulto, non conobbe mai pace, le Due Sicilie rimasero sempre due individualità, non formarono mai un corpo unico, e una della due, l'isola di Sicilia, finì con l'affossare l'altra, e con essa l'intero Regno. E tuttavia i francobolli invitano a fantasticare su quel che sarebbe accaduto - su come sarebbero andate le cose in un mondo parallelo, alternativo - se quel Regno fosse stato coeso come i suoi francobolli lo sono in questa lettera straordinaria.
 
 Lettera da Termini a Genova, 14 maggio 1860, 
affrancata con due esemplari del 5 grana siciliano I tavola.
La lettera transita da Napoli il 23 maggio,
viene vergata per insufficiente affrancatura e posta in giacenza.
Il viaggio riprende il 26 giugno, dopo l'integrazione del porto
con un esemplare da 5 grana dell'emissione napoletana,
obliterato col timbro "ANNULLATO" in cartella.
 La lettera giunge a Genova il giorno 1 luglio.
Unica affrancatura mista Napoli-Sicilia, Collezione Imperato.

I francobolli spingono a sognare, a vagabondare nel tempo e nello spazio, sono una via unconventional per conoscere il mondo, ci sollecitano a pensare a quell'ecatombe di possibili provocata dall'unico fatto realmente accaduto, alla fine solo uno tra i tanti immaginabili.

Ma i francobolli mostrano anche un sorprendente potere profetico, sono gli aruspici di un futuro impensabile al momento del suo annuncio: un Re reazionario, conservatore, che guarda indietro, a quel passato che vorrebbe perpetuare in eterno, accanto a un Re liberale, costituzionale, che guarda avanti, a quel futuro che oggi è il nostro presente.

Palermo, 9 novembre 1859.
Lettera di un foglio per gli Stati d'Italia, affrancata per 10 grana.
Arrivò a Genova il 15 novembre 1859,
in transito da Napoli con il Vapore "Corriere Siciliano",
per poi esser rispedita a Milano il giorno dopo, 
con l'aggiunta di un 20 centesimi di Sardegna.
Giunse a destinazione il 17 novembre, con l'ambulante postale.
Segno "4" corretto in "5", a indicare 50 centesimi,
la tassa sarda in arrivo, in assenza di convenzione postale tra i due Stati.
Unica affrancatura mista Sicilia-Sardegna, Collezione Lombardo.

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