PERITI - "Punti fermi e saldi, pachidermi e pappagalli": una perizia... da urlo!

Mercoledì 27 aprile 2016, alle ore 10.11 a.m., un perito filatelico pubblica un post intitolato "I quesiti di F&F: questo è proprio difficile", nella sezione "Annullamenti" del Forum "Filatelia e Francobolli".

Il post - è il caso di dirlo - è telegrafico: "Prometto un libro in premio a chi riuscirà a fornire informazioni precise su questo annullo. Buon divertimento e cordiali saluti".


La sfida suona provocatoria: cosa si potrà mai dire di un annullo su un francobollo, senza il necessario corredo del documento di provenienza? 

L'argomento non era comunque una novità, per i frequentatori del Forum.

Già nel 2009 un utente aveva portato all'attenzione degli esemplari dello stesso francobollo con lo stesso annullo, ed era stato avviato un giro di consultazioni con esperti di settore per vederci chiaro. I responsi erano però rimasti interlocutori.

"Per rispondere alla sua domanda su questo annullo" - riferiva ad esempio tal Giuseppe Marchese - "le comunico che non lo conosco... sarebbe opportuno visionare l'intero documento sul quale figura detto annullo. In mancanza di questo non posso arguire altro". Sarebbe opportuno visionare l'intero documento, appunto, semmai esistesse, perché il francobollo sciolto non parla il linguaggio della Storia postale, per dirlo con le parole di Nino Aquila, a proposito di uno svolazzo su Ferdinando.

Anche l'Associazione Nazionale Collezionisti Annullamenti Italiani era rimasta cauta: "l'unica cosa che ci viene in mente, solo un'ipotesi, è che [i francobolli] facessero parte di una di quelle abbondanti affrancature [...] su grandi plichi o pacchi sui quali non si riusciva ad usare i normali timbri e le impronte a grandi linee venissero apposte con un timbro a rullo (come poi si fece in tempi successivi)".

Prendiamo oggetti che ci sono più familiari, per capirci meglio. Immaginiamo di stringere tra le pinzette questo francobollo da 5 grana, I tavola, del Regno di Napoli.

Cosa potremmo mai direi dell’annullo rosso sul francobollo? 

Non assomiglia a nessuno dei timbri dei Domini al di qua del Faro, e d'altra parte è così parziale da non permettere nessuna congettura ragionevole.

Poi, certo, se uno vuole discuterne comunque, e magari mettere in palio il libro di Emilio Diena sui francobolli di Napoli per chi saprà dare la indicazioni, liberissimo di farlo, ci mancherebbe.

Ma serve sapere che ci si sta solo parlando addosso, che si stanno costruendo congetture a mezzo di congetture, senza nessuna possibilità di convalida fintantoché non sopraggiungano elementi terzi (semmai arriveranno); e i rebus filatelici sono divertenti e interessanti solo se risolti, non se rimangono indecifrabili, perché è proprio la linea risolutiva, il percorso seguito per arrivare alla soluzione, che fa avanzare la conoscenza; i castelli di congetture, forse divertiranno chi li costruisce (spesso in maniera interessata) ma hanno la consistenza delle nuvole, per tutti gli altri.

Fortuna vuole, comunque, che il nostro 5 grana di Napoli, col suo misterioso annullo rosso, riposi ancora sul documento di provenienza, e così non ci sono più misteri, ma solo certezze, messe per iscritto in ben due certificati peritali.
 

 
Un francobollo sciolto non potrà mai dare informazioni sulle sue modalità di utilizzo; solo il documento completo è in grado di farlo. Anche quando l'annullo fosse completo e leggibile, e si avesse quindi il massimo dell'informazione disponibile, rimarrebbe comunque l'incertezza sull'affrancatura a cui apparteneva, sulla tariffa assolta, sull'eventuale tassazione, sulla destinazione.  

Ma il nostro bel perito appare sicuro del fatto suo, a giudicare dai primi scambi di battute con gli utenti che si cimentano nella sfida per conquistare un suo libro.   

"Se ne era già parlato" - ricorda uno di loro - "E' un annullo di demonetizzazione per fogli interi o gruppi di essi. Probabilmente era fatto a rotella come gli utensili che in cucina si usano per tagliare la pasta sfoglia".

