QUINTA LEZIONE DI ECONOMIA (FILATELICA)


Molti filatelici covano l'aspettativa di guadagnare dalla propria passione, o almeno pareggiare, vogliono cioè divertirsi "a costo zero" o giù di lì. Questa assurda pretesa li spinge di quando in quando a discorrere animosamente del "mercato filatelico", sulla scia di una raccogliticcia, confusa e mal organizzata esperienza sul campo. Già Leonardo da Vinci metteva in guardia contro simili atteggiamenti, contro chi è sprovvisto della più elementare teoria per una interpretazione anche solo verosimile della realtà, e quando i collezionisti parlano di "mercato", anziché preoccuparsi solo di godere del gioco collezionistico, sembra proprio di sentire i ragionamenti di "Alchimisti, Negromanti e altri semplici ingegni".

Mi suscita sempre curiosità sentir dire solennemente "il prezzo lo fa il mercato, con la domanda e l'offerta". Chissà cosa immaginano, cosa si raffigurano, quando parlano di "domanda", "offerta" e "prezzo di mercato". Chissà se arrivano anche solo a intuire la delicatezza di tutti questi concetti. Bisogna saperne poco, e probabilmente nulla, per credere che sul "mercato" si incontrano la "domanda" e la "offerta", e che poi una "legge" le concateni per fissare il "prezzo", senza sentire il bisogno di aggiungere anche solo una parola.


Un mercato presume una classe di agenti potenzialmente disposti ad acquistare ("acquirenti") e un'altra classe potenzialmente disposta a vendere ("venditori"). Quella "potenza" deve trovar modo di esser messa in atto. Come faranno gli "acquirenti" a incontrare i "venditori"? Come faranno "acquirenti" e "venditori" a manifestare le rispettive volontà di comprare e vendere? Serve una "rete di contatti", una "infrastruttura di collegamento" tra "acquirenti" e "venditori", come servono ENI e ACEA per portare gas, luce e acqua nelle nostre case (o qualcuno crede che gas, luce e acqua arrivino perché si schiaccia l'interruttore o si apre il rubinetto, come se schiacciare interruttori e aprire rubinetti, per sé, assicurasse la fornitura del servizio?).

Questa "rete di contatti", questa "infrastruttura di collegamento", possiamo immaginarla come un luogo - fisico o virtuale - appositamente predisposto per convogliare "acquirenti" e "venditori", per incrociare la "domanda" degli uni con la "offerta" degli altri. Servirà però stabilire delle "regole di ingresso" in questo luogo (regole di accesso al mercato) e poi "regole di interazione" tra i soggetti che vi sono stati ammessi (che sono entrati sul mercato). Perché il mercato - ce lo ricorda il professor Natalino Irti - è locus artificialis, non locus naturalis, è un ambiente creato artificialmente con l'arte del legiferare, con la tecnica della regolamentazione, che dà al mercato una forma e un contenuto (ammissione alle negoziazioni, diritti e obblighi dei partecipanti, esecuzione dei contratti, risoluzione delle controversie). Un mercato senza regole, se mai può nascere, sicuramente non si sviluppa, e alla lunga non esiste.

