PERITI - "Eccellentissimo, eccellente, inutile": epilogo machiavellico

 

"Su le perizie filateliche si sono versati fiumi di inchiostro, dissertazioni sono scaturirte da cervelli illustri per fama e dottrina filatelica, argomentazioni profonde sono state escogitate quali mai nell'ermeneutica più sottile".

Sembra una fotografia di oggi, e invece è stata scattata nel 1934, da Gaetano Garofalo, nel libriccino "6 periti e un francobollo"; e se vi aggiungiamo tutto ciò che è venuto dopo, vedremo allora fiumi di inchiostro ancora più lunghi, argomentazioni sempre più profonde, e un'ermeneutica divenuta sottilissima.

Ma nonostante l'opera incessante di così tanti cervelli illustri, o forse proprio a causa della loro iperattività, ancor oggi sembriamo condannati a toccare gli estremi, quando parliamo dei periti filatelici e delle loro perizie.

Da un lato c'è chi invoca una regolamentazione, l'istituzione di un Ordine per questi "notai della filatelia", che come i veri notai dovrebbero basarsi solo sui fatti, solo i fatti rappresentare, e pagare in sede civile per eventuali errori.

Sul lato opposto c'è chi li vede come il residuato di un'epoca primitiva, ché oggi il collezionista si documenta di continuo, per cui non ha bisogno di sentirsi confermare da altri ciò che già sa per sua spontanea iniziativa.
 
La verità sta nel mezzo - così si dice  - e la frase va presa alla lettera: stare nel mezzo, tra i due estremi, non necessariamente a metà, ma in un punto là in mezzo, più o meno sbilanciato da uno dei due lati, comunque non predeterminato, ma da individuare con un'analisi critica, come questo ciclo di post ha voluto fare.
 
"Non offendiamo nessuno affermando che il 90% dei collezionisti sono degli incompetenti... quando volta a volta mandano alla verifica i francobolli che acquistano; verifica che - caso stranissimo - non riesce mai, anche se ripetuta migliaia di volte, a dare a loro quella competenza che li emancipi da una tutela fastidiosa ed interessata". 
 
La provocazione di Garofalo sembra qui oltrepassare il limite, spingersi troppo oltre per rimanere ancora credibile. Affermare che "il 90% dei collezionisti sono degli incompetenti" è un'esagerazione, anche se - bisogna riconoscerlo - il ripetuto contatto con i periti "non riesce mai a dare a loro quella competenza che li emancipi da una tutela fastidiosa ed interessata".
 
Recuperiamo un minimo di equilibrio, muovendo da un'osservazione ovvia: per quanto ognuno di noi possa esser appassionato di filatelia, per quanto i francobolli possano occupare i nostri pensieri, nessuno fa il collezionista di mestiere, nessuno alla domanda "di che ti occupi nella vita?" risponde "colleziono francobolli antichi", nessuno ha per obiettivo della sua esistenza distinguere un falso da un originale, scovare una riparazione, accorgersi della manomissione di un documento.
 
Il collezionismo - per la più parte di noi - è un gioco, un divertimento, una passione, e non può diventare un'ansia da interrogazione, un'insoddisfazione da mancata conoscenza o un timore per truffe in agguato. Ognuno gioca secondo i suoi interessi e le sue possibilità, compatibilmente col tempo e le risorse a disposizione, con la logica della passeggiata: si percorre ogni metro nella misura in cui il piacere della camminata supera la fatica di realizzarla. I limiti strutturali della conoscenza dei più giustificano la presenza di figure che, al contrario di noi, sui francobolli ci vivono.

Affidiamoci pure ai periti, dunque, a chi ha fatto della filatelia una professione, a chi ha trasformato in un lavoro ciò che per noi è rimasto un gioco, ma facciamolo in modo intelligente, con accortezza, scegliendo bene le persone a cui prestar fede e sollecitandole a un contributo fattivo al nostro divertimento: il plattaggio di un esemplare, ogni volta che ciò è possibile; la spiegazione della tariffa, se parliamo di documenti; le basi di confronto, nella classificazione di una tinta. Rivolgiamo domande e impariamo a soppesare le risposte, a trarne il massimo di conoscenza, ricompensando il perito col giusto onorario per la sua opera di sintesi a nostro beneficio, senza fare domande se non siamo in grado di capire le risposte, ma con l'impegno a capire sempre di più.

Forse è illusorio pretendere dai periti filatelici quella severa disciplina mentale che può aversi solo col contatto intimo con i metodi delle scienze esatte, perché la filatelia rimane ribelle non solo all'esattezza ma sin anche all'approssimazione.
 
Forse è irrealizzabile - nelle perizie filateliche - il sogno di Leibniz, un'algebra del pensiero con cui risolvere ogni controversia, cosicché non vi sia maggior  discussione tra due filosofi (tra un collezionista e un perito) di quanta ne occorra tra due calcolatori. "Sarà sufficiente prendere una penna, sedersi al tavolo e dirsi l'un l'altro: calcoliamo".
 
Questo forse non sarà mai possibile, se parliamo dei periti filatelici e delle loro perizie, ma sicuramente potrà tornare utile il riferimento alle "tre generazioni di cervelli" rappresentate da Machiavelli nel Capitolo XXII della sua opera "Il Principe". 

C'è chi già "intende per sé", senza bisogno dell'opinione di alcun perito, e costui è senz'altro un collezionista "eccellentissimo"; ma chi "discerne quello che altri intende", chi è in condizione di capire ciò che il perito dice, e di discutervi con spirito critico, rimane comunque un collezionista "eccellente"; solo chi "non intende né sé né altri" - chi prende le opinioni come dogmi, chi vorrebbe nell'opinione peritale una certezza assoluta, chi non colleziona francobolli ma autografi sul loro verso - solo chi approccia con così tanta faciloneria a un mondo complesso e intricato, è indiscutibilmente e irrimediabilmente una persona "inutile".
 
A mio parere, s'intende.

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