UNA COLLEZIONE DI COLLEZIONISTI - "Castrovillari", di Francesco Civale

"Quelle antiche lettere secolari mi consentono di sognare, di tornare indietro nel tempo,
e di costruire un ponte spaziale e temporale con quei territori che sono le mie radici.
E' una delle tante magie che è in grado di fare la storia postale"
(Francesco Civale)

"La posta a Castrovillari (1809-1863)" è la Collezione di Napoli dell'architetto Francesco Civale; vuole "illustrare la storia postale della città calabrese di Castrovillari, partendo dalle prime lettere del periodo prefilatelico fino al periodo filatelico del Regno di Napoli e del Regno d'Italia"; è apparsa per la prima apparizione a concorso nella manifestazione nazionale APPIIPHIL 2018, conquistando la "Medaglia Vermeil Grande" (83 punti), un riconoscimento che dimostra - con le parole del Collezionista - "come lo studio e la ricerca personale, anche se circoscritte ad un territorio delimitato [...] possano dare immense soddisfazioni anche a livello espositivo, considerate anche le difficoltà congenite di reperimento dei pezzi provenienti esclusivamente da un preciso territorio".

"Castrovillari" segue il classico canovaccio di una collezione di Storia Postale: le prime date d'uso, i principali cambi tariffari e le varietà di bolli e annullamenti, lungo un arco temporale che spazia - come da titolo - dal 1809 al 1863, dalla prefilatelia al Regno d'Italia, passando per la fase - corposa - del Regno di Napoli.
 
Le coordinate tecniche della collezione, da sole, non possono però trasmetterne il senso e il valore, non ne rendono la cifra.

Collezionare presuppone un soggetto, quel sognatore che vuole ricostruire un mondo dentro un album, e poi un oggetto, da staccare dalle sue originarie funzioni pratiche, per congiungerlo al soggetto attraverso proiezioni affettive e culturali. "Castrovillari" è un archetipo collezionistico che invoglia a parlare del soggetto e dell'oggetto, del loro legame profondo e indissolubile. In "Castrovillari" risalta la quantità di significati che un oggetto può arrivare a possedere, la messe di conoscenze di cui può rivelarsi portatore, quando, finalmente emancipato da ogni finalità d'uso, è libero di instaurare una relazione - passionale e intellettuale - con un soggetto che lo studia e lo ama come fosse il teatro della propria esistenza.

Già Alberto Bolaffi, nel 1991, nel presentare la Collezione "Pedemonte", enfatizzava la necessità di correlarla alla caratura dell'uomo che aveva saputo edificarla, ché altrimenti quella composizione ne sarebbe uscita complessivamente sminuita, per quanto straordinaria. I francobolli in sé sono solo "un insieme di freddi, anche se sublimi oggetti" - annotava Alberto Bolaffi - ma le scelte collezionistiche impongono l'interazione tra l'oggetto e il soggetto, e in ciò esprimono "le sequenze più vere della nostra vita in termini di civiltà e buon gusto".

E' un principio valido a qualunque scala di osservazione, qualsiasi collezione si abbia sotto gli occhi, quindi anche per "Castrovillari", che non può essere capita e apprezzata se non muovendo dalla figura del Collezionista, dalla sua storia.

Parliamo di una persona originaria dei domini Al di qua del Faro, che la vita ha poi condotto poco oltre i confini del Regno, nello Stato Pontificio per la precisione. La Collezione è allora un modo "di sognare, di tornare indietro nel tempo, e di costruire un ponte spaziale e temporale con quei territori, che sono le mie radici" - ci dice il Collezionista - evocando quella "piena di ricordi che si riversa su qualsiasi collezionista quando si occupi dei suoi tesori" - di cui parla Walter Benjamin - e che in "Castrovillari" assume una forma del tutto peculiare.

