I CINQUECENTO LEONI DI TOSCANA - Conversazione con Tiziano Nocentini

C'è un ritornello, una tiritera, diciamo pure un disco rotto - per darci un tono vintage - che gira da almeno un decennio nel mondo filatelico: i giovani non collezionano più francobolli, manca il  ricambio generazionale, e di questo passo la filatelia sparirà.
 
Non voglio ribattere cedendo a un luogo comune, ma devo almeno far notare che i cosiddetti "luoghi comuni" hanno sempre una base di verità, ed è il ripeterli continuamente, senza discernimento, che li inflaziona e li trasforma in frasi stereotipate, in cliché.
 
E quindi, sì, lasciatemi replicare con un'affermazione che sulle prime potrà sembrarvi sciatta: la vera età non è quella anagrafica, ma quella che uno sente di avere.
 
E ora lasciatemi spiegare.
 
Come si distingue un "giovane" da un "vecchio"? Da cosa li riconosciamo?
 
Non v'è dubbio che la prima informazione utile è l'età anagrafica, o equivalentemente l'anno di nascita, un parametro classificatorio oggettivo, su cui c'è poco da aggiungere (se non che oggi è utilizzato per distinguere tra boomer e millenial, e - all'interno dei millenial - tra generazioni X, Y e Z).
 
Ma poi c'è l'età che uno sente di avere, correlata a ciò che si pensa, si dice e si fa, di là dell'anagrafica, e sono pensieri, parole e azioni a tracciare la vera linea di confine tra "giovani" e "vecchi": è l'atteggiamento - il modo generale di disporsi e presentarsi - a separare realmente un "giovane" da un "vecchio", anche se il più delle volte - non senza ragioni - la disposizione d'animo collassa nell'età anagrafica.
 
La vita è l'arte di rispettare gli appuntamenti - mi ripeteva mia madre - e un boomer che avesse mancato le occasioni della sua gioventù, e si atteggiasse ora a esponente della generazione Z - un sessantenne col comportamento di un ragazzino, per dirlo semplice - sarebbe certamente ridicolo, perché non si può pensare di arrivare con quarant'anni di ritardo e trovare tutto immutato.

Ci sono esperienze che ha senso fare a 15 anni - e magari si devono fare, per non avere rimpianti - ma che perdono totalmente di significato già a 20 (e figurarsi oltre). Ed è sciocco voler recuperare un appuntamento perduto - fare a 20, 30 o 40 anni quel che si sarebbe dovuto fare e non si è fatto a 15 - perché non sarà mai, e non potrà mai essere, la stessa cosa; ma soprattutto perché la vita offre appuntamenti di continuo, non smette mai di dare nuove occasioni, e quindi tanto vale concentrarsi sul prossimo appuntamento - coerente con la situazione del momento - che non illudersi di ripristinare una realtà ormai andata e irrecuperabile.

Qui però non vogliamo fingere di avere 15 anni, quando la carta d'identità ne segna 50. La questione  è più fine, di dettaglio. Qui si vuol capire se vi siano dei tratti caratteriali di un quindicenne che si possano trapiantare in un cinquantenne, senza andare incontro a crisi di rigetto.

E la risposta è affermativa: sì, vi sono stati d'animo tipici di un millenial che calzano alla perfezione anche a un boomer, e gli conferiscono una piacevole aria giovanile, coerente e armonizzata con la sua età anagrafica.

I "vecchi" li riconoscete da due atteggiamenti tra loro complementari: da un lato, un continuo ricordare il passato in modo pretestuosamente meraviglioso, e di sicuro migliore di quanto in realtà fosse, dall'altro un eccesso di analisi del presente, dipinto invariabilmente a tinte fosche e cupe, senza prospettive per il futuro.

I "giovani" li riconoscente dall'atteggiamento speculare: loro, i giovani, non ricordano e non analizzano; sono troppo impegnati a vivere, a progettare, a sognare cose straordinarie, sorretti da una fede incrollabile nella riuscita dell'impresa, per star lì a filosofeggiare sul nulla.

Poche cose intristiscono come vedere un giovane (d'età) lagnoso e insofferente, incapace di godersi il presente e di immaginare un futuro: "sembri un vecchio!" - ci viene da dire - come ci appaiono vecchi i qualunquismi sul futuro della filatelia ("quanto ci piace lagnarci") e la loro ossessiva ripetizione ("quanto ci piace parlarci addosso").

Esiste un'età per riempirsi di piercing e una per smontare tutto l'armamentario di orecchini e ciondoli; una per tatuarsi l'impensabile e un'altra per ripulirsi con un intervento chirurgico; un'età in cui si fanno le tre di notte e una in cui si ha il piacere di svegliarsi all'alba; una per andare in giro con jeans strappati e capelli lunghi e una in cui si sta in giacca e cravatta persino a casa; c'è un età per arruolarsi tra gli incendiari e una per ritrovarsi a capo dei pompieri. 

