TOSCANA - La bellezza sia con te


 
I problemi concettuali - sosteneva il filosofo Ludwig Wittgenstein - sono tutti e solo problemi di linguaggio.
 
Il linguaggio è un dittatore, e senza i necessari contrappesi - senza una traduzione delle parole in fatti osservabili o in esperimenti almeno concettualmente eseguibili - finirà col renderci schiavi delle sue diavolerie.
 
Prendete la frase "il Sole sorge". Apparentemente semplice e innocua, di sicuro compresa da tutti, e tuttavia scivolosa, infida, perché trasmette l'immagine di un Sole in movimento: il Sole sorge, il Sole tramonta, è il Sole a girare intorno a una Terra immobile. Tanto più che l'immagine veicolata dal linguaggio è "convalidata" dalle percezioni sensoriali: noi vediamo il Sole muoversi, abbiamo la sensazione visiva di un Sole che si sposta nel cielo, nel corso della giornata.
 
Possiamo pure continuare a dire "il Sole sorge" - anche perché come dovremmo dire altrimenti? - a condizione di non dimenticarci di Copernico, di non cancellare - con una semplice frase - svariati secoli di scienza astronomica.

Siamo tutti sotto la tirannia del linguaggio, e mi sono reso conto che anch'io ne sono rimasto vittima, ogni qual volta ho discusso di qualità filatelica: ho spesso usato in modo interscambiabile, come fossero sinonimi, le parole "qualità" e "bellezza", ma qualunque linguista vi dirà che i sinonimi non esistono (perché non avrebbe senso - e di sicuro non sarebbe ottimizzante - introdurre parole diverse per esprimere uno stesso concetto).

Non solo "qualità" e "bellezza" non sono sinonimi - perché i sinonimi non esistono - ma non sono neppure parole affini, differenziate solo da sfumature all'interno di un macro-significato comune.

"Qualità" e "bellezza" insistono su realtà strutturalmente diverse, che si intersecano più per caso che per necessità: un oggetto filatelico di "grande bellezza" sarà spesso un oggetto di "qualità", ma non è detto che sia anche di "grande qualità", e potrebbero darsi situazioni in cui sia addirittura "difettoso"; così come, in senso inverso, un oggetto di "grande qualità" non è automaticamente un esempio di "grande bellezza", e a volte potrebbe essere addirittura parecchio distante dai paradigmi della bellezza, pur essendo "perfetto" e con caratteristiche che lo rendono qualitativamente superiore ad altri esemplari della specie.

Tra "perfezione", "qualità" e "bellezza" non esistono vincoli, nessuno dei tre concetti implica (o è implicato) automaticamente (da)gli altri: è sempre richiesta un'analisi puntuale, case-by-case, avendo chiari i significati effettivi delle tre parole - "perfezione", "qualità", "bellezza" - senza cedere a semplificazioni indebite e assimilazioni improprie.

Questo post vuol far chiarezza su un argomento su cui spesso si preferisce restare vaghi, nebulosi e ambigui, solo perché - si sa - nel torbido si pesca meglio.

Fuori i mercanti dal Tempio!

 
"Perfezione", "qualità" e "bellezza" sono tre concetti delicati.

Per discuterne seriamente, per tenere alto il livello del dibattito, servono serenità d'animo, raffinatezza di pensiero e spiccate capacità di analisi. Altrimenti si finisce nello scadere in un maleodorante accumulo di frasi fatte e luoghi comuni.

"Tutti hanno opinioni: io le ho, tu le hai. E fin da quando abbiamo aperto gli occhi ci hanno detto che abbiamo diritto di avere nostre opinioni. Beh, è una stronzata, naturalmente. Non abbiamo diritto di avere opinioni, abbiamo diritto di avere opinioni informate. Senza studio, senza basi, senza comprensione, un'opinione non vale niente. E' solo un farfugliamento. E' come una scoreggia nella galleria del vento, gente!". 

Lo scrittore Harlan Ellison coglieva un punto rilevante, e oggi divenuto drammatico con lo sviluppo della tecnologia.

Internet ha segnato un progresso eccezionale nelle vite di tutti noi, ma ha avuto pure le sue controindicazioni. Ci ha fatto dimenticare - ad esempio - che non abbiamo diritto di opinione e parola sempre e comunque, a prescindere; che parole e opinioni devono essere "informate"; che si può parlare solo in proporzione a ciò che si conosce e si è in grado di argomentare con rigore e in modo fruibile ai più. Altrimenti... niente vaccini perché causano l’autismo, viva il sale rosa perché è ricco di sostanze vitali per l'organismo, e poi omeopatia a pioggia, perché la Terra è assieme piatta e cava, e la prova è che nessun uomo è mai stato sulla Luna.

"I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli" - annotava Umberto Eco, durante la cerimonia di conferimento della laurea honoris causa in "Comunicazione e Cultura dei media" - "Prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. E' l'invasione degli imbecilli".

Già. Forum e Gruppi Facebook sono luoghi invasi da imbecilli, spazi generici popolati da idioti generici, convinti che parlare si deve perché parlare si può: anche se non si ha nessuna idea da esprimere, nessun argomento da proporre, nessuna suggestione con cui incuriosire - anche se nella propria testa c'è il vuoto pneumatico - si deve comunque parlare, aprire bocca e dargli fiato, che nell'era di internet significa battere i tasti del pc con la stessa consapevolezza di una scimmia urlatrice, soltanto perché la tecnologia ne offre l'occasione.
 
Questi atteggiamenti - qua dentro - non sono ammessi. La qualità del Blog va preservata sopra ogni cosa. Meglio pochi post e pochissimi commenti, in un contesto in cui tutto ha senso e significato, che quelle sequenze ininterrotte di "scorregge nella galleria del vento" caratteristiche delle community online.

Perché questo Blog è un luogo di ristoro dove gustare il sapore gratificante di un pensiero intelligente e misurato, perché qui trovano spazio solo opinioni "informate", e se parliamo di "perfezione", "qualità" e "bellezza", allora c'è una classe di individui automaticamente esclusa dalla discussione: i commercianti.

