ORA COME ALLORA - Investire (emotivamente) in francobolli

Ci siamo: oggi sono arrivati gli ultimi pezzi che attendevamo, domani si scansiona e si aggiornano le pagine.

Direi - a questo punto - di avviare simbolicamente la pubblicazione della Collezione "Al di Qua del Faro" il 2 gennaio (2022), il "primo giorno" d'uso dei francobolli del Regno di Napoli.

Mi piace intrattenervi - nel frattempo - con un diversivo sui "Marzocchi" del Granducato di Toscana.

La casa d'asta svizzera Corinphila sta curando la dispersione della Collezione dell'Ingegnere Pietro Provera; ha proposto sinora tre tornate - a gennaio, giugno e novembre 2021 - ogni volta con elevate percentuali di venduto e rialzi spesso significativi (nel settore degli Antichi Stati Italiani e non solo).

Nell'ultima tornata, in particolare, sono passati sotto il martelletto del banditore svizzero due pezzi di Toscana appartenuti alla mitica Collezione "Pedemonte", dispersa dalla Bolaffi nel marzo del 1991.

Ve li mostro, con le associate specifiche tecniche (descrizione, base d'asta, realizzo al martelletto) come riportate sul sito internet della casa d'asta.
 


 

 


 
 

E' interessante notare la coincidenza di situazioni tra ora e allora, tra l'asta Provera (anno 2021) e l'asta "Pedemonte" (anno 1991) già riscontrata per un 5 bajocchi su lettera dello Stato Pontificio (battuto nella tornata di gennaio).

Ecco a voi le riproduzioni dei lotti estratte dal catalogo "Pedemonte", con il loro track record.


 

 

 



Ora, a differenza di allora, si è scelto di partire da basi allineate; ma in un'asta conta il punto di arrivo, non di partenza; e all'arrivo, ora come allora, troviamo i due pezzi allineati, un indizio sull'invarianza nel tempo e nello spazio di alcuni fondamentali valutativi della filatelia, a corroborare quanto già rilevato per la lettera col 5 bajocchi dello Stato Pontificio.
 
Io non so commisurare i 2.600/2.900 franchi svizzeri di ora (i realizzi della Corinphila sono al netto delle commissioni, quindi da maggiorare di un buon 20%) ai 5,8 milioni di lire italiane di allora (i realizzi della Bolaffi sono al lordo dell'onere commissionale).
 
Così, a occhio, gli indomabili cinici - che di ogni cosa sanno dirvi il prezzo, ma di nulla conoscono il valore - sembrano aver gioco facile nell'argomentare che il collezionista c'ha perso, nel mettere i suoi denari in francobolli.
 
Ma cosa vuol dire, esattamente, che c'ha perso? Qual era l'alternativa? Investire quei denari in un portafoglio ben diversificato di strumenti finanziari? E siamo proprio sicuri che tra crisi valutaria, default di Russia e Argentina, bolla speculativa delle dot.com, crisi dei subprime, fallimento di Lehman Brothers, crollo del settore immobiliare, crisi mondiale, tassi di interesse negativi e depressione economica da pandemia, siete proprio sicuri che in mezzo a tutto questo macello - e scusate se ho dimenticato qualcosa - il collezionista avrebbe guadagnato?

Vuoi vedere che, se ci mettiamo sul serio a eseguire calcoli e simulazioni, vien fuori che il meglio che si poteva cavare da 11,6 milioni di lire nel 1991 erano proprio i 5.500 franchi svizzeri del 2021, anche dopo aver dedotto le commissioni d'asta?

Con in più un plus-valore che smazza via ogni dubbio: aver goduto per decenni del possesso di due pezzi unici, che ora come allora appartengono al Gran Libro della Filatelia, aver cioè realizzato uno specifico e ineguagliabile investimento emotivo che rimane incommensurabile a un generico e anonimo investimento finanziario.
 
Con questo stesso spirito, con questa contabilità sentimentale, elastica e psicologica, il Signor Fabiani ha costruito e si prende cura della Collezione "Al di Qua del Faro", che il Blog ha ora il piacere di presentare.
 


