INTORNO AI SEMIOFORI - Collezione "Al di qua del Faro"


 

 



La personalità del collezionista è sempre stata oggetto di curiosità e di attrazione come gli oggetti da lui collezionati. Giornalisti, scrittori, psichiatri vi hanno elucubrato lasciando aperti mille interrogativi ripresi dalla letteratura, dal cinema, dalla televisione e dalla stampa.

Amante dell'unicità artistica, della singolarità storica, del lusso, della raffinatezza e dell'eleganza, estremi che fanno la rarità e l'eccezionalità dell'oggetto, il collezionista si distingue per la sua relazione con il mondo che lo circonda. L'immagine che ne riceve, il modo di collocarsi in relazione al tempo e il suo approccio con l'oggetto desiderato ne caratterizzano la personalità.

Pretesto per evadere, per possedere, per esprimersi, per compensare, per comunicare, condividere, distrarsi, istruire o istruirsi, collezionare è un modo per essere se stessi, in un mondo assolutamente proprio e segreto.

Quali misteriosi meccanismi, quali traumi, quali frustrazioni o quali piaceri spingono questo inquietante e inquieto personaggio a mettere insieme degli oggetti perpetuando ricerca ed evoluzione conoscitiva, ancora non si sa.

Giovani o anziani, a tutti i collezionisti è comune quell'ingenuo senso della "meraviglia", quell'entusiasmo infantile della scoperta che ne fa accettare i lati più spigolosi. 

Collezionare è sfidare il tempo, è ridare vita alle passioni umane, ai momenti e ai movimenti artistici, sociali e storici che hanno concepito e prodotto in un lasso di tempo limitato un determinato oggetto: ogni oggetto è, infatti, "vittima" della propria evoluzione e delle tenebre della memoria.

Collezionare è ricostruire la storia dell'oggetto e comprenderne l'evoluzione. E' dunque fra l'uomo e le sue creazioni, fra evoluzione e conservazione, fra storia e memoria, che il collezionista trova il proprio ruolo di archeologo e di storico. Spesso autodidatta, il collezionista è un ricercatore puro, con una propria autonomia e con un'identità storica ben definite.

Collezionare è ricercare e conservare i valori qualitativi della vita di ieri, è restituire al presente contingente il passato idealizzato e recuperare gli ideali di una perfezione artistica carica di emozioni, sentimenti, di passioni espresse attraverso oggetti d'arte e gli strumenti del mestiere.

Collezionista degli oggetti di un tempo, di tutti i tempi o del suo tempo, il collezionista è prima di tutto un raccoglitore di tesori del mondo e la collezione deve rispondere a quattro criteri. Prima di tutto l'oggetto da collezione deve essere testimone della propria epoca, ne deve emanare tutto lo spirito; poi deve corrispondere a un concetto di equilibrio e "harmonia", avere in sé un'architettura che ne faccia un tutto razionale, qualsiasi sia la sua "scala". L'oggetto da collezione deve poi avere un "carattere" che gli conferisca singolarità o rarità e deve infine riflettere una certa "qualità di esecuzione", in funzione della ricchezza dei materiali impiegati o della finezza artigianale del lavoro.

Alcuni collezionisti non sono né "ammassatori", né scientifici, né d'epoca, né di serie: amano semplicemente pochi pezzi ma di estrema e assoluta qualità...
 
 
   
Il Blog ha il piacere di presentare la Collezione "Al di qua del Faro - Napoli 1858-1863", del Signor Fabiani. Le parole di Luca Morelli - stralciate dall'articolo "Il Collezionista" - ne rappresentano la migliore introduzione. Poche precisazioni saranno sufficienti a qualificarla nella sua interezza.

"Al di qua del Faro" è un luogo in cui la memoria cerca riparo dal disturbo del mondo; è un modo di sfiorare il passato e percepire l'eco dei sentimenti che lo hanno animato; un racconto intarsiato di itinerari storici e sociali, di citazioni e riferimenti culturali, di pensieri e ricordi; un puzzle evocativo di un'epoca, in cui gli oggetti postali si posizionano e si incastrano per restituire - tra somiglianze e differenze - una narrazione originale.