Chiunque commerci in francobolli - ufficialmente, ufficiosamente o sotto banco - non ha diritto di opinione e di parola - non qui, non nel mio Blog - perché il suo interesse materiale nella discussione (il denaro) lo priva automaticamente di tutta quella serenità d'animo, quella raffinatezza di pensiero e quella capacità d'analisi che - come dichiarato - sono prerequisiti ineludibili per una discussione sensata e utile.
 
Un 2 soldi offerto da quelli che... "la qualità, con gli occhi del collezionista".
 
 
 
Un 60 crazie offerto da quelli che... "la qualità è il nostro modo di vendere bene".
   
C'è un'altra categoria che deve rimanere fuori: i collezionisti che ragionano come i mercanti, quelli ossessionati dal "rientrare del pagato", per usare un'espressione a loro tanto cara, quelli che se gli mostri un pezzo di incomparabile bellezza ti dicono che "per quanto hai dovuto spendere per averlo, non rientrai mai del pagato, e questo è un guaio".
 
Sinceramente: persone così - che ragionano con l'idea di "dover rientrare del pagato" - cosa potranno mai aver messo nelle loro collezioni e cosa potranno mai dire di interessante in fatto di bellezza?
 
Ce li vedete Maurice Burrus e Alfred Caspary, i Signori "Pedemonte" e "Luxus", o l'Ingegner Provera, a preoccuparsi di "rientrare del pagato" al momento di fare selezione per decidere cosa acquistare e cosa no? Noi non siamo loro - non abbiamo le loro disponibilità economiche - ma perché dobbiamo precluderci di ragionare come loro, come ragionavano i grandi che hanno realizzato grandi cose, per poter replicare le loro stesse gesta in una scala conforme alle nostre possibilità?

Qui si ragiona e si agisce come Achillito Chiesa (nel ricordo Alberto e Mario Diena).
Perché anche se non siamo Achillito Chiesa, anche se non disponiamo dei suoi mezzi,
nulla ci impedisce di prendere a riferimento il suo pensare e agire per regolare il nostro,
senza mediazioni o compromessi, in un malinteso senso di libertà espressiva.
Perché spesso parliamo di "compromesso" per indicare una posizione mediata
- magari nobilitata dal celeberrimo "in medio stat virtus" -
e dimentichiamo che "compromesso" significa pure "non più funzionante".
 Qui - in questo Blog - non si accettano compromessi, in nessun senso.
Qui trovano spazio solo persone competenti,
   ed una persona competente non può che avere una posizione estrema,
perché la correttezza non si trova nel compromesso tra "esatto" e "sbagliato",
ma nel solo "esatto".
  
I mercanti - in senso stretto e in senso lato - devono uscire dal tempio, anzi, non devono proprio metterci piede; ma disgraziatamente coloro che non hanno diritto di opinione sono proprio coloro che più di altri avvertono l'irrefrenabile impulso di rilasciare le loro scorregge.

Persino la moderazione dei commenti - per cui uno può scorreggiare quanto vuole, ma nulla apparirà sul Blog se prima non riceve il mio nullaosta - è insufficiente per tenerli a bada: la semplice vista del box dei commenti - per tanti - è un invito a scorreggiare, e io - non abbiatevene a male - non posso stare appresso a gente con problemi di aerofagia, meteorismo e flatulenza.
 
Non avendo la possibilità di filtrare gli ingressi, mi trovo costretto a bloccarli tutti: questo post e i successivi rimarranno pertanto chiusi ai commenti.

Chi volesse esprimere la sua opinione - sottinteso "informata" - può contattarmi in privato, e valuterò di volta in volta se e in che misura integrare i post con le osservazioni ricevute.

L'avvertenza rimane per tutti la stessa: prima di reclamare il diritto di opinione e di parola, prima di battere furiosamente sulla tastiera per manifestare il vostro pensiero, assicuratevi di averlo davvero un pensiero, e di saperlo esprimere a modo, con precisione e chiarezza.
  

Perfezione

Alla "perfezione" filatelica si può riadattare la battuta di Tullio Regge sulla meccanica quantistica: non si capisce, semplicemente ci si abitua.

Cosa sia "perfetto" e cosa no - in filatelia - nessuno sa dirlo, nemmeno quei periti filatelici che concludono invariabilmente i loro pareri con la formula "è originale e perfetto" (come dimostra un'abbondanza di case-study, a cui ognuno potrà aggiungere i propri).

Si potranno sempre trovare dei "difetti" su un rettangolino di carta vecchio di secoli, pur di alzare a sufficienza le pretese di perfezione. E - in senso inverso - tutto apparirà "perfetto", se si asseconda acriticamente un buon senso che stigmatizza il perfezionismo su rettangolini di carta vecchi di secoli.

I collezionisti familiarizzano così col concetto di "perfezione" - e col suo complemento di "difettoso" - allo stesso modo con cui i fisici accettano il dualismo onda-particella: per abitudine. A lungo andare, a forza di esaminare oggetti su oggetti, si sviluppa una propria sensibilità e si matura una propria convinzione su cosa sia "perfetto" e cosa no, così da orientarsi nelle scelte di acquisto, senza però arrivare mai a una precisione espressiva che consenta di comunicare con gli altri. Non c'è alternativa. Bisogna semplicemente abituarsi a questa indeterminatezza.

Qui - però - il punto rilevante non è tanto l'ambiguità nella codificazione del concetto di "perfezione" filatelica, quanto la sua indipendenza dal concetto di "bellezza": un oggetto filatelico può essere manifestamente difettoso e, tuttavia, di grande bellezza.


Questo 6 crazie della tiratura del 1857 (filigrana a linee ondulate) è assottigliato: se visto al verso, in controluce, mostra "un punto chiaro", vale a dire un punto - individuabile da un maggior filtraggio di luce - in cui la carta è più sottile rispetto al resto della superficie.

L'assottigliamento è la tipica imperfezione prodotta da una sfortunata rimozione del francobollo dall'originario supporto cartaceo; oppure dallo strappo della linguella; o, ancora, da un uso improprio delle pinzette; ma è anche possibile che il francobollo sia nato così, con l'assottigliamento, vista la fabbricazione artigianale.

