CAPIRE LA QUALITA' - La parabola della qualità (parte II)

"E' da tutti ed è facile adirarsi, e donare denaro e far spese: ma farlo con chi si deve, nella misura giusta, al momento opportuno, con lo scopo e nel modo convenienti, non è più da tutti né facile. Ed è per questo che il farlo bene è cosa rara, degna di lode e bella"
(Aristotele)

L'ignoranza è la condizione strutturale dell'essere umano. Tutti siamo ignoranti, a un certo livello, pur con diversi gradi, da qualificare. Tutti noi impariamo peraltro a convivere con le nostre ignoranze, nella misura in cui non sembrano alterare il nostro corso di vita. Cairoli è una fermata della metro di Milano; Ottawa è in Giappone; pi-greco è uguale a 3.14; esci l'acqua dal frigo; peritare significa esser bravi a far qualcosa; maturity è tradotto in maturità. Mancanze perdonabili, se vogliamo andare con l'accetta, se l'obiettivo è arrivare vivi a domani.

Ci sono situazioni, tuttavia, in cui gli armistizi con le nostre ignoranze rischiano di provocare danni superiori a una dichiarazione di guerra. Tutti parliamo correntemente di mercati, di spread, di finanze dello Stato, ma quanti di noi hanno mai solo sfogliato un libro di economia, anche solo di stampo divulgativo? Quanti di noi saprebbero dare una definizione esatta, tecnicamente precisa, di sostenibilità del debito pubblico? Eppure sulla sostenibilità del debito pubblico si giocano il consenso elettorale, la composizione del Parlamento, le decisioni del Governo, la tassazione presente e futura.

Qui, purtroppo, le nostre mancanze possono essere fatali, e lo diventano senz'altro, se non si capisce che una falsa conoscenza è più pericolosa di un'ammissione di ignoranza. Perché dalla conoscenza - anche se fallace - seguono azioni, laddove la consapevolezza dell'ignoranza ci mantiene guardinghi, in attesa. L'inazione - è vero - è esposta a rischi non meno gravi che l'azione sbagliata, ma le azioni sbagliate accelerano gli eventi, li fanno precipitare, ne rendono problematica la previsione, impedendone il controllo.

I collezionisti parlano continuamente di rapporto qualità-prezzo - di qualità al giusto prezzo, di un pezzo preso bene, di un altro pagato troppo, di prezzi convenienti e di altri invece cari -, ma quanti di noi, collezionisti, saprebbero dire esattamente cos'è il rapporto qualità-prezzo? Certo, una volta caduti nella metafisica di una qualità insindacabile, abbiamo gioco facile a propagare la nostra superstizione a tutto il resto. Se credo alla sfortuna del gatto nero, allora eviterò anche i numeri 13 e 17, e mi preparerò agli inevitabili sette anni di disgrazie per aver rotto uno specchio. Se la qualità è insindacabile, vuoi che non lo sia - perché non dovrebbe esserlo - il rapporto qualità-prezzo?

Non so dove conduca questa sistematica auto-referenzialità. Sicuramente noi abbiamo tenuto un altro atteggiamento, in questi post per capire la qualità nella filatelia degli Antichi Stati. Noi, qui, misuriamo ciò che è misurabile, e rendiamo misurabile ciò che non lo è, perché se abbiamo una speranza di intenderci, o almeno di non cadere in tranelli verbali, questa passa necessariamente per il linguaggio dei numeri, che senza implicare oggettività hanno il pregio di significare la stessa cosa per tutti. Siamo in un ambiente sentimentale, emotivo, romantico, fatto di sogni e poesia, impossibile da cristallizzare in una pagina di matematica, ma proprio per ciò dobbiamo sforzarci di conferire precisione alle parole, evitare i cento modi del non dir nulla e tenere lontane le imbecillità vestite di scuro.

Il gioco dei punteggi, nella sua apparente precisione, ci lascerà inevitabilmente nel dubbio. Ho attribuito il punteggio "70" alla marginatura di un francobollo. Quanto sono confindent - fiducioso, convinto - di questa mia valutazione? Forse sarebbe più appropriato il punteggio "75", a rifletterci meglio. Forse il miglior punteggio non è proprio "75", ma "73", forse. Non ne esco, ovvio, non dissiperò mai la nebbia d'incertezza intorno valutazione, ma non è questo il punto. La rilevanza sta tutta nel fatto che ho circoscritto il dubbio entro limiti accettabili, ora conosco l'intorno in cui mi muovo, adesso so che sotto "70" e sopra "75" non posso proprio andare, se non voglio avvertire l'insopportabile fastidio dell'incoerenza.

Per arrivare da premesse approssimate a conclusioni anch'esse approssimate devo passare per un procedimento esatto, pur considerandolo come un artificio, perché solo un metro esatto può offrire il privilegio di poter utilmente approssimare. Questo è il ruolo e il valore della matematica, nelle sue applicazioni pratiche.