C'è un tempo per ogni cosa, sì, ma non esiste un'età in cui si deve obbligatoriamente smettere di immaginare un futuro migliore, solo perché il presente non ci piace. Nessuna età impedisce di progettare un domani diverso, che possa essere migliore sia di oggi che di ieri. Perché la vita è sì l'arte di rispettare gli appuntamenti - come mi ripeteva mia madre - ma vi sono anche cose per le quali non è mai troppo presto né troppo tardi, che offrono sempre un'occasione.

Accade così che - a cinquant'anni suonati - qualcuno decida di creare un proprio sito internet (www.i500leoniditoscana.it) per condividere i risultati di uno studio intrapreso e portato avanti col piglio del ventenne curioso e appassionato.

Questo "giovane cinquantenne" è Tiziano Nocentini, un pratese di classe '73, diplomato in ragioneria, laureato in Chimica all'Università di Firenze, dove ha poi conseguito il dottorato in collaborazione con l'Università francese di Reims; dal 2005 lavora per il colosso tedesco BASF, una delle più grandi multinazionali al mondo; e dal 2011 è a capo di un gruppo di ricerca presso la sede svizzera di Basilea.

E questo "giovane cinquantenne" vale la pena di conoscerlo un po' meglio.


- Tiziano, il tuo nome è ormai legato a doppio filo al plattaggio dei "Marzocchi", un filone di ricerca su cui era impegnato anche un altro studioso di livello, Luigi Guido. Ci sono state delle polemiche nel rivendicare il primato dei risultati, perciò togliamoci subito il sassolino: qual è la tua versione dei fatti?
 
La mia versione è che non c'è nessuna rivendicazione di primati, ma solo un attacco alla mia persona, per tutt'altri motivi, portato avanti da personaggi che hanno approfittato della situazione per coprirsi dietro Luigi Guido, fomentandolo contro di me.
 
- Suona piuttosto aggressiva come risposta, ma soprattutto criptica. Si può essere appena un po' più chiari?
 
Io ho apprezzato davvero il lavoro di Luigi Guido sulle varietà dei francobolli granducali e l'ho incoraggiato - non solo a parole - a completarlo e pubblicarlo: ero consapevole che avrebbe segnato una tappa fondamentale per arricchire la conoscenza sull'argomento.
 
- Cosa significa che l'hai incoraggiato "non solo a parole"?
 
Che gli ho fornito tutto il materiale a mia disposizione - in particolare le scansioni ad alta definizione di numerosi multipli con parti rilevanti di filigrana - con l'intesa che poteva farne l'uso che riteneva. Esattamente come lui ha scritto a me, quando mi ha inviato le sue immagini dei francobolli toscani. Questi erano i patti tra noi: reciprocità.
 
Poi, è vero, sono sorte alcune polemiche dopo la pubblicazione dei miei primi articoli, che ci hanno allontanato. Ma io ho provato a riallacciare i rapporti, e ho pure insistito parecchio, perché sarei stato felice di unire il mio nome al suo, come a quello di Emilio Calcagno, per realizzare e pubblicare nuovi studi.
 
- Per come presenti i tuoi rapporti con Luigi Guido, e da ciò che prospetti in termini di collaborazioni, sembra che tra voi vi fosse ben più di una semplice confidenza, che vi legasse un'affinità di spirito.
 
Io mi sentivo onorato nel poterlo aiutare nel suo lavoro, ma contemporaneamente portavo avanti il mio, nel mio piccolo, che poi si è rivelato essere un piccolo molto grande e di valore.
 
- Avevi già collaborato con Luigi Guido, prima di avviare lo studio sul plattaggio dei "Marzocchi"?
 
Eravamo entrati in contatto nell'ambito di una ricerca sui cosiddetti "difetti costanti" (come li chiama lui) o "varietà di cliché" (come li chiama Emilio Calcagno) o ancora "caratteristiche ricorrenti" (per usare la dizione che preferisco). E' un argomento classico della filatelia toscana, che ha attirato la mia attenzione sin dal principio.
 
- E come andò allora?
 
Così e così. Le sue informazioni - all'epoca - se le teneva ben strette, e infatti il volume porta solo il suo nome, come è giusto che sia, intendiamoci, perché lui si trovava già avanti nello studio ed il mio apporto di neofita era marginale. Io mi accontentai di contribuire al finanziamento della sua pubblicazione.
 
- Hai davvero fornito un contributo finanziario alla pubblicazione del volume di Luigi Guido sui difetti costanti dei "Marzocchi"?
 
In realtà mi ero offerto di finanziarlo in toto, senza interferire sui contenuti, col patto di riprendere ciò che era possibile, in proporzione all'andamento delle vendite: se riusciva a ridarmi indietro il denaro, bene; altrimenti mi avrebbe restituito ciò che poteva, senza impegno.
 
- Piuttosto azzardato come investimento; anzi, più che di investimento, parlerei di un finanziamento a fondo perduto.
 