La replica del perito è istantanea e netta, ai limiti dello sgarbato. "Non so chi ne abbia parlato, comunque la risposta è sbagliata". Solo in un messaggio successivo si degna di precisare la sua opinione: "perché si sarebbe dovuto ricorrere ad una 'demonetizzazione' quando sarebbe bastato distruggere quei francobolli? Non sarebbe stato più semplice bruciare o triturare (e magari recuperare) quella carta piuttosto che 'demonetizzare' i francobolli con uno strumento di 'cucina'? Ancora: conosci qualche altro esempio di "demonetizzazione" dei francobolli del Regno d'Italia o anche di quelli precedentemente stampati dagli stati preunitari?". Fornisce infine un indizio sibillino: lo Studio Filatelico Sergio Santachiara "ha venduto recentemente un altro lotto con francobolli così annullati, sbagliando la descrizione".

Un utente pubblica l'immagine del lotto presente sul catalogo dallo Studio Santachiara, ed enfatizza la cautela usata per descriverlo: "nemmeno loro erano sicuri di cosa effettivamente fosse questo tipo di annullo".
 
 
"... foglio con applicato un blocco da 90 esemplari,
con annulli a lunghe sbarre per probabile demonetizzazione"
(Dalla descrizione del catalogo dello Studio Santachiara)

Tutti sono incerti e si esprimono con prudenza, attenuano ogni presa di posizione con clausole di salvaguardia che ne tradiscono la precarietà.

Ma non il nostro perito, che continua a ostentare una sicurezza invidiabile: "ho appena fatto un certificato di quel blocco di cui hai postato la riproduzione" - scrive in risposta all'utente - "era proprio quello cui accennavo sopra"; e poi dà a suo modo una stoccata ironica - "gli esperti di Santachiara non riceveranno il libro messo in palio" - corredata da ben tre emoticon di faccine con un sorriso a trentadue denti. "Secondo me, nessuno ha mai scritto nulla su questo annullamento", conclude soddisfatto.

Un qualsiasi bipede normodotato si porrebbe una domanda, arrivato a questo punto: se nessuno ha mai scritto nulla su questo annullamento... tu come fai a saperne qualcosa?

La discussione prosegue invece sulla stessa intonazione, con gli utenti che avanzano ipotesi e il perito che invariabilmente li manda al tappeto: "sei fuori strada", "non fissatevi sull'annullo, bensì sulla funzione dei francobolli annullati con esso", sono le repliche a chi imbastisce congetture basate il più possibile su elementi oggettivi e verificabili.

Alle 17.08 - trascorsa invano l'intera mattinata e passato il primo pomeriggio - il perito si decide a dare la risposta, a svelare il mistero dell'annullo.

"Ecco la soluzione, suggeritami da una perizia del grandissimo Enzo Diena, eseguita una trentina di anni fa su un mio francobollo.

Nelle immagini successive, il certificato che ho fatto per il collezionista che si è aggiudicato il lotto offerto da Santachiara, favorito dal fatto che nessuno lo aveva capito".

 
 







 
Qualsiasi bipede normodotato - una volta riavutosi da questo trattarello - avrebbe posto una domanda semplicissima.
 
Il perito afferma che la sua opinione si basa su "una perizia del grandissimo Enzo Diena, eseguita una trentina di anni fa su un mio francobollo". Ah sì? E dov'è questa "perizia del grandissimo Enzo Diena"?
 
Le immagini mostrano solo i certificati dello Studio Peritale Romano, e poi un tagliandino anonimo con su scritto a stampatello (sic!) "RARO TIMBRO TELEGRAFO SOMMERGIBI-LE". Sarebbe questa la "perizia del grandissimo Enzo Diena"?  No, vi prego! Non ditemi che tutta la sicumera del perito si fondava su un'annotazione generica su un tagliandino anonimo e impossibile da identificare (se non ci fosse il perito stesso a giurare che l'ha scritta proprio il "grandissimo Enzo Diena" di suo pugno). No, non può essere così.

Sul momento però l'attenzione del forum si appunta su altro. "Molto interessante, un pezzo di storia" - osserva un utente - "Quello che però non mi è chiaro è la relazione fra la necessita di annullare in questa modalità particolare i bolli ed il servizio di telegrafia".
 