Definito e disciplinato un "meccanismo di collegamento" tra "acquirenti" e "venditori" - che non ha nulla di banale o scontato, come non sono banali ENI e ACEA - serve poi un secondo meccanismo - anch'esso di regola a elevata complessità - per fissare il "prezzo di mercato". Ogni partecipante ha in testa un "suo prezzo" e quando "entra nel mercato" - quando s'incanala in quel circuito che non sbuca dal nulla, ma che qualcuno ha volutamente istituito per incrociare domanda e offerta - lo rende noto a tutti gli altri attraverso le modalità proprie dell'infrastruttura di collegamento. Ogni partecipante rende pubblico il "suo prezzo", cosicché avremo una pletora di "prezzi individuali", in domanda e offerta. Il "gestore del mercato" è chiamato a riassumere la molteplicità di valutazioni personali, deve cioè sintetizzare basandosi sulle transazioni concluse, e deve farlo con accortezza e raziocinio, affinché la sintesi - che è sempre un comprimere - non smarrisca nessuna informazione rilevante. Quel prezzo - quella sintesi, che non esiste in natura, ma va costruita - diventerà allora il "prezzo di mercato", un prezzo "oggettivo" nel senso di non riferirsi a un individuo in particolare, ma a tutti i partecipanti in generale, e darà a tutti un'indicazione dell'onere richiesto dal "mercato", in quel momento, per realizzare una transazione. La caratteristica del mercato è nel dare continua pubblicità al prezzo a cui si possono finalizzare le transazioni.

Per tutto ciò "organizzare un mercato" è un'attività imprenditoriale: c'è chi produce generi alimentari, strumenti tecnologici o capi d'abbigliamento, c'è chi offre servizi di trasporto o di fornitura di gas, luce e acqua, e c'è chi, per mestiere, fa "incontrare domanda e offerta" (che mai s'incontrerebbero spontaneamente, così come nessuna forza soprannaturale porterà il pomodoro a sbucare spontaneamente da un campo, senza che nessuno lo pianti e lo coltivi, e poi altrettanto spontaneamente a spremersi da sé dentro una bottiglia, se qualcuno non lo fa, e a materializzarsi da solo sul bancone del supermercato, se qualcuno non ve lo porta). Il modo con cui "domanda" e "offerta" si incontrano, il modo con cui i prezzi sono dichiarati, riassunti e resi pubblici, il modo con cui si dà certezza alle transazioni, non sono dettagli tecnico-operativi, da relegare agli specialisti. Sono l'essenza stessa del mercato, di cui nessuno può disinteressarsi, se vuol capirne il funzionamento.

C'è poi un punto sinora rimasto sullo sfondo, un requisito implicito sul bene negoziato, e meglio sarebbe dire un pre-requisito, un filtro senza il quale tutto il discorso cade: la succedaneità.

Due titoli azionari della FIAT sono un esempio di beni succedanei perfetti, beni indistinguibili, a meno di un codice identificativo puramente convenzionale ("titolo 1", "titolo 2"). Entrambi i titoli implicano gli stessi diritti societari (il voto in assemblea) e patrimoniali (l'incasso dei dividendi, se distribuiti), entrambi comportano gli stessi rischi (la riduzione di valore, al limite il fallimento). Chi possiede il "titolo 1" è nella stessa identica posizione di chi possiede il "titolo 2". Siamo nelle condizioni ideali affinché sorga un mercato dei titoli FIAT, purché se ne emettano a sufficienza ("titolo 1", "titolo 2", "titolo 3"... "titolo 100"...) rispetto alla platea dei soggetti interessati.

Passiamo alle case, al "mercato delle case", come si dice con una certa, notevole, libertà di linguaggio. Perché 100 metri-quadri a Piazza Navona non sono succedanei perfetti di 100 metri-quadri a Tor de' Cenci. Un appartamento a Città Giardino non è succedaneo perfetto di un appartamento nel confinante quartiere Talenti, parimenti bello e immerso nel verde. Perché, nella stessa Città Giardino, Via Cimone è una cosa e Viale Tirreno un'altra, come vi confermerà qualunque agenzia. Perché chi vive al Laghetto dell'EUR, alza il sopracciglio quando sente EUR Torrino, anche se il quartiere è sempre l'EUR. Perché Via Fibreno "non è quartiere Trieste", come osservò un indispettito agente di Tecnocasa, sebbene sfido chiunque non sia di Roma a cogliere la differenza. Perché un attico con affaccio sul Colosseo non è neanche sfiorato della crisi del settore immobiliare. Perché un appartamento può acquisire o perdere valore solo per fattori contingenti e accidentali (vicinanza al luogo di lavoro, oppure ai genitori, o altro ancora).