Mi fidavo completamente di Luigi Guido e volevo vedere il suo lavoro pubblicato, tutto qui.
 
Poi, però, trovò i fondi necessari con le inserzioni pubblicitarie, e a me chiese semplicemente un ulteriore contributo in cambio di una pagina del volume, su cui scrivere ciò che volevo.

Mi colse allo sprovvista, perché non avrei saputo davvero come utilizzarla; lui mi diede allora dei suggerimenti, che applicai alla lettera.
 
La pagina del libro di Luigi Guido con l'inserzione di Tiziano Nocentini.
 
 
 
I ringraziamenti di Luigi Guido ai suoi inserzionisti:
Tiziano Nocentini è il terzo in ordine di pagina.

- Se i rapporti con Luigi Guido erano comunque i migliori possibili, e le cose sono poi andate come sono andate, figurarsi con eventuali altri.

Appena entrato nel mondo del collezionismo di "Toscana", proprio all'inizio del mio percorso, ho cercato dei contatti, dei referenti, se non altro per il piacere dell'amicizia e del confronto, oltre che per imparare e colmare le mie lacune.
 
Ben presto mi sono indirizzato sulle figure migliori - o almeno su quelle che tutti mi dicevano essere tali - come penso sia naturale per chi ambisca a realizzare dei progetti validi.
 
- Con quali risultati?
 
Pessimi. E' stata un'esperienza negativa, frustrante e deprimente.
 
- Addirittura! Non starai esagerando?
 
Nessuna esagerazione: semplicemente lo specchio fedele del mio stato d'animo.
 
- Le grandi delusioni hanno un punto in comune con  le soddisfazioni più belle: entrambe nascono dalla divergenza tra quel che ci si aspettava di trovare e quel che poi si è effettivamente trovato, solo che nel primo caso lo scarto è negativo, e nel secondo è positivo.
 
Nella mia fantasia vi erano collaborazioni sistematiche, scrittura di articoli anche a più mani, tanto studio e continua condivisione di conoscenza.

Io - per dirlo in breve - volevo applicare alla filatelia della "Toscana", allo studio dei francobolli toscani, i metodi della ricerca che ho potuto sviluppare nella mia professione di chimico.

- Non offenderti, ma se parli di applicare la chimica alla filatelia, mi viene da pensare alla controversia sul cosiddetto "settimo 80 centesimi di Parma", che secondo un rinomato perito dell'epoca era un banale 20 centesimi, col "2" trasformato in un "8" e abilmente ripitturato.

Forse mi sono espresso male: non è che io volessi applicare alla filatelia uno specifico procedimento della chimica o una tecnica particolare. Io volevo mettere la mia cultura - che in buona parte mi deriva dall'essere un chimico - al servizio del mondo della filatelia toscana.
 
Per dire: hai mai pensato all'importanza delle cosiddette "anomalie", delle deviazioni dallo standard, degli eventi di probabilità 0.1%, se non addirittura inferiori, nello sviluppo della conoscenza?
 
- Mi viene da rispondere che un evento di probabilità così bassa può essere considerato praticamente impossibile, che possiamo regolare la nostra azione "come se" non si verificasse mai.
 
Chissenefrega, insomma.
 
Non dico questo. Dico che a livello macroscopico, nella vita di ogni giorno, posso pure trascurare un'evento di probabilità inferiore allo 0.1%, comportarmi "come se" quell'evento fosse impossibile. Quando metto una pentola d'acqua sul fornello, l'acqua non inizia a bollire in virtù di una fantomatica "legge fisica", come credono i più. L'acqua bolle per una regolarità statistica: è immensamente probabile che le molecole, scontrandosi tra loro, diano luogo all'ebollizione, così come è immensamente probabile registrare pressappoco la stessa percentuale di "teste" e "croci" lanciando miliardi di monete. L'acqua bolle solo perché è immensamente probabile che ciò accada, ma nulla impedisce, in astratto, che l'acqua congeli anziché bollire, come nulla impedisce di avere un miliardo di "croci" nel lancio di un miliardo di monete. E tuttavia noi continueremo a mettere la pentola sul fornello, sicuri che l'acqua bollirà.
 
Benissimo, ma aver capito che un evento che si pensava impossibile è invece soltanto un evento di probabilità infinitesima rivoluziona il quadro teorico, che ora deve accogliere quell'eventualità, per quanto remota, se vuol dare le più precisa descrizione del sistema oggetto di studio.
 
Si apre così una breccia proprio dove non si sarebbe mai pensato, e le conseguenze pratiche possono essere della più grande rilevanza per tutti. Penso - ad esempio - al cosiddetto "effetto tunnel" nella meccanica quantistica e alle sue implicazioni sul funzionamento di un oggetto massimamente diffuso come lo smartphone.
 
