TERZA CONVERSAZIONE SUL COLLEZIONISMO - Possedere


Le collezioni evocano percorsi di vita, sono cerchi magici in cui trovano riparo emozioni e sentimenti, scrigni che custodiscono persone ancor prima che oggetti.
 
Ma le collezioni sono anche segni di supremazia, bottini di guerra, mezzi di umiliazione del vinto.
 
 
1496Isabella d'Este sarà pur stata una delle dame più raffinate del suo tempo, ma la sua natura appetitosa, il suo insaciabile desiderio di cose antique, la sua smania per cose rare et excellenti, la spinsero per tutta la vita a bussare con insistenza alle porte dei collezionisti, ad approfittare del loro bisogno di denaro, a saccheggiare gli eredi, a tenere atteggiamenti di rara improntitudine pur di arrivare per prima, perché le cose ne sono più care quanto più presto le havemo.

1626. Nasce Cristina di Svezia, la femminuccia scambiata per maschio per il suo clitoride pronunciato, la regina virile, senza trono, insofferente verso la sua condizione di donna. Intelligente, colta, spregiudicata, sessualmente all'avanguardia. Collezionista rapace, anche quando pressata da ristrettezze economiche: la sua cupidigia era nota in tutte le corti europee, la sua brama di possesso trascendeva ogni principio morale.

1650. La testa di Carlo Stuart d'Inghilterra non ha ancora smesso di rotolare accanto ai piedi del boia, e la sua spettacolare collezione è già preda degli emissari di altri Re collezionisti, inviati a Londra a contendersi quei tesori di arte romana, rinascimentale e barocca, messi assieme in oltre vent'anni di appassionate e meticolose ricerche. Perché il collezionista è un predatore, le collezioni dei rivali sono territori di caccia inavvicinabili, e l'abilità è invaderli per primo, quando l'imprevisto li rende finalmente accessibili.

1742. Il Ducato di Modena è in bancarotta. Il Duca Francesco III d'Este da un lato, Re Augusto III di Polonia dall'altro, e in mezzo la collezione del Duca, di cui il Re conservava invidiosi ricordi da quando l'aveva ammirata trent'anni prima. La collezione trasloca da Modena a Dresda, tra firme false e intrighi di corte. Il Ducato è salvo, vivrà ancora per poco più d’un secolo, sino al 1859, per poi finire fagocitato dal Regno di Sardegna. La collezione è invece persa per sempre.

1796Napoleone riceve un curioso comando, nel corso della sua Campagna d'Italia. "Cittadino generale, il Direttorio esecutivo è convinto che per voi la gloria delle belle arti e quella dell'armata ai vostri ordini siano inscindibili. Questa gloriosa campagna deve sommare allo splendore dei trionfi militari l'incanto consolante e benefico dell'arte. Il Direttorio esecutivo vi esorta pertanto a cercare, riunire e far portare a Parigi tutti i più preziosi oggetti". Quella sofisticata associazione - tra la materialità delle conquiste militari e il sottile piacere dell’arte - sarà l'ossessione del Generale divenuto Imperatore, e le razzie napoleoniche - nel giudizio dello storico Paul Wescher - diventeranno "il più grande spostamento di opere d'arte della storia".

1911. Non furto, ma gesto riparatore: così l'imbianchino Vincenzo Peruggia giudica il prelevamento della "Gioconda" dal Museo del Louvre, il 21 agosto 1911, nell'anno del cinquantenario del Regno d'Italia. Fa ricomparire il dipinto due anni dopo, a Firenze, il 10 dicembre 1913, offrendolo a un antiquario per una mostra. Il furto - dice - è figlio di un "risentimento personale per certe angherie subite", di "un sentimento di giustizia patriottica contro i furti napoleonici".