Se ogni collezionista vuole raccontare una storia attraverso la sua collezione, se nella collezione il collezionista si specchia e si mostra agli altri, se entra in comunicazione col mondo tramite i messaggi contenuti negli oggetti della collezione, se tutto questo è comune a tutti i collezionisti, qui abbiamo qualcosa in più e di più specifico, raramente riscontrabile altrove. Con "Castrovillari" siamo nel mezzo di un teatro di memorie in cui gli oggetti diventano contenitori, involucri, non solo di ricordi, ma al limite della stessa anima del Collezionista. In "Castrovillari" gli oggetti non sono più solo narratori di una storia, pur avvincente, ma diventano una riserva di emozioni in un insieme massimamente personalizzato.

Il cordone ombelicale tra la Collezione e il Collezionista - la trama e l'ordito tra la Collezione e la vita affettiva del Collezionista - rende "Castrovillari" un unicum, perché quasi mai si riesce a trovare una collezione "costituita da una successione di termini, il cui elemento finale altri non è che il collezionista" e nella quale, reciprocamente, "la persona del collezionista diventa se stessa solo sostituendosi a ogni elemento della collezione", con le magnifiche parole di Jean Baudrillard, che esprimono il punto sentimentalmente più elevato del collezionare: quello in cui si riscopre la propria identità attraverso quelle cose verso cui si compiono gesti di affezione, di dedizione e impegno, per la messa a fuoco di ciò che in definitiva è la manifestazione di una disposizione interiore, di un pezzo della propria vita.

"Castrovillari" va allora riconosciuto un merito immenso, che ne fa un'eccezionale strumento di propaganda per il collezionismo filatelico, con risvolti pedagogici di più ampia portata, che oltrepassano i francobolli, le manifestazioni e le medaglie: "Castrovillari" chiarisce - come non riescono a fare altre collezioni, anche se più prestigiose - la fondamentale gerarchia di valori nel sistema degli oggetti.
 
La desiderabilità di un oggetto si sposta lungo un asse che a un estremo ha il valore funzionale e all'altro il valore segnico, passando per il valore di scambio e il valore simbolico. Una penna ha un valore funzionale - serve a scrivere - e può avere un valore di scambio - se la barattiamo con tre matite o contro denaro - ma, a salire, possiamo anche assegnarle un valore simbolico - se l'abbiamo usata per firmare un documento cruciale per la nostra vita - sino  a toccare la vetta del valore segnico, quando ne riconosciamo l'esistenza solo all'interno di un sistema di oggetti a essa affini - altre penne, accomunate da uno o più attributi: la marca, il tipo, il periodo storico, il pregio. Tutti questi valori sono potenzialmente compresenti in uno stesso oggetto, ma quanto più un oggetto è carico di senso, quanta minor utilità possiede, di tanto più spazio si dispone per riempirlo di significati, per intrecciarvi significati intellettuali, emotivi, culturali.

"Castrovillari" riafferma la superiorità dei valori simbolico e segnico su quelli funzionali e di scambio, troppo spesso sopravvalutati in una società materialistica che può arrivare addirittura a non riconoscerne altri.

"Castrovillari" è l'invito più elegante e persuasivo a toccare il cuore pulsante del collezionismo, ad avventurarsi nel mondo dei semiofori, degli oggetti portatori di significati, che perdono di utilità per acquisire una pura funzione semantica, per offrirsi allo sguardo, intermediari tra il visibile e l'invisibile, ponte tra lo spettatore e il nascosto, il lontano o l'assente. Estrarre gli oggetti dal loro contesto naturale, sottrarli al loro scopo funzionale, alla loro immediatezza, privarli dei valori d'uso o di mercato per sovraccaricarli di valori emozionali, e con questa artistica messa tra parentesi farli parlare, sprigionarne i significati, dar lustro alla memoria, alla facoltà di risalire nel tempo, di conservare tracce di ciò che appartiene a un'epoca remota, di mettersi in rapporto col passato rimanendo nel presente, di rendere il passato più vivo e attuale che mai. Questo vuol dire collezionare, questa è "Castrovillari".

