CAPIRE LA QUALITA' - Angoli e bordi di foglio (parte II)



All'età di 19 anni - oggi ne ho 44 - mi ritrovai tra le mani una cifra per me enorme, e per l'epoca obiettivamente elevata: un milione e cinquecentomila lire. Proveniva dai regali in moneta per il mio diciottesimo compleanno, da parte di numerosi parenti che si erano cavati d'impaccio allungandomi ciascuno una o più banconote col Caravaggio. Avevo custodito quel gruzzolo per un anno - nella mia stanza, dentro una coppa vinta in una delle competizioni sportive cui partecipavo da ragazzo - in attesa della giusta occasione di spesa.

L'occasione arrivò con la vetrina di vendita di una rinomata casa filatelica, in cui, tra le varie cose, veniva proposto un 20 centesimi della prima emissione di Sardegna, nuovo con gomma integra, e un fenomenale bordo di foglio a sinistra. La quotazione di catalogo si aggirava intorno ai dieci milioni di lire e il prezzo netto - lo ricordo perfettamente - era un milione e duecentomila lire. Mi sembrava un bell'affare.

Quell'acquisto - nella mia immaginazione - aveva poi un alto valore simbolico: segnava l'ingresso nella "filatelia degli adulti", marcava un cambio di passo rispetto a una collezione sino a quel momento modesta, fatta con la prima serie del Lombardo Veneto, qualche Mercurio azzurro, esemplari da 1 e 2 grana del Regno di Napoli, i bassi valori della Toscana e altre cose minori.

Ci fu pure un batticuore, al momento di finalizzare l'acquisto. Quando mi presentai al negozio, deciso a uscirne in compagnia del 20 centesimi, il commesso prese nota della mia richiesta, per poi sparire nel retro e riapparire poco dopo a mani vuote, scuotendo la testa. "Mi spiace, il francobollo al momento non è qui: lo sta visionando un altro collezionista". Qualcun altro era arrivato prima di me su quella prelibatezza! Fu una cosa travagliata, ma alla fine ne entrai in possesso. Il 20 centesimi della prima emissione di Sardegna - gomma integra, freschissimo, con ampio bordo di foglio - era mio!

E' complicato raccontare quel che accadde dopo. Diciamo, semplicemente, che la mia selezione di Sardegna non riuscì a decollare, per cui quel 20 centesimi rimase una cattedrale nel deserto. Mi dispiaceva aver speso così tanto denaro per un pezzo che, se pur continuavo a percepire importante, non aveva intorno il giusto contesto che lo valorizzasse a dovere. Decisi allora di venderlo.

Ero assolutamente convinto di avere in mano un francobollo notevole, molto bello. Per me lo era senz'altro. Mi rivolsi a un commerciante di prim'ordine, chiamai, presi un appuntamento e mi presentai nel suo elegante studio, il giorno e all'orario stabiliti. Mi accolse la sua segretaria, mi fece accomodare e dopo qualche minuto arrivò lui, il commerciante. Rapida presentazione e poi... i 30 secondi più densi di contenuti di tutta la mia vita filatelica.

"Prego, mi dica, cosa posso fare per lei?".

"Io avrei questo". Gli mostrai con malcelata compiacenza il 20 centesimi. "Vorrei venderlo".

Il commerciante abbozzò una smorfia e mosse freneticamente il dito indice accanto al margine destro. "No, no... vede... no...".
 
Sembrava sinceramente imbarazzato nel dovermi spiegare una cosa tanto ovvia, come un chimico alle prese con un apprendista, convinto di poter versare l'acqua nell'acido solforico con la stessa spensieratezza con cui versa l'acido solforico nell'acqua.
 
Alla fine trovò più rapido prendere uno dei suoi cataloghi, per mostrarmi i suoi 20 centesimi. "Vede, è questo il genere di materiale che tratto".
 
Non solo non era interessato all'acquisto in prima persona, ma non volle neppure inserire il francobollo in un suo catalogo per una vendita conto terzi. "Io tratto materiale di altro genere", ribadì, nel caso il concetto mi fosse sfuggito.

Tornai a casa col mio francobollo e un pensiero fisso. "I suoi 20 centesimi non hanno il bordo di foglio, il mio invece sì...". Solo allora, dall'attenta comparazione dei suoi francobolli con il mio, notai per la prima volta che il margine destro del mio 20 centesimi era giustoa filorasentesufficienteperfetto, tutte parole diverse - ora più severe ora più indulgenti - ma tutte con lo stesso significato. La definizione migliore per quel margine era chirurgico, perché il bianco non si vedeva, ma la cornice non era intaccata, un'involontaria opera di alta chirurgia, appunto, che aveva interamente rimosso il bianco, senza sfiorare la cornice.

Non che prima non avessi visto quel margine chirurgico, ma ora si era sollevato un velo sui miei occhi, che sino a quel momento ne aveva offuscato la corretta percezione. Ora, senza più quel velo, guardavo il mio 20 centesimi con ben altro spirito critico. I 20 centesimi del commerciante - mi aveva lasciato una copia del suo catalogo, "nel caso le interessasse qualcosa" - erano invece senza bordi di foglio, ma con quattro margini chiaramente bianchi, squadrati e bilanciati, oltre che con annulli gradevoli, e alcuni anche particolari e non comuni.

E nun ce vonno sta', dicono a Roma. D'accordo, il margine era chirurgico, ma la cornice non era intaccata. D'accordo, il bianco non si vedeva, ma gli altri tre splendidi margini? E il bordo di foglio? Avrà pur avuto un valore... o no?

Affidai il mio 20 centesimi a una casa d'asta decisamente più modesta, ma con una clientela fidelizzata e ben radicata. Invenduto e nessuno lo richiese nel post-asta. Lo ripresi indietro e iniziai un'attenta riflessone.

Dopo diversi anni - avevo concluso l'università e mi apprestavo a iniziare il servizio civile - lo inviai a un'altra casa d'asta, di elevato livello nazionale, al tempo molto in voga. Venduto, finalmente, con un'aggiudicazione alla base, che mi fece sostanzialmente rientrare dell'importo speso più di cinque anni addietro.

Sapete chi lo comprò? La stessa casa d'asta! Come lo so? Lo immagino, perché fu immediatamente riproposto nel catalogo successivo. Ancora una volta, a distanza di cinque anni, nessuno lo aveva apprezzato, e per disfarmene c'era voluto un commerciante che non andasse troppo per il sottile, con una clientela vasta e eterogenea, da esser ragionevolmente sicuro di piazzarlo in tempi ancora accettabili. Ma a me - all'epoca - quel 20 centesimi sembrava bellissimo e continuavo a non capire perché il mondo non ci si fosse precipitato sopra, come avevo fatto io al principio.

Enzo Diena invitava a non rammaricarsi mai di un acquisto sbagliato, perché, diceva, la lezione che ne avete tratto vale molto di più. Io ho tratto molte lezioni da quell'esperienza e una la voglio condividere. Ogni scarrafone è bello a mamma soja è una bella e colorata immagine napoletana, ricca di poesia, una manifestazione di affetto incondizionato, che commuove sino alle lacrime. Ma in filatelia non si va tanto lontano, a riempire il proprio album con tanti scarrafoni belli a mamma soja.

Angolo di foglio fenomenale su un francobollo ingiallito?
No, grazie!




Doppia riga di colore su un francobollo con un margine corto e annulli sporchi e ripetuti?
No, grazie!




Angoli e bordi di foglio su francobolli di qualità modesta?
No, grazie!
(Ci sono solo uno o due francobolli "accettabili": li addito alla sensibilità del lettore).

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