1938-1941Hitler stila l'elenco delle opere d'arte di origine tedesca in mano ai Paesi occupati dai nazisti. Ordina requisizioni in Austria e Polonia, e poi in Francia e in Olanda. Rispolvera il progetto napoleonico di un museo europeo di capolavori, per farne il piedistallo della razza superiore a cui affidare il ricordo di sé. Una fitta rete di antiquari rastrella le opere più belle e famose, pagando i collezionisti con visti di espatrio e il rilascio di familiari deportati.
 
1952-1954. Il movimento dei "Liberi Ufficiali" compie un colpo di Stato in Egitto, nella notte tra il 22 e il 23 luglio 1952. Le forze armate occupano i Ministeri, le stazioni radio e tutti i presidi militari. Il Cairo è in mano loro. Re Faruk abdica il 26 luglio, il Generale Naghib diventa Capo del Governo. L'anno dopo tramonta la monarchia e sorge la repubblica. Ci si può anche rassegnare alla perdita di un Regno, ma non a quella di una collezione. Re Faruk, dall'esilio, tenta con ogni mezzo di rientrare in possesso delle sue amate collezioni, messe all'asta nel febbraio del 1954 dal neonato Governo, e in cui era presente una delle due lettere col 3 lire di Toscana, che oggi porta il suo nome. La causa legale non sortisce effetti, però il messaggio rimane: toglietemi tutto, ma non i miei francobolli.
 
2017-2020La collezione filatelica dell'Igegner Ottavio Masi - la più spettacolare collezione al mondo del Regno del Lombardo Veneto, con un controvalore di decine di milioni di euro - viene trafugata in circostanze misteriose. "Me ne sono accorto qualche giorno fa" - dirà il collezionista a caldo - "Era in una cassaforte, nello scantinato: è stata aperta da ignoti senza scasso, usando semplicemente la chiave, nascosta nello stesso ambiente". Ottavio Masi morirà l'anno dopo, a 86 anni. Una piccola parte della collezione sarà ritrovata a inizio 2020. I pezzi multipli - blocchi e strisce - erano stati divisi, nel tentativo di renderli irriconoscibili. La rapina - in fondo - è stata la normale pratica dei regnanti per farsi una collezione, dal tempo dei Romani sino alla Seconda Guerra Mondiale.


Collezionare è un gioco sofisticato, per intenditori, riservato ad anime colte e raffinate, ma questo gioco mostra al fondo il furore indomabile degli spiriti sanguinari, la feroce volontà di primeggiare, per lusingare l'ego e acquietare l'istinto.
 
 

Commenti

  1. Ho volutamente proposto casi scenografici - che coinvolgono Re, Regine, aristocratici e magnati - per dare un'istantanea del travaglio del possesso, nel collezionismo. Ma nulla sarebbe cambiato - a meno di una minore spettacolarità - se avessi usato le storie di collezionisti anonimi, purché veri collezionisti. Perché il collezionismo è un oggetto frattale.

    Osservate una montagna. Fatto? Bene. Ora osservate uno dei sassi ai piedi della montagna. Osservate il sasso e osservate la montagna, osservateli per bene. Riuscite a scorgere la loro somiglianza? Il sasso è proprio una montagna in miniatura!

    Segate il ramo di un albero e piantatelo in terra. Fatto? Bene. Non avete la sensazione che il ramo (piantato in terra) non sia altro che un albero in miniatura? Stessa forma, stessa articolazione, solo su scala ridotta, non è vero?

    Si sente spesso dire che l'80% della ricchezza è in mano al 20% degli individui. Tralasciamo ogni giudizio di valore, e diamo per buono il fatto. Entriamo ora nel mondo di quel 20% di individui ricchi – che diventeranno perciò il nostro nuovo 100% – e chiediamoci come sia distribuita la ricchezza al suo interno. Ebbene, troveremo di nuovo la proporzione 80/20: l'80% della ricchezza (dei più ricchi) è in mano a un 20% (di ricchi, anzi ricchissimi).

    Chiaro, sì?

