SVOLAZZI - Quello svolazzo su Ferdinando

Gli annulli "a svolazzo" sono conosciuti su tutti i francobolli del Regno di Napoli (e anche sui due Provvisori da ½ tornese, Trinacria e Crocetta, e sui valori dell'emissione delle Province Napoletane a eccezione del 50 grana).

Ma gli  "svolazzi" compaiono pure laddove non ci si aspetterebbe di trovarli, in tempi e luoghi sfasati rispetto alla loro fisiologica durata di vita (dall'11 agosto 1860 al luglio del 1861).

 "Un uso anomalo si verificò a Tagliacozzo il 15 settembre del 1861
quando il raro secondo tipo n. 37 di quella località fu apposto in arrivo
sulla fascetta del giornale 'L'Omnibus', partito da Napoli regolarmente
affrancato con un mezzo tornese annullato a Napoli il 12 settembre 1861"
(Alberto Diena)



"La distribuzione dei bolli a svolazzo iniziò nell'agosto del 1860 [...]
A causa forse delle condizioni politiche di quel momento, la distribuzione non avvenne regolarmente;
infatti a qualche ufficio il nuovo annullatore non deve esser stato consegnato.
A Gaeta, dove, il 7 settembre, Francesco II si rifugiò con parte delle sue truppe,
non so se venne dato il bollo a svolazzo, che quell'ufficio avrebbe usato durante poco tempo
ed assai di rado a causa dell'assedio"
(Emilio Diena)
"Del resto chi poteva immaginarsi che esistesse lo svolazzo di Gaeta
che durante l'assedio non poteva di certo inviare della corrispondenza, 
invece molti anni fa comparve anche l'annullo n. 23 di Gaeta
su di una lettera, finora rimasta unica, affrancata con un francobollo da 20 cent. di Sardegna
partita da Gaeta (cerchio piccolo del giugno 1861), diretta a Brescia, via Capua-Napoli,
evidentemente spedita da un militare dell'esercito sardo"
(Alberto Diena)



"... accennai all'uso nel Napoletano sul finire del 1860 nel 1861 di francobolli sardi,
di cui erano forniti gli Uffici di Posta Militare addetti al IV Corpo d'Armata Sardo.
Riproduco la soprascritta di una lettera spedita da un ufficiale medico col mezzo della Posta civile,
il 28 dicembre 1860, da Fondi (Gaeta), affrancata con un francobollo sardo,
emissione 1855, 20 cent., che ha il bollo 'Annullato' a svolazzo di Fondi (tipo 25)"
(Emilio Diena)



20 centesimi azzurro del Governo Provvisorio di Toscana,
annullato con bollo "a svolazzo" n. 16
su lettera da Nocera per Padova del 22 febbraio 1861. 
A Nocera aveva sede il Comando del Deposito dei prigionieri Napoletani 
e la lettera fu scritta proprio da un ufficiale addetto al campo di prigionia.
Uno dei tre casi noti di francobolli del Governo Provvisorio di Toscana
usati durante la "Campagna Napoletana" e l'unico con annullo "a svolazzo".



5 bajocchi dello Stato Pontificio annullato con lo "svolazzo" n. 36, probabilmente di Bari,
su grande frammento, con al lato la scritta "VIA DI MARE/E".





"Una eccezione di tutt'altro tipo avvenne a Casal S. Michele
con lo svolazzo n. 11 ritenuto in passato il secondo svolazzo di Bari;
Casal S. Michele probabilmente ottenne nel 1860 di diventare ufficio postale secondario
ed ebbe, oltre al bollo nominativo lineare, prima anche l'annullato "in cartella" e poi lo svolazzo,
ma non fu riconfermato neppure come "distribuzione" dall'Amministrazione Luogotenenziale.
Ciononostante continuò ad usare lo svolazzo come annullatore
anche su francobolli sardi ed italiani nel 1863 e perfino sui De La Rue all'inizio del 1864;
in effetti in periodo sardo-italiano e italiano
il fatto che le rare lettere note siano partite da Casal S. Michele 
si evince soltanto perché il nome della località è manoscritto nel testo prima della data,
mentre al recto delle lettere anche nel 1864 compare sempre e soltanto il bollo di Bari [...] 
il che ci fa ritenere che Casal S. Michele, sebbene molto raramente e arbitrariamente,
continuasse ad annullare i francobolli con lo svolazzo che era rimasto in suo possesso,
con il tacito consenso dell'ufficio postale di Bari forse per deferenza verso l'ex-vescovo:
infatti Casal S. Michele si legge solo nel testo di lettere
che sono dirette all'ex-vescovo Pedicini ritiratosi a Foglianise"
(Alberto Diena)

Ma il più straordinario caso d'impiego degli "svolazzi" fuori dall'ambito di elezione è offerto da un 2 grana di Sicilia (che riproduco ingrandito per farlo apprezzare al meglio) attualmente custodito nella Collezione "Naples" (da cui stralcio la pagina corrispondente).