L'assottigliamento - quale ne sia la causa - è unanimemente giudicato un difetto; un francobollo assottigliato è sicuramente difettoso, si annovera tra le "seconde scelte" e il prezzo di riferimento subisce una forte decurtazione (rispetto al nominale di catalogo).

E tuttavia vi sfido a creare una collezione di "Toscana" fatta tutta e solo di pezzi di "seconda scelta" belli come questo 6 crazie. Non ci riuscirete. Perché è impossibile trovarli. Perché di francobolli così belli ne esistono pochissimi, e di sicuro in quantità insufficiente per poter montare anche solo un principio di collezione.

La bellezza se ne sbatte della perfezione, la bellezza non riconosce nessuna autorità sopra sé stessa.

Qualità

Il Blog ha proposto un ciclo di post sulla qualità filatelica che a oggi - senza falsa modestia - ne rappresenta la codificazione più chiara, precisa e rigorosa.

Non dovete mai discutere di qualità, con nessuno, senza prendere a riferimento la metrica proposta dal Blog, che - lo ripeto - rappresenta il miglior protocollo di valutazione a oggi disponibile.

Anzi no. Fate come volete. Poi, però, non dite di non essere stati avvertiti.

Qui ritengo di aggiungere solo una precisazione, magari ovvia, ma non banale: la qualità non può fare a meno della perfezione.

La qualità è quindi un paradigma più debole della bellezza, perché soggiace a un vincolo - la perfezione - di cui la bellezza può fare a meno.
 

Bellezza

Io la penso come lo scrittore austriaco Ferdinand Kürnberger, citato da Wittgenstein in esergo alla prefazione del suo Tractatus logico-philosophicus: "... e tutto ciò che si sa, che non si sia solo udito ruggire e rombare, può essere detto in tre parole".
 
E' vero: se lo sai - per averne fatto esperienza ripetuta e per avervi riflettuto di continuo - allora  lo sai dire in tre parole; e per converso, se non sai dirlo in tre parole, allora hai solo la confusione di chi ha udito il ruggire e il rombare del caotico mondo circostante.

Potete ricamare quanto volete intorno a una teoria, a una dottrina o a una visione della vita, potete rifinirla a piacere e cavarne il sottile dal sottile, ma l'idea di fondo, se l'avete interiorizzata, se è parte di voi sino a non poter più concepire il mondo senza di essa, saprete sempre esprimerla in tre parole o poco più.

Cos'è, dunque, la bellezza?
 
La bellezza è tutta attrazione e nessuna distrazione.

Non c'è altro da dire, in linea di principio. O meglio: tutto ciò che si può dire è un dilatare ciò che - nella sua essenza - è già stato detto in quattro parole: tutta attrazione, nessuna distrazione.

Dopodiché, se proprio ci teniamo, ricamiamo pure.

 
 
Questi due esemplari da 1 quattrino della tiratura del 1851 (filigrana a corone) sono entrambi di qualità eccezionale; in particolare, il quattrino alla vostra sinistra - il cosiddetto "quattrino Bolaffi", perché proveniente dallo stock personale di Giulio Bolaffi, riprodotto sul Catalogo Enciclopedico - è stato qui proposto come un candidato allo status di "migliore esemplare noto"; il quattrino a destra è invece appartenuto alla collezione del Conte Bargagli Petrucci, un nome storico della filatelia toscana.

Nessuno può questionare sulla qualità di questi due esemplari, avendo a riferimento i canonici parametri di valutazione, a prescindere dai gusti personali.

La qualità eccezionale dei due francobolli è fuori discussione. Ma sono anche due esempi di bellezza filatelica?

No, non lo sono, non possono esserlo, perché la bellezza è tutta attrazione e nessuna distrazione, laddove i due esemplari presentano un evidente - e comune - elemento distrattivo: il margine alla sinistra dell'osservatore.

Potete essere collezionisti di lungo corso o neofiti, filatelici d'esperienza o principianti,  avventori di passaggio o semplici curiosi, ma la vostra attenzione - nell'osservare i due francobolli - sarà invariabilmente catalizzata dal margine sinistro; è lì che va naturalmente lo sguardo - sul margine alla vostra sinistra - ed è lì che tende a ritornare non appena lo si distoglie, qualunque sia la vostra sensibilità e maturità filatelica, e per quante altre belle caratteristiche possano avere i due esemplari.

Il margine sinistro distrae, in entrambi gli esemplari. C'è poco da fare: è così.

Non mi azzardo a simularlo sul "quattrino Bolaffi" - perché siamo tutti abituati a vederlo così come si presenta - ma sul suo gemello eterozigoto si può operare un taglio virtuale per restituire una prima idea della potenziale contrapposizione tra qualità e bellezza.
  
 
L'operazione chirurgica non richiede troppe spiegazioni: è stato semplicemente rimosso l'elemento distrattivo, il sovrabbondante margine sinistro, e con l'occasione si è proceduto a rifinire anche il margine destro.

Qualcuno potrà osservare - non senza ragione - che così si è ridotta la qualità dell'esemplare. Sì, può darsi: un margine più ampio è meglio di uno più stretto, se parliamo di qualità. Ma noi, qui, parliamo di bellezza, non di qualità, e quando si parla di bellezza - a volte - less is more.

E neanche a dire che l'ipotetico taglio abbia alterato uno stato di conservazione difficile da riscontrare: di "Marzocchi" con margini sovrabbondanti, al punto da mostrare le scritte degli esemplari vicini, non dico che ve ne siano how many you want, ma sicuramente la casistica è più diffusa di quanto possa suggerire un'intuizione ingenua. 
 
Estratto dal catalogo d'asta della Collezione "Seta" (Corinphila, 12 dicembre 1999). 