Edit (27 dicembre 2021).  Il collezionista "Noce" è intervenuto per far sapere di essere il proprietario del frontespizio con il soldo annullato con il "cuore di Livorno", e con l’occasione ha sollecitato la percezione di una serie di dettagli del pezzo.
 
"Annullo a cuore di Livorno impresso in modo inusualmente leggero ma allo stesso tempo interamente visibile, margini tutti completi, nove tra firme, sigle o timbrini di case d'asta o periti che hanno voluto lasciare il loro segno su questo pezzo di storia postale e di collezionismo d'antiquariato filatelico, passato da collezioni tra le più prestigiose quali la Pedemonte e la Provera. Il tutto impreziosito da una delle più note ed accattivanti varietà dello stereotipo, 'l'ovetto’. [...]. Una vera chicca, materiale da museo, uno di quei pezzi che quando pensi al soldo di Toscana dell'emissione su filigrana a corone giallo bistro, non può che essere tra i primi a venirti in mente, un'icona per quanto riguarda la Toscana, un oggetto da prima copertina".

Al contempo, però, denuncia un mal costume del mondo filatelico o - per usare le sue parole - un "modus operandi [che] inquina fortemente il mondo della filatelia, lo rende un ambiente in alcuni casi squallido e triste, povero di etica ed inaffidabile, moralmente ributtante".
 
C'è infatti chi "vedendo un vero gioiello, una gemma filatelica come quella appena descritta e non potendolo in alcun modo possedere, non potendoselo permettere, si ingegnerà ed utilizzerà tutte le sue conoscenze tecniche e storiche per gettare fango, screditare il pezzo stesso, farlo sprofondare nel pozzo dei pezzi inutilmente blasonati [...] in modo da giustificare a sé stessi e agli altri il fatto che quel francobollo non sia di loro proprietà". E specializza poi queste considerazioni generali - purtroppo, ahinoi, tutte vere - al pezzo di Toscana in suo possesso. "Guardando questo soldo con il suo ovetto ed il suo annullo a cuore, mi immagino i difetti che gli sono in questo momento attribuiti, scritti in forum o in chat, solo e soltanto perché appartiene a me e non ad altri. 'Si ma i margini non sono così ampi come dovrebbero essere per un pezzo da ritenersi dell'Olimpo della filatelia di Toscana'; 'mah, io non lo prenderei mai'; 'sembra bello e d'effetto, ma è sciupato in varie parti'; 'Giulio Bolaffi non lo ha firmato per esteso, quindi non lo riteneva davvero meritevole'; 'Giulio Bolaffi non gli ha fatto un certificato top. Oramai io lo conosco bene il modo di certificare del buon Giulio, ai pezzi davvero top gli faceva il certificato 1890'; e via di questo passo con frasi o ipotesi che gettano dubbi sui pezzi altrui".
 
"Noce" parla di "petti gonfi per chiappe tremanti", per indicare tutti coloro che "essendo ben consci della loro vulnerabilità e della loro debolezza, sbraitano all'inverosimile per cercare di intimidire gli altri".  E' ovvio - denuncia con comprensibile amarezza - che "quando il giudizio su di un pezzo cambia radicalmente a seconda che il pezzo stesso appartenga o meno a chi il giudizio lo emette, evidentemente della serietà e della professionalità non se ne ha minimamente conoscenza".

"Noce" calca poi la mano, e di parecchio, pur rimanendo saggiamente vago. Evoca quei "comportamenti tipici di loschi piazzisti che operano nell'ombra, che si insinuano abilmente nelle pieghe della società a creare muffe purulente, che cercano di realizzare guadagni facili, liberi da tasse o imposte, per finanziare in modo torbido le loro raccolte". Fornisce ulteriori dettagli, con un linguaggio diretto e aspro. "Spesso queste persone sono degli pseudo-collezionisti, a volte un lurido e sozzo miscuglio tra collezionista e commerciante abusivo, un conflitto di interessi che crea delle aberrazioni. [...]. Questo 'modus operandi' andrebbe riconosciuto, pubblicizzato e demonizzato, portato nella pubblica piazza e crocefisso perché rappresenta un virus subdolo e nefasto da debellare al più presto e ad ogni costo".
 
