FARE CULTURA (FILATELICA)
"... per starmene ancora chiuso, coi miei libri in questa stanza,
come un vigliacco ozioso, sordo a ogni sofferenza"
(Francesco Guccini)
Vi ho aggredito, ne sono consapevole. Non mi sono nemmeno presentato,
né ho presentato il Blog, i suoi obiettivi e le sue ambizioni. Vi ho
afferrato per il bavero della giacca, per il colletto della camicia, e
vi ho obbligato a leggere, nello stile proprio di un best-seller: catapulta il lettore nel tuo mondo, circondalo di suggestioni e
curiosità, lascialo senza fiato, abbaglialo col desiderio di sapere come
prosegue la storia e come finirà, e solo così - forse - sarà interessato a
conoscerti.
Io sono Pitigrilli, perché sul web
un nome vale l'altro, e a me piaceva lo pseudonimo di Dino Segre, uno scrittore di successo del secolo scorso, oggi diremmo
sbrigativamente "commerciale", come se vendere per oltre
cinquant'anni fosse una colpa. Ho un'età che varia col tempo, anno dopo
anno, perciò è inutile precisarla. Ho una moglie, che per me non è la
donna più bella del mondo, ma l'unica donna al mondo, e poi due figli, un imperatore e una principessa, che saranno l'unico
segno del mio passaggio su questa terra, quando non ci sarò più.
Ho
anche un'altra cosa: una collezione di francobolli degli Antichi Stati
Italiani. E a questa mia passione - i francobolli degli Antichi Stati - è
consacrato il Blog, che si immerge nel mare magnum di forum, siti e gruppi Facebook già presenti in rete. Aggiungere un nuovo
link sarebbe presuntuoso, se pensassi di far meglio di proposte già
ottime e ben consolidate, e per converso sarebbe inutile, se mi
accontentassi di riproporre un formato standard.
Ma la finalità è un'altra.
Il Blog ambisce a fare cultura attraverso il collezionismo di francobolli, lettere e annulli degli Antichi Stati Italiani.
Ma cos'è la cultura? Estraggo il passaggio iniziale della definizione dell'Enciclopedia Treccani on-line:
"L'insieme
delle cognizioni intellettuali che una persona ha acquisito attraverso
lo studio e l'esperienza, rielaborandole peraltro con un personale e
profondo ripensamento così da convertire le nozioni da semplice
erudizione in elemento costitutivo della sua personalità morale, della
sua spiritualità e del suo gusto estetico, e, in breve, nella
consapevolezza di sé e del proprio mondo".
La trovo una definizione perfetta, che qualifica e precisa la più asciutta e folgorante posizione di Gaetano Salvemini: "la cultura è quel che rimane, quando tutto ciò che si è imparato è stato dimenticato".
Parole stupende, che aiutano a penetrare il concetto, ad apprezzarne il peso, a non confonderlo con tutto il resto.
La cultura non si esaurisce nella massa, pur grande, di cognizioni intellettuali acquisite nel tempo attraverso lo studio e l'esperienza.
Quelle cognizioni sono solo uno strumento, un mezzo e non il fine, sono
una sovrastruttura funzionale a un obiettivo, l'impalcatura intorno al
palazzo da costruire, restaurare o rifinire. La cultura richiede (impone) un personale e profondo ripensamento, dunque una partecipazione attiva del soggetto, un coinvolgimento non neutrale del singolo individuo, per convertire le nozioni da semplice erudizione in elemento costitutivo
della sua personalità morale, della sua spiritualità e del suo gusto
estetico. Alla lunga le cognizioni tecniche saranno fatalmente
dimenticate o ricordate a fatica e a frammenti (anche se rimarrà viva la
percezione dei libri o dei riferimenti a cui attingere per richiamarle alla memoria). Le cognizioni spariranno, come l'impalcatura davanti al palazzo. Quel che rimarrà, quando
tutto sarà dimenticato, sarà la consapevolezza di sé e del proprio mondo.
La cultura prende dunque le mosse dalle cognizioni intellettuali, per atterrare sulla consapevolezza di sé e del proprio mondo.
Com'è possibile? Come può un teorema di Gauss o un verso di Dante, uno
spartito di Mozart o un canto della Callas, un affresco di Giotto o una
giocata di Cristiano Ronaldo, trasmetterci la consapevolezza di noi
stessi e del mondo? Cos'è che trasforma una pagina di matematica, di
poesia o di diritto, una nota musicale o una pennellata su una tela, un
passo di danza o un tocco a un pallone, in vera, autentica cultura?
Non c'è nulla di automatico o di meccanico in questa metamorfosi,
niente di prevedibile o scontato, perché un ruolo cruciale è assolto dal
soggetto, dall'individuo, dalla persona, con tutti i suoi sentimenti,
le sue inclinazioni e i suoi piaceri, le sue idiosincrasie e le sue
repulsioni.
Il ruolo nodale della persona si distilla in una parola: collegare.