Già: cosa hanno a che fare i francobolli - e i loro annullamenti - col servizio di telegrafia? Diversi utenti rivolgono domande specifiche al perito - per sapere se il servizio di telegrafia si effettuasse in un luogo diverso dall'ufficio postale, e se quindi venissero usati timbri diversi da quelli consueti; se il ritrovamento di un foglio annullato equivalesse all'invio di messaggio molto lungo; se questo tipo di annullo è noto anche su alti valori; e se fosse comune all'epoca l'uso di francobolli come ricevuta di pagamento di un servizio telegrafico - tutti sicuri di trovare risposte puntali, precise, in chi fino a poche ore prima mostrava di saperla lunga sull'argomento.

E qui arriva il primo shock: il perito giudica tutte le domande "pertinenti" - bontà sua - ma "non ho risposta perché la documentazione rintracciata è scarsissima".
 
E come ha fatto allora a redigere quel popò di certificato - si domanderà il solito bipede normodotato - se "la documentazione rintracciata è scarsissima"? 
 
La risposta farebbe piangere d'orrore, se non facesse crepar dal ridere: il certificato peritale è un brutale copia&incolla da un sito internet! Proprio così: questa - ehm - ricostruzione storica...
 
  
... altro non è che un barbaro CRTL-C/CTRL-V dell'articolo "Telegrammi Sottomarini", di Mario Bonacina, pubblicato sul sito del Postalista, e ora riportato tale e quale su carta intestata dello Studio Peritale, come se fosse una propria rielaborazione, senza neppur citare la fonte di provenienza (com'è prassi - e prima ancora obbligo etico - in qualsiasi ambito disciplinare).
 
La parte iniziale dell'articolo "Telegrammi Sottomarini", di Mario Bonacina.
 
Si sta apparecchiando proprio una bella farsa.
 
La discussione procede a fatica, vari utenti riportano gli esiti delle loro ricerche estemporanee in internet, tutte cose in sé anche interessanti, ma purtroppo marginali rispetto all'unica che conta davvero: fornire una base certa all'opinione, per renderla stabile e condivisa.
 
Lo stesso perito è costretto a tirare i remi in barca, ad assumere toni più pacati, se non dismessi. "Purtroppo, il materiale esistente è scarsissimo ed anche le notizie rintracciate; questo ha sempre frenato lo studio e la raccolta di un settore molto particolare ed interessante".
 
Finché qualcuno - era ora! - solleva il dubbio iniziale del bipede normodotato. "Non per fare l'avvocato del diavolo, ma... si basa tutto solo sull'opinione - autorevolissima quanto si vuole, ma sarebbe meglio avere anche altri fonti - del Diena? O c'è qualche conferma in più? In altri termini: Diena come lo sapeva?".

La stessa domanda arriva in forma diversa da un altro utente: "come facciamo ad essere proprio sicuri che quei francobolli furono annullati in quel modo per quel servizio?".
 
Il forum mostra uno scetticismo crescente, i dubbi aumentano, il perito tiene botta come può, ma dopo tanto chiacchierare - ché alla fine son solo chiacchiere - la domanda delle domande inevitabilmente ritorna.
 
"Gira e rigira la domanda rimane la stessa: come faceva Diena a sapere che quell'annullamento era per un uso telegrafico? Dove sta la documentazione? In assenza, la sua è solo un'opinione. Un'opinione autorevole, certamente, ma non un fatto".
 
Il perito batte in ritirata, non sparpaglia più emoticon di faccine sorridenti, e il suo argomentare assume ora la tipica intonazione della cosiddetta aggressività passiva.
 
"Io non ho mai avuto la pretesa di avere la verità in tasca e sono pronto a correggermi in qualsiasi momento ci sia una prova contraria all'opinione di Enzo Diena. Però non potete neppure chiedermi di cambiare idea perché qualcuno la pensa in un altro modo.
 
La circostanza che ci siano uno, dieci o cento persone che - senza portare alcuna prova! - non la pensano come me, non mi fanno cambiare idea.
 
L'ipotesi di un annullo destinato alla demonetizzazione è valida e può far riflettere, avvalorata dalla constatazione che lo abbiamo riscontrato solo su quei due valori. Però, purtroppo, a sostegno di tale idea non c'è neppure quel minimo di bigliettino volante di Enzo Diena.
 
Il collezionista ha acquistato quel blocco mesi fa e quindi ha avuto il tempo di fare un'indagine allargata, cercando qualcuno che potesse aiutarlo a comprendere l'origine di quel bollo. Essendogli amico, lo consigliai di rivolgersi a Raffaele Diena per avere conferma dell'appunto del padre che io conservavo.
 