Comprendere perché Madre Natura può generare "anomalie" - i motivi per cui contempla deviazioni clamorose dal comportamento standard - può avere risvolti incredibili anche fuori dai laboratori di fisici e chimici, nella nostra vita quotidiana.
 
L'uomo della strada potrà pure pensare chissenefrega di un evento di probabilità 0.1%, e vedere solo uno spreco di tempo e risorse nello studio di eventi virtualmente impossibili; ma il progresso della sua stessa vita potrebbe annidarsi proprio nelle stranezze, negli imprevisti, negli scostamenti dalla normalità.
  
- La linea d'argomentazione ha un suo fascino, lo ammetto, ma cosa c'entra con la filatelia? 
 
Chissenefrega è ciò che mi è stato detto da alcuni "esperti", dopo la pubblicazione dell'articolo sulle varietà del cliché del 3 lire di Toscana. Chissenefrega di tutte queste particolarità del 3 lire! Cosa mai dovremmo farci? A cosa servono? E' solo una pignoleria sterile.
 
E non si capisce che questa "pignoleria" è ciò che contiene la possibilità di fare passi avanti nella comprensione del mondo che ci circonda, che nella fattispecie è il mondo della filatelia di "Toscana".
 
Ecco cosa intendevo, quando dicevo di voler applicare la mia esperienza di chimico allo studio dei francobolli toscani.
 
- Ma puoi esibire almeno un caso specifico, di chiara rilevanza, in cui uno scostamento dalla normalità ha prodotto un plus significativo di conoscenza?
 
Il primo che mi viene in mente è ciò che ho battezzato "interspazio di gruppo anomalo"
 
Sappiamo che nel foglio di stampa vi erano due interspazi di gruppo - uno superiore, tra le righe 5 e 6, e uno inferiore, tra le righe 10 e 11 - per agevolare la separazione del foglio di 240 esemplari in tre blocchi da 80 ciascuno.
 
Ebbene, esistono interspazi enormi, che chiamo "Jumbo", e si riscontrano di regola su esemplari da 9 crazie con filigrana del primo tipo, ma ci sono anche casi di interspazi praticamente assenti, quando invece sarebbero dovuti esserci.
 
L'interspazio "Jumbo" è relativamente facile da riconoscere, perché gli esemplari possono mostrare una quantità di carta bianca abbondantemente superiore a qualsiasi spaziatura standard prevista per i francobolli toscani.
 
L'assenza di interspazio - per contro - è estremamente difficile da scovare, tant'è che a oggi non mi risulta sia mai stata segnalata; eppure esiste per almeno una tiratura del valore da 1 crazia, in cui ci si è dimenticati di lasciare l’interspazio superiore, quello tra le righe 5 e 6.
 
- Possibile che nessuno se ne sia mai accorto, prima di te?
 
Il fatto che nessuno lo abbia notato non deve stupire.
 
Occorre conoscere bene la tecnica di identificazione della posizione dei francobolli nel foglio da 240 esemplari, e si deve aver lavorato al censimento della posizione di un gran numero di francobolli, per rilevare questo errore nella composizione della matrice di stampa.
 
Per dare un'idea, su 545 francobolli inseriti nella mia banca dati, solamente in due casi ho riscontrato l'assenza dell’interspazio laddove avrebbe dovuto essere presente; in un caso il fatto riguardava l'interspazio superiore, nell'altro l’interspazio inferiore, tra le righe 10 e 11.
 
A breve - comunque - uscirà un articolo in cui tutto ciò sarà opportunamente illustrato, documentato e spiegato a fondo.

- Davvero sorprendente, non c'è che dire. E tuttavia il tuo approccio ai francobolli toscani - questo concentrarsi sui dettagli minuti - continua a essere bollato come "pignoleria inutile", giusto?

Sì, per alcuni è così: solo inutile pignoleria.

- E sia. Ho ripassato recentemente gli scritti di Emilio Diena sui francobolli del Ducato di Parma, in vista della pubblicazione nel Blog della Collezione "Aquile e Gigli". E in questi scritti del Diena - uno dei padri fondatori della filatelia - ho trovato passaggi come questi.


Estratto da "Ducato di Parma. Note sull'emissione del 1857-1859", di Emilio Diena.
 
 
 
Estratto da "Note sui francobolli del Governo Provvisorio di Parma", di Emilio Diena.

Ah, però! "Notare minute peculiarità", "nell'intento di poter giungere alla ricostruzione dei relativi fogli", con tanto di richiesta di fornire immagini. Mi è tutto piuttosto familiare, direi.

- Già. Come mai allora, nel caso della "Toscana", restano tutti tendenzialmente freddi davanti al tuo approccio, pur conforme al mainstream e con precedenti così autorevoli? Io una mia idea me la son fatta.


E allora dimmela, che poi ti dico la mia.
 