Ve la sentite ancora di parlare genericamente del "mercato delle case", del "mercato" che sale e scende, che rialza e ribassa, per "la legge della domanda e dell'offerta"? Quanta fauna e quanta flora, quale variopinta realtà, dietro alla banale dicitura "mercato delle case"! Poi, chiaro, possiamo tirare una riga, calcolare la media del pollo a là Trilussa, e dire "il mercato" è in ripresa o il mercato è in sofferenza, ma quante colorazioni, luci e forme strane dietro a quell'unica parola, dietro quella cosa battezzata sommariamente "mercato".


Ora che abbiamo se non altro sentito la fragranza del "mercato", ora che ci siamo smossi dalla poco onorevole posizione di alchimisti e negromanti, possiamo guardare con un minimo di consapevolezza al cosiddetto "mercato filatelico", abbiamo gli elementi per intuire quanto inappropriati siano gli stessi termini "mercato" e "prezzi di mercato" se applicati alla filatelia (che possiamo pure contiuare a usare per consuetudine, purché non ci inducano in grossolani fraintendimenti, come l'espressione "il Sole sorge" - che non sapremmo con cosa sostituire - non deve indurci a pensare a un Sole in movimento intorno a una Terra ferma, come l'interpretazione testuale sembra suggerire).

First of all, il cosiddetto "mercato filatelico" non è perimetrato, i suoi confini tendono a dilatarsi, sono in continua espansione.
 
Chiunque può entrare sul mercato con la qualifica di "venditore" - aprire un negozio Ebay, proporre materiale su gruppi Facebook, creare uno o più topic di offerte sui Forum -, senza soggiacere a meccanismi di controllo sul materiale proposto, senza obblighi di rendicontazione, senza garanzie sulla corretta esecuzione della transazione. Tutti possono vendere tutto, e tutto viaggia su una mal definibile "fiducia" (spesso fraintesa e tradita).
 
All'estremo opposto troviamo mercanti che miscelano sapientemente competenza, serietà, onestà, scrupolo, disponibilità, educazione, attenzione al cliente, sino a proporsi come figure pedagogiche per ogni collezionista.
 
E in mezzo c'è di tutto, con proporzioni indefinibili: dalle vecchie glorie del passato ai giovani di belle speranze, dai campioni olimpici di furberia ai nuovi barbari, dai banditori d'asta ai collezionisti tramutatisi in commercianti, dal superattico a Piazza Navona al monolocale da ristrutturare a Tor Bella Monaca.
 
Parlare di "mercato filatelico", senza qualificazioni, è come localizzare la propria posizione dicendo "sono nel mondo, mi trovo nel mondo", omettendo di precisare il continente, la nazione, la regione, la città.

Il grido di dolore della Filatelia ufficiale.
Una casa filatelica di lungo corso prova a marcare i confini,
a far valere la sua storia, la professionalità, la deontologia,
rispetto agli "abusivi del 'mordi e fuggi' con materiale scadente",
e invoca la serietà e la correttezza di chi "non scompare da un giorno all'altro",
di chi "risponde alla legge, alla sua Clientela e alla sua Associazione",
rispetto al "mercato abusivo del francobollo"
popolato da "fantomatici 'collezionisti privati che vendono le proprie raccolte'".
E' lo sfogo - riproposto in ogni catalogo - di chi ha capito quanto sia difficile
preservare la propria identità e la propria tradizione,
in un mondo ormai perversamente globalizzato.



