PERITI - "Dura lex, sed lex": quali regole per i periti filatelici?

 
Può sorprendere sentir parlare di "regole" per degli auto-proclamati liberi professionisti legittimati a pensare, agire ed esprimersi con la più totale discrezionalità, senza l'obbligo di render conto a chicchessia.
 
Non esiste una legislazione di settore per i periti filatelici, e la stessa classe peritale non ha mai pensato a una normazione volontaria, a fissare tassonomie e standard, a darsi un codice di auto-disciplina, per condividere metodi e procedure di lavoro, e presentazione dei risultati.
 
I periti filatelici formano un mondo atomistico, un universo di monadi, una realtà in cui ognuno si regola da sé. Il post - in effetti - potrebbe finire qui.
 
Sforziamoci però di ampliare l'angolo visuale, per capire un po' meglio l'ufficio di questi signori.
 

L'insostenibile leggerezza dell'irresponsabilità

Il perito  - in teoria - è un moderatore del commercio filatelico, una figura utile a mitigare l'inefficienza del mercato, forte della sua terzietà rispetto al collezionista e al commerciante; in pratica - e paradossalmente - rischia di amplificare le inefficienze, perché i meccanismi di mercato inducono una contiguità di interessi con il commerciante; la cosa si fa poi imbarazzante, sino a diventare insostenibile, se il perito prende di colpo le distanze da tutto e tutti - persino da sé stesso! - proprio quando dovrebbe sostenere il peso (morale, etico) della responsabilità.
 
Acquisti un francobollo corredato da una perizia a tuo parere affidabile, da un commerciante anch'esso di livello, di cui hai stima e fiducia. Passano alcuni anni e decidi di venderlo. La tua controparte sottopone l'oggetto al suo perito di riferimento, prima di finalizzare la transazione, e ne riceve un responso negativo. Il francobollo è difettoso, secondo il perito di controparte: la filigrana è così marcata, in un punto specifico ben visibile in controluce, da determinare un assottigliamento nella carta.
 
Il perito della controparte non chiede la fede nella sua infallibilità; ti indica con precisione il punto in cui la filigrana si fa più marcata, ti fa notare che il minor spessore è visibile già a occhio nudo - per un occhio allenato, s'intende - e in definitiva l'assottigliamento è lì, davanti a te e a chiunque abbia la capacità di rilevarlo. Devi ammetterlo: la filigrana ha scavato a fondo la carta del francobollo, in un tratto nemmeno così piccolo.

Riprendi in mano la perizia originaria: "A mio parere... è originale e perfetto, e ben conservato nel suo vivace colore". Originale e perfetto, senza nessun accenno al problema potenziale di una filigrana eccessivamente marcata, anzi con un apprezzamento esplicito per lo stato di conservazione che ha preservato la vivacità della tinta.
 
Torni dal commerciante che te l'ha venduto, deciso a restituire l'oggetto e a riavere indietro il denaro. Niente da fare. Cosa significa che il francobollo ha un punto di assottigliamento in corrispondenza della filigrana? La filigrana riduce per sua natura lo spessore della carta, e se la mettiamo così, allora, tutta la filigrana è un unico, immenso assottigliamento. Controbatti con lo stesso argomento del perito della tua controparte: sì, la filigrana riduce lo spessore, ma in quel punto lo ha ridotto molto di più, e il dislivello è chiaramente visibile a occhio nudo. Il commerciante scuote la testa, sbuffa, e si rifà alla perizia originaria. Cos'ha scritto il primo perito? Originale e perfetto, e ben conservato nel suo vivace colore. Se persino una figura terza - riconosciuta competente da entrambi al momento della transazione - non ha dato importanza al dislivello di filigrana, al punto da non citarlo neppure, allora non ho altro da dire su questa faccenda, per chiosare a là Forrest Gump.

Col francobollo in una mano, e la perizia nell'altra, vai dal perito che ha giudicato il pezzo originale e perfetto, e ben conservato nel suo vivace colore, per avere spiegazioni sulla reticenza verso la condizione della filigrana. Niente da fare. Ti sorbisci una nuova spiegazione su cosa sia la filigrana - un marchio sulla carta che crea naturalmente uno spessore minore - come se già non lo sapessi. Quindi - di nuovo - non ha senso parlare di assottigliamenti in corrispondenza della filigrana. Solo la pignoleria di una figura ben nota per il piacere sadico nel dar peso alle ombre, giusto questo atteggiamento inutilmente intransigente, può sollevare un problema laddove non c'è. Ma poi - alla fine della fiera - si può sapere cosa vuoi? Al perito è stata chiesta solo un'opinione, al prezzo di 50 euro IVA inclusa, lui te l'ha data e su questa faccenda non ha altro da dire. E' il commerciante ad aver incassato migliaia di euro per la vendita. E' lui, il commerciante, che deve darti soddisfazione.