Con questo spirito, inforcando questi speciali occhiali per vedere il mondo, proviamo a far chiarezza sul rapporto qualità-prezzo.

La qualità è una parabola, parola di Bolaffi. Per esser precisi, il rapporto qualità-prezzo è convenzionalmente descritto da una funzione matematica nota come parabola. Questa affermazione è l'unica cosa sensata che si possa dire, quando si parla simultaneamente di prezzi e qualità.
 
Cos'è il rapporto qualità-prezzo, a intuito, nel sentire comune? E' una relazione di dipendenza - un collegamento, un legame - tra lo stato qualitativo di un francobollo e il prezzo da pagare per acquistarlo. Al variare della qualità varia anche il prezzo, al crescere della qualità cresce il prezzo.
 
Questo sentire comune può permanere nel suo stato di vaghezza, di pura sensazione, oppure possiamo sforzarci di precisarlo, per dargli una forma compiuta e renderlo osservabile. Il concetto di funzione matematica - la classica scrittura (x), incontrata a scuola, qualunque sia stata la nostra scuola - formalizza il collegamento tra la variabile indipendente x (la qualità) e la variabile dipendente y (il prezzo) attraverso una regola f che educa il capriccio e gli umori del singolo.

Bolaffi propone una parabola per la funzione f  e indica con p e q le variabili y e x, per richiamare immediatamente il prezzo e la qualità.

La parabola di Bolaffi, con cui la qualità 'q' diventa un prezzo 'p'.
La formula richiede in input una qualità 'q' espressa in numeri,
e restituisce in output un altro numero, il prezzo 'p'.
I valori dei coefficienti 'a' e 'b' dipendono dalla scala di misurazione della qualità 'q'.
Nel gioco dei punteggi abbiamo convenuto di adottare una scala [0, 100],
in cui il valore "100" è riservato in via esclusiva al migliore esemplare noto.
Bolaffi tara invece la qualità sull'intervallo  [0, 1], o se si preferisce [0%, 100%],
in cui il valore unitario non è più associato al migliore noto, ma alla cosiddetta "qualità Bolaffi",
potendosi avere pertanto anche francobolli con punteggi superiori al 100%.
(l'equivalente del migliore esemplare noto dovrebbe corrispondere alla categoria "Bolaffi 1890").
Ovviamente è sempre possibile passare da una scala di qualità all'altra,
proprio come è sempre possibile passare da una scala di temperatura all'altra,
Questi tecnicismi sono essenziali per parametrizzare la parabola,
- cioè per attribuire precisi valori numerici ai coefficienti 'a' e 'b',
e tabulare i livelli di prezzo in corrispondenza dei diversi livelli di qualità -
ma non sono vitali per comprendere l'idea generale che sta sotto alla formula.

Le lettere a e b sono i parametri della funzione, i coefficienti della parabola, ma siccome qui non vogliamo complicazioni, fissiamo pure a=1 e b=0, per riportarci alla formulazione più semplice con cui la qualità è legata al prezzo da un'operazione di elevamento al quadrato.
 
La nostra parabola (a=1 e b=0) trasforma 1 in 1, 2 in 4, 3 in 9 e ... 5? Quanto diventano 5 unità-qualità? Diventano 25 unità-prezzo! E 10? Diventa forse 50? No, diventa 100! Se partiamo dal punto-qualità 5, e compiamo 5 passi in avanti, per arrivare al punto-qualità 10, allora vedremo il prezzo schizzare da 25 a 100: se raddoppio la qualità, allora devo quadruplicare il prezzo.
 
Bolaffi dà un'espressiva chiave di lettura del "prezzo parabolico".  

Agli amanti delle finezze (matematiche) segnalo l'ultimo passaggio:
"Nei casi più clamorosi si verifica addirittura una penalizzazione".
La parabola trasforma un numero (la qualità 'q') in un numero molto più grande (il prezzo 'p'),
a condizione che 'q' sia strettamente maggiore di 1,
cioè, in termini filatelici, che la qualità sia superiore a una certa soglia critica,
 che possiamo identificare nella "qualità Bolaffi", se usiamo la scala Bolaffi,
e possiamo invece battezzare "soglia della collezionabilità", se accettiamo il gioco dei punteggi.
I francobolli "sotto soglia" sono invece penalizzati dalla funzione parabolica.
A esempio, al punto-qualità q=0.5 corrisponde il punto-prezzo p=0.25
e la qualità q viene così "trasformata" in un prezzo p più basso.
Se poi la qualità scende al livello q=0.4, allora il prezzo crolla a q=0.16.
Più è bassa la qualità, più rapidamente scende il prezzo 
e il crollo diventa vertiginoso, per gli esemplari di qualità infima.
Al valore q=0.15 corrisponde p=0.02 e se scendiamo a q=0.1 abbiamo p=0.01.
Questa è la penalizzazione di cui parla Bolaffi.

