SVOLAZZI - L'arte degli svolazzi


Gli "svolazzi" di Napoli appartengono alla classe degli annulli muti, annulli che non parlano, che non dicono nulla o che non dicono tutto, almeno non in modo esplicito, sulla località e sul giorno in cui furono usati per marcare i francobolli. Anche l'annullato "in cartella" è muto, e numerosi altri esempi li troviamo in tutti gli Antichi Stati Italiani: "rombi", nel Ducato di Modena, nel Regno di Sardegna, nel Granducato di Toscana e nello Stato Pontificio; "griglie" e "losanghe", nel Ducato di Parma e nello Stato Pontificio; "sbarre", ancora nel Ducato di Modena e nel Granducato di Toscana; "ferro di cavallo" in Sicilia, "nodo di Savoia" nel Regno di Sardegna, "sole stilizzato" nel Regno del Lombardo Veneto.

Gli "svolazzi" di Napoli mantengono però un tratto privilegiato: per il motivo che ne è all'origine, per la storia che vi è intorno, per la loro complessa struttura e - last but not least - per questioni di stile, di arte, che denotano l'estro e l'originalità del popolo napoletano.


Il secolo XIX - il periodo storico dal 1800 al 1900 - segna un profondo rinnovamento scientifico, letterario e artistico. L'emblema delle nuove tendenze è il Positivismo - una filosofia sorta in Francia nella metà dell'800, a opera di Auguste Comte - che sponsorizza l'applicazione del metodo scientifico a ogni aspetto della realtà, l'innalza a strumento di una concezione laica della cultura, che finirà quindi con l'influenzare il pensiero e l'opera non solo degli scienziati, ma anche di medici, giuristi e uomini politici. Chi vive nel secolo XIX vive nel secolo della scienza.

La calligrafia - l'arte di una scrittura elegante e regolare - è anch'essa toccata da innovazioni, e talvolta da eclettismi, che degenerano in usi impropri dei vari stili, li privano di genuinità e fisionomia, creano confusione fanno sentire l'esigenza di un recupero dei formati antichi, da riadattare con coerenza alle nuove necessità.
 
La calligrafia corsiva ammette varie declinazioni, ma le più note - le più utilizzate e leggibili - sono l'italico, o cancelleresca, e il corsivo inglese: scritture decorative e versatili, che tutelano l'autorevolezza attraverso l'eleganza, alternando pieni e vuoti in disposizioni artistiche e creative.

La cancelleresca - utilizzata già nel '400 presso le cancellerie - è un glorioso contributo del Rinascimento italiano alla civiltà europea. Nel 1523 Ludovico Vicentino, lo scrivano del Papa, pubblica il primo manuale di calligrafia - "La Operina per imparare di scriuere littera cancellarescha" - in cui insegna a scrivere in un carattere elegante e rapido, adatto alla crescente domanda di libri del periodo. Papa Eugenio IV ne fa lo stile di redazione dei documenti ecclesiastici e in pochi anni gli esempi si moltiplicano, anche grazie al raccordo tra l'impronta decorativa e la leggibilità del testo. Ne deriveranno poi tutti gli altri generi di corsivi.

Il corsivo inglese nasce in Inghilterra nel '700, al principio limitato agli ambienti commerciali, ma capace di estendere velocemente la sua influenza, diventando uno standard a tutt'oggi insegnato nelle scuole primarie e impiegato nelle intestazioni degli enti pubblici o nelle partecipazioni ad eventi sociali. E' uno stile costruito sul modello del corsivo italico, una scrittura chiara e elegante, che codifica gli elementi stilistici tipici del Barocco. Prenderà il sopravvento al principio del secolo XIX, in accordo con i gusti e i bisogni dell'epoca, di cui si fa interprete con le caratteristiche di prontezza e facilità.

Il tondo (o scrittura rotonda, chiamata pure romana) ha anch'essa origini italiane. La elaborano due monaci, Conrad Sweynheym e Arnold Pannartz, tra il 1465 e il 1467. E' una scrittura larga e armoniosa, pratica e adatta per le intestazioni, per dare risalto a  parole e diciture in un contesto corsivo, perché unisce il pregio della semplicità, della chiarezza e dell'eleganza (al contrario delle scritture sottili e inclinate). Numerosi caratteri moderni - il Times New Roman, il Garamond e il Baskerville, per dirne alcuni presenti nei software di scrittura - riprendono lo stile tondo.