"Castrovillari" ci ricorda che collezionare sarà pure un'inesausta acquisizione di oggetti inutili sul piano pratico, ma quante emozioni hanno assorbito questi oggetti inutili, quante relazioni hanno stretto, quanti passaggi hanno compiuto nel tempo e nello spazio - in origine tra i mittenti e i destinatari delle lettere, a seguire all'interno del mondo del collezionismo - per ritrovarsi infine sulla strada del Collezionista, di chi ha in ingaggiato un'inesausta e coraggiosa lotta contro la dispersione, per bloccare il passato, trattenerlo con sé e farlo lampeggiare dentro un album.

Per tutto ciò - e in modo assai più vivido che in collezioni più rinomate - "Castrovillari"  è una collezione in cui è palese, manifesto, "quel particolare potere che unisce tutti i suoi elementi, quella 'sorta di magia' che, immagino, ciascuno intravede nelle proprie collezioni", ma che in "Castrovillari", appunto, diventa istantaneamente percepibile a chiunque vi si accosti, siano essi collezionisti di lungo corso, esperti di settore, neofiti, semplici curiosi o avventori occasionali.


"Castrovillari" entra a pieno titolo in questa speciale Collezione di Collezionisti non solo per questioni filosofiche, di fondamento, che ci riportano alle origini del collezionismo, ma pure per aspetti di metodo e di tecnica, di progettazione e realizzazione di una collezione, per modalità attuative fedeli alla qualità delle premesse. Lascio l'introduzione, di nuovo, alle parole del Collezionista. 

"Ogni tema dovrebbe essere sempre chiaro, al di là che la collezione venga concepita, studiata, vissuta e ampliata per essere esposta, oppure esclusivamente per essere tenuta in un album privato. La collezione comporta un lavoro paziente e certosino di ricerca delle pedine da mettere 'insieme', mese dopo mese, anno dopo anno. Sia che esse siano 'nobili' sia che siano apparentemente 'umili', l'importante è che concorrano alla narrazione, che 'raccontino' qualcosa di nuovo. Dovrebbero essere sempre da ricercare e non da scartare, in maniera aprioristica, per un discorso di opportunità meramente 'contabile'. Con l’avanzare del tempo la collezione dovrebbe progredire, affinarsi, e quindi inevitabilmente, fisiologicamente, si sentirà l’esigenza di acquisire meno pezzi. E' indubbio che quelli di 'pregio' andrebbero ricercati 'in ogni fase' perché contribuiscono a migliorare (per la loro stessa natura, per la loro intrinseca vocazione) la collezione stessa. La fanno salire di livello. Pertanto, nel preciso istante nel quale queste 'comete', che magari stiamo cercando da tempo, appaiono sotto i nostri occhi, bisogna essere risoluti, fermi, decisi, e fortunati. Ma pur sempre bisogna trovarsi nella imprescindibile 'possibilità economica' di poterle afferrare. Altrimenti pazienza, il gioco continua lo stesso. Ed è ugualmente divertente ed efficace. Se abbiamo tessuto una liaison tra gli elementi, se abbiamo costruito una struttura solida, rigida, armoniosa, organica, fatta con logica, studio, amore e passione".

"I fattori da ponderare per valutare un acquisto devono tener sempre conto anche dell'effettiva funzionalità di quel documento all'interno della propria collezione, dell'eventuale tempo che si dovrà attendere per rivedere quella particolare lettera sul mercato con l'ipotesi, non inverosimile, di dover aspettare una vita intera, e non da ultimo dell'emozione che essa è in grado di suscitarmi, che potrebbe farmi ritenere quella lettera come la gemma della mia collezione, con la conseguenza di indurmi ad effettuare valutazioni al di là di qualsiasi logica di mercato".

Sono notazioni generali, di ampio respiro, ma sufficienti a tratteggiare una personalità, uno stile, un modo di essere, una linearità di pensiero e una lucidità d'azione, da concettualizzare nelle posizioni di metodo e nelle scelte tecniche del Collezionista.

Mi piace muovere dal quinto dei cinque precetti di Georgij Kostakis, sull'arte del collezionare. "Il collezionista deve definire con la massima precisione e addirittura spietatezza i limiti della propria collezione; deve ricordare a se stesso con estrema fermezza che la sua impresa non può avere ragione dell'impossibile".