    Il frattale è un oggetto in cui una fissata struttura replica sé stessa a ogni scala di osservazione.

    Troviamo meccanismi frattali tanto nei fenomeni naturali quanto in quelli sociali (e si possono anche creare oggetti frattali ad-hoc, puramente matematici, come lo strabiliante "insieme di Mandelbrot", che suggerisco di visionare su Youtube).

    E il collezionismo - inteso come fenomeno sociale - mostra anch’esso una natura frattale. Quel che accade tra regnanti e magnati si riproduce inalterato tra i collezionisti anonimi. Il fenomeno è invariabilmente lo stesso, solo su scala diversa. Vale per il "possesso", ma anche per le altre parole-chiave, con l'eccezione di "amare", perché questo sentimento non conosce scale o riproporzioni, ed è invariabilmente uguale per tutti.

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  2. Guardate che belle le parole che Balzac mette in bocca a un suo personaggio (il cugino Pons), come rendono bene il tormento vissuto da un collezionista di fronte a un pezzo desiderato e posseduto da qualcun altro.

    "Un capolavoro nelle mani di un Normanno, di un Ebreo o di un Alverniate è, come nelle fiabe, una principessa prigioniera di un mago".

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  3. "E' la caccia ai capolavori! E ci si trova faccia a faccia con avversari che difendono la selvaggina! E' una lotta di astuzie" (H. Balzac, "Il cugino Pons").

    Notate la scelta delle parole: "caccia", "avversari", "difendere", "selvaggina", "lotta", "astuzie".

    In poco più d'un rigo c'è una densita impressionante di concetti collezionistici.

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  4. "Proprietà e possesso esigono una loro tattica. I collezionisti sono persone con un istinto tattico; secondo la loro esperienza, quando assaltano una città straniera, la più piccola bottega di un antiquario sta per un fortino e la più sperduta cartoleria per un posto nevralgico. Tante città mi si sono rivelate durante le mie marce a caccia di libri" (Walter Benjamin, "Disfo la mia biblioteca").

    Notate la ricorrenza di termini militari: "tattica", "assaltare", "fortino", "posto nevralgico", "marce". E poi la parola che più di ogni altra riassume al meglio l'attività da compiere per entrare in possesso di un oggetto da collezione: "caccia".

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  5. Ho aggiunto ai riferimenti bibliografici l'articolo "L’affascinante illusione del possedere, l’obbligo rituale dello scambiare, la difficile arte del condividere", del Professor Renzo Carli, pubblicato sulla "Rivista di Psicologia Clinica" (!), n. 1, anno 2012.

    Ne propongo alcuni stralci.

    "Con questo lavoro vorrei ampliare la proposta e passare da una dimensione dicotomica ad una 'trilogia': possedere, scambiare, condividere. Potremmo anche dire [...] che il possedere è un mestiere, lo scambiare una professione, il condividere un'arte".

    "Il possedere rappresenta una forte motivazione, nella vita di ciascuno di noi. Nel contempo, è per noi impossibile possedere qualcosa. Nel Fedone, Platone fa dire a Socrate che il mantello sopravvive a chi lo porta".

    "Blandizie, espedienti, piaggeria, compromessi sono il costo, per il protagonista troppo alto, che si deve pagare al possesso".

    "Conservare o distruggere: sono le due declinazioni del possedere, quando l'oggetto viene visto come valore in sè, indipendentemente dalla relazione con l’altro. Il possedere, d’altro canto, esclude la relazione con l’altro. Chi persegue il possesso, nel possesso è solo, irrimediabilmente solo. L'altro viene percepito soltanto come possibile predone; un predone desideroso di appropriarsi di ciò che non possiede e da cui si sente escluso".