La prima bandiera bianca alzata dalla Filatelia, di fronte agli assalti della filatelia.
Un'antica casa della piazza romana si arrende alla "globalizzazione della tecnologia",
con la quale "la professionalità e la competenza dell'esperto vanno via via perdendo di valore".
Questa "Bottega Storica", con 70 anni di attività nella stessa sede e con lo stesso nome,
sente di essere "in competizione col mondo intero, anche con coloro che ...
... essendo in pensione si dilettano col commercio on-line".
Questa degradazione, l'assimilazione di un filatelico di lungo corso a un pensionato sfaccendato,
è vissuta con rassegnazione, allegria e leggerezza: "va bene così, così si evolve la storia".
Il catalogo di vendita numero 123
- "il più ampio che la Philatelia Fisher abbia prodotto in oltre 70 anni di attività" -
fotografa il drammatico scadimento delle proposte di vendita,
di fatto indistinguibili da quelle di un anonimo ebayer.  





La Filatelia tradizionale in cortocircuito.
Una storica casa filatelica siciliana prende le distanze dall'omonima casa d'asta.
Dietro lo stesso nome - Quattrobajocchi - si celano ora due realtà distinte e distanti.
La Filatelia Quattrobajocchi, "fondata nel 1967",
ha "interrotto la propria collaborazione con la ditta Aste Quattrobajocchi S.r.l.",
a seguito di scelte commerciali foriere di "parecchie lamentele",
per di più "aumentate in maniera preoccupante", anche a causa di "scarsa trasparenza".
Il titolare ha persino dato incarico al proprio legale
"di tutelare gli interessi della Filatelia Quattrobajocchi e del sottoscritto".
La casa d'asta replica con sprezzo, parlando di una "tale Ditta Filatelia Quattrobajocchi",
come fosse una società anonima e sconosciuta all'ambiente filatelico,
afferma di non aver "mai ricevuto una contestazione" dalla propria clientela,
e di aver dato anch'essa disposizione al proprio legale,
"per intraprendere le necessarie misure di legge".
Quid est veritas?
E si allontanò senza ascoltare la risposta.

Second one, se il lato delle vendite è straripante, se l'offerta soffre di eccessi sistematici, dal lato della domanda, di chi vuole acquistare, osserviamo una realtà per sua natura irregolare, che procede strutturalmente a strappi e singhiozzi, con imprevedibilità.
 
Guardiamo al caso più semplice. Se acquisto oggi un francobollo, se lo pago per intero o con un piano rateale, ho impegnato una quota del mio budget filatelico. Se domani appare sul mercato un altro francobollo di mio interesse, e se pure avessi la miglior predisposizione d'animo ad acquistarlo, potrei comunque dovervi rinunciare, per il vincolo di spesa contratto il giorno prima.
 
Il timing è cruciale, e il timing del mercato filatelico è realmente imprevedibile. Possono trascorrere anni senza trovare nulla di proprio interesse, nonostante il flusso continuo di proposte, e poi veder comparire a grappoli le cose che si attendevano da sempre, vivendo così l'esperienza della triste rinuncia, di quell'insolito affollamento che obbliga a scelte dolorose, a prendere qualcosa e lasciarne molte altre, quelle altre che si sarebbero sicuramente acquistate se solo avessero avuto la buona educazione di riappare un po' prima o un po' dopo, in modo meglio cadenzato.
 
Si possono sperperare denari per mancanza di auto-controllo, e poi dolersi di non avere frecce sufficienti quando finalmente la preda appare sui radar. O, al contrario, si possono cumulare munizioni per un tempo indefinito, per poi scaricarle tutte in un sol colpo in quell'unico oggetto profondamente desiderato.
 
Può sul serio accadere tutto e il suo contrario, a osservare il "mercato" dalla prospettiva dell'acquirente.



L'Ingegner Giacomo Avanzo
- uno dei mercanti più costosi, per l'alto pregio del materiale offerto -
proponeva nel 1989 il più bel 20 grana II tavola di Napoli su documento 
al 90% della quotazione piena del Catalogo Sassone.
Trent'anni dopo, nel 2019, lo stesso pezzo è aggiudicato in asta al 200% della quotazione piena.
Che ne è, ora, della "legge della domanda e dell'offerta",
se il prezzo lo fa la lotta sanguinaria tra due collezionisti
la loro voglia smisurata di possedere l'oggetto?

