COLLEZIONARE - Spunti dalla psicologia sociale

"Le armi della persuasione" è un libro divulgativo dello psicologo statunitense Robert Cialdini.

Cosa c'entra con il collezionismo? Tutto, direi, perché nulla è estraneo al collezionismo, perché collezionare impone di convocare tutte le proprie risorse - fisiche, psichiche, intellettuali, materiali - e perché non si può mai sapere come una nostra conoscenza o competenza, di tutt'altra natura e maturata in tutt'altro ambito, possa rivelarsi utile allo sviluppo della collezione.

Cialdini esamina sei tecniche persuasive - coerenza-impegno, reciprocità, riprova sociale, autorità, simpatia, scarsità - ma questo post non è una recensione al libro - che pure suggerisco di leggere - e quindi non le passerò ordinatamente in rassegna. Salterò tra i vari capitoli a seconda delle convenienze, in ragione di ciò che ha rilevanza per i temi di nostro interesse, avendo a riferimento il background delle "Conversazioni sul Collezionismo".

 

Le euristiche

Il Capitolo I ("La persuasione") si apre con l'aneddoto della venditrice di bigiotteria.

Un lotto di turchesi sostava nella vetrina del negozio ormai da mesi. La venditrice, esasperata, scarabocchiò su un biglietto un'indicazione di svendita - "per questo lotto, tutti i prezzi ×½" - e partì per un giro di affari. Trovò tutto venduto, al suo rientro. Già. Solo che la commessa aveva inteso lo scarabocchio al contrario: "per questo lotto, tutti i prezzi ×2".

Cialdini muove dall'aneddoto dei turchesi per introdurre i meccanismi della persuasione, e in particolare il concetto di euristica (nella fattispecie l'euristica "costoso=buono", che spiegherebbe perché può essere più facile vendere a un prezzo alto, anche se tutti, in teoria, vorrebbero pagare il meno possibile).

Le euristiche sono regole di decisione altamente semplificate (rispetto alla complessità della situazione da governare) che tuttavia spesso funzionano. Fantastico! Abbiamo una soluzione semplice a un problema complesso. Quale mai sarebbe il problema delle euristiche, se in generale funzionano?

Il problema sorge - appunto - quando le si continuano a usare anche in quei casi specifici in cui falliscono clamorosamente.

"Il comportamento automatico e stereotipato predomina in molte azioni umane perché in tanti casi è la condotta più efficiente, in altri è praticamente indispensabile. Tutti noi ci troviamo a vivere in un ambiente straordinariamente complicato quanto a stimoli, certamente il più complesso e mutevole che sia mai esistito su questo pianeta. Per farvi fronte abbiamo bisogno di scorciatoie. Non si può pretendere che riconosciamo e analizziamo tutti gli aspetti di ogni persona, evento e situazione che incontriamo anche soltanto nell'arco di una giornata: non ne abbiamo il tempo, l'energia o la capacità. Dobbiamo invece molto spesso ricorrere ai nostri stereotipi, alle nostre regolette sommarie per classificare le cose in base a pochi elementi chiave e poi rispondere senza pensarci su, purché sia presente uno qualunque di questi segnali attivanti. 

A volte succede che il comportamento che si mette in moto non sia adatto alla situazione, perché neppure il migliore degli stereotipi e dei segnali d'azione funziona tutte le volte. Ma ne accettiamo le imperfezioni, perché in realtà non abbiamo scelta. In mancanza di questi criteri sommari resteremmo paralizzati a catalogare, valutare e calibrare, e il momento di agire passerebbe senza ripresentarsi. E tutto lascia supporre che siamo destinati a servirci di queste scorciatoie ancora di più in futuro. Man mano che gli stimoli che vanno saturando la nostra esistenza continuano a farsi più intricati e variabili, dobbiamo affidarci sempre di più ad esse per riuscire a farvi fronte".

Su questo preambolo si coglie bene il senso del commento di Cialdini all'aneddoto della venditrice, visto dalla prospettiva dei clienti: "non se ne rendevano conto, ma reagendo all'unico elemento rappresentato dal prezzo non facevano altro che usare una scorciatoia, puntando su una carta sola. Invece di accaparrarsi faticosamente tutte le carte, cercando di imparare tutto quello che può indicare il valore effettivo di un turchese, contavano su una sola carta, su quell'elemento che per esperienza sapevano associato alla qualità di un articolo: scommettevano che il prezzo da solo li avrebbe informati di tutto quello che c'era da sapere".

La chiosa di Cialdini - "reagendo all'unico elemento rappresentato dal prezzo non facevano altro che usare una scorciatoia" - ricorda quei sedicenti collezionisti ossessionati dai "veri prezzi" dei francobolli.