Hai le balle in rotazione e il cervello in fumo, finché non arriva il lampo di genio: c'è quella casa d'asta lì, molto famosa, che fa sponda sulle perizie filateliche per evitare di citare i difetti e scaricare le sue responsabilità, e che potrebbe fare proprio al caso tuo per disfarsi di un oggetto divenuto un rebus, una sciarada. Scansioni il francobollo - fronte-retro s'intende, ché tu sei una persona onesta, mica come gli altri - e soprattutto il certificato che lo definisce originale e perfetto, e spedisci tutto per mail alla casa d'asta, con oggetto "Consegna di materiale" e poche righe essenziali di presentazione. Giusto un paio d'ore d'attesa, e arriva la risposta: "francobollo molto bello, siamo senz'altro interessati a inserirlo nel nostro prossimo catalogo, ce lo mandi pure". La base d'asta è poco meno della metà del prezzo che hai pagato al commerciante, ma pazienza; le aste, si sa, funzionano così, e poi ti hanno assicurato che il prezzo salirà; l'importante è non trovarsi più davanti agli occhi quell'oggetto misterioso.


Sono storie di oggi, e lo vedremo nel prossimo post, nel case-study #7; ma sono anche storie di ieri, e lo vediamo subito.
 

Fessi e furbi

"L'Italiano ha un tale culto per la furbizia, che arriva persino all'ammirazione di chi se ne serve a suo danno" - scriveva Giuseppe Prezzolini, nel suo "Codice della vita italiana" - "Il furbo è in alto in Italia non soltanto per la propria furbizia, ma per la reverenza che l'italiano in generale ha della furbizia stessa, alla quale principalmente fa appello per la riscossa e per la vendetta. Nella famiglia, nella scuola, nelle carriere, l'esempio e la dottrina corrente - che non si trova nei libri - insegnano i sistemi della furbizia. La vittima si lamenta della furbizia che l'ha colpita, ma in cuor suo si ripromette di imparare la lezione per un'altra occasione. La diffidenza degli umili che si riscontra in quasi tutta l'Italia, è appunto l'effetto di un secolare dominio dei furbi, contro i quali la corbelleria dei più si è andata corazzando di una corteccia di silenzio e di ottuso sospetto, non sufficiente, però, a porli al riparo delle sempre nuove scaltrezze di quelli".
 
Accade così che il banditore storico della Italphil - la casa italiana d'aste filateliche, il blasone del mercato italiano dalla metà degli anni '70 sino ancora ai primi anni 2000 - confessi oggi con malcelata compiacenza i trucchetti di bottega - gli "escamotage" dice lui - per salvare "le capre dell'Italphil ed i cavoli degli acquirenti" dai mal di pancia di quei conferenti che assicuravano un flusso continuo di materiale per le aste. La quadratura - neanche a dirlo - stava proprio in un uso strumentale dei "certificati dei più rinomati periti" e in altre formule criptiche - "un avvertimento", dice lui - da far impallidire le migliori sibille.

"Negli anni '70 descrivevo i lotti dei cataloghi d'asta della Italphil; erano di mia pertinenza anche i conferimenti più importanti.
 
Un grande commerciante ci affidava spesso rarità o francobolli di pregio degli Antichi Stati, tutti corredati da certificati dei più rinomati periti. Per imparare, e per la mia innata pignoleria, li controllavo sempre con accanimento. Quando avevo la sensazione di qualcosa di negativo, mi trovavo di fronte a un dilemma: inserirli in catalogo, ignorando il difetto, sarebbe stato scorretto verso i clienti che si fidavano della Italphil e delle nostre descrizioni; bocciarli, e restituirli al venditore, poteva farci perdere un committente di grande importanza.
 
Trovai così un escamotage che salvava le capre dell'Italphil ed i cavoli degli acquirenti, senza farmi litigare con la 'mano che porgeva'.

Alla sommaria descrizione del francobollo, non aggiungevo alcun aggettivo ma riportavo integralmente la dicitura del certificato: '
[...] dal cert. ***, il francobollo è originale e perfetto'.

A fondo pagina, poi, inserivo un box che speravo suonasse come un avvertimento
.
 

Se il cliente si avvaleva della clausola di estensione, noi inviavamo il pezzo al perito indicato per un esame urgente, e l'ulteriore perizia era a carico dell'acquirente solo se positiva. Se negativa, invece, il costo era sul momento a nostro carico, e poi  - ovviamente - lo trasferivamo al committente".
 
