COLLEZIONE "AL DI QUA DEL FARO" - Presentazione


 
Nel mezzo del cammin della vita si decide a un tratto di mettere insieme degli oggetti, di custodirli e proteggerli in uno scrigno forgiato col piacere della scoperta, per salvarli dalla dispersione, dall'oblio, dalla rovina.
 
Spinti dall'amore per il processo - a volte più che dal risultato - si inizia a cercare e a ricercare, a selezionare e ad assemblare, a conservare. Finché un giorno ci si sorprende a compiere veri e propri gesti d'affetto, dedizione e impegno, per mettere a fuoco una disposizione interiore attraverso una manifestazione visiva: la collezione. E così quegli oggetti raccolti nel tempo, pazientemente o furibondamente, si posizionano e si incastrano come in un puzzle, sino ad assumere una forma narrativa, sino a raccontare una storia che nel possesso degli oggetti trova la sua identità.
 
La collezione "Al di qua del Faro" del Signor Fabiani sposa l'idea - già dei greci antichi, poi ripresa da Umberto Eco - che la bellezza di una storia non stia nei fantomatici "colpi di scena", ma nel vederla e rivederla, per apprezzarne a ogni visione quelle sfumature sfuggite nelle visioni precedenti. Non è perciò la sorpresa a tener incollati alle pagine, ma il veder tornare in vita - grazie agli oggetti - i personaggi del passato, ormai condannati a ripetere in eterno le stesse scelte, già fissate nel tempo.
 
Quel che interessa e diverte il Signor Fabiani - oggi come il primo giorno - è la ricostruzione di un contesto, la definizione degli spazi, il posizionamento degli oggetti, il piacere del loro accostamento, la loro rispettosa manipolazione, per offrire istantanee di storia, brandelli di memoria, testimonianze del passato. Il collezionista - quindi -  come un domatore del caos, che con i suoi poteri limitati, e senza l'aiuto divino, impone un nuovo ordine al mondo, il suo, pur sempre rispettoso dei fatti.
 
 
Viviamo circondati - assediati - da una varietà di oggetti che saturano la nostra esistenza e attendono di essere compresi, secondo l'orientamento dei nostri interessi.

Qualsiasi oggetto è suscettibile di ricevere investimenti e disinvestimenti di senso, di circondarsi di un'aura o di esserne privato, di ricoprirsi di cristalli o di ritornare un ramoscello secco, di arricchire o impoverire il nostro mondo, con l'aggiunta o la sottrazione di significati. Noi investiamo intellettualmente e sentimentalmente negli oggetti, li inquadriamo in sistemi di relazioni, li inseriamo in storie che possiamo ricostruire e che riguardano noi o altri, e li possiamo persino sovraccaricare di valore, per ipercompensare altre perdite. 
 
Nessuno di noi coincide ovviamente con gli oggetti che possiede, o ai quali è affezionato, né la sua identità dipende dalle cose (e strettamente parlando nemmeno dal corpo: seguendo Locke, la coscienza non scompare se l'organismo viene privato di un mignolo).
 
Ma il punto rimane: le cose non sono soltanto cose, portano tracce umane, sono il nostro prolungamento. Gli oggetti - quegli oggetti che abbiamo a lungo ricercato e amato - ci fanno compagnia e ci sono fedeli, nel loro modo modesto e leale. Ciascuno ha una sua storia, mescolata alle storie delle persone che li hanno utilizzati, posseduti e amati. E insieme, oggetti e persone, formano una sorta di unità che non si lascia smembrare facilmente.

Il Signor Fabiani, con la sua collezione "Al di qua del Faro", è parte di questa eroica battaglia contro la dispersione, di questa tacita staffetta con cui si annodano pezzi di storie passate a cordoni di vite future, in cui ogni partecipante ripete - con Lydia Flam - "gli oggetti hanno un'anima, e io mi sentivo in dovere di proteggerli da un destino troppo funesto".
 
 

Commenti

  1. La citazione di Mondolfo - di cui parlo al minuto 6.50 - è questa: "non soffermarsi più di tanto sulla rarità commerciale vera o presunta di un pezzo, ma partire dall'oggetto filatelico come da uno spunto per capire, per apprendere, per saltare a campi ben diversi dalla filatelia, insomma per arricchirsi dentro" (in "Renato Mondolfo", Giornata della Filatelia 1995, Edizioni Poste Italiane).

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  2. Se dovessi portare un esempio di cosa sia una "mano tremolante" nella selezione della qualità - e quindi una mano che rivela la presenza del collezionista tra le pagine d'album (minuto 50) - citerei la Collezione "Tirreno", messa all'asta da Bolaffi in due tornate (nel 2010 e nel 2012).

    Il collezionista aveva - di base - un'ottima mano, sapeva bene cosa fosse la qualità; però quella mano spesso tremava, e così eccolo apparire tra un pezzo e l'altro; "qui ha assecondato la sua natura"; "qui l'ha violentata, pur di mettere il pezzo in collezione"; "qui doveva essere in un periodo economicamente felice, perché il pezzo è al tempo stesso bello e raro"; e così via, per tutti pezzi.

    Ecco che il collezionista compare manifestamente tra le pagine, con la sua vita, le sue insicurezze, i suoi compromessi, i suoi colpi di genio e di fortuna, i suoi scivoloni e le sue pescate, anziché lasciare che siano i pezzi - e solo i pezzi - gli unici protagonisti delle pagine, e che lo spettatore (lettore?) non abbia altre emozioni e riflessioni se non quelle suscitate dagli oggetti, e davvero null'altro.

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