"Fare cultura" significa collegare, connettere, coordinare, mettere in
relazione un argomento con tutto ciò che vi sta intorno, tessere una
tela, una trama coerente tra tematiche contigue, sino a toccare ambiti
anche molto distanti dal punto di partenza: dietro l'oggetto in primo
piano, l'intelligenza sia guidata verso un secondo piano, e da qui
verso prospettive ancora più lontane. Possiamo parlare di cultura solo quando un argomento lo vediamo e lo discutiamo con tutti i suoi
addentellati al mondo circostante, solo se lo sentiamo frammisto a tutti
i nostri travagli, e non avulso da essi, non una via di fuga dalla
realtà, ma uno strumento per comprendere la realtà ancora meglio, ancora
più a fondo.
Questo percorso di apprendimento, questo itinerario di comprensione profonda, è personale e soggettivo:
dipende dalla persona, dal soggetto, è pilotato dai suoi gusti e dai
suoi interessi, ma condizionato anche dalla sua abilità nello scorgere o
intravedere strade, sentieri e viottoli per collegare - ognuno a suo modo,
sperabilmente distintivo - la moltitudine di argomenti che
si intersecano, si intrecciano, si sfiorano, si fronteggiano.
Vogliamo fare cultura (filatelica)?
Allora dobbiamo dimostrare che francobolli, lettere e annulli fanno
parte della nostra vita, che sono mescolati, mischiati e amalgamati con
la storia, la geografia, la politica, la società, l'economia e - perché
no? - la matematica e la logica, la psicologia e la filosofia, e con
tanto altro ancora. La cultura (filatelica) è una carambola
artistica, in cui la palla dei francobolli rimbalza con eleganza e
precisione su una pluralità di sponde, prima di arrivare a destinazione.
Sapere come si imprimevano le effigi nella IV emissione di Sardegna non è cultura filatelica. Plattare i francobolli di Sicilia non è cultura filatelica. Conoscere le (complicatissime) tariffe pontificie non è cultura filatelica. Addentrarsi nei misteri della stampa dei bolli delle Province Napoletane non è cultura filatelica. L'analisi spettrale per la classificazione dei colori non è
cultura filatelica. Misurare la distanza tra la cifra "45" e la
dicitura "CENTES" nel francobollo della prima emissione del Lombardo
Veneto non è cultura filatelica, così come non è cultura filatelica consacrare la propria vita al francobollo del Lombardo Veneto da 10 centesimi.
Queste sono specializzazioni, monopolio e diletto degli specialisti, "quei pazienti, utili e bastonati animali" - così li fotografa Prezzolini - che serbano "un segreto disprezzo per chi non è della loro vetrina", e perciò da avvicinare "con
finto rispetto e simulata ammirazione per la loro materia, con l'aria
di qualche innamorato neofita che voglia essere iniziato", perché solo allora, solo se "titillati nel loro orgoglio professionale", saranno disposti "a
cedervi quei loro tesori di fatti, di citazioni, di esperienze [...] che
resterebbero nella loro testa e nei loro libri materiale inutile se non
venisse qualcuno a organizzarli e servirsene".
La cultura è un'altra cosa. La cultura non è trivellare un argomento,
sempre lo stesso, sempre più a fondo. La cultura è collegare un
argomento a tanti altri, sempre diversi, sempre più distanti. La cultura è l'esito di un processo orizzontale, non verticale. La cultura è il proprio tempo appreso attraverso il proprio pensiero, stimolato da un pretesto - la matematica, il diritto, lo sport, la filatelia - e sintonizzato giorno per giorno con la realtà
in cui si vive. Il motivo occasionale - la matematica o il diritto, lo
sport o la filatelia - darà il punto di vista sul mondo, l'angolo
visuale da cui osservarlo, la prospettiva. Possiamo in questo senso
parlare di cultura matematica, cultura giuridica, cultura sportiva e cultura filatelica,
nella misura in cui il nostro particolare punto di osservazione porta
con sé specificità che potranno appassionarci e a cui decideremo di
dedicare tempo e ingegno. Ma la cultura è come il corpo umano: un
monolite granitico, unico e irriducibile, che non si può sezionare in
parti senza ucciderlo, con buona pace e tanti saluti agli specialisti
nella cura dell'alluce sinistro.
La tradizione
(filatelica) conforta. Renato Mondolfo - tra i più grandi
esponenti della filatelia mondiale - invitava tutti i collezionisti a "non
soffermarsi più di tanto sulla rarità commerciale vera o presunta di un
pezzo, ma partire dall'oggetto filatelico come da uno spunto per
capire, per apprendere, per saltare a campi ben diversi dalla filatelia,
insomma per arricchirsi dentro".
Questa è la cultura (filatelica), questo è ciò che il Blog vuol fare, attraversando i luoghi incantati del passato, Regni, Stati, Ducati e Granducati, dove vivevano un Imperatore, due Re, un Papa, un'Aquila e un Leone, come nella più entusiasmante delle favole.
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