Vanificato pure quel tentativo, si rivolse nuovamente a me che ero l'unico ad avere una minima traccia per poter tentare di identificare 'quelle righe'. Ovviamente, gli feci presente che non avevo altro riferimento e che, tutto sommato, sarebbe stato meglio aspettare ancora.
 
Dietro alle sue amichevoli insistenze, misi per iscritto quel mio parere che, lo ripeto ancora una volta, si basa esclusivamente sulla notizia fornitami da Enzo Diena. Anche Raybaudi, cui pure feci firmare quel francobollo, non ne conosceva l'origine.
 
Faccio solo presente che un mio parere peritale riguarda solo me. Ne rispondo io verso il collezionista che ha chiesto il mio parere, che non frequenta questo Forum ma si fida - come me - ciecamente dell'opinione di Diena che, ripeto per l'ennesima volta, non è stato qui smentito.

Qualsiasi altra opinione, peraltro rispettabilissima, non è suffragata neppure da un parere di Enzo Diena. Prima o poi, qualcuno troverà ulteriori conferme o smentite. E' solo questione di pazienza".
 
E qui vien a noi - a chiunque possegga un minimo di logica argomentativa - la voglia di piazzare una sfilza di emoticon per esprimere le milleuno sfumature del nostro shock.
 
 
Abbiamo anzitutto conferma che i dati di fatto a disposizione del perito si riducono a un "bigliettino volante di Enzo Diena", come viene ora declassata ciò che all'inizio era stata presentata come "una perizia del grandissimo Enzo Diena".
 
Non c'è nessuna perizia. C'è solo un bigliettino volante, che nessuno può dimostrare provenire da Enzo Diena (e che noi crediamo che provenga da Enzo Diena solo perché lo dice il perito). Non metto in dubbio la buona fede del perito e la verità di ciò che afferma. Contesto però il modo di procedere, il suo atteggiamento totalmente anti-scientifico.

Le affermazioni serie sono serie perché ognuno - se vuole - può verificarle in autonomia, sganciandosi da chi le afferma. Tra cent'anni, quando il perito avrò rincontrato Enzo Diena nel Paradiso dei Filatelici, chi sarà quaggiù con quel bigliettino volante in  mano come potrà dimostrarne la provenienza - visto che Enzo Diena non ha neppure siglato il francobollo - e respingere il dubbio che sia stato scritto bell'apposta da qualche venditore interessato?
 
Ma poi - di là di tutto - "Diena come lo sapeva?", per riprendere il dubbio legittimo di un utente.
 
Già: come faceva "il grandissimo Enzo Diena" a sapere che si trattava di un "RARO TIMBRO TELEGRAFO SOMMERGIBILE"?

Perché - vedete - i grandi, anzi i grandissimi, sono tali perché non chiedono la fede nei loro argomenti e nel loro operato, ma mettono ciascuno in condizione di ripercorrere passo dopo passo l'intero ragionamento - con la citazione delle fonti e del materiale di confronto - così da rendere sindacabile ogni loro conclusione.

I grandissimi sono grandissimi proprio perché non chiedono, anzi non vogliono, che altri si fidino ciecamente di loro - e invece il perito dice proprio così: "il collezionista che ha chiesto il mio parere, si fida - come me - ciecamente dell'opinione di Diena" - e si sentono offesi quando ciò accade, perché viene smaccatamente tradito tutto il loro sistema di valori.
 
Lascia poi esterrefatti la strategia di arrocco del perito. "La circostanza che ci siano uno, dieci o cento persone che - senza portare alcuna prova! - non la pensano come me, non mi fanno cambiare idea".
 
Senza portare alcuna prova?! Ma - santo cielo - il perito che nei post iniziali brandiva la spada della sua presunta conoscenza - "la risposta è sbagliata", "sei fuori strada", "gli esperti di Santachiara non riceveranno il libro", "non fissatevi sull'annullo" - ha la un'idea anche solo sommaria di come funzionano i procedimenti di verifica e confutazione, o crede di stare nel basso medioevo tra castelli, dame e cavalieri?

Noi non possiamo sapere ciò che è vero, ma solo ciò che è falso. Quindi procediamo sì per congetture e confutazioni, ma con un metodo: assumiamo per vera una teoria, in accordo con la massima quantità di fatti osservabili pertinenti e con essa concordi, e la formuliamo in modo da renderla falsificabile, cioè passabile di smentita se nuovi fatti osservabili  dovessero venir fuori a confutarla.