    "Ricordo una bellissima Madonnina col Bambino, di Giambellino (Venezia 1427 – 1516), visibile sull'altare lombardesco della rinascimentale Cappella Valier, la prima delle quattro cappelle funerarie costruite a lato della navata sinistra, nella chiesa di Madonna dell'Orto a Venezia. Venne trafugata nella notte del 1° marzo 1993, e da allora non se ne è più avuta notizia. Finita, forse, nel caveau di qualche collezionista malato di possesso, che pensa di poter 'godere' del dipinto in quanto illusoriamente "suo"; possesso fondato sulla predatorietà di ciò che apparteneva alla comunità della Chiesa, ma più in generale alla comunità di chi ama le cose belle".

    Mi fermo qui, perché questi sono i passaggi più attinenti al nostro argomento - e raccomando di mantenersi "in-topic", a chi vuole intervenire - ma suggerisco la lettura integrale dell'articolo per il suo taglio generalista, che amplia la prospettiva sulla natura del "possesso" e offre spunti di interesse per una rilettura originale del "possesso nel collezionismo" (ho trovato di particolarmente pregnanti i paragrafi "L'illusione di possedere" e "Il possedere e l'invidia").

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  6. "Quanto profondo e quanto universale sia questo fenomeno [del possesso] può essere comprovato da un piccolo aneddoto vissuto. Con un amico storico dell'arte visitai una volta il palazzo di altri amici, di assai nobile casato. Risultò che i proprietari di quel palazzo avevano, appesi al muro, e quindi da generazioni sempre sotto gli occhi, quadri di cui sapevano ben poco. Certo infinitamente meno di quanto ne sapesse, senza averli mai visti dal vero, quel mio amico studioso. Uscendo, commentai con un certo stupore questo fatto. Ma lui disse, sereno: 'Io so, perché non ho. Loro non sanno, perché hanno. Il vero, profondo legame con l'arte è il loro, non il mio' " (Massimo Piattelli Palmarini, "La voglia di studiare. Che cos'è e come farsela venire").

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  7. Ma riuscire a controllare il bisogno di possesso nel senso di limitarsi nell'ingegnarsi per ottenere un certo oggetto, molto spesso è impossibile. In giro ci sono tantissime collezioni invisibili composte da antichità sottratte illegalmente. Parlo di collezioni di antichità greche, romane, etrusche, costruite attraverso un mercato nero rifornito da ladri o tombaroli ad esempio.
    Per possedere si ricorre spesso ad ogni mezzo. Spesso manca una cultura di fondo sufficientemente solida e profonda che impedisce di vedere realmente la "bontà" di quello che si possiede, guardando anche a come si è entrati in possesso dell'oggetto. Il possesso realizzato attraverso metodi illegali, socialmente non approvati, inopportuni, può dare la stessa soddisfazione di un possesso pulito, realizzato invece attraverso la partecipazione ad un gioco completamente onesto? Forse solo per un'anima barbara, vile, incolta e limitata. "Il collezionismo è un gioco, ma come tutti i giochi è una cosa seria". Questa serietà si rifà anche al rispetto delle regole del gioco stesso? E queste regole contemplano anche il rispetto della legge? In questo caso a moltissime collezioni dovrebbe essere tolto il titolo di "collezione" credo.
    Certo, potrebbe essere considerata solo una convenzione il fatto che io non mi possa appropriare di un oggetto altrui, sottraendolo con metodi definiti illegali in un certo contesto di diritto. Nel caso dei nazisti come già descritto o in contesto bellico, sarebbe stato cosiderato normale appropriarsi con la forza di ciò che ci piace. Molte collezioni conservate nei musei in giro per il mondo sono state costruite in parte sottraendo con la forza, in contesti particolari, gli oggetti di cui sono composte. Vengono però cosiderate collezioni e nessuno si scandalizza troppo.
    Definire "pulita" una collezione può essere un processo molto complesso in effetti, perché dovrebbe essere ricondotto anche ai contesti sociali e storici in cui sono state costruite e decidere se accettare oggi ciò che valeva in quei momenti.

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