- Plattare è l'istinto di base del collezionista: basta leggere gli scritti di Emilio Diena, uno qualunque, a propria scelta, e ci si troverà sempre un tentativo di "collocare gli esemplari nel quadro di stampa", come diresti tu; e anche quando il tentativo fallisce - penso al lavoro pioneristico sulla "Crocetta" - comunque si avanzano congetture e si formulano ipotesi, si ragiona in termini statistici, di probabilità; nel caso dei francobolli di Sicilia, poi, il plattaggio è diventato uno stile collezionistico, e la ricostruzione della tavola è l'obiettivo di molti amanti dei "Testoni"; l'Ingegner Provera - a mia conoscenza - aveva l'ambizione di ricostruire le tavole della I emissione del Lombardo Veneto; qualche anno fa è stato pubblicato un volume sul plattaggio dei francobolli dello Stato Pontificio; e ho notizia certa di almeno un collezionista specializzato che si diletta con i più minuti dettagli dei francobolli delle Province Napoletane.
 
Grazie per questa bella carrellata: alcune cose le conoscevo già, di altre ne avevo sentito parlare, e altre ancora invece le apprendo adesso.
 
Comunque mi fa piacere sentirle tutte assieme, mi fanno sentire meno solo.

Così come sono stato felice di sapere che un collezionista di "Sicilia" - forse perché più di altri incline al plattaggio, com'è tipico in quel settore - si è servito dei miei lavori con Calcagno per collocare un 6 crazie con filigrana del secondo tipo sul quadro di stampa: ha implementato la tecnica in  modo perfetto, ed è riuscito a identificarne la posizione originaria che occupava nel foglio.
 

 


 
 
Questo fatto è la coronazione di ogni lavoro di ricerca: due menti disconnesse, lontane l'una dall'altra che non si conoscono, ma che si scambiano un codice per comunicare; la mia mente che concepisce, razionalizza e descrive un concetto e un procedimento, lo rende pubblico; un'altra mente, in un luogo imprecisato, legge e studia la mia pubblicazione, la elabora e la mette in pratica per un caso nuovo, ne trae risultati corretti e a sua volta li rende noti.
 
E' il meglio che un ricercatore possa aspettarsi: scoprire qualcosa di nuovo, trasmetterlo e vederlo recepito e messo in pratica alla perfezione da uno sconosciuto, significa attestarne la riproducibilità e quindi la validità. Significa dire: "funziona davvero!". Funziona il concetto, la spiegazione.
 
Quando accade qualcosa del genere si è compiuta la vera innovazione, si è portato davvero qualcosa di nuovo nel mondo, che rimarrà per i posteri.
 
Per me è stata una grande soddisfazione!
 
- E' la dimostrazione che i risultati validi trovano riscontro e apprezzamento in chi nel suo pensare e agire non è sviato da pregiudizi, rancori e invidie. 

Sì, però a questo punto non capisco dove sia il problema, secondo te. 

- Il fatto è che ci sono settori della filatelia classica dove i francobolli-tipo sono decisamente comuni: penso alla I emissione del Lombardo Veneto, alla IV di Sardegna, al Ducato di Parma. E allora può esservi un incentivo economico a scovare la varietà o la sfumatura di colore, perché - appunto - una volta documentata e catalogata la si può vendere a un prezzo più alto. "Toscana", per contro, è un settore piuttosto costoso già nei francobolli-tipo, per cui nessuno sente il bisogno di renderlo più dispendioso, col rischio di allontanare i collezionisti, andando a questionare sui dettagli, oltre ciò che si vede a occhio nudo. Gli stessi "difetti costanti", o "varietà di cliché" che dir si voglia, non mi sembra abbiano un plusvalore sui cataloghi, a parte la cosiddetta "grande macchia".
 
Se dovessi distillare il mio pensiero direi che quel che non si vede non attrae
 
- Detto così, sinceramente, sembra una tautologia.
 
Plattare sarà pure l'istinto di base del collezionista, come dici tu, ma solo nel senso che chiunque collezioni francobolli ha il naturale desiderio di conoscere la posizione del francobollo sul fogli originario. Acquietare l'istinto - rispondere alla domanda dove si trovava il francobollo al principio? - è però tutt'altro che banale e richiede parecchia fatica.

Le varietà, le particolarità delle filigrane, le correlazioni posizione-varietà, e quelle che ho definito posizioni costanti e ricorrenti, formano un insieme di concetti tutt'altro che intuitivi, di sicuro complessi da assimilare, da fare propri.
 
Bisogna perciò vincere la resistenza iniziale, e serve una forte motivazione interna, per abituarsi a osservare un francobollo e non solo guardarlo, per coglierne i dettagli più minuti e non lasciarsi abbagliare dai grandi margini.
 
E' un campo di studio per specialisti, e nella filatelia di "Toscana" - almeno a livello locale - non mi sembra che al momento vi sia nessuno così interessato all'argomento al punto da farlo proprio e basarvi la propria collezione, o semplicemente i suoi interessi.
 