Non potremo mai saperlo, ma se vi fosse la possibilità di avere la controprova, e quindi di scommettere, sono sicuro che la più parte di noi punterebbe belle somme di denaro sul fatto che i lotti 406, 412, 418, 427, 441, 459 provengono dal taglio di un multiplo, realizzato a meri fini collezionistici (con l'obiettivo cioè di creare un esemplare di qualità superiore, quindi commerciabile a prezzi più elevati).

Io - a differenza di altri - non critico l'operazione di taglio in sé, a prescindere dalla valutazione di merito del pezzo originario su cui viene realizzata; critico - negli esemplari della "Seta" così come nei dei due pezzi da un 1 quattrino - le modalità con cui è stata effettuata.
 
Chi taglia in quel modo - lasciando visibili  le scritte degli esemplari adiacenti, in tutto o in parte - non possiede gusto né sensibilità estetica né raffinatezza. Obbedisce semplicemente a un automatismo folle (più il margine è ampio, meglio è) pur intuendo di non dover esagerare nell'estensione (come nel caso dei quattrini) ma senza possedere il discernimento necessario per capire dove fermarsi.
 
Il tipico oggetto che può piacere da impazzire
a chi ha realizzato i tagli sui quattrini Bolaffi e Bargagli.

La contrapposizione tra qualità e bellezza - mostrata giocando sul "quattrino Bargagli" - sembra suggerire un criterio operativo per riconoscere la bellezza: la simmetria dei margini.

Si può pensare - in generale, con buone ragioni - che un oggetto bello debba essere il più possibile simmetrico, perché la simmetria - per sua natura - è priva di elementi distrattivi, colpisce nel suo insieme e non dà rilevanza a nessun particolare. 

L'osservazione è corretta - molti francobolli belli presentano margini ampi e simmetrici - ma non la si può usare per perimetrare la bellezza, per escludere cioè gli oggetti asimmetrici dal novero della bellezza.

Il contro-esempio è immediato: i bordi e gli angolo di foglio.

Bordi e angoli di foglio creano un'evidente asimmetria nel francobollo, e tuttavia sono unanimemente riconosciuti, da sempre, un elemento di pregio suscettibile di aggiungere grande bellezza e fascino.

Com'è possibile che un'asimmetria - di per sé distraente - sia fonte di bellezza?

La spiegazione - a volerla distillare - è nella rima tra bellezza e naturalezza: l'animo umano può accettare e gradire l'asimmetria - senza viverla come un fattore distrattivo - a condizione di percepirla connaturata all'oggetto, come parte strutturale della sua stessa natura.

Un oggetto bello trasmette sempre la sensazione di essere "naturale": non importa che lo sia davvero, nella realtà oggettiva, ma è fondamentale che lo appaia nella percezione soggettiva; deve "sembrare naturale", avere "l'apparenza della naturalezza" (e tanto meglio, poi, se "naturale" lo è davvero).

Il requisito della naturalezza ha degli effetti di retroazione, conduce a un riesame critico della richiesta di simmetria.

Dovreste aver notato - per quel minimo di spirito di osservazione che ogni collezionista dovrebbe possedere - che nessuno degli splendidi oggetti di Madre Natura obbedisce a schemi propriamente simmetrici. Madre Natura crea la realtà attraverso meccanismi frattali - uno stesso motivo di fondo ripetuto di continuo a diverse scale di osservazione - e i suoi oggetti appaiono spesso "rotti", "spezzati", "frastagliati", "irregolari", e pur bellissimi. 

Per dirlo in due parole - e generalizzare il punto di vista - la simmetria è innaturale

Il nostro culto per la simmetria proviene probabilmente da una rapida generalizzazione dell'osservazione della forma esteriore del corpo umano, ma gli oggetti simmetrici sono sempre artefatti, creati bell'apposta, figli di interventi consapevolmente orientati a generare simmetria.

Fronteggiamo così un dilemma: da un lato, i nostri canoni di bellezza ci spingono a ricercare oggetti simmetrici, ma dall'altro una simmetria eccessiva o mal calibrata rischia di apparire innaturale, tutt'altro che bella. Tra simmetria e naturalezza vi è cioè un trade-off, un conflitto: ognuno dei due parametri - se visto singolarmente - ha valore e significato, ma quando si schiaccia l'acceleratore su uno, ecco che viene automaticamente tirato il freno a mano sull'altro, e non si può accrescerne uno senza vedere ridursi l'altro.

Vedetela nei termini di un obiettivo imprenditoriale, se l'analogia può aiutare.

Un imprenditore può portare sul mercato q=100 unità del suo prodotto, e vendere ogni unità a un prezzo p=10; incasserà allora p×q=10×100=1.000 euro. Oppure può portare q=150 unità, ma allora dovrà praticare un prezzo più basso, se vuole smerciarle tutte, diciamo p=8. In questo caso incasserà p×q=8×150=1.200, ed è senz'altro conveniente produrre di più e vendere a un prezzo unitario minore. Potrebbe volersi spingere oltre, produrre una quantità doppia, q=200, sapendo di poterla vendere per intero a un prezzo unitario p=4; in questo caso, però, incasserebbe p×q=4×200=800, e non sarebbe più conveniente rispetto alle alternative.

Quantità e prezzo si contrastano: se si aumenta la quantità, si deve ridurre il prezzo; se la si riduce, si può alzarlo; e tutta la bravura imprenditoriale sta nel trovare quei due particolari valori di p e di q tali che il prodotto p×q sia massimo.

Lo stesso avviene con la bellezza: quanta più simmetria si crea, tanti più elementi distrattivi vengono eliminati, ma tanto più artefatto rischia di apparire l'oggetto (e quindi lontano dalla bellezza); se invece si toglie simmetria, l'oggetto acquisita una sua naturalezza, che però non è detto realizzi un ideale di bellezza ("gli oggetti belli sono naturali" non vuol dire che "gli oggetti naturali sono belli").

Quale sarà il punto di caduta? Impossibile individuarlo in astratto. Serve procedere caso per caso, e ogni caso avrà le sue specificità.

Qui ne propongo due, situati agli estremi, perché i concetti diventano cristalline quando si esasperano le situazioni (e così si dispone di un metro accurato con cui misurare i casi intermedi).