E invece cosa fa il perito? Concepisce la sua opinione basandosi non già su fatti osservabili ma su un'altra opinione, peraltro evanescente, e la attribuisce a Enzo Diena per coprirsi dietro l’usbergo dell’autorità, senza neanche poter dimostrare che sia effettivamente sua; e poi, furbescamente, la formula in modo da renderla non-falsificabile, dicendo genericamente che "prima o poi, qualcuno troverà ulteriori conferme o smentite", e quindi sarebbe "solo questione di pazienza", quando sa benissimo che in filatelia, più si va avanti e tante meno possibilità vi sono di vedere cose nuove, anche perché non è chi vi siano chissà quante persone dedite alla ricerca (e spesso - anzi - l'attività di ricerca è addirittura messa in sordina: basti pensare alla resistenza incontrata dagli studi innovativi sul plattaggio dei francobolli di Toscana, che sono dovuti emigrare oltreoceano, per vedersi riconosciuti anche a livello nazionale).
 
Tutto ciò viene in effetti fuori nella discussione sul Forum: c'è chi evoca il sophisma auctoritatis e chi la teiera di Russell, riferimenti concettuali raffinati, che al fondo esprimono semplicemente il rifiuto di qualunque pseudo-argomentazione basata solo sul "perché sì, perché lo dico io, perché lo dice lui", a cui in ultima analisi sono riducibili tutti gli accorati interventi del perito.
 
"Hai proposto questo quesito come se tu avessi la corretta risposta" - gli rinfaccia un utente - "Invece vedo che anche tu hai solo un'ipotesi in mano, oltretutto non suffragata da nessuna prova concreta, ne storica ne filatelica".
 
E tutta questa gigantesca farsa esplode infine con l'intervento di chi può vantare informazioni certe, e da cui veniamo a sapere che il pomposo certificato non ha chiarito nulla nemmeno al proprietario dell'oggetto.

"Si dà il caso che io conosca il collezionista che possiede il frammentone con 100 esemplari del 10 centesimi.

Non frequenta questo sito, ma ha avuto modo di leggere questo dibattito grazie ad un link verso questo thread messo sulla pagina Facebook del Forum. So anche quanto ha pagato l'oggetto in questione all'asta Santachiara e so anche quanto ha pagato il certificato che è stato postato qui.

Abbiamo chiacchierato a lungo su questo pezzo qualche sera fa e se è vero che mostra rispetto per l'opinione del Diena non direi che se ne fida così ciecamente. Tant'è che dovendolo inserire nella sua collezione ad esposizione e conoscendomi mi ha confessato di non sapere come descriverlo, rendendosi conto che in assenza di prova documentaria l'ipotesi di Diena fa 'a cazzotti' (sue testuali parole) con le norme postal-telegrafiche dell'epoca
.

Per inciso, mi ha anche detto che il pezzo è stato dato in visione allo studio Diena che ha preferito non pronunciarsi in assenza di documentazione certa".

Un altro utente - anche lui ben informato - conferma ogni passaggio e aggiunge ulteriori dettagli.

"Anche io conosco bene il collezionista che possiede questo pezzo [...] ed oltre a confermare quanto scritto da [l'utente precedente], mi ha detto anche che essendo un collezionista tradizionale, a lui interessava il blocco usato più grande conosciuto del francobollo da 10 cent., quindi per lui il tipo di annullo passerebbe in secondo piano.

Lo studio Diena, poi, ha tenuto il pezzo in visione per quasi un mese, restituendolo senza certificazione, non avendo trovato alcuna documentazione in merito".

E così, dopo essersi parlati addosso per ben 12 pagine di post, ci si ritrova esattamente  al punto di partenza, anzi ancora più indietro, alle considerazioni del Dottor Marino Bignami, datate 2009.

"Per il quesito 'annulli telegrafici' non mi risulta ci possano essere annulli sui francobolli diversi dal bollo a data [...] innanzitutto perché il telegramma doveva essere pagato nell'ufficio telegrafico in partenza per contanti, e nel caso di invio del testo da ufficio postale senza telegrafo, la movimentazione cartacea dei testi [avveniva] in busta affrancata (raccomandata o assicurata) alla prima stazione telegrafica ed il pagamento del modulo con il testo da trasmettere doveva essere pagato con vaglia a favore dell'ufficio telegrafico che avrebbe effettuato la trasmissione.