I commercianti, del resto, si indirizzano laddove c'è almeno un minimo di domanda, e quindi non si preoccupano di classificare i francobolli secondo caratteristiche che interessano una frazione trascurabile di collezionisti. Chissà, magari tra qualche anno le tendenze di mercato cambieranno e allora spunteranno anche nuove catalogazioni.

- Sulla scia della
"grande macchia", per intenderci. Pensi davvero che si possa avere un cambio di tendenza nella domanda di mercato, prima o poi?

Personalmente ne dubito. La
"grande macchia" è visibile, si riconosce: è "grande", appunto, perciò la puoi catalogare. Ma tutto il resto? Già la "piccola macchia" non è citata dal Sassone, e se ci si addentra nella materia si trovano varietà ben più rare della "grande macchia", anche ben visibili, ma sconosciute ai più. Queste varietà dovrebbero avere una quotazione più elevata della "grande macchia", se valesse un rapporto rigido tra il numero di esemplari e il loro valore economico.
 
Ma di fatto non hanno alcun plusvalore perché non interessano a nessuno, e siccome non interessano, allora non conviene catalogarle: il classico cane che si rincorre la coda.
 
Io capisco che, visto da fuori, l'amore per i dettagli possa sembrare una patologia, una leggera forma di autismo di alto livello. Se pure fosse, però, si tratterebbe di persone straordinariamente fortunate, perché possono godere di un mondo inaccessibile ai più e possono così di andare oltre nella comprensione dei francobolli.
 
Ecco: io volevo spalancare le porte di questo mondo meraviglioso. 

- E gli altri, tutti coloro con cui ti sei man mano rapportato, cosa volevano invece?
 
Quello che vogliono in tanti, in troppi, quasi tutti, e di cui non faccio una colpa a nessuno, ma da cui speravo che la passione filatelica fosse immune, almeno in parte.
 
- Fammi indovinare: inizia con "de..." e finisce con "... naro".
 
Non ho piacere a parlarne, comunque sì, una delle principali ragioni - anche se non l'unica - è proprio il denaro. Come se il denaro dovesse rappresentare un obiettivo, o potesse essere un problema, per chi può permettersi di spenderlo in francobolli antichi. Ma l'ingordigia non ha limiti. E altera persino le percezioni più elementari.
 
- Ti esprimi di nuovo per quartine, come Nostradamus.
 
Alcune delle cosiddette "autorità" della filatelia toscana non vedono mai una persona, un collezionista, con una sua anima e una sua sensibilità. Percepiscono solo un portafoglio gonfio, con un paio di gambe per andarsene a spasso, delle braccia per attingere al denaro che contiene, e una testa di truciolato in cui infilargli quante più stupidaggini possibili.
 
Tutta l'attività di certi grandi nomi - stringi, stringi - si riduce a vendere il proprio materiale a prezzi esorbitanti, come farebbe il più avido dei commercianti, ma senza gli oneri di un commerciante in piena regola, a cominciare dal pagamento delle tasse.
 
Questi abusivi della filatelia, questi piazzisti che si muovono nei coni d'ombra, sono le piaghe più dolorose del mondo di "Toscana". Da loro - a parte qualche nozione occasionale, qualche informazione estemporanea - non ho appreso nulla in termini di metodo collezionistico e cultura filatelica.
 
Sono stato abbastanza chiaro?
 
- Sin troppo, forse. Ma, di nuovo, non ti sembra di esagerare?
 
Valuta tu: una di queste "autorità" mi ha definito uno svuota-cantine, un ripulisci-magazzini... e sai perché?
 
- Fatico a immaginarlo, sinceramente.
 
Per aver acquistato il 9 crazie con filigrana a linee ondulate della Collezione Caspary, a un'asta Bolaffi di qualche anno fa.
 
- Conosco quel pezzo, ne ho pure parlato in un post dedicato alla "Toscana". E' un esemplare firmato per esteso da Giulio Bolaffi, non solo "per la sua eccezionale bellezza" ma soprattutto per essere "uno dei migliori esemplari che conosco". Forse - in un malinteso senso di perfezionismo - la critica si appuntava su quel "slight unnoticeable natural paper fold", menzionato già nel catalogo d'asta della Caspary.
 
No, il problema non era quello, o almeno non il principale.

- Volevo ben dire: ciò che è intrinseco al processo artigianale di produzione del francobollo antico non può essere un elemento questionabile. 

La situazione è più sottile: c'è una strumentale ambiguità.

- Quale ambiguità?

Il mio 9 crazie, il 9 crazie ex Caspary, firmato per esteso da Giulio Bolaffi "per la sua eccezionale bellezza", perché "è uno dei migliori esemplari che conosco" - come mi fa piacere che hai ricordato - ha ed avrà sempre una "impercettibile piega naturale della carta", che ne costituisce comunque una diminutio, e sarà un elemento questionabile - per dirlo con le tue parole - il giorno in cui lo vorrò vendere.