2 grana del Regno di Sicilia azzurro, I tavola, carta di Palermo,
con annullo "a svolazzo" n. 14 del Regno di Napoli,
in uso presso le Officine di Campagna (in Campania) e Isola (in Calabria).


Una parte della pagina della Collezione "Naples".

Ciò che rende l'esemplare "mysterious and fascinating" è il vuoto tra l'ultima data nota dei francobolli di Sicilia (23 luglio 1860) e il periodo d'introduzione degli "svolazzi" (agosto 1860, con prima data conosciuta 11 agosto). Vi è dunque un discontinuum spazio-temporale tra l'ultima volta che un Testone è servito ad affrancare una corrispondenza e la prima apparizione sulla scena degli annullatori "a svolazzo". Questo 2 grana si trova esattamente in questa frattura, creando un misterioso cunicolo spazio-temporale tra le Due Sicilie, tra i domini Al di qua e Al di là del Faro, tra Napoli e Sicilia.

Nino Aquila - su invito del commerciante Paolo Vaccari - provò a cimentarsi nella ricostruzione degli eventi dietro a questo oggetto "mysterious and fascinating", per renderlo un po' meno "mysterious" e con ciò farlo diventare un po' più "fascinating".

Le ipotesi sul tavolo sono due.

La prima: "che un militare od un volontario proveniente dalla Sicilia ed al seguito di Garibaldi sia pervenuto in una delle due località - ed in questo caso è più probabile si tratti di Campagna che era sulla direttrice di marcia della colonna che puntava su Napoli - e da tale località abbia spedito la lettera. Il mittente può aver seguito un ragionamento semplice ed in apparenza logico. Vale a dire che sul territorio nel quale si trovava erano ancora validi i francobolli dell'emissione borbonica napoletana del 1858 e che se - come probabile - era in possesso di un esemplare da 2 grana di quelli emessi dallo stesso Stato in Sicilia nel 1859 nulla dovesse ostare perché quest'ultimo potesse essere utilizzato sullo stesso territorio. E' presumibile, dunque, che l'abbia applicato sulla lettera in partenza per non si sa quale destinazione e l'abbia consegnata all'Officina di Posta, campana o calabrese che fosse, dove, seguendo analogo ragionamento, venne impresso l'annullatore 'a svolazzo' (ma non sappiamo in realtà se la lettera sia stata tassata o meno)".

La seconda, "certamente più affascinante dal punto di vista storico-postale". "Durante le operazioni belliche che ebbero luogo in Sicilia tra truppe borboniche e garibaldine, il servizio postale - per tempi più o meno lunghi a seconda delle località - rimase bloccato. In un mio studio del 1979 [...] ho potuto evidenziare che lettere affidate alle Officine di Posta di varie località siciliane, dopo lo sbarco di Garibaldi a Marsala, vi rimasero giacenti sino alla riattivazione dei servizi postali. Sette di tali lettere aventi provenienze differenti vennero distribuite a Palermo, come risulta dal bollo di arrivo, il 5 luglio 1860, giorno in cui tutte pervennero nella capitale. In alcuni casi le lettere furono tassate, poiché il francobollo non fu considerato valido all'affrancamento, in altri no; di più, non sempre il francobollo venne annullato in partenza. Si potrebbe ipotizzare che una lettera spedita dalla Sicilia e diretta in Calabria o Campania, rimasta giacente presso l'Officina di Posta siciliana a causa degli eventi bellici, sia stata avviata a destino al loro cessare e che il francobollo non abbia ricevuto l'impronta del timbro annullatore di partenza. Annullamento che, per correttezza, venne apposto ad Isola, in Calabria, od a Campagna, in Campania, a prescindere dall'eventuale applicazione o meno della tassazione, in considerazione di una valutazione della validità del francobollo che poteva scaturire soltanto da un apprezzamento personale dell'Officiale di Posta. Un tale documento, se fosse stato completo, avrebbe avuto un eccezionale interesse storico-postale".

"E' veramente da rimpiangere che l'esemplare sia stato rimosso dalla lettera" - scrive ancora Nino Aquila - perché "i francobolli non parlano il linguaggio della storia postale", non possono cioè veicolare da soli - staccati dai documenti di appartenenza - le "inappellabili affermazioni che la storia postale esige", e ci condannano perciò a argomentazioni non conclusive, se vogliamo fargli dire qualcosa in una lingua che non gli appartiene.
La Storia postale è lo studio delle lettere viaggiate tramite i servizi postali ufficiali: il luogo di partenza, la destinazione, la tariffa, il tragitto, il sistema di inoltro, eventuali tassazioni, il tutto scolpito nei francobolli, nei timbri, negli annulli e nei segni sopra la missiva, che permettono allo specialista di ricostruirne la genesi, lo sviluppo e l'esito.

L'attrattiva della Storia postale - sul piano tecnico, che può pure prescindere dalla rarità - è nel trovare una conferma a posteriori alle proprie conoscenze a priori, in un documento reale: la tariffa, la tassazione, i timbri, i segni sulla lettera, il destinatario, il tragitto, tutto deve raccordarsi con le aspettative dello studioso e del collezionista, tutto deve tornare, e se qualcosa non torna allora parte un'indagine per spiegare le apparenti incongruenze, per risolvere il rebus.