Hanno bisogno anche loro di "una scorciatoia", di puntare "su una carta sola", anziché "accaparrarsi faticosamente tutte le carte, cercando di imparare tutto quello che può indicare il valore effettivo" (di un francobollo antico).

Giudicano fantasiose le quotazioni del Sassone, senza neppure saperle leggere e incapaci di soppesarle, ma spesso giudicano elevate anche le basi d'asta, e a volte persino i prezzi pagati.

Tutto costa sempre troppo, quando devono comprare. Se invece devono vendere, allora la filatelia è in crisi, e ogni oggetto va invariabilmente via a prezzi di saldo. Però tutto si risolverebbe - per magia - se solo la Sassone si decidesse a riportare i "veri prezzi" (che non esistono).

Richiamate la Quarta Conversazione e consacrate come un postulato questa semplice verità: nel collezionismo in generale, e nel processo di valutazione in particolare, le euristiche non funzionano mai.


La riprova sociale


La riprova sociale (Capitolo IV) è la naturale tendenza a imitare chi ci sta intorno, a trarre conforto dalla corrispondenza tra il nostro atteggiamento e ciò che fanno tutti gli altri: la verità siamo noi, recita il sottotitolo del capitolo.

Cialdini conclude la sua analisi con l'individuazione di una classe di individui particolarmente esposti a questo meccanismo: "la riprova sociale agisce molto efficacemente su chi, in una determinata circostanza, si sente incerto e spaesato e quindi è costretto a cercare fuori di sé indizi e direttive per il proprio comportamento".

Se l'assenza di quotazioni di catalogo - o la presenza di quotazioni che giudicate fantasiose - vi lascia incerti e spaesati; se le sollecitazioni esterne sono preponderanti nel regolare i vostri acquisti; se avete quindi bisogno di una riprova sociale in fatto di valutazioni, allora siete sicuramente a uno stadio ancora primitivo del vostro percorso collezionistico, ed è bene che ne prendiate atto, se non volete combinare un disastro dopo l'altro, sino a far scemare la passione. 


L'autorità

Il Capitolo VI è dedicato all'autorità, o per essere precisi, al meccanismo di "deferenza e risposta automatica all'autorità", che è "profondamente radicato dentro di noi", e quindi "è naturale aspettarsi che ci siano dietro delle buone ragioni".

Cialdini ne offre una giustificazione precisa: "Un sistema stratificato e ampiamente condiviso di rapporti d'autorità garantisce al gruppo un immenso vantaggio, permettendo lo sviluppo di strutture elaborate e complesse per la produzione, il commercio, la difesa, l'espansione e il controllo sociale, che altrimenti sarebbero impensabili. L'alternativa, l'anarchia, è una condizione di cui davvero non si conoscono effetti benefici sui gruppi culturali".

In definitiva - conclude Cialdini - "conformarsi ai dettami delle figure di autorità ha sempre portato autentici vantaggi sul piano pratico. Quando eravamo piccoli queste persone (genitori, insegnanti) ne sapevano più di noi e ci siamo dovuti accorgere che accettare le loro idee tornava a nostro beneficio, in parte perché erano più saggi, in parte perché gestivano le nostre ricompense e punizioni. Da adulti, gli stessi vantaggi perdurano per le stesse ragioni, anche se le figure di autorità sono cambiate. Dato che la loro posizione testimonia di un più ampio accesso a poteri e informazioni, è abbastanza logico adeguarsi alle richieste delle autorità costituite".

Il problema si pone perché la deferenza e la risposta automatica operano spesso a prescindere, "anche quando è totalmente assurdo".

Cialdini presenta e discute un esperimento inquietante.

Un medico impartisce al telefono degli ordini folli ad alcune infermiere, in fatto di somministrazione di un farmaco a dei malati. "C'erano quattro buoni motivi che avrebbero dovuto raccomandare cautela di fronte a un ordine del genere", scrive Cialdini. Innanzitutto la comunicazione telefonica violava il protocollo e la prassi dell'ospedale; il prodotto farmaceutico, poi, non era autorizzato e non apparteneva alla dotazione standard del reparto; il dosaggio prescritto era manifestamente eccessivo; la direttiva, infine, proveniva da uno sconosciuto. Ce n'era abbastanza per bloccarsi e farsi due domande. E invece la stragrande maggioranza delle infermiere (il 95%) si attivò per eseguire l'ordine (prima di essere bloccata da un osservatore che vigilava sull'esperimento).