Last but non least - e per molti versi corollario dei punti precedenti - in questa baraonda di offerte parossistiche e di domande imprevedibili, il cosiddetto "equilibrio di mercato" - l'incontro tra domanda e offerta - può essere garantito solo da una segmentazione esasperata, da un raggruppamento spinto di acquirenti e venditori, per ripristinare un minimo di omogeneità tra le controparti di una transazione.
 
One size fit all non funziona, se parliamo di francobolli antichi. Ogni bottone deve trovare la sua asola. Quel singolare, "mercato", diventa un complesso plurale, "mercati", e meglio sarebbe dire "micro-mercati", e meglio ancora "circuiti di negoziazione".
 
Ebay e i suoi fratelli attireranno tutta una classe di collezionisti; le aste italiane un'altra; le aste straniere un'altra ancora; i mercanti old-style ancora una, solo per citare alcune macro-categorie (da frazionare ancora, perché ancora fortemente disomogenee al loro interno).
 
Nessuno di questi "luoghi" è propriamente un "mercato", perché in nessuno di questi "luoghi" noi abbiamo evidenza sistematica del "prezzo di mercato" (di quel prezzo "impersonale" - ricordiamolo - che riassume una moltitudine di prezzi "individuali"). Noi disponiamo solo di prezzi di singole transazioni, tra loro spesso incommensurabili, perché la succedaneità dei francobolli antichi è altamente imperfetta, e potremmo anzi dire - provocatoriamente ma non troppo - che due francobolli antichi uguali non esistono, e che persino lo stesso identico francobollo è percepito diversamente, e può essere diversamente difeso, in ragione del contesto in cui si trova.



 
Zanaria batte la sua prima asta nel 2009.
Il lotto 28 è uno splendido 30 centesimi del Lombardo Veneto,
con una base di € 750 e commissioni di aggiudicazione al 20%.
Lo stesso francobollo riappare dieci anni dopo, nel 2019, da Vaccari:
la base è € 150 e non vi sono commissioni d'asta.
Cos'è accaduto tra 'allora' e 'ora'?
Il lotto fu aggiudicato da Zanaria?
E a quale prezzo?
Oppure andò via alla base nel dopo asta?
O tornò al conferente, che dieci anni dopo lo ripropose a Vaccari?
O magari fu aggiudicato da Zanaria e entrò a far parte di una collezione
che una volta in mano agli eredi fu abbandonata al destino dei "pochi, maledetti e subito"?
Tutto può essere e a poco varrebbe edificare castelli su congetture incontrollabili.
Rimane il fatto, incontrovertibile:
dieci anni fa un certo commerciante, Zanaria, riteneva di uscire sul mercato con un certo prezzo;
dieci anni dopo, un'altro commerciante, Vaccari, usciva con un prezzo cinque volte più basso.
Questi "prezzi" esprimono la "best-estimate" dei due mercanti sul realizzo minimo del lotto:
sono le loro "opinioni" su ciò che "il mercato" può assorbire,
e in quanto "opinioni" non sono né vere né false,
ma hanno un valore che sta tutto e solo nell'autorevolezza di chi le afferma,
sapendo che Zanaria e Vaccari vivono di questo, di compravendita di francobolli,
per cui le loro "opinioni" devono saperle tarare correttamente, almeno in media.
Certi commercianti riescono a vendere certi francobolli a certi prezzi
perché hanno un certo tipo di clientela, con cui intrattengono certi tipi di rapporti.
Ma quello stesso francobollo, in mano a un altro commerciante,
con ben altro genere di clientela, con cui ha ben altri rapporti,
potrebbe restare invenduto anche scalando il prezzo di tre o quattro volte.
Che ne è allora dei concetti alti e generali di "domanda" e "offerta",
che tutto dovrebbero in astratto regolare,
se poi il costo della transazione dipende da una congerie di fattori così specifici?
Cosa rimane dell'ingenua intuizione di una ferrea "legge di mercato"
se tutto si fa vago, sfumato e inafferrabile?  