Anche in Francia, a cavallo tra il XV e XVI secolo, era stata elaborata una scrittura più pratica - più facile e spedita - denominata batarde (bastarda), al principio "spezzata" e poi "inclinata" - che prese il nome di coulée o corsivo francese. Formata sul tipo dell'italiana e del rotondo, o se di vuole del rotondo e dell'inglese, ha caratteristiche di maggior slancio e scorrevolezza - le lettere sono lievemente inclinate, di tratto grosso, con le aste discendenti appuntite - sì da essere la scrittura corrente, impiegata nei documenti di minor importanza o nei testi in volgare, in cui era essenziale la rapidità d'esecuzione.

Lo stampatello, infine. E' lo stile  delle stampe, da cui il nome. Ne imita e ne riproduce i caratteri, di estrema chiarezza e leggibilità, sobri e precisi nel segno, nelle misura e nelle proporzioni.


Questo affresco sugli stili calligrafici ci dà l'ambiente in cui si collocano gli annulli "a svolazzo", ci aiuta a focalizzare e apprezzare  le scelte compiute all'epoca dall'Amministrazione delle Poste, a capire la ratio delle classificazioni realizzate successivamente dai collezionisti e dagli appassionati di filatelia.

"L'idea di creare dei bolli con la medesima scritta, ma differenti per i caratteri e per la forma, è del tutto originale", annota Emilio Diena, ma è un'originalità studiata, ragionata, pensata per bene. I bolli sono sì "differenti per i caratteri e per la forma", però sono da enfatizzare le numerose somiglianze all'interno delle differenze, che rendono possibili classificazioni coerenti.

Emilio Diena - ispirato dal contributo "Gli annullamenti sui francobolli di Napoli" di Enzo Vittozzi - propose di classificare gli "svolazzi" in sei gruppi da sei, in ragione della grafia, e di numerarli progressivamente da 1 a 36, in funzione dell'andamento delle lettere: "quei 36 tipi [...] si possono raggruppare in sei categorie di sei tipi ciascuna. Per ogni categoria troviamo, in genere, tre disposizioni di caratteri, ciascuna delle quali si presenta invertita o capovolta. Nel numerare i vari bolli ho tenuto presente anche questo fatto, in modo da riprodurre prima il bollo con la curva o la prima curva rivolta verso l'alto, e poi il tipo analogo con la curva o la prima delle curve rivolta verso il basso".

Le "sei categorie" sono lo stampatello maiuscolo, lo stampatello minuscolo, il bastardo, il corsivo inglese, il corsivo bastardo, il rondino.

Lo stampatello è un carattere a lettere staccate, nitide, lapidarie, con andamento curvo, a cuspide centrale oppure ondoso. E' l'unico carattere con lettere tutte maiuscole o minuscole, laddove gli altri hanno maiuscola la sola "A" iniziale.

Il bastardo è una scrittura diritta, con la "A" iniziale panciuta e arrotondata, il primo tratto arricciato all'interno e il tratto di sostegno a destra semi-curvo.

Il corsivo ha le lettere leggermente inclinate a destra, con la "A" del primo tratto ascendente che poggia su un piedino arrotondato, e il secondo tratto discendente che termina con una spirale a ampio giro a sinistra. La punta di congiunzione dei due tratti in alto ha uno svolazzo proveniente da sinistra, un festone decorativo che gli conferisce slancio e rapidità.

Il rondino - anch'esso di tipo corsivo - deriva dal rotondo: ha la "A" iniziale con lo svolazzo da sinistra e il tratto discendente che poggia su un piedino orizzontale. Le due "L" sono a tratto pieno, senza l'occhiello del corsivo.

Per ognuna delle sei categorie - prosegue Diena - vi sono tre disposizioni dei caratteri, ciascuna invertita o capovolta.  La numerazione degli "svolazzi" all'interno di ogni categoria - per dirlo col linguaggio terso della matematica - inizia con i bolli con derivata prima positiva nel tratto iniziale della curva, a parità di genere.

Un ultima annotazione sullo "svolazzo" di Benevento (usato anche a Tagliacozzo). E' un corsivo senza pretese, con un andamento lievemente curvo verso l'alto. Ha "caratteristiche che non si riscontrano in nessun altro bollo", non è cioè inquadrabile in nessuno degli stili precedenti, e perciò è da isolare (fa categoria a sé), anche perché preparato successivamente agli altri.

(*) Questo post è ispirato all'articolo "Uno sguardo grafico alla marcofilia napoletana" di Vito Mancini, da cui sono riprese idee, espressioni e linee d'argomentazione.

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