Questo esemplare da 1 crazia del 1851 (filigrana a corone) presenta un grado di simmetria tanto elevato quanto innaturale, a causa di margini eccessivamente ampi. Quel che ne viene fuori è un "fenomeno da baraccone", sideralmente distante da qualsivoglia canone di bellezza: il francobollo è tutta distrazione e nessuna attrazione - anche a causa di un annullo ripetuto - esattamente il contrario di ciò che ci si attende quando parliamo di bellezza.
 

Questo esemplare da 1 quattrino del 1851 (il "quattrino Harris-Seta") presenta un grado di simmetria pressoché perfetto, ma decisamente più discreto, che non alterata la sensazione di naturalezza (e infatti era stato proposto ex-aequo col "quattrino Bolaffi" per lo status di "migliore noto"). Il francobollo - con tutta probabilità - è stato costruito a tavolino, ma non importa ciò che il francobollo "è" o "non è", rileva solo ciò che "sembra essere", e qui può ancora sembrare naturale.
 
 
Capisco la wonderful confusing in cui probabilmente vi trovate.
 
Come quando si dice che una pianta naturale è così bella e ben curata da sembrare finta, ma si dice pure che una pianta finta è così bella e ben fatta da sembrare vera.
 
Oppure come quando si dice che la miglior recitazione è quella che non sembra una recitazione, che appare naturale e spontanea, e che però - per essere raggiunta - richiede numerosi e complessi artifici.
 
Dov'è dunque la bellezza? Nella naturalezza (dell'oggetto così com'è) o nella finzione (della simmetria)?

E se la linea d'argomentazione vi sembra già audace, sappiate che lo è molto di più: la tana del bianconiglio è assai più profonda di quanto si creda.
 

Vi mostro una circolare da Firenze (Granducato di Toscana) a Urbino (Stato Pontificio), arrivata a destinazione il 28 agosto 1858, e affrancata "in perfetta tariffa" - secondo le convenzioni della Lega Austro-Italica - con esemplare da 1 soldo con filigrana a linee ondulate, l'esemplare più raro della seconda tiratura.
 

Questo oggetto filatelico - intermediato da Renato Mondolfo verso la collezione dell'Ingegner Provera - non solo è di qualità eccezionale, ma è anche un ottimo esempio di bellezza.
 
E se l'affermazione vi ha spiazzato, se vi appare in contrasto con la tesi sin qui sostenuta, vuol dire che non siete ancora entrati nel giusto ordine d'idee.
 
Sì, è vero, questo soldo esibisce dei margini fortemente asimmetrici, ma il suo trovarsi ancora sul documento originario - conforme alle regole postali e in eccezionale stato di conservazione - ci restituisce un'immagine di assoluta naturalezza dell'intero insieme: il francobollo "è nato così", fu ritagliato a suo tempo da una mano sicuramente distratta, ma tutto fa parte di un flusso ordinario di eventi dell'epoca, vediamo un documento così come è nato, senza alterazioni, senza manomissioni postume per accrescere l'appetibilità dell'oggetto, per aumentarne il valore commerciale.
  
La percezione della bellezza presuppone la capacità di contestualizzazione.
 
E siamo solo all'inizio.
 
L'immagine percepita dal cervello di alcuni maniaci
ogni volta che i loro occhi si posano su un francobollo.

Sapete cos'è la pornografia?
 
No, non la sapete. Lasciate che ve lo spieghi.
 
Pornografico è tutto ciò che è privo di messaggi, di contenuti, di significati, di senso e scopo, e tuttavia riesce a trasmettere una scarica di adrenalina o  a far rilasciare dopamina, e in generale a suscitare una sensazione istantanea di eccitazione o benessere. Come la tettona-hentai qui sopra, ad esempio.
 
L'oltraggio alla bellezza è scambiarla per pornografia: vedere nel francobollo un oggetto "di piacere in sé", a prescindere dal suo potenziale espressivo, da ciò che può o è in grado di comunicare.

La confusione tra bellezza e pornografia ha la sua manifestazione più deprimente nella percezione dell'annullo: un principio in sé corretto - l'annullo deve rispettare la vignetta - viene eretto a dogma, ripetuto ossessivamente senza comprensione della situazione di fatto, sino a degradarlo a uno slogan che dà la cifra esatta del collezionista-pornografo.
 
I pornografi percepiscono l'annullo come un elemento di disturbo, di fastidio, un intralcio  al godimento suscitato dalla visione francobollo, come probabilmente vedono un'interferenza nel vestito indossato da una donna, una barriera allo splendore del corpo femminile nudo.

E non capiscono - i pornografi - che l'annullo è una parte strutturale, costitutiva, di un francobollo usato, così come la scelta di un vestito può segnalare la raffinatezza e il buon gusto di una donna, raccontandoci molto di lei, e per questa via comunicandone la bellezza.
 
Per loro - per i pornografi - l'annullo deve invece lasciare sempre e comunque libero il "Marzocco", e non si chiedono - non arrivano mai a chiedersi - a quale prezzo assurdo viene spesso raggiunto un "Marzocco" libero dall'annullo.

Non capiscono che il "Marzocco" e il suo annullo hanno pari dignità, perciò tutto quel che ci si aspetta da un bel "Marzocco" ce lo si deve attendere anche dall'associato annullo, e se si pretendere di vedere bene il "Marzocco" allora la stessa pretesa di chiara visione la si deve avere verso l'annullo che lo colpisce.
 

Questi due esemplari da 1 soldo con filigrana a corone restituiscono il senso della contrapposizione tra pornografia e bellezza.
 
I pornografi vi diranno che l'esemplare alla vostra sinistra è "più bello" perché l'annullo lascia completamente libero il leone e il tassello del valore, laddove l'esemplare di destra ne viene invece ricoperto.
 
E non si accorgono - i pornografi - che per avere un leone ben visibile si è dovuto pagare il prezzo di un annullo illeggibile, laddove il leone coperto ha invece il pregio di un annullo spettacolare.
 