"A quanto pare, di fronte alle direttive di un medico, le infermiere disattivavano la loro competenza, passando a una forma di risposta automatica. Nella decisione sul da farsi non interveniva nemmeno un po' della loro considerevole preparazione ed esperienza professionale: dato che l'obbedienza all'autorità legittima era da sempre la risposta più comune e più efficace nella loro situazione lavorativa, erano ormai portate a sbagliare per eccesso di obbedienza automatica. Tanto più istruttivo è il fatto che si fossero spinte fino al punto che l'errore non nasceva nemmeno da una risposta alla vera e tangibile autorità, ma al suo simbolo più facile da falsificare, il titolo nudo e crudo".

Il Catalogo Sassone è una delle autorità del mondo filatelico.

"Quanto fa di catalogo?" - sottointeso Sassone - è la domanda ricorrente per concludere una transazione. Il semplice fatto che tutti calcolino i prezzi come percentuali di catalogo - persino i critici più aspri - è indice dell'indiscussa autorità della Sassone tra collezionisti e commercianti (hai voglia a ripetere ossessivamente che le quotazioni Sassone sono "di fantasia": se i prezzi li calibri sulle quotazioni del Sassone, e se citi di continuo le quotazioni del Sassone accanto ai prezzi praticati, e se valuti la convenzione all'acquisto attraverso il raffronto con le quotazioni del Sassone, allora la Sassone è l'autorità a cui rispondi).

Ma al Catalogo Sassone, a volte, vengono attribuiti dei poteri magici, e addirittura c'è chi - con sprezzo del ridicolo - arriva a incolparlo della (presunta) crisi della filatelia, tanto grande sarebbe la sua autorità; il meccanismo di "deferenza e risposta automatica" assume qui una forma perniciosa.

Molti collezionisti, quando si parla di periti filatelici, amano ripetere che "bisogna diventare i periti di sé stessi", che "il miglior perito è il collezionista stesso", invitano cioè a ridimensionare - se non addirittura ad azzerare - l'autorità del perito filatelico. Poi, però, gli stessi collezionisti si inginocchiano davanti al Catalogo Sassone, fosse pure per maledirlo, ma sempre inginocchiati, tanto grande è la loro deferenza.

Le quotazioni di catalogo - se proprio gli si vuole dar peso - sono solo uno degli n elementi informativi a disposizione del collezionista, per formarsi una sua idea di prezzo. Ragionare sugli altri n-1 elementi - a iniziare dal ruolo dell'oggetto nella propria collezione, come discusso nella Quarta Conversazione - è fondamentale per non finire stritolati dal meccanismo di "risposta automatica all'autorità".
 

Scarsità


Il Capitolo VII parla di scarsità.

Il principio di scarsità - nella versione base - afferma che "le opportunità ci appaiono più desiderabili quando la loro disponibilità è limitata".

La situazione base può arricchirsi con ulteriori fattori. "Non solo desideriamo di più una cosa quando scarseggia, ma la desideriamo più che mai se dobbiamo competere con altri per averla [...]. Quando vediamo esaurirsi rapidamente qualcosa che desideriamo, ecco che entriamo in agitazione, specialmente se interviene anche la competizione diretta con dei rivali. Col sopravvento delle reazioni emotive la razionalità cede terreno e diventa difficile mantenere un atteggiamento calmo e distaccato".

La reazione spontanea alla scarsità attenua la lucidità di pensiero, perché "[n]el desiderio di accaparrarsi un oggetto conteso c'è qualcosa di molto primitivo".

Cialdini fornisce alcune direttive di comportamento. "Ogni qualvolta ci troviamo di fronte le pressioni suscitate dalla scarsità di un oggetto dato, dobbiamo chiederci che cos'è che vogliamo da quell'oggetto. Se la risposta è che lo vogliamo per il vantaggio sociale, economico o psicologico di possedere qualcosa di raro, allora la scarsità permette una stima adeguata del prezzo da pagare: quanto più è raro, tanto più è prezioso. Ma molto spesso non vogliamo una cosa solo per il gusto di possederla, bensì la desideriamo per il suo valore d'uso. In questi casi è d'importanza cruciale ricordare che le cose rare non sono per questo migliori".

Quindi - conclude Cialdini - "possiamo chiederci perché vogliamo quella data cosa. Se davvero ci interessa soltanto il suo possesso, allora la rarità serve a decidere ragionevolmente quanto possiamo essere disposti a pagarla".

L'analisi di Cialdini offre diversi spunti d'interesse (in tema di collezionismo).