"Al di qua del Faro" restituisce il pathos vissuto dal Collezionista nel riunire queste squisite opere d'arte in miniatura nello spazio chiuso e selezionato delle pagine d'album. Il Collezionista conosce i suoi tesori intus et in cute, li può interrogare uno a uno, e a ciascuno può dedicare un'intera giornata. Ne può documentare le sue origini lontane, ma anche la storia della sua scoperta e acquisizione, di quella predisposizione d'animo - fatta di dedizione e impegno - per entrarne in possesso.


"Uno dei principali tratti del 'vero' collezionista" - scrive Luca Morelli - "è la grande discrezione, quell'aspetto un po' segreto di chi la sa lunga e un poco dice: fra i più appassionati collezionisti, molti conservano gelosamente nascosta la loro collezione, altri vi si nascondono dietro".
 
Anche per il Signor Fabiani - come per tutti i collezionisti evoluti - "[lacollezione è solo l'ultima e silenziosa conferma di sé stesso, delle proprie competenze e delle proprie capacità".
 
Il Signor Fabiani - come ogni collezionista maturo - "evita di mettersi in mostra, non parla delle proprie conquiste, se ne compiace ancor meno" e "distribuisce con estrema pacatezza il privilegio di ammirare la propria collezione".

Perché - allora - la singolare scelta di esporre, e per di più in rete, a un pubblico potenzialmente infinito?

Ogni forma di collezionismo esprime un sentimento narcisistico di possesso e un'ossessione di ordine e controllo. Collezionare significa governare l'interazione tra la sfera emotiva - che vuole possedere, per ricordare - e la sfera razionale - che spinge a selezionare, per mettere ordine - indirizzando le suggestioni risvegliate da questo connubio straordinario.

La scelta di esporre è sempre un di più, dettato dalla vanità, dal desiderio di suscitare l'acclamazione del mondo, dalla voglia di competere con (e prevalere su) altri collezionisti, dal bisogno di affermarsi e farsi ricordare, di trascendere il tempo e lo spazio. Quale atteggiamento umano - pur nobile in superficie - non poggia in ultima analisi su istinti primordiali, se riguardato con occhio antropologico?

Ma nell'esposizione di "Al di qua del Faro" c'è qualcosa di diverso, in difetto e in aggiunta. Manca la dimensione competitiva, la medaglia, il premio, il punteggio, e tutto quell'apparato celebrativo sotto il dominio di una burocrazia orientata verso giudizi oggettivi, e che pure, spesso, assomiglia al vagare senza meta di un marinaio ubriaco, capriccioso come il vento. C'è, per altro verso, la voglia di leggere in pubblico una storia consueta - le peripezie ottocentesche del Regno delle Due Sicilie - attraverso il prisma di categorie nuove e originali.

Se ogni collezionista è alla ricerca di una storia da raccontare, e se questa storia prende la forma di una collezione, "Al di qua del Faro" fa sua quella "discreta presa di distanza da ogni specialismo" di cui parla Calvino nelle "Collezioni di sabbia", e si emancipa dal tecnicismo esasperato delle manifestazioni filateliche, per ritrovare il gusto di una "onnivora curiosità enciclopedica", il piacere di esplorare un'epoca attraverso l'ineguagliabile testimonianza offerta da una ragionata sequenza di francobolli, lettere e giornali.
 

"Al di qua del Faro", perché idealmente c'era un Faro a separare i domini del Regno - Napoli al di qua e la Sicilia al di là, dalla prospettiva del Pontefice - e non si può capire (il crollo di) Napoli se non si è prima capita la (tensione in) Sicilia, quella Sicilia che dà già segni di sé - col simbolo della Trinacria - nei francobolli di Napoli.

"Al di qua del Faro", per sfidare il tempo e ridare vita alle passioni che furono, per preservare i valori di ieri e consegnare un passato cristallizzato al presente contingente, attraverso le storie di personaggi poco conosciuti e la rivisitazione di personaggi già noti.

"Al di qua del Faro", per entrare in un mondo che racconta un innamoramento continuo, che offre la manifestazione visiva di una disposizione interiore, che vuole emozionare e sorprendere, perché - parafrasando il poeta Giovan Battista Marino - è del collezionista il fin la meraviglia, chi non sa far stupir, vada alla striglia.

 
 
 

 
  

 

 
 

 
 
 

Commenti

Post popolari in questo blog

KU FU? DALLA SICILIA CON FURORE

SEMIOFORI

LO STRANO CASO DI BENEVENTO E PONTECORVO