Cosa comunica l'annullo del "Marzocco" di sinistra? Nulla. Cosa comunica l'annullo del "Marzocco" di destra? Tutto - citta, mese e anno - e per di più in modo cristallino.
 
Ritorna così il trade-off, il conflitto, tra le dimensioni della bellezza: da un lato, è vero, vogliamo una vignetta visibile, ma dall'altro vogliamo pure un annullo ben impresso e comunicativo, e le due istanze son complicate da conciliare, perché - in generale - quanto più si vede la vignetta quanto meno si vede l'annullo (e viceversa).
 
Quale sarà - di nuovo - il punto di caduta? Impossibile a dirsi, in astratto. Serve procedere caso per caso, e ogni caso avrà le sue specificità.
 
Quel che posso fare - a titolo di esempio - è proporvi alcuni casi tratti dal catalogo n. 7 di Renato Mondolfo del 1966, in cui tutte le richieste in gioco - "Marzocco" visibile, annullo chiaro e comunicativo - appaiono molto ben contemperate.
 
Il francobollo da 1 soldo presenta quattro margini bianchi e regolari,
e un annullo nitido che lascia libero il "Marzocco" e il tassello del valore,
ma al tempo stesso comunicativo del luogo e del tempo
 (Firenze, marzo 1855, anche se l'informazione non si legge per intero).
La coppia della crazia è un gioiello filatelico:
francobolli ben marginati e nati già con parte gli esemplari adiacenti,
uno che accoglie l'annullo muto (di Seravezza) 
e l'altro che lo fa parlare (col circolare nominativo),
entrambi nitidi, perfettamente impressi,
a formare un insieme virtualmente irripetibile.
La coppia del 6 crazie è un altro piccolo miracolo:
rappresenta la bellezza di una coppia per antonomasia,
è la coppia così come dovrebbe sempre essere,
perfettamente marginata e con un annullo chiaro e completo,
quindi massimamente informativo (Livorno, 11 settembre 1857)
ma che rispetta i leoni e i tasselli del valore, come meglio non potrebbe.
 
Ma di là dei singoli casi - su cui ognuno potrà continuare a riflettere da solo, per affinare la propria sensibilità - va colto un argomento fondamentale: la bellezza è una porta di accesso privilegiata alla conoscenza e gli oggetti belli sono sono invariabilmente portatori di messaggi, di spunti, di curiosità.
  


L'enorme problema di questo 2 soldi non è  certo l'annullo che oscura il muso del leone, e neppure i margini più che ordinari rispetto alla norma.
 
Quel che ne uccide sia la bellezza che la qualità - e vi invito a tornare all'immagine ingrandita, all'inizio del post - è la striscia di sporco che lo attraversa, dalla "A" di "FRANCOBOLLO" alla "O" di "TOSCANA", passando per lo scudo e la criniera: è come se una lumaca fosse passata sopra il pezzo e vi avesse lasciato un suo "ricordo", e quel segno di sporcizia distrae, chiama l'attenzione su di sé, laddove la bellezza è tutta attrazione e nessuna distrazione.  

 
Questo 2 soldi è invece di qualità eccelsa, il classico francobollo di cui un pornografo direbbe "lo avrei fatto proprio così, se avessi potuto farlo da me".

Ma è davvero così bello come sembra a un primo sguardo sommario? E dove mai sarebbe la bellezza dell'annullo? Non c'è, perché - semplicemente - è proprio l'annullo a non esserci, a non vedersi.

E vedere l'annullo è importante tanto quanto vedere il leone, perché l'annullo non è un intralcio alla bellezza del francobollo, ma una sua componente costitutiva: non vedere l'annullo è come non vedere il leone, e qui, in questo 2 soldi, l'annullo non si vede.
 
Fate attenzione - in generale - a non svilire i francobolli, a non degradarli a delle tettone-hentai, anche perché, quando si scende negli abissi del porno, potrebbe non esserci un fondo a porre un limite al pessimo gusto.    

 
Questo 2 soldi è l'equivalente di un film con gente coperta di latex che si frusta sulle chiappe: un oggetto buono per la contemplazione goduriosa, priva di ulteriore scopo, da parte di una nicchia di individui che provano piacere ammirando latex e fruste.

Questo 2 soldi è la dimostrazione che un oggetto bello sembra sempre naturale, ma un oggetto naturale non è detto che sia bello (anzi, in generale non lo è).
 
Anche a fingere di non vedere un margine inferiore strappato, anche a ignorare un margine sinistro in cui il bianco va a sparire, rimane da chiedersi quanto cattivo gusto occorra per essere attratti da un 2 soldi con annullo così sgraziato e inespressivo, lasciatemi dire isterico e schizofrenico, e il solo pregio (sic!) di lasciar liberi il leone e il tassello del valore.
 
Il francobollo è un oggetto comunicativo, portatore di significati da ricercare e valorizzare attraverso il suo ragionato accostamento ad altri francobolli, ad esempio per creare la magia della ripetizione del pezzo, uguale e ogni volta diverso, per scoprire la bellezza della diversità all'interno di un ceppo comune, il gusto sottile della compresenza di uguaglianza e distinzione.
    
La documentazione degli annulli di Toscana sul francobollo da 2 soldi:
una delle più belle selezioni possibili.
 