Dal 1882 il modulo con il testo del telegramma poteva essere pagato anche con francobolli (applicati e annullati dall'ufficio postale) che accreditava la cifra necessaria a favore dell'ufficio telegrafico di partenza del telegramma.

Mai visti questi segni".

Sipario!
 
 
Una perizia (filatelica) è sempre e solo un'opinione, e precisamente l'opinione di chi la formula, del perito.
 
Le opinioni (per natura soggettive) si costruiscono su fatti osservabili e verificabili (cioè oggettivi). Un'opinione sarà tanto più fondata, stabile e convincente quanto più chi la formula sarà capace di portare a suo sostegno fatti concordi con essa, e di connetterli in una sequenza che ne permetta una lettura plausibile e ragionevole, affinché l'intera linea d'argomentazione risuoni con l'animo di chi l'ascolta. Il processo rimarrà opinabile - visto che parliamo di opinioni - ma tutta la forza di un'opinione sta proprio nel resistere agli attacchi esterni, avendola formulata in un modo da renderla suscettibile di demolizione. Se rimane in piedi, nonostante poteva essere rasa al suolo, allora possiamo ragionevolmente farvi affidamento.
 
Se un'opinione (soggettiva) non si fonda su fatti (oggettivi) ma su un'altra opinione (soggettiva) allora vanno rintracciati i fatti (oggettivi) su cui l'opinione altrui (usata come base per la propria) era stata costruita. Perché un’opinione - in ultima analisi - va sempre fondata su fatti (oggettivi).
 
In linea di principio, volendolo, si deve poter risalire ai fatti alla base dell'opinione degli altri, utilizzata per formulare la propria; non si è obbligati a farlo, sempre e comunque, ma si deve poterlo fare se lo si desidera, si deve cioè - a ogni momento - essere liberi dal sophisma auctoritatis, dalla sudditanza psicologica verso l'autorità che sostiene quell'opinione.
 
Nessuna opinione può essere rilasciata in mancanza di fatti su cui basarla, proprio come nessun edificio può essere costruito senza un terreno adeguato su cui gettare le fondamenta. Nessuna opinione può essere rilasciata basandosi solo su un'altra opinione, di cui non si conoscono i fatti a supporto, invocando semplicemente l'autorità di chi l'ha formulata. Perché le autorità sono autorità in quanto autorevoli - e non il contrario - e la loro autorevolezza sta tutta e solo nella rinuncia alla fede cieca e incondizionata, nel farsi un punto d'onore e di vanto il poter esibire - a richiesta - l'intero processo che le ha condotte ad arrivare proprio a quelle conclusioni e non ad altre.  
 
Questo processo - abbozzato nelle sue linee essenziali - non è uno tra i tanti possibili modi di procedere, tra cui si può scegliere a piacimento. Questo processo è l'unico ammissibile, se si vuole essere e apparire persone serie, che si occupano di cose serie, con serietà.

La conclusione viene da sé: uno stringato bigliettino anonimo - perché di questo parliamo, di uno stringato bigliettino anonimo - non è un dato di fatto, quindi il certificato non doveva essere rilasciato. Punto e basta.
 
Dopodiché, se si è deciso di rilasciarlo comunque, è inevitabile finire con l'aggravare la propria posizione, nel maldestro tentativo di auto-giustificarsi a oltranza, anziché dire - onestamente - "mi spiace, ho sbagliato".
 
Ecco allora una snocciolata di affermazioni agghiaccianti, in cui ogni lettore si ritrova a provare lui quel senso di imbarazzo che dovrebbe provare il perito, e invece non prova affatto.
 

 
"Dietro alle sue amichevoli insistenze, misi per iscritto quel mio parere".
 
Dietro amichevoli insistenze?!

Ma quale credibilità può avere un parere rilasciato dietro amichevoli insistenze? Come si può dare a intendere di avere opinioni immuni dai condizionamenti del committente, e filosofeggiare sulla mano che porge ogni volta che se ne ha occasione, per poi confessare candidamente di aver stilato il certificato in risposta ad amichevoli insistenze?
 
Se delle amichevoli insistenze sono sufficienti a far mettere un parere per iscritto, cosa potrà mai accadere quando in ballo ci saranno cose appena, appena più pesanti?
 

 
"... il collezionista si fida - come me - ciecamente dell'opinione di Diena".
 