 - Non farmi dire ciò che non ho detto, semplicemente ripetendo le mie parole. Perché io ho detto esattamente il contrario: che tutto ciò che è intrinseco all'artigianato di produzione di un francobollo antico non può essere un elemento questionabile.

Già. E sai qual è il fatto sorprendente? Che questa è la stessa opinione di chi trova comunque il modo di criticare il mio 9 crazie, il 9 crazie ex Caspary, e di spingersi addirittura più in là.

- Vorrai scusarmi, ma ora fatico davvero a seguirti.  

La "piega naturale di carta" è un inguardabile e fastidioso "piegone" - che renderà il pezzo invendibile, se non a un prezzo da saldo - se il francobollo è mio.

Ma se quella stessa "piega naturale di carta" è presente su un francobollo in mano a uno dei piazzisti abusivi, eccola trasformarsi miracolosamente in un pli d'accordéon - da pronunciare alla francese, mi raccomando - che non solo non è un problema, ma costituisce un elemento di pregio, un neo di bellezza, se così possiamo dire.

- Tu possiedi altri esemplari con questo... come si chiama?

Pli d'accordéon: piega a fisarmonica.

- Sì. Possiedi altri esemplari con una piega a fisarmonica?   

Ne ho sicuramente un altro: 1 quattrino del 1857, acquistato proprio da chi, ora, trova naturale spammare la scansione della pagina del catalogo Caspary per screditare il 9 crazie.

Solo che quando doveva vendermi il suo quattrino - ora in mio possesso - la piega era un meraviglioso pli d'accordéon che... avercene di pezzi così! E se non mi fossi deciso a prenderlo, se avessi ancora titubato, c'era già pronto un altro collezionista pronto ad acquistarlo, perché... avercene di pezzi così!

  
1 quattrino del 1857:
riproduzione fortemente ingrandita,
per apprezzare al meglio il pli d'accordéon.
 
- E' inutile però prendersela col venditore, che in fondo fa il suo gioco; ogni collezionista dovrebbe crearsi da sé gli anticorpi rispetto alle ambiguità del mercato filatelico. Serve piuttosto stimolare una riflessione generale: ci sono persone di cui non si può certo negare la competenza, e che tuttavia non sono attendibili perché affette da una miopia che gli impedisce di vedere oltre il loro più immediato interesse, e a cui perciò non ci si può affidare per consigli o consulenze.
 
Tanto più che queste persone orbitano a volte intorno al mondo delle perizie filateliche.
 
Come sarà periziato un plì d'accordeon? E se il perito-consulente si trovasse in conflitto di interesse? Come lo risolverebbe?
 
Volendo se ne potrebbe parlare lungo, e in termini molto più generali. Ti dico solo che per finalizzare i miei acquisiti filatelici, negli anni, sono entrato in contatto con un'ottantina di soggetti - tra case d'asta, commercianti e soggetti privati - e ho raccolto una quantità di aneddoti che potrei scriverci un romanzo, o forse una tragedia.

Sembra che lo studio - in questo mondo - non sia poi così essenziale; basta tararsi su quel minimo di conoscenza per dare a intendere di saperne molto più di quanto realmente si conosca. E' un gioco di prestigio, illusionismo puro, che però funziona alla meraviglia, se si ha davanti qualcuno non troppo ferrato, sveglio o smaliziato. Alcuni hanno proprio un talento innato: non te ne accorgi neppure e ti hanno fatto fare e credere ciò che vogliono loro.

Avevo uno zio così, con la quinta elementare, ma che al tempo stesso era un venditore infallibile. Piazzava in ogni discorso le uniche tre parole altisonanti che conosceva, e il suo atteggiamento falsamente autorevole faceva il resto. Dopodiché, alla lunga, si è rovinato: ha fatto un pozzo di denaro dal nulla, spendendone però molto di più di quanto ne guadagnava. Perché in fondo, oltre le apparenze, era un mediocre. Perché non possedeva nient'altro, a parte quella dote naturale. 
 
- Mozione d'ordine! Stiamo divagando. 
 
Hai ragione. Però lasciami dire ancora una cosa, stavolta a tema.
 
- Prego. 

Questi "esperti" che fanno il bello e il cattivo tempo, proprio perché sono persone preparate, sanno benissimo che i cataloghi del passato, ancora sino a vent'anni fa, avevano un approccio più disteso nella descrizione dei pezzi: ne segnalavano tutti, ma proprio tutti gli aspetti possibili, anche quelli che oggi - con i parametri moderni - non verrebbero citati, e di cui quindi nessuno si accorgerebbe.  
 



- Siamo ancora ai margini della discussione, però. Perché - dicevi all'inizio - il vero problema non era questa fantomatica piega a fisarmonica.
 
Già. Il vero problema era che saltavano gli affari della "massima autorità di Toscana": il 9 crazie diventava un capitolo chiuso, per me, dopo l'acquisto da Bolaffi; quindi non lo avrei più acquistato da lui, dalla "massima autorità", che da mesi provava a rifilarmene uno dei suoi, di cui nessuno però era all'altezza delle mie aspettative; e tutto ciò fa di me uno svuota-cantine.
 