 
 

 Mi sono divertito a creare un insieme filatelico di particolare bellezza,
che ha imposto giocoforza il sempre controverso uso delle forbici
(anche se in questo caso solo virtuale, sulle riproduzioni dei pezzi).
Ho dovuto rifilare il margine superiore dell'esemplare in basso a sinistra,
perché si presentava così sovrabbondante da mostrare parte della scritta "1 SOLDO";
e ho dovuto tagliare una coppia per creare l'esemplare in basso a destra,
(senza peraltro che nell'operazione si possa vedere un delitto filatelico,
perché la coppia è difettosa: il margine destro dell'esemplare sacrificato è corto,
e lo stesso esemplare sacrificato mostra tracce di sporco piuttosto sgradevoli).
L'insieme è complessivamente di eccezionale bellezza,
anche perché tre esemplari su quattro sono di tinta giallo-oro,
la più suggestiva e accattivante, sugli esemplari da 1 soldo del 1851.
Ritorna il gioco della ripetizione, dell'esemplare ogni volta uguale e diverso,
a cui si aggiunge il gioco di specchi dei rimandi reciproci tra i pezzi:
due annulli "P.D.", ma di forma diversa, uno in nero e l'altro in rosso,
e poi due annulli "a cresta", anche qui in nero e in rosso.
Disgraziatamente, l'annullo rosso "a cresta" manca di nitidezza
- quindi non parla, non dice nulla, non è informativo -
e per colmo d'ironia la sua parte ben visibile si trova sull'esemplare sacrificato.
Sono cose che succedono e che bisogna saper accettare,
perché alla fine si può solo collezionare ciò che esiste davvero,
e non quel che uno vorrebbe che esistesse ma nella realtà non c'è.
La bellezza - a volte, il più delle volte - rimane un asintoto:
una situazione a cui ci si può approssimare, anche piuttosto bene,
senza però mai raggiungerla davvero del tutto.
 

 
1 quattrino del 1851:
margini ampi sino a mostrare diverse cornici degli esemplari adiacenti (e non oltre);
taglio regolare e simmetrico che non altera la percezione di naturalezza;
annullo nitido, pressoché interamente visibile, che lascia libero il volto del leone.
Uno degli esempi migliori di bellezza filatelica.
 
 
 
 Le infinite possibilità della bellezza filatelica:
possiamo avere esemplari con le cornici degli adiacenti,
un annullo completo che prende tutto il francobollo senza occultarlo,
e col pregio ulteriore di essere di colore rosso,
come si vede nel 6 crazie del 1851 al centro;
oppure si può avere un esemplare con margini ben squadrati,
un annullo nitido e leggero che comunica tutto quel che può comunicare,
e una carta azzurra di sfondo particolarmente intensa,
come si vede nel 4 crazie del 1851 a sinistra;
e, ancora, si può avere anche un esemplare con una marginatura irregolare,
e che tuttavia non disturba perché  preserva un'apprezzabile naturalezza,
esaltata dalla nitidezza e completezza di uno degli annulli più suggestivi
e da una tinta pregiata straordinariamente vivace,
come si vede nel 9 crazie del 1851 a destra.
 
 
 
    
Questo francobollo da 1 quattrino del 1857
è un caso speciale di bellezza, che merita una discussione a sé.
Con ogni probabilità, l'esemplare è figlio di un taglio a tavolino,
e tuttavia la lieve irregolarità del margine alla destra di chi guarda
è già sufficiente a restituire una sensazione di naturalezza:
non c'è nulla, in questo francobollo, che distragga.
Del tutto particolare, poi, la situazione determinata dall'annullo.
Vi sono ben tre impronte a sbarre nere
- una centrale, una in basso sul tassello del valore e una nell'angolo in alto a destra -
che in qualunque altra circostanza avrebbero determinato un crollo (di bellezza e qualità).
Ma non qui, non su questo specifico quattrino,
di un nero così intenso da amalgamarsi con il nero delle sbarre:
non c'è nulla - ancora una volta - che distragga lo spettatore. 
E' un esemplare - nel complesso - di notevole e peculiare bellezza,
che come tutte le cose belle appare di rado sul mercato,
e quando appare si fa notare, eccome se si fa notare. 



 
Vediamo questo esemplare da 1 quattrino - per la prima volta - in un'asta Italphil del 1977:
la quotazione di catalogo è di 260 mila lire, la base d'asta è quasi il doppio, 500 mila lire,
e l'aggiudicazione al martelletto vola a 900 mila lire, da maggiorare per le commissioni.
  
 
 
Servono più di 45 anni per rivedere il nostro quattrino sul mercato:
è il 2023, e a differenza del 1977, la base è irrisoria rispetto alla quotazione di catalogo.
Ma in un'asta - si sa - non importa il prezzo di partenza. Conta solo quello di arrivo.
E' l'aggiudicazione al martelletto - da maggiorare per commissioni al 26% -
conferma un fatto invariante nel tempo e nello spazio:
i francobolli belli costano e bisogna pagarli tutto quel che serve.
 
 

Specchio, specchio della mie brame,
qual è la crazia più bella del reame?
La più bella, per l'amor del cielo, la più bella!
Quale - tra le due - è "tutta attrazione e nessuna distrazione"?
Quale - tra le due - comunica più informazioni?
Dov'è la bellezza e dove la bizzarria?
 
 
 
Uno degli oggetti filatelici più belli del Granducato di Toscana:
Lettera da Scarperia a Firenze, del 24 apre 1855,
affrancata con una coppia dell'1 crazia carminio e due coppie del 2 crazie azzurro,
per un totale di 10 crazie, la tariffa di una raccomandata per consegna
come da indicazione manoscritta "Con Lire quaranta e Soldi quindici"
(equivalente a dire 2 crazie per la lettera e 8 crazie per la raccomandata).
 Le due coppie del 2 crazie sono annullate con il timbro "PER CONSEGNA",
la coppia dell'1 crazia con il timbro "a doppio cerchio".
E' un oggetto filatelico di per sé ricco di informazioni,
che ci parla tanto di filatelia quanto di Storia Postale,
e a cui siamo incentivati a prestare ascolto proprio dalla sua grande bellezza.
Siamo a metà '800, i francobolli sono solo oggetti per il pratico uso,
e a nessuno balzerebbe mai in testa l'idea di realizzare una "affrancatura filatelica".
E, tuttavia, la bellezza sempre latente nell'animo di ogni essere umano
ha spinto il funzionario postale a comporre un'affrancatura simmetrica, "a bandiera",
 e ad annullare gli esemplari in modo da preservare la percezione di simmetria,
e la sua bella calligrafia ha fatto il resto, completando l'opera d'arte.
E' banale dirlo, ma vale comunque la pena osservarlo:
un oggetto che ha qualcosa da dire, da raccontare,
lo ascoltiamo più volentieri se è anche un bell'oggetto.
   