"Fidarsi ciecamente" è un atteggiamento che forse non è mai appartenuto all'essere umano, nemmeno nei secoli più buii e superstiziosi.
 
"Bisogna lealmente riconoscere che non facevano così nemmeno le Sibille accoccolate davanti al tripode, tra il fumo degli incensi e l'omaggio dei fedeli", scriveva Arturo De Sanctis Mangelli, nel 1934, per stigmatizzare quei pareri peritali ridotti "a una parola, talvolta a mezza parola o ad un punto interrogativo".
 
Viaggiamo verso il 2024, e nulla sembra essere cambiato rispetto all'anno XIII dell'era fascista.
 

 
"Faccio solo presente che un mio parere peritale riguarda solo me. Ne rispondo io verso il collezionista che ha chiesto il mio parere" 
 
E io faccio invece presente che è proprio questo atteggiamento totalmente auto-referenziale a privare di ogni valore e dignità l'operato dei periti filatelici.

In nessun ambiente lavorativo il proprio operare si riduce a un affare privato tra due parti; negli ambienti di lavoro si è sempre responsabili verso una pluralità di soggetti: i clienti, i colleghi, i superiori, i controllori, le autorità, le istituzioni, l'opinione pubblica. E' proprio il dover rispondere a più soggetti a marcare la prima tacca di serietà nel proprio agire.

Che poi, se un "mio parere peritale riguarda solo me" e "il collezionista che ha chiesto il mio parere", perché allora lo poni all'attenzione del pubblico? Per sentire il rumore dell'ignoranza e della follia, nelle acclamazioni del mondo?
 
Che poi, a rigore, non è neppure vero che un parere riguarda solo il perito e il suo cliente. Forse è vero al momento della stesura del certificato, ma la coppia oggetto-certificato si emancipa ben presto dalla coppia perito-collezionista (o perito-commerciante) da cui ha avuto origine, circola sul mercato come entità autonoma - dal collezionista a un commerciante a un altro collezionista a un nuovo commerciante, e via così, col certificato che a ogni passaggio è il biglietto da visita dell'oggetto a cui si riferisce - e chi le ha dato vita dovrebbe chiedersi se ciò che ha messo in circolo non possa diventare un fattore inquinante per l'intero sistema.
 

 
"Qualsiasi altra opinione, peraltro rispettabilissima, non è suffragata neppure da un parere di Enzo Diena".
 
Spiace dirlo, ma qualcuno dovrà pur dirlo, e allora lo dico io, per quanto la cosa sia fastidiosa come far notare a un commensale la fogliolina di insalata rimastagli tra i denti: Enzo Diena non era affatto quel "grandissimo" personaggio che si vorrebbe far credere.
 
Enzo Diena - nella più benevola delle riletture - è stato il meglio che classe peritale italiana ha saputo esprimere tra la metà degli anni '70 e i primi anni '90 del secolo scorso. Ma nel suo operare non è mai riuscito a definire uno standard che potesse far scuola. Difficilmente le sue perizie mantengono la validità percepita all'epoca della loro formulazione, se riguardate con la sensibilità di oggi. I certificati di Enzo Diena sono invecchiati male.

E non c'è motivo di sentirsi offesi, o di vedere una lesa maestà, nella semplice registrazione di un dato di fatto. Anche perché sono cose che capitano di continuo in molte altre discipline, peraltro ben più importanti della filatelia. "Non c'è praticamente nessun libro di cinquant'anni fa che noi prendiamo in mano credendo ancora a quello che c'è scritto" - dice il Professor Barbero, parlando dei testi di Storia - "Ogni libro - e tocca anche ai più grandi - è stato poi almeno in parte smontato, demolito. E siccome il mio primo libro è uscito 39 anni fa, sono abbastanza vicino anch'io a scoprire che quel che ho scritto era tutto sbagliato".
 
Gli errori di valutazione di Enzo Diena sono stati numerosi, alcuni anche gravi (perché facilmente evitabili con le informazioni di cui disponeva, alcune peraltro davvero basiche). Ve ne mostro uno dei più clamorosi, già discusso in appendice al post "Forbici e delitti", a cui rinvio per i dettagli.
 