Il 9 crazie con filigrana a linee ondulate, ex Collezione Caspary,
con il certificato di Giulio Bolaffi.
Ditemelo, se le vostre cantine piene di francobolli così:
vengo a svuotarvele all'istante, senza nulla a pretendere.
 
- Sembra di stare nel romanzo "Il cugino Pons" di Balzac: un ambiente in chiaroscuro, di luci e ombre, popolato da figure colte e appassionate, sì, ma anche avide e rapaci, che si trasfigurano davanti a un oggetto da collezione. Perché ti ostini a rimanerci dentro?
 
Mi sono avvicinato alla filatelia di "Toscana" per nostalgia della mia terra, per ritornarvi idealmente attraverso lo studio e la collezione dei francobolli granducali e del Governo Provvisorio, e non voglio rinunciare a questo legame così intimo e profondo, per quante delusioni possa avere avuto.

E poi qualche bell'incontro c'è stato, a dirla tutta. Ho conosciuto anche persone valide, con cui ho potuto collaborare e che rappresentano un incentivo a proseguire nel cammino.

- Almeno qui si potranno fare i nomi, spero.

Emilio Calcagno, Roberto Monticini, Giorgio Migliavacca, e poi Franco Moscadelli, Paolo Cardillo e Marco Di Domenico - tutte persone che in vario modo rispecchiano i valori migliori della filatelia - e, last but non least, Alberto Càroli e Alessio Giorgetti, il cui contributo è stato decisivo per lo sviluppo dei miei studi.

- E' una lista piuttosto lunga, direi, che accoglie pure esponenti di una certa autorevolezza. 

La lista, in realtà, sarebbe ancora più lunga, ma non posso fare i nomi di tutti.

- E perché mai, scusa?

Perché sarebbero colpiti da uno stigma, se si sapesse che collaborano con me: lo fanno, ma non si deve sapere, pena l'esclusione dai cosiddetti "giri che contano".

- Ma dai! Sembra una barzelletta...

Come barzelletta non fa ridere, e come realtà è deprimente, ma tant'è.

L'ambiente - complessivamente - rimane connotato da un forte corporativismo, da atteggiamenti di chiusura. Basta guardare le associazioni di filatelia toscana, del resto: sono organizzate e funzionano come i feudi medioevali.

- Il professor Barbero sostiene che il Medioevo non era quell'epoca buia che i più si raffigurano.

Sicuramente, ma vi erano pure credenze e atteggiamenti che noi, oggi, con la nostra cultura, giudicheremmo folli. Conosci l'annullo lineare di Firenze?

- Devo essere sincero: no. So che le bollature del Granducato di Toscana sono numerose e varie, ma il "lineare di Firenze", in tutta onestà, non l'ho mai sentito.

E' un piccolo annullo in corsivo, non riquadrato né cerchiato, che se ben collocato può entrate per intero nella vignetta del francobollo

- Non ricordo di averlo mai visto, ma di là di quel che io posso conoscere o no - in fondo non sono più un collezionista di "Toscana" - non sembra un annullo comune.

Direi che è un'autentica rarità.

Più o meno cinque anni fa, in un'importante asta italiana, fu proposto un frammento con due esemplari da 1 crazia annullati per l'appunto con il lineare di Firenze. Non ho sottomano la monografia del Conte Bargagli, ma sono sicuro che cita una sola impronta del lineare di Firenze su francobolli granducali, con tanto di ricostruzione del pedigree: era proprio il pezzo che stava passando in asta.

- Ti sei lanciato nella mischia per aggiudicartelo?

Volli consultare alcuni esperti, prima di formulare la mia offerta.

- E cosa ti dissero?

Di lasciar perdere, ché se il pezzo stava passando in un'asta pubblica era soltanto perché non si era riusciti a collocarlo a trattativa privata presso i collezionasti più importanti, e se lo avevano snobbato loro, i maggiori collezionisti di "Toscana", allora non valeva la pena inseguirlo.

- Fammi indovinare ancora: tu invece l'hai battuto, da "svuota-cantine" quale sei.

Non solo l'ho battuto, ma me lo sono pure aggiudicato: sono il possessore dell'unico oggetto filatelico granducale con il lineare di Firenze.

- Complimenti!

Calma con gli entusiasmi.

Nello stesso periodo era in corso un progetto di revisione degli annulli toscani, a cui prendevano parte tutte le autorità del settore. Nella pubblicazione finale si dava conto dell'esistenza di un solo annullo lineare di Firenze - qualificato con la sigla "R3", il più alto livello di rarità - sull'esemplare da 80 centesimi del Governo Provvisorio.

- Che fine aveva fatto il frammento con le crazie?

Sparito dai radar.

- Com'è possibile? Non si è tenuto conