LETTERA APERTA AI SIGNORI COMMERCIANTI


Gentili Signori Commercianti,
mi rivolgo a voi, che di questo vivete, di francobolli, che per noi collezionisti sono invece solo un gioco.

Vi esorto - nel vostro interesse - a mostrare rispetto, il minimo di rispetto dovuto, non già per la nostra competenza filatelica - incommensurabilmente inferiore alla vostra - ma più semplicemente per le nostre ordinarie facoltà intellettive, anzi, ancor meno, per il normale buon senso, che pur latente è destinato a venir fuori e manifestarsi.









Abbandonate la retorica, l'astuzia, l'enfasi, i sofismi, che potranno pure avere effetto, anche più volte, su noi collezionisti, ma che portano con sé l'infausta sorte della pallina del flipper, destinata a cadere nel mezzo delle due stanghette, per quanto con quelle stanghette ci si ostini a rimandarla su. Ponete fine a questo assurdo gioco di rimbalzi, luci e suoni. Non sviate il collezionista, l'anello debole di tutta la catena, e pur cruciale, perché senza di lui, senza il collezionista, la catena non esisterebbe, voi non esistereste. Non esaltatevi per i bonus e i record, per il frenetico aggiornarsi delle cifre sul display, per quel semplice guadagno figlio di modi semplicistici e superficiali. Perché quando la pallina sarà fatalmente sfuggita ai colpi delle stanghette, quando il buon senso avrà vinto, il gioco sarà finito, non solo per noi collezionisti, che alla fine ne possiamo pure fare a meno, ma soprattutto per voi, che di questo vivete. Pensateci.


Rinunciate - come simbolico atto iniziale, a testimoniare la volontà di intraprendere un faticoso percorso di purificazione - all'uso di qualsiasi aggettivo, questo schiavo del sostantivo, questa risorsa tipica di chi non sa esprimersi. Il vostro linguaggio sia asciutto, sobrio, discreto, misurato. Non chiamate splendido ciò che è appena normale, non qualificate come ottimo ciò che a stento raggiunge la sufficienza, non dite superiore se è inferiore, evitate lo straordinario alla presenza di difetti evidenti, e non parlate di cose bellissime se sono meno che accettabili. Il vostro parlare sia si-si, no-no, tutto il resto viene dal demonio, come ricorda il Vangelo di Marco.















Noi non domandiamo nulla che contrasti con quel continuo gioco delle parti che è l'arte del commercio. Vi invitiamo semplicemente a rispettare la vostra parte, vi richiamiamo a quell'equità di giudizio che è la cifra di un vero mercante. Il gioco delle parti è anche il gioco della torta: chi ha il privilegio di dividere, di fare le parti, lascia agli altri il privilegio di scegliere. In quella speciale torta che sono le descrizioni dei francobolli, su cui vantate un'autorità insindacabile, non soggetta a contraddittorio, imparate da voi a tenere in equilibrio le parole. Se volete esaltare i pregi allora usate lo stesso metro con i difetti. Se minimizzate i pregi allora - e solo allora - sentitevi autorizzati a mettere in sordina anche i difetti. Ma dar risalto ai pregi e sminuire i difetti non è nel patto, non è commercio, è solo una sciocca furberia, che trasforma le descrizioni in barzellette, che squalificano voi e fanno passare la voglia a noi.


Appena?




'Difettosi' ... o 'lacerati'?



'Insignificante imperfezione'? E tutto il resto, invece?




'Leggermente corto'? 'Leggeremente'? Perché, lo può forse essere ancor di più?



'Difettosa' ... o 'squarciata'?

Osservate i vostri colleghi del passato ...



... e poi guardatevi allo specchio, voi, oggi ...



... possibile non notiate nessuna differenza?

La correttezza nei rapporti passa di necessità, in via preliminare, per l'uso di un linguaggio appropriato. Le concessioni al linguaggio aprono il varco a scadimenti nei modi di pensiero e di azione, vanificano ogni sforzo evolutivo dal neanderthal al gentleman, finiscono col giustificare l'ingiustificabile. Rimpossessatevi del vostro vocabolario, del gergo di settore, perché la serietà di ogni professione è in uno con con la precisione della parola, con i suoi significati tecnici.

La riacquistata proprietà di linguaggio vi reindirizzerà, sperabilmente, verso comportamenti più consoni allo status di un vero mercante, vi preserverà dalla volgarità mentale, quell'atteggiamento odioso che, nell'oltrepassare l'inevitabile tensione interna all'attività mercantile (per cui si deve comprare a poco e vendere a molto), vi spinge spesso a ferire e a umiliare senza ragione, senza necessità.


La volgarità mentale fa di voi Dottor Jekyll e Mister Hide, vi conduce a uno sdoppiamento di personalità, verso chi porta denaro per avere francobolli e chi porta francobolli per avere denaro: vi fa lanciare petali di rosa sulla strada del primo e vi tramuta in una borbottante pentola di fagioli nei confronti del secondo. La volgarità mentale è in quel primo, istintivo movimento con cui allontanate con disprezzo quell'album che per chi lo porge è il cammino di una vita. La volgarità mentale è in quell'occhiata insolente, piena di reticenze, lanciata a francobolli che hanno impegnato e emozionato intere generazioni, dai nonni ai nipoti, passando per papà e zii. La volgarità mentale è in quella domanda gravida di sottintesi: 'chi ve li ha venduti?'; e quando noi, ingenui, non capiamo che quella domanda è già una demolizione, e da veri stupidi sollecitiamo una vostra opinione - precisando speranzosi che i francobolli provengono da Bolaffi o da Zanaria -, volgarità mentale è lasciar cadere un generico 'sì, sì, ...', tra sbuffi e sospiri, guardandoli in controluce con una teatrale aria perplessa; volgarità mentale è dire infine 'robaccia, robaccia ...', scuotendo la testa, per poi ritirarsi nel retrobottega a sogghignare, a sfregarsi le mani, con una '€' che scorre impazzita nei vostri occhi, come nella più iniqua delle slot-machine.

La volgarità mentale denuncia le vostre origini: vi altera lo sguardo e vi fa emettere strani suoni; e dalle mani, ancora fresche di manicure, sbucano fuori i peli; le unghie si incurvano, prendono la forma di artigli, e persino gli anelli acquistano una nuova luce, come fossero il compendio di una serie di rapine. Correggetevi, signori commercianti, se non volete far riaffiorare i tratti del primitivo galoppino, che se pure oggi si intrattiene coi collezionisti più illustri, è rimasto nel protoplasma quel grossolano garzone di bottega che con lo strozzinaggio e le fregature si è arricchito sulle lacrime altrui.

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