Questo lotto era presente nella vendita "Alphonse" del 20 ottobre 1988, della Phillips di Londra.
Enzo Diena lo firmò per esteso "per la sua grande rarità", come si legge nella descrizione.
Ma su questa lettera pesano così tanti punti interrogativi, così grandi e pesanti,
da rendere naturale - come minimo - astenersi dal rilasciare un'opinione.
  Cosa ci fa una Trinacria ancora in circolo nel gennaio del 1861?
Cosa ci fa un annullato "in cartella" su una lettera del 1861?
E perché una Trinacria è dritta e l'altra stranamente coricata?
Le loro posizioni reciproche hanno qualcosa a che fare con gli annulli "non passanti"?
Quali risposte avrà dato Enzo Diena a queste domande obbligate per una perizia seria,
per decidersi a firmarla per esteso, "data la sua grande rarità"?

E per finire, dopo fogliolina d'insalata tra i denti, segnaliamo pure la macchia di sugo sulla cravatta, una cosa che tutti vedono e da cui tutti distolgono lo sguardo: la parte conclusiva dell'attività peritale di Enzo Diena - a partire dagli anni '90, dopo la malattia - non è propriamente il miglior esempio di deontologia professionale.
 

 
Un perito filatelico d'esperienza nota all'istante, a colpo d'occhio, quanto artefatta sia questa Crocetta. Si fatica a credere che dopo una verifica accurata e ripetuta - indispensabile per un esemplare così importante come una Crocetta nuova con gomma - il miglior perito italiano su piazza l'abbia potuto giudicare "originale e perfetto", quando le gravi manomissioni sono rilevabili già da un sommario esame preliminare.
 
Ma ci troviamo nel periodo della "Enzo Diena s.n.c" - come si legge nel certificato, in alto a sinistra - in cui "Enzo Diena" ha smesso di essere un nome proprio di persona, per diventare una denominazione sociale, di una società in nome collettivo, s.n.c. appunto, quel periodo in cui Raffaele Diena, il figlio di Enzo, era autorizzato a firmare col nome del padre le analisi che aveva in realtà eseguito lui, nel suo percorso addestrativo (e non serve una perizia calligrafica per accorgersi delle differenze tra la firma sul certificato e l'originale di Enzo Diena).
 
Questo scambio di identità - Raffaele Diena che si firma Enzo Diena - è un fatto noto nell'ambiente, anche se ormai troppo remoto perché qualcuno se ne possa ancora preoccupare. Può rimanere in molti un senso di sgomento, di tristezza, ma "solo per chi non mantiene di Enzo Diena una stima assoluta ed il ricordo vivissimo di una bella amicizia", vi dirà il perito del misterioso annullo telegrafico, che a questo punto intuiamo per quale ragione si fidasse "ciecamente" di Diena.
 

 
Che dire ancora?
 
Il collezionismo filatelico è un mondo difficile, maledettamente difficile, talvolta reso impossibile proprio da quelle figure - i periti - che avrebbero la funzione istituzionale di semplificarlo.
 
Fortuna che qua e là abbiamo alcuni punti fermi e saldi... pachidermi e pappagalli!
 
"Lo sai che tutto il mondo è chiuso in un display?Il DNA dell'umanità viene da lontano...
Che ogni tre respiri sciogli due ghiacciai, 
il telefono ci spia, sono della CIA, il silenzio è d'oro.Sai che Ghandi era un massone e i Beatles un'invenzione?
E che Adolfo si è salvato, il Titanic mai affondato.Le catastrofi naturali? Tutta colpa dei Templari!
Scie chimiche e marziani... rettiliani!
Oh my darling! 
Son solo al mondo mentre tu mi parli 
e provo a concentrarmi.Oh my darling, 
fortuna abbiamo punti fermi e saldi:
pachidermi e pappagalli! 
Lo sai la Terra è piatta e dominata ormaidalle lobby gay, da banchieri ebrei, un padrone solo.Marylin ed Elvis vivono alle Hawaii,
 hanno aperto un bar che si chiama Star, fanno affari d'oro.L'uomo è stato già clonato, fatto a pezzi e resuscitato.Si può campare a fieno, peggio il latte del veleno.Non esiste prova alcuna dello sbarco sulla Luna,
 le piramidi egiziane... sono marziane!
Oh my darling!Son solo al mondo mentre tu mi parli 
e provo a concentrarmiOh my darling,fortuna abbiamo punti fermi e saldi:Pachidermi e pappagalli!
E a questa nostra nuova religione 
un giorno proveremo a dargli un nome, 
a questo immenso canto a luci spente,dove tutto è eterno e dura poco più di niente..."

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