Quando una risposta viene a mancare, o non si trova, si rimane delusi e perplessi, anche di fronte a oggetti spettacolari, come a esempio l'unica "mista" Napoli-Sicilia. Non riuscire a dare una precisa chiave di lettura, non avere la capacità di blindare l'argomentazione, non solo rattrista, ma può persino condurre a dubitare della genuinità del documento.

"La storia postale è - deve essere - una scienza esatta", scrive Nino Aquila, a ribadire il rango della disciplina. Ma dopo poche righe si trova già costretto a ritrattare, a "trasgredire alle norme basilari", a invocare "più la fantasia che la scienza esatta", addirittura "arrampicandosi sugli specchi", se occorre. Fa molto Pirandello: così è, se vi pare, dove l'assertività dell'enunciato iniziale (così è, senza discussioni) è vanificata dall'inevitabile interpretazione soggettiva (se vi pare, se siete d'accordo con me, soltanto se la pensate anche voi così).

La Storia postale non è - non può essere - una scienza esatta, nella misura in cui rimane una scienza sociale, nella quale l'uomo non è semplice spettatore dei fenomeni, ma esso stesso li determina in vario modo.
 
I francobolli del Regno di Napoli dovevano essere collocati sulla lettera in alto a destra e annullati in modo da lasciare visibile l'indicazione del valore. Questa era la norma, ma la sua attuazione dipendeva dal comportamento dei singoli soggetti, e difatti troviamo lettere di ogni tipo, con i posizionamenti più disparati di francobolli e timbri.
 
La normativa sarda imponeva due apposizioni del bollo circolare, una sul francobollo (per annullarlo) e l'altra sulla lettera, ma la disposizione non sempre fu rispettata nel Regno di Napoli e ci sono casi in cui il timbro fu collocato solo sul francobollo.
 
Ci aspettiamo di trovare il bollo della località di arrivo al verso delle lettere, ma non sempre accade. Il timbro della località di partenza, invece, ci attendiamo di vederlo al fronte, ma ci sono casi in cui compare anche al verso.
 
L'elenco delle "anomalie" è infinito, perché infinite sono le situazioni fattuali nelle quali i singoli individui potevano deviare - spesso involontariamente - dalle prescrizioni "da manuale".

Alcune "anomalie" sono solo bizzarrie, prive di contenuti genuini o di messaggi interessanti. Altre possono avere una rilevanza filatelica o storico-postale, sino a essere degne di congetture e interpretazioni, che se non fugano ogni dubbio, almeno forniscono una narrazione verosimile.

Il 2 grana di Sicilia con annullo "a svolazzo" è sicuramente un pezzo da Filatelia tradizionale - secondo la nomenclatura propria delle esposizioni - ma vanta anche il privilegio di sussurrare a un mondo diverso, più evoluto, quello della Storia Postale, cui sembra voler rivendicare un'appartenenza discreta, generando mistero.

Cosa possiamo dire con certezza? Sicuramente il francobollo siciliano porta addosso un annullo napoletano. Sicuramente, quindi, il francobollo è uscito dall'Isola per atterrare sulla Penisola. Sicuramente ha viaggiato dopo l'11 agosto 1860, perciò dopo l'ultima data d'uso dei Testoni di Sicilia, e in ciò sta tutto il suo significato storico-postale. Sicuramente è una testimonianza - rara - della commistione tra le due parti del Regno.

Cosa possiamo invece dire con poesia? Che il timbro ha l'ardire di imprimersi sulla Sacra Effige del Re - sconfessando quel "ferro di cavallo" concepito per non mancargli di rispetto - e tuttavia non la irride, non la deturpa. Un sinuoso "svolazzo" che vi si adagia delicatamente, che sembra accarezzarlo, come a rivolgere un ultimo saluto al Re, un congedo "mysterious and fascinating" a Sua Maestà, scomparso poco prima, il 22 maggio 1859.

Rimane una semplice e bella verità, tra la fredda certezza e la calda poesia: questo 2 grana - chiosa Nino Aquila - "ci ha costretto, in ogni caso, ad immaginare, a fantasticare, 'svolazzando' fra le possibili ipotesi che ne giustifichino l'esistenza", ci ha sedotto e affascinato, come solo la filatelia degli Antichi Stati riesce a fare.

(*) Questo post è stato ideato su uno scambio di e-mail della scorsa estate, con un raffinato e valente collezionista di storia postale del Regno di Napoli - per l'esattezza specializzato nelle corrispondenza in una precisa Officina di Posta. Ho trovato così calzanti e ben formulate molte sue osservazioni - anche sul piano stilistico - che me ne sono appropriato e le ho fatte mie. Lo ringrazio anche per avermi fornito l'articolo di Nino Aquila - "Svolazzando con la fantasia", pubblicato sulla rivista "Vaccari Magazine" - da cui ho tratto le citazioni.

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