NOTE SPARSE - Di mari, pesci e pescatori


La serendipità è l'arte di trovare le cose belle senza cercarle, che per il collezionista significa entrare in possesso di un oggetto pregiato in modo fortuito o accidentale. Il ritrovamento casuale ha una poesia tutta sua, mi spingo a dire una sua epica, libera da qualsivoglia valutazione economica. E' la sensazione di far parte di una favola, di una magia.

La serendipità filatelica - per dare un esempio - è l'approdo casuale sul sito di una casa d'asta di cui ti eri dimenticato l'esistenza, una di quelle case che - 999 cataloghi su 1.000 - non offrono nulla di tuo interesse, e su cui vai sbattere per puro caso in quell'unica volta, in quell'unico catalogo su mille, dove è presente il pezzo che stavi aspettando da anni, quel pezzo che avuto una gestazione di 10.444 giorni, il tuo pezzo, il solo che desideravi per chiudere una pagina di Lombardo Veneto.

2 marzo 1991...











... 7 ottobre 2019.


Questa è la serendipità, un'arte da imparare, coltivare e affinare.

Quel che invece è deprecabile e va condannato con forza, quel che va respinto e non sarà mai abbastanza avversato, è il concetto, l'idea stessa di pescata.

La pescata - per dirlo alla buona - sarebbe l'affare, il francobollo pagato meno, molto meno, di quel che vale: è il rarissimo 40 centesimi rosa lilla scuro della IV emissione di Sardegna (Sassone n. 16Cf) preso al costo di un pur pregiato, ma decisamente più comune, 40 centesimi rosa scuro (Sassone n. 16Cd). Non è proprio chiaro, in realtà, in cosa consista l'affare. L'unico significato obiettivo glielo si potrebbe dare in senso strettamente mercantile: se ho comprato l'oggetto a "X" euro, e in pochi giorni lo rivendo a "Y" euro, allora "Y-X" è la misura della mia pescata, tanto più grossa quanto più alta è la differenza. Potrei capirlo, se così fosse, non giustificarlo ma capirlo, perché c'è di mezzo quella dimensione monetaria a cui nessuno è indifferente.

Ma la pescata spesso non ha a che fare col denaro in senso stretto; obbedisce piuttosto a una speciosa contabilità psicologica; affonda le sue radici nella presunzione di essere più furbi e scaltri del resto del mondo; e trova persino modo di nobilitare questo fosco sentimento ("io ho studiato, sono un passo avanti agli altri, è giusto che gli altri paghino dazio").

Il fatto è che per ogni pescatore, e per ogni pescata, c'è un pescato: nel mare della filatelia, per ogni cernia tirata su con un amo senza esca, c'è qualcuno che quella cernia in quel mare ce l'aveva messa. Se non c'è nessun guadagno economico e non può perciò parlarsi di una speculare perdita - perché la cernia resta nell'acquario del pescatore, senza dar luogo a ulteriori compravendite, necessarie per generare il profitto - è pur vero che guadagni e perdite rimangono comunque sentimentali - qualcuno sente di aver fatto l'affare, qualcun altro sentirebbe di esser stato raggirato, se mai se ne accorgesse - e perciò senza limiti.

Il pescatore ha poi una tendenza  naturale a mostrare le sue prede ad altri pescatori, per raccoglierne, compiaciuto, caterve di elogi e complimenti; che però, se son sinceri, non sono mai separabili da un'invidia ancor più pronunciata ("accidenti, potevo riuscirci io") chiaramente percepita dal pescatore originario, che si rallegra ancor più della sua opera deprecabile, il tutto ad alimentare un fuoco di sentimenti rovinosi, a costruire un sistema di disvalori, a tirar fuori il peggio di ognuno. 

Infine, a differenza della vera pesca nel mare, dove i pescatori rimangono pescatori e i pesci restano pesci, qui è un giostra in cui tutto gira, e si fa presto a ritrovarsi all'altro estremo della canna. Se il collezionismo è un gioco tra pescatori e pescati, allora bisogna accettare che prima o poi gli altri siamo noi, bisogna accettare che qualcuno venda un 40 centesimi presentandolo come "rosa lilla", noi lo compriamo valutandolo per un "rosa lilla scuro", per poi accorgerci che si trattava di un banale "rosa scuro". Inevitabile. Perché quando due pescatori si incontrano, uno dei due è costretto a cambiare categoria.

Non serve essere Kasparov, per prevedere le mosse successive. Il pescato avrà un profondo disgusto per la filatelia, vorrà dar via tutto, persino il mobile che accoglieva l'album. Il pescatore vorrà ripetere l'esperienza, sentirne di nuovo l'ebbrezza, il brivido, se possibile ancor più forte, sin quando non si ritroverà all'altro estremo della canna, da pescatore a pescato, perché, insomma, fatalmente, ogni pezzo di merda incontra prima o poi il suo sciacquone. E così, pescata dopo pescata, rimarrà soltanto un drappello di pescatori superstiti, a gettare ami senza esche in un mare vuoto. Perché pagare un francobollo per quel che vale, pagarlo il giusto, pagarlo per come lo si valuta realmente, è una noia infinita, quando si è sviluppato il piacere perverso di pescare.

Il pescatore è una figura sgorbia, venuta male, che non riesce a godersi il piacere del gioco collezionistico, ma nemmeno a realizzare quel profitto economico proprio del commerciante. Sentitene orrore.

Riconoscete piuttosto l'elementare principio per cui le cose belle - che vi piacciono, vi entusiasmano e vi emozionano - si pagano. All'occorrenza, se e quando potete, sollecitate anzi il vostro vincolo di bilancio, se pensate che l'oggetto meriti sul serio. Potrà accadervi, a volte, di sentirvi un po' pazzi ("Oddio, quanto ho speso!"). E' normale, non preoccupatevi. Quella spesa - se non siete completamente usciti di testa - prima o poi, e più prima che poi, si ammortizzerà nel flusso ordinario di incassi e pagamenti, ma il piacere di aver fatto compiere un balzo alla collezione, quello sì, è perpetuo.

Il collezionismo degli Antichi Stati è un sano divertimento. Vivetelo con gioia, per quanto questo dipenda da voi.

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