Dovremmo sollecitare verifiche, a chi parla allegramente di "prezzi di mercato". Dovremmo pretendere evidenze, da chi vagheggia di "mercato filatelico" in crisi o in ripresa. Ma verifiche pratiche, basate sull'evidenza, su fatti e cose osservabili. Dovremmo chiamare certe tesi alla prova dei numeri e degli oggetti.


Catalogo Sassone: € 350.
Base d'asta: € 700.
Aggiudicazione al martelletto: € 1.900.
Diritti d'asta: € 418.
Costo finale: € 2.318.
Per tutto il resto c'è Mastercard ...

Propongo il gioco della price-discovery, a chiusura di questa serie di Lezioni: scoprire - rilevare, registrare - il "prezzo di mercato" di un 5 grana di Sicilia, usato, Sassone n. 9.

Potete attingere al portale Philasearch, a esempio, dove trovate la sezione dei realizzi di tutte le case d'asta - internazionali e nazionali, grandi, medie e piccole - con un'apprezzabile profondità storica. Esplorate Ebay, Del Campe, Facebook e Forum vari, se li giudicate fonti informative attendibili. Aggiungete pure private infomation, se ne avete (a esempio su vendite a prezzi netti). Portate a bordo tutto quel che pensate sia necessario o utile, per arrivare a dire "il prezzo di mercato del 5 grana è X", per sostituire un numero preciso alla "X". E poi, cortesemente, mostrateci la vostra base empirica - l'insieme degli esemplari utilizzati e dei prezzi a cui sono stati scambiati - e informateci sul criterio per riassumerla in un unico valore, nel "prezzo di mercato". Dovreste poi riconoscere che l'asta è solo una finestra su una transazione di mercato, è una fotografia di ciò che accade in un particolare istante. Ma la vita è un film, non una foto. Non pretendiamo di seguire tutti i 5 grana per la loro intera vita commerciale, ma almeno di osservarli in un piccolo intorno dell'asta. Potete escludere che l'aggiudicatario sia un commerciante, capace di rivendere l'esemplare da li a breve a un proprio cliente? E se invece il commerciante avesse partecipato all'asta per conto del cliente, se ne rappresentava l'agente, allora il prezzo finale andrebbe maggiorato per le ulteriori commissioni d'agenzia. Dovreste anche sapere - per esser precisi e tarare il prezzo di mercato - quanto l'aggiudicatario sarebbe stato disposto a spendere in teoria, anche se poi, per sua fortuna, non ha incrociato uno sfidante capace di portato a quel livello. Converrete, infine, che l'intero processo - osservazione, rilevazione, misurazione e sintesi - deve esser graduato su un numero minimo di livelli qualitativi.

Le variabili in gioco sono tante, quando si parla di "prezzo di mercato", e l'elenco è appena accennato, sicuramente non esaustivo. La price-discovery di un modesto 5 grana di Sicilia è più sfiancante dell'individuazione del "prezzo di mercato" della tratta aerea Roma-Catania (che dipende dal mese, dal giorno, dall'orario, dalla compagnia, da quanto tempo prima si prenota, e da chissà cos'altro, con un range variabile tra 10 e 150 euro).

La price discovery è stancante - vi capisco - tanto più che parliamo di un solo francobollo, figurarsi a voler costruire un intero catalogo. Molto più riposante - capisco anche questo - continuare a martellare con l'idea - per molti un'ossessione - che i francobolli migliori si vendono al più al 20% del catalogo, così da alimentare la wonderfull confusing e poter vendere al 10%, ciò che, in tutta onestà, si sa bene non valere più del 2%-3%.

(Franco Filanci)

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