La scarsità - nella generalità del commercio - è una condizione fittizia, creata ad arte dai maestri della persuasione, per manipolarci. Pensate a tutte le "offerte a tempo" ("disponibile fino al...") o alla dicitura "in esaurimento" che accompagna la vendita di certi prodotti, o ancora ai prezzi speciali "riservati ai primi dieci clienti che chiameranno": sono tutte formule per indurre a percepire una scarsità di per sé inesistente, e magari a stimolare una competizione per accaparrarsi l'oggetto.

Nel collezionismo, al contrario, la scarsità è una condizione reale, drammaticamente presente.

Sappiamo - dalla Prima Conversazione - che i francobolli antichi collezionabili sono pochi, una volta messo all'opera l'ineludibile filtro sulla qualità.

Sappiamo - dalla Terza Conversazione - che il possesso di un francobollo richiede la lotta (e perdere la lotta significa probabilmente perdere il francobollo per sempre).

"Scarsità" e "lotta" sono quindi condizioni strutturali, nel collezionismo di francobolli antichi.

Cialdini ci mette in guardia: quando l'oggetto è "scarso", e per averlo "interviene la competizione diretta con dei rivali", ecco che tutti noi "entriamo in agitazione", "la razionalità cede terreno e diventa difficile mantenere un atteggiamento calmo e distaccato".

Cialdini invita allora a fermarsi un attimo, per rispondere a una semplice domanda: perché vogliamo l'oggetto? Lo vogliamo "per il vantaggio sociale, economico o psicologico" oppure semplicemente "per il suo valore d'uso"?

Sappiamo - dalla Seconda Conversazione - che una collezione di francobolli vuole raccontare una storia, quindi non ha nessun valore d'uso, e il vantaggio nel possesso di un francobollo è tutto e solo psicologico, sta nel fatto di sapere che la narrazione della storia sarà più precisa e articolata, di rinnovato interesse, proprio grazie la presenza di quel francobollo.

In questo caso Cialdini ci sollecita a "una stima adeguata del prezzo da pagare", "a decidere ragionevolmente quanto possiamo essere disposti a pagar[e]".

E come si fa - nel nostro caso - ad arrivare a una stima adeguata e ragionevole? Come possiamo - nei riguardi della valutazione - "mantenere un atteggiamento calmo e distaccato", se nel desiderio di un oggetto conteso "c'è qualcosa di molto primitivo"?

Epilogo

"Troppo spesso nel prendere decisioni non utilizziamo tutti i dati disponibili, ma solo un elemento isolato e particolarmente rappresentativo. [...] malgrado la vulnerabilità implicita nelle decisioni che si fondano solo su alcuni dei dati a disposizione, il ritmo della vita moderna esige che spesso usiamo questo tipo di scorciatoie [...] e, per una maggiore efficienza, dobbiamo talvolta rinunciare al più elaborato e lungo procedimento decisionale che tiene conto di tutti i dati, ripiegando su un tipo di risposta più automatico e primitivo, basato su un unico elemento [...]. E' tanto più probabile che ci affidiamo a questi segnali isolati quando non abbiamo la disponibilità, il tempo, l'energia o le risorse cognitive per intraprendere un'analisi completa della situazione. Quando siamo in condizioni di fretta, stress, incertezza, indifferenza, distrazione o affaticamento, tendiamo a restringere il nostro campo focale, considerando una parte minore dell'informazione accessibile. Ecco allora che, quando prendiamo decisioni in situazioni del genere, spesso ripieghiamo sul metodo, primitivo ma necessario, di prendere per buono un singolo pezzo d'informazione".

Sicuramente, in generale, "il ritmo della vita moderna esige questo tipo di scorciatoie", ma il collezionismo - tra le varie meraviglie - serve anche a sottrarsi al "ritmo della vita moderna", a distaccarsi dagli automatismi della vita quotidiana, per rifugiarsi in un mondo di riflessione, di analisi, di approfondimento.

Quando parliamo di collezionismo abbiamo sempre - per definizione - "la disponibilità, il tempo, l'energia o le risorse cognitive per intraprendere un'analisi completa della situazione".

Quando parliamo di collezionismo - per definizione - non siamo mai "in condizioni di fretta, stress, incertezza, indifferenza, distrazione o affaticamento", anzi, siamo proprio nelle situazioni opposte.

Valutazioni approssimate - basate su procedure abbreviate - non sono quindi né ammissibili né perdonabili, se parliamo di collezionismo.

Valutazioni approssimate - basate esclusivamente sulle quotazioni di catalogo - non sono mai "adeguate e ragionevoli".

L'unica valutazione sensata - espressione di "un atteggiamento calmo e distaccato" - è quella che ricorre a un "elaborato e lungo procedimento decisionale che tiene conto di tutti i dati".


 

 

 

 

 




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