"Castrovillari" è un magistrale esempio di quella "spietatezza" indispensabile al collezionismo, a un collezionismo di rango, che voglia marcare le distanze dal potpourri di accumulazioni e raccolte, da quegli insiemi amorfi che banalmente travasano il disordine del mondo dentro un album.

Ho segnalato - nell'affresco su collezioni e collezionisti - che difficilmente una collezione nasce su un'idea già precisata in ogni dettaglio, che nessun collezionista sa quale forma prenderà la sua collezione quando decide di comporla, perché le idee si chiariscono pian piano, strada facendo, perché ci sono troppe variabili in gioco, perché ben poche sono quelle pienamente controllabili.

Molto spesso, però, il collezionista vaga, ondeggia, vittima della vana curiositas, un'attrazione superflua se non dannosa verso le cose che lo circondano, e non fa in tempo a interessarsi a una che già è distratto da un'altra, che presto abbandona per un'altra ancora, in un vortice senza fine, perché infinite sono le cose di questo mondo. Ne segue - nel migliore dei casi - il rammarico per aver sperperato tempo, energie e denari che, se correttamente indirizzati, avrebbero consentito di scalare parecchi livelli nella realizzazione di quell'idea finalmente messa a fuoco con tanta fatica; e - nella peggiore delle eventualità - lo scemare della passione, l'abbandono della collezione, la sua vendita (e più spesso svendita) sulla scia di una sensazione di disgusto, di nausea, tipica delle abbuffate e delle sbornie (che tanto finto piacere procurano sul momento, quanto dolore vero nei giorni a venire) accresciuta dal senso di colpa per aver letteralmente buttato tanto denaro.

La perspicacia del collezionista è prima di tutto nella sua abilità nel delimitare il raggio d'azione, nella presa di consapevolezza "che la sua impresa non può avere ragione dell'impossibile", nel non aggiungere ulteriori imprevedibilità e incertezze alle tante già presenti lungo il percorso collezionistico; e il collezionista sarà tanto più grande quanto prima riesce a delimitare il campo di gioco, dimensionare la sua impresa, fronteggiare solo le incertezze ineliminabili.

Aver focalizzato il tema della collezione con precisione e sin dal principio è un fatto rimarchevole in "Castrovillari", obiettivamente raro da riscontrare. Significa possedere una invidiabile pulizia di idee che, se non ancora sufficiente per realizzare una grande collezione, lascia intravedere il meglio possibile, autorizza a sperare in cose straordinarie.

"Castrovillari" è una stella polare, nel firmamento delle collezioni, perché educa nel modo più efficace: con l'esempio. Grazie a "Castrovillari" sappiamo dove guardare, a quale punto ancorarci, intorno a quale asse ruotare, ogni volta che la violenza degli impulsi del collezionismo tenderanno ad allontanarci dal nostro centro di gravità.


Ho il piacere di aver chiacchierato spesso con l'autore di "Castrovillari", anche se per lo più solo via mail: un confronto a tratti serrato, fitto, intenso, e quasi sempre a spettro esteso, per condividere punti di vista e modi di fare, ma anche per tentare di imparare reciprocamente, l'uno dall'altro, per trovare - ciascuno - conferme, smentite o emendamenti nel proprio pensare e agire.

L'assiduità della frequentazione mi permette di isolare un secondo punto di metodo che fa di "Castrovillari" un esempio di collezione moderna, evoluta, all'avanguardia.

Ogni collezionista vive perennemente tra Scilla e Cariddi, tra acquisiti mancati e acquisti sbagliati. Cos'è peggio? Mancare l'appuntamento col pezzo straordinario che fa "salire di livello" la collezione, "con l'ipotesi, non inverosimile, di dover aspettare una vita intera" prima di rivederlo, oppure portare un estraneo dentro l'album, accettare la presenza di un intruso, che fatalmente indebolisce quella "struttura solida, rigida, armoniosa, organica" alla base di ogni collezione?