Parliamo della Italphil, la casa italiana d'aste filateliche, e dei mitici anni '70, il periodo d'oro della filatelia nella vulgata di chi lo ha vissuto, quando in filatelia vi era un'etica del lavoro e i collezionisti erano i primi a beneficiarne, non come oggi che [inserire lamentele a piacimento].
 
Eravamo nei mitici anni '70, al centro di Roma, a due passi da Piazza di Spagna, nei saloni della mitica Italphil, circondati dal gotha del mondo filatelico - e non nei bui tempi moderni, isolati nel nostro studiolo, davanti a un pc, a contrattare on-line con un anonimo venditore e-Bay - e già allora operavano micidiali giochi di sponda tra case d'asta, conferenti e periti, per fare il collezionista contento e coglionato.
 
E sapete qual è la cosa grottesca? Che l'allora banditore della Italphil, la stessa figura così abile nel trovare "un escamotage che salvava le capre dell'Italphil ed i cavoli degli acquirenti, senza farmi litigare con la mano che porgeva", questa stessa persona, una volta balzata dall'altro lato della barricata, una volta andata a infoltire la schiera dei periti, ripete a piè sospinto, ossessivamente, ogni volta che ne ha occasione, che le transazioni filateliche sono affari privati tra il commerciante e il collezionista, che il perito fornisce solo un parere con la speranza di essere utile (sic!) e in definitiva è sempre e solo il commerciante a essere responsabile verso i suoi clienti.
 
Sono storie di oggi, di ieri e dell'altro ieri. E con tutta probabilità saranno storie di domani, sempre le stesse, the same old story.
 
Estratto da pagina 194 del libriccino "6 periti e un francobollo", anno 1934.
 

Concludendo

Un allievo si rifiutò di pagare il suo maestro di retorica. "Se riesco a convincerti che non devo pagarti, allora sicuramente non ti pago; se invece non ci riesco, vuol dire che non ho imparato quell'arte retorica che tu avresti dovuto insegnarmi, e quindi non ti pago. In ogni caso, non ti pago".
 
Il maestro gli ribaltò contro l'argomentazione. "Se riesci a convincermi che non devi pagarmi, allora hai imparato i miei insegnamenti sull'arte retorica, e quindi mi paghi; se invece non ci riesci, allora mi paghi sicuramente. In ogni caso, mi paghi".
 
Non sappiamo come sia finita la disputa tra il maestro e l'allievo, ma la storiella ben esprime la wonderfull confusing del collezionista quando suo malgrado si ritrova schiacciato tra i manierismi del commerciante e il basso profilo del perito.
 
Il problema della classe peritale - a  ridurlo all'osso - non è nella mancanza di un Ordine (che se pure non si può istituire, sarebbe almeno utile surrogare con una vera Associazione) e al limite neppure nell'uso di un linguaggio criptico e a volte indecifrabile (che comunque sarebbe il caso di bonificare) e sicuramente non è nella clausola di salvaguardia "a mio parere" (ché la perizia è - e non può esser altro - che un parere). L'Ordine, il linguaggio, i pareri sono tutte cose di per sé importanti, sicuramente, ma tutte funzionali all'unica cosa che conta davvero: l'assunzione di responsabilità.
 
Se rilascio un'opinione - perché non c'è alternativa - senza però senza andare incontro a nessuna conseguenza materiale; se posso avere sì un'opinione senza però l'obbligo di regolare la mia condotta in conformità con quell'opinione; se posso trasferire su altri, a costo zero, le conseguenze pratiche delle mie opinioni, qualunque esse siano; se posso chiudere ogni discorso con la formula "mi avete chiesto un'opinione, ve l'ho data, e apposto così", allora mi trovo a ricoprire un ruolo apparentemente invidiabile, ma di fatto privo di qualsiasi utilità e autorevolezza. Perché sto svolgendo un'attività che serve solo a difendere la mia rendita di posizione, senza beneficio per nessun altro.

"Tale stato di fatto si risolve in una fortuna per il perito, una specie di terno al lotto" - annotava Arturo De Sanctis Mangelli già negli anni '30 del secolo scorso - "ma non costituisce una garanzia seria per nessuno".
 
Da pagina 42 del libriccino "6 periti e un francobollo", anno 1934.

Commenti

  1. Trovo questa serie di post sulle perizie decisamente molto utile per imparare a muoversi in questo mondo e prendere le giuste misure anche dai periti e dai certificati peritali. Un compendio che fa da punto di riferimento per questa questione assai importante per il mondo della filatelia. Grazie

    RispondiElimina

Posta un commento

Post popolari in questo blog

KU FU? DALLA SICILIA CON FURORE

SEMIOFORI

LO STRANO CASO DI BENEVENTO E PONTECORVO