"Lo scienziato non studia la Natura perché è utile farlo; la studia perché ne trae diletto, e ne trae diletto perché la Natura è bella. Se non fosse bella, non varrebbe la pena di conoscerla, e se non valesse la pena di conoscere la natura, la vita non sarebbe degna di essere vissuta".
 
La scienziato Henry Poincaré prospetta un legame indissolubile tra bellezza e conoscenza: la bellezza attrae, incuriosisce, solletica il desiderio di conoscere, perché se non fosse bello, allora non varrebbe la pena conoscerlo.
 
"Knowledge is the eye of desire and can become the pilot of the soul".
 
La retorica del filosofo Will Durant - scelta dalla Corinphila come esergo al catalogo della Collezione "Penelope" (Europe's "Number 1" on cover) - ci offre un'altra prospettiva da cui blindare l'ufficio culturale della bellezza.
 
La conoscenza orienta la nostra anima, la espande, la rifinisce - è "the pilot of the soul" - ma alla conoscenza si ha necessariamente accesso con l'occhio del desiderio - "knowledge is the eye of desire" - e il desiderio cresce con la bellezza dell'oggetto su cui l'occhio si posa.

Vorrà pur dire qualcosa se Paul Dirac intitolò "La bellezza come metodo" le sue riflessioni sulla Fisica e la Matematica, non vi pare?

Dirac si occupava di meccanica quantistica, ricorrendo a una matematica creata bell'apposta per formalizzare il comportamento dell'elettrone, la particella che ruota intorno al nucleo dell'atomo. Ne aveva dato una descrizione che sembrava funzionare, ma produceva pure previsioni insolite e curiose. secondo la sua formula ci sarebbe dovuta essere un’altra particella, opposta all’elettrone, che Dirac sulle prime identificò nel protone, già ben noto alla comunità scientifica, salvo poi realizzare l'inconsistenza dell’ipotesi (perché i protoni sono molto più pesanti degli elettroni, e quindi non ne possono rappresentare l’opposto). Non rimaneva che immaginare l'esistenza di un’ulteriore particella, il positrone o anti-elettrone.

La matematica di Dirac, quindi, non stava solo descrivendo una realtà esterna agli osservatori. Stava informando sull’esistenza di qualcosa sino ad allora sconosciuto, di non ancora osservato. Gli scienziati si misero alla ricerca della misteriosa particella unicamente per la bellezza della matematica di Dirac!
 
E fu un successo: Carl David Anderson mostrò l'effettiva esistenza dei positroni, l'opposto degli elettroni e la prima particella conosciuta di antimateria, una scoperta suggerita direttamente dalla bellezza della matematica sottostante, che gli vale - nel 1934 - la consegna del Premio Nobel.

Qui non parliamo di meccanica quantistica, ma il punto generale - di metodo - rimane lo stesso.
 
Se è "arduo" cogliere e riassumere il "complesso di forze interiori spinga l'uomo a raccogliere oggetti" e capire "quale posto occupi tale complesso nella sfera delle attività psichiche" – se "mera curiosità", "pura soddisfazione estetica" o "tendenza conservatrice dello spirito" – e se vogliamo pertanto lasciare agli psicologi "la definizione di quello stato d'animo che fa di un uomo un collezionista", per limitarci a ricordare che "dedicarsi alla filatelia richiede tempo", che il tempo dedicato alla filatelia forgia il "carattere" e favorisce la nostra "istruzione" – è semplicemente un fatto che i filatelici sono di regola persone più colte e preparate della media – arriveremo a concludere che il "gusto" – il suo continuo affinamento, l'attitudine a orientarlo verso il bello – è al tempo stesso causa ed effetto del processo collezionistico e del correlato apprendimento, che vi è intreccio indissolubile tra conoscenza e bellezza, e che se tutti i modelli di bellezza si rivelano insoddisfacenti, se ogni formalizzazione del bello appare riduttiva, è solo perché la bellezza contiene il primo terrificante e meraviglioso incontro con la realtà, che darà inizio all'infinita esperienza del conoscere.
 

Riuscite ora a vedere - o almeno a intravedere - la bellezza (del collezionismo)?
 
O volete insistere nel vostro gioco perdente?
 
Volete sul serio terminare la partita?
 
 
 
Potrei proseguire sulla stessa intonazione ancora a lungo, ma il messaggio ormai è chiaro.
 
La bellezza ha una natura multidimensionale e le sue dimensioni entrano spesso in conflitto tra loro, per cui non si può valorizzarne una senza deprimerne un'altra, e solo con una predisposizione d'animo, una riflessione costante e una sistematica pratica d'osservazione si potrà individuare la configurazione che tiene in equilibrio tutte le complesse istanze proprie della bellezza.
 
Non è facile trovare oggetti filatelici di qualità, ma scovarne di belli è un'impresa sovraumana. 


Può anche darsi che alla fine io abbia speso tante parole per esporre delle idee così semplici e intuitive che persino un bambino le avrebbe capite senza sforzo, già con un semplice accenno.
 
Ma la gran parte dei collezionisti non sono bambini - non più almeno, e in pochi hanno il privilegio di ricordare quando lo erano - e allora, forse, tutto questo discorso non sarà stato completamente inutile.
 

Il Re dei Leoni

 
 
Ho il piacere di mostrarvi il Re dei "Marzocchi", il più bel francobollo del Granducato di Toscana in assoluto, la bellezza insuperabile.
 
 
 
Margini ampi e regolari - quanto basta - su tutti e quattro i lati; naturalezza e simmetria tenute perfettamente in equilibrio; stampa nitida, leone e tassello del valore perfettamente visibili; un annullo azzurro a sbarre, leggero ma ben percepibile, grazie al gradevole contrasto cromatico col basamento bianco su cui poggia il leone; convivenza perfetta tra il "Marzocco" e il suo annullo; un bel colore nero intenso...

E si potrebbe proseguire, volendo, ma ogni cosa è riassumibile in quattro parole, sempre le stesse: tutta attrazione, nessuna distrazione.

Che la bellezza sia con tutti voi e vi accompagni sempre, nel collezionismo e non solo.
 

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