In generale, una variazione unitaria di qualità provoca una variazione più che proporzionale di prezzo: questo è il messaggio simbolico da trattenere, anche se poi non parametrizzeremo mai la parabola, anche se non ci daremo mai la pena di tabulare i livelli di prezzo in funzione della qualità.
 
La formula ha un valore pedagogico, trasmette un insegnamento cruciale per guidare le nostre azioni nella composizione della collezione: se vogliamo aumentare di poco la qualità, allora dobbiamo esser pronti a sostenere una spesa di molto più alta.
 
Quanto siano esattamente il poco e il molto dipende da tanti fattori (di mercato, relazionali, comportamentali) e anche dal tecnicismo con cui decidiamo di legare la qualità al prezzo (se una parabola, un'esponenziale o altro) ma, di nuovo, non è questo il punto. Non ci interessa la precisione numerica, ma solo l'idea generale, che però non possiamo cogliere appieno, non possiamo introiettare davvero, se non accettiamo di passare per procedimenti esatti e formalmente precisati.

Il messaggio è banale, se ridotto alla sua essenza - la qualità costa - ma non lo è la sua più immediata conseguenza. Capiamo ora qual è la vera ragione per cui molti collezionisti bistrattano la qualità: perché costa e loro non possono o non vogliono spendere. Nulla quaestio, se non possono, ché ognuno colleziona con le forze a sua disposizione (anche se allora sarebbe più corretto dire vorrei, ma non posso, anziché disprezzare quel che non si può avere). Più d'una perplessità, invece, per chi può e non vuole, perché il gioco collezionistico ha valore solo se condotto al massimo delle proprie forze, qualunque esse siano, poche o molte, ma tutte coraggiosamente schierate, senza lesinare un solo euro, fin quando ce lo si può permettere.

Vediamo altro, se spingiamo lo sguardo più in là.

La qualità costa, e questa è la regola, che potrà chiaramente conoscere delle eccezioni, come accade per ogni cosa che si occupa della realtà ("tutto ciò che viene dalla realtà, dalla realtà può essere smentito", scrive Poincaré nel suo "La scienza e l'ipotesi"). Ma la regola rimane regola e le eccezioni rimangono eccezioni, tautologicamente. Non potete sovvertire la fisiologia delle cose, trasformare l'eccezione in regola e la regola in un'eccezione. Non potete acquisire regolarmente la qualità a basso costo, sol perché ci siete riusciti un paio di volte. Quegli acquisti a buon mercato - sporadici e fortunosi - servono solo a mediare verso il basso il costo di tutti gli altri - dissanguanti - e a null'altro.

Infine, tutti i commercianti che affermano di vendere la grande qualità a prezzi convenienti sono sicuramente bugiardi o ignoranti e probabilmente entrambe le cose. Questa idiozia della grande qualità a prezzi convenienti ne richiama un'altra, anch'essa molto diffusa e di gran presa sugli animi sempliciotti: raggiungere il massimo risultato col minimo sforzo. Non si può, per la contradizion che nol consente. Possiamo minimizzare lo sforzo, per raggiungere un risultato fissato, oppure prestabilire lo sforzo e raggiungere il massimo risultato compatibile con esso, ma non possiamo simultaneamente minimizzare lo sforzo e massimizzare il risultato. Nessuno può vendere o acquistare la grande qualità a prezzi convenienti, se non in maniera episodica, occasionale, difficilmente ripetibile.

Bolaffi, nel chiudere l'articolo, esprime la consapevolezza che "per molti" l'uso della matematica può essere "un argomento indigesto", in un ambiente che vi è storicamente estraneo (e più in generale - aggiungo io - in una cultura che fatica a capire come il pensiero matematico sia più utile alle persone comuni di quanto la tecnica matematica sia necessaria ai matematici di professione). Mi spiace, allora, se questo post non vi ha appassionato, se lo avete trovato molto formalistico e molto poco filatelico. Tenetevi lo status quo, se vi sta bene. Tenetevi la vostra qualità discrezionale e le vostre valutazioni forfettarie. Tenetevi il colorato frasario dei commercianti e i loro infidi prezzi di vendita, di fatto più alti delle "fantasiose" (sic!) quotazioni del Sassone. Tenetevi, con molta coerenza, le vostre imprecazioni quando proverete a vendere. Tenetevi tutto questo, e molto altro ancora, e tanta buona fortuna.

Asta Toselli, 31 gennaio 2017.
Lotto n. 218.
Aggiudicazione: € 126, inclusi i diritti d'asta.



Asta Toselli, 31 gennaio 2017.
Lotto n. 217.
Aggiudicazione: € 162, inclusi i diritti d'asta.
(quasi il 30% in più del lotto n. 218)

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