E qui si conclude il suo intervento.
 
Che altro dire? Prendiamola larga, giriamoci intorno, a spirale, come un rapace sulla sua preda.
 
L'Ingegner Giacomo Avanzo - l'ultimo degli autentici mercanti, un personaggio che sulla qualità ha superato sia il maestro, Renato Mondolfo, sia Giulio Bolaffi - non manca mai di ricordarmi la più ovvia e manifesta delle evidenze, quando mi capita di dare giudizi deliranti su alcuni pezzi. "Si può collezionare solo ciò che esiste".
 
Siamo tutti capaci a volere un 3 lire di Toscana con gli adiacenti intorno - e sì, dai, anche con la riga di colore completa - con un annullo rosso nitidissimo, su una lettera perfettamente conservata con l'indirizzo scritto in bella calligrafia. Peccato che non esiste.
 
Prima di giudicare un pezzo filatelico - qualunque esso sia - ci si deve porre una semplice domanda: quanti ne ho visti di simili? La risposta - serve precisarlo - richiede parecchia conoscenza e soprattutto una spiccata sensibilità filatelica, per evitare di vedere pezzi unici ovunque, in stile Saverio Imperato. Ma la logica comparativa - se correttamente intesa - rimane un passaggio cruciale, per il vero collezionista.

Il soldo ex "Pedemonte" e Provera è un pezzo di per sé eccezionale, per i motivi che sono già stati ben esposti dal suo fortunato possessore; diventa un pezzo unico e irripetibile, da museo, se ragioniamo per comparazioni. Quanti altri ne avete visti nella vostra vita? Io, solo un altro, e ve lo mostro senza commenti, ché chi non sa vedere l'abisso tra i due, forse, nel suo stesso interesse, è meglio che smetta di collezionare.
 
 
Permettetemi invece una chiosa, di carattere generale: nel collezionismo filatelico non esistono automatismi, il giudizio del singolo collezionista rimane essenziale.
 
Se il Blog si è sforzato di codificare il concetto di qualità, se ha voluto marcare una differenza di rango tra i diversi modi di collezionare, se ha indagato le radici del collezionismo, e se ha poi ripreso e approfondito l'argomento in una serie di conversazioni, lo ha fatto con l'idea di fornire una bussola, e non certo un pilota automatico; lo ha fatto per aiutare il singolo collezionista a formulare giudizi sensati, per proteggerlo da sé stesso, dall'incoerena sempre in agguato, per evitare che, senza volerlo, si auto-sabotasse nelle proprie valutazioni.

Se ci sforziamo così tanto per dare precisione e rigore a concetti scivolosi e inafferrabili, è perché solo un metro esatto può offrire - al momento opportuno - il privilegio di poter utilmente approssimare; è perché se da premesse approssimate vogliamo arrivare a conclusioni anch'esse approssimate, dobbiamo necessariamente passare per un algoritmo esatto, pur considerandolo come un artificio.
 
Poi, però, il giudizio finale rimane responsabilità esclusiva del singolo collezionista, e nessuno vi si può sostituire. Quindi, per dire, non ha senso sminuire un pezzo solo perché sprovvisto del certificato "Bolaffi 1890". Chi lo fa, o è ignorante, o è in malafede, e in entrambi i casi non c'è da stare allegri. La presenza o meno di un certificato "Bolaffi 1890" è solo uno degli innumerevoli elementi valutativi di cui si può tenere conto, e sicuramente di per sé non determina nulla, come non determina nulla nessun elemento valutativo singolarmente considerato. E' solo il complesso di tutti gli elementi valutativi, visto come un monolite e filtrato attraverso la conoscenza, la competenza, lo stile e il gusto del collezionista, a poter dare il responso finale.

Non andate alla ricerca di inesistenti scorciatoie, rinunciate alle cosiddette euristiche, mantenetevi vigili contro l'ormai desueto principio di autorità, e sforzatevi piuttosto di diventare l'autorità di voi stessi, di essere padroni dei principi e non schiavi delle regole.

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