Sbilanciati verso Scilla, se proprio non riesci a stare nel mezzo, aveva suggerito la Circe a Ulisse, e il Collezionista - questa è la mia sensazione - ne ha brillantemente mutuato l'indicazione. Nel dubbio, lascia andare. Meglio, decisamente meglio, il rammarico per aver abbandonato un pezzo funzionale alla raccolta, che il pentimento d'aver accolto un pezzo senza magia nel recinto sacro della collezione. Perché una bella collezione non diventa bellissima senza l'aggiunta di un pezzo strategico, ma resta comunque bella, rimane sé stessa, un'autentica collezione, e questo solo conta. Perché una bella collezione diventa invece automaticamente bellina - e giù a scendere: sufficiente, appena sufficiente, mediocre, infima, sino a non essere più una collezione, ma solo un'accumulazione - se iniziamo a portare a bordo zavorre e orpelli, per poi temere "che il giullare getti maschera e casacca e mostri il vero volto dietro al velo della biacca", per saccheggiare impunemente la poesia di Guccini.

L'optimum - serve dirlo? - sarebbe non aver mai incertezze, conoscere e riconoscere i propri francobolli, e riuscirci sempre, a ogni occasione, quasi per ispirazione soprannaturale o rivelazione divina, saper tracciare una separazione tra ciò che ci appartiene (che deve appartenerci) e ciò che ci estraneo, tra dentro e fuori, con la stessa linearità e nettezza dei confini di certi paesi africani. Ma solo Dio è onnisciente, solo Dio non sbaglia mai, solo Dio vede le cose invariabilmente alla chiara luce del mezzogiorno. Noi, esseri umani, viviamo nel crepuscolo delle probabilità, per noi esseri umani la Nottola di Minerva spicca il volo solo al tramonto, noi umani cerchiamo di fare il meglio in quel mondo di rischi e incertezze in cui il buon Dio si è compiaciuto di collocarci.

La linea metodologica di "Castrovillari" - se il dubbio si fa eccessivo, allora abbandona: non fare del tuo cuore un covo di biscazzieri - ha permesso alla Collezione di tenere il ritmo, di marciare compatta, di preservare l'armonia, di ammortizzare le (poche) perdite, di evolvere in modo naturale, per numero e qualità dei pezzi.
 
"Rigenerare il vecchio mondo - ecco l'istinto più profondo che sta alla base del desiderio del collezionista" - annota Walter Benjamin - e non c'è "[collezione] viva che non ospiti un certo numero di creature provenienti da territori limitrofi". Però non è facile, non è immediato, accogliere nel "vecchio mondo" delle "creature provenienti da territori limitrofi". Non lo è mai, per nessuna collezione, e non lo era in particolare per "Castrovillari", perché quando si ha un'idea e si riesce ad attuarla con tanta precisione al primo colpo, quando il traguardo è raggiunto d'impeto, l'effettiva evoluzione del "vecchio mondo" pone il Collezionista di fronte a problemi di scelta complessi e intricati, che non si può dare per scontato riuscirà a sbrogliare. Non era né facile né immediato far progredire "Castrovillari", se doveva rimanere "Castrovillari", dilatandone sì il territorio, com'è inevitabile per ogni collezione viva, ma rimanendo spietati nella sua perimetrazione, affinché potesse preservare il nome di "Castrovillari".

Sarà la giuria - come per tutte le collezioni "a concorso" - a tirare l'ultima carta, a dire se il Collezionista ha centrato l'obiettivo o l'ha mancato, e l'opinione della giuria sovrascriverà tutte le altre, senza possibilità di appelli. Ma il fatto oggi rimane, qualunque potrà essere un domani il verdetto della giuria. Il confronto tra "Castrovillari 1.0" (16 fogli) e "Castrovillari 2.0" (60 fogli) dà la dimensione evolutiva di una collezione, chiarisce che la collezione non è una democrazia dove uno vale uno, che l'aggiunta di nuovi pezzi aggiunge valore se e solo se ricorrono simultaneamente una serie di condizioni - pertinenza, amalgama, incastri, bilanciamento - che il Collezionista ha dimostrato di aver ben presenti quando ha deciso di premere sull'acceleratore.

