TOSCANA - Graticola o ragno? Mostaccioli o rombi?

 

La varietà di fogge, tipologie e colori degli annulli toscani individua un settore filatelico di grande fascino, ancor oggi materia di studio e campo di collezione da parte dei cultori di Storia postale.
 
I riferimenti obbligati - per chi volesse approfondire - sono le due monografie del Conte Bargagli Petrucci, sui periodi prefilatelico e filatelico.
 
    
Ma già le tavole dell'Ingegner Emanuele Sogno - che riprendo da una pagina del sito "Il Postalista" - restituiscono da sole la ricchezza delle timbrature toscane e ne lasciano intravedere le possibilità collezionistiche.
 
 
Qui voglio soffermarmi sui due timbri mostrati in apertura, che i collezionisti chiamano - rispettivamente - "a ragno" (perché ne evocherebbe le otto zampe) e "a rombi" (per le figure geometriche da cui è formato).

Ne ho già discusso - seppur incidentalmente - nel presentare un'esotica affrancatura di 6 crazie da Firenze a Bologna, ma è il caso di riprendere l'argomento - e completarlo - perché paradigmatico del linguaggio postale e delle modalità pratiche di tutela del servizio.
 
L'impronta cosiddetta "a ragno" era in uso nel periodo prefilatelico per rettificare l'errata apposizione di un timbro sulla missiva (un timbro non corrispondente allo stato amministrativo della lettera).

Lettera da Volterra a Firenze, del 21 settembre 1850:
sul fronte compare il classico timbro "a doppio cerchio"
(usato per le "francature a pronti contanti", da pagare alla consegna)
e al verso fu inizialmente apposto un timbro "a cresta",
per segnalare che il destinatario - Signor Balatresi - era un "godente fido",
(abilitato cioè a pagare a distanza di tempo rispetto alla ricezione della lettera)
visto il suo ruolo di "maestro di Casa Corsini"
(una nobile famiglia fiorentina, con Papi e Santi tra i suoi antenati).
 Ma il distributore negò la qualifica di "godente fido" (il Balatresi non era un Corsini!)
apponendo di conseguenza il "ragno" sopra la "cresta" per invalidarla,
e rettificò lo stato amministrativo della lettera con l'apposizione del "doppo cerchio",
per esigere il pagamento immediato di 2 crazie, segnalato dalla cifra "2" apposta sulla lettera.

I timbri "a ragno" diventarono annullatori a seguito dell'introduzione del francobollo - vennero cioè usati per invalidarlo - ma ben presto si realizzò la loro inadeguatezza rispetto a questa nuova finalità: il "ragno" produceva un annullo invariabilmente leggero e sottile, potenzialmente rimovibile, quando l'obiettivo era invece colpire il francobollo in modo da impedire la possibilità di un suo riutilizzo fraudolento.

I timbri "a ragno" furono così spianati e modificati in "rombi", impronte virtualmente inamovibili.
 
I timbri "a ragno" e "a rombi" sul francobollo da 2 soldi.

Ma queste denominazioni - "ragno" e "rombi" - da dove saltano fuori? Chi le ha introdotte? Sono coeve dell'epoca o rappresentano una ricodifica moderna? 
 
Le troviamo menzionate in un catalogo del 1939 di Romolo Mezzadri, che afferma di averle riprese dal "pregevole lavoro descrittivo dei sigg. avv. Cesare Matteoli-Bardzki e ing. Emanuele Sogno". 

Il catalogo di Mezzadri rimase un riferimento indiscusso sino al 1976, quando il Conte Bargagli diede alle stampe i due volumi citati all'inizio, che recepirono le definizioni del predecessore e le diffusero tra i collezionisti.
 
Ma la Soprintendenza Generale dell'Imperiale e Reale Dipartimento delle Poste di Toscana - che quei timbri li ideò e li realizzò - si esprimeva in tutt'altro modo.

Ne abbiamo testimonianza in una lettera del 2 giugno 1852 alla Direzione Postale di Siena, in cui se ne ricostruisce la storia.
 
"L'annullamento dei francobolli prescritto dall'Art. XXXIX delle Istruzioni dell'11 marzo 1851, e dipoi più volte in varie occasioni caldamente raccomandato, o viene affatto trascurato o malamente eseguito nella maggior parte degli Uffizi, come ho avuto più volte occasione di verificare riscontrando le corrispondenze rimesse a questa direzione.
 
E' perciò mio dovere, nell'interesse del R.Erario, di richiamare su ciò l'attenzione di V.S. Ill.ma, accicoché per quel che riguarda cotesto Ufizio una tale trascuratezza, se pure si fosse in addietro verificata, non debba in seguito più lamentarsi, osservando anche le lettere rimesse dagli Ufizi corrispondenti, perché qualora sulle medesime i francobolli non fossero stati annullati o lo fossero malamente, venga riparato all'errore prima di metterle in Distribuzione o di avviarle al loro destino ulteriore.
 
Poiché il bollo a graticola adottato per l'annullamento dei francobolli nelle direzioni non ha fatto buona riuscita, V.S. Ill.ma ordinerà che sia spianato da un incisore e ridotto a mostaccioli, conforme è stato fatto per quello della Direzione di Firenze, il quale fa ora sui francobolli un'impressione molto marcata come qui si può vedere.
 
Simile richiamo la invito a fare calcatamente agli Ufizi dipendenti da cotesta Direzione e da invigilare perché questa disposizione importantissima non sia trascurata".

 Stralcio della lettera della Soprintendenza Generale alla Direzione di Siena:
a conclusione della frase
"il quale fa ora sui francobolli un'impressione molto marcata come qui si può vedere" 
si mostra un esempio di impronta del nuovo timbro "a mostaccioli".
 
 
 




   
Il bollo "a graticola" poteva pure funzionare come timbro annullatore
- come si vede, ad esempio, nelle prme due lettere mostrate -
ma in effetti, di regola, "non ha fatto una buona riuscita",
come si osservava nella comunicazione alla Direzione di Siena,
e come si può riscontrare nelle lettere successive.
 
 
 
Il bollo "a mostaccioli" batteva in effetti tutto un altro passo, quanto a timbro annullatore.
 
"Graticole" e "mostaccioli", dunque, e non "ragni" e "rombi", senza che peraltro venga meno il valore evocativo delle parole: la graticola è un oggetto che addirittura richiama più da vicino la conformazione del timbro, e pure i mostaccioli - biscotti di forma rettangolare, smussati agli angoli - ricordano meglio la foggia del timbro nel suo insieme.
 
Recuperare le parole originarie, e conservarne memoria, è una forma intelligente di ossequio alla tradizione, un modo per conferire spessore culturale alla filatelia, per viverla e farla percepire come una disciplina meritoria di studio e ricerca.

Graticole, non ragni. Mostaccioli, e non rombi. 

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