Già "Castrovillari 1.0", ma soprattutto "Castrovillari 2.0", esprime il successo del Collezionista nella lotta decisiva: quella contro la "smania di possedere oggetti" - con le penetranti parole di Bruce Chatwin - una lotta necessaria per conquistare quegli "ampi orizzonti" che danno inizio alle avventure più fascinose e coinvolgenti.


La chiarezza della strategia di "Castrovillari" si correla - ancora una volta in modo per nulla scontato - alla precisione nelle azioni tattiche - scelta dei singoli pezzi, composizione delle pagine, estrema cura nelle descrizioni, nei layout e negli sfondi - sicuramente ispirate dalla straordinaria "Naples" del Dottor Melone, ma in cui riecheggiano, in ultima istanza, gran parte se non tutti gli insegnamenti di "Scilla e Cariddi".

Mi tornano alla memoria - per una mal controllata deformazione professionale - le parole di Walter Bagehot in "Lombard Street", un'opera pionieristica sul funzionamento dei sistemi finanziari e sul ruolo delle Banche Centrali. "Tutte le banche di Londra tengono la loro principale riserva in deposito presso il dipartimento bancario della Bank of England [...]. I broker [...] prestano la maggior parte del loro denaro e depositano il rimanente sia presso la Bank of England, sia presso qualche banchiere di Londra. Il banchiere a sua volta ne impresta una parte più o meno grande e deposita il resto alla Bank of England. In fondo a tutti, voi trovate sempre la Bank of England".

In fondo a tutti - a tutti quelli che hanno capito cosa vuol dire collezionare, che hanno davvero introiettato l'idea - voi troverete sempre "Scilla e Cariddi".

E cos'è "Castrovillari", in fondo, se non proprio una "Scilla e Cariddi" personalizzata e sartoriale, su misura per il Collezionista?


C'è in ognuno di noi un lato delicato, una parte sensibile, quasi una fragilità, che ci portiamo dentro e ci caratterizza, e spesso si schernisce, si chiude in sé, se le viene rivolto un apprezzamento che pensa di non meritare. I complimenti, d'altra parte, suonano invariabilmente cerimoniosi, marciano al ritmo di trombe e tamburi, esagerano pedissequamente ogni situazione, e finiscono col trasmettere a chi li riceve un senso di imbarazzo, più che una genuina felicità o anche solo una moderata soddisfazione.

Commentare "Castrovillari" - con questa consapevolezza - è allora un po' trovarsi tra Scilla e Cariddi: da un lato c'è il rischio che la sobrietà e la misura della Collezione non riescano a pizzicare le corde di chi non sussulta se non vede Trinacrie e Crocette, perché confonde la grandezza della collezione con la sommatoria semplice della grandezza dei singoli pezzi che vi sono dentro; dall'altro, c'è il rischio di un eccesso di reazione, di una resa incondizionata alla più sciatta retorica, di uno sperpero di aggettivi e superlativi - magari conditi da emoticon, come se la cucina dei complimenti non fosse già abbastanza speziata - smarrendo il contatto con i valori fondamentali della Collezione.

La mia Maga Circe - colei che ammonì Ulisse su come regolarsi con le due sentinelle dello Stretto - l'ho trovata laddove non avrei mai immaginato, l'ultimo luogo fisico cui verrebbe di pensare (o a cui non si penserebbe affatto) e che tuttavia soggiace alla giurisdizione della stessa anima. La mia Maga Circe è nel commento di Alessandro Arseni alla Collezione "Annullamenti di Lombardo Veneto" di Raffaele Alianello, parole che stacco dalla presentazione di quel vecchio catalogo della Arphil, faccio mie, e trapianto in questo nuovo contesto.

"Castrovillari" è una collezione "semplice, fresca", edificata su esemplari "carichi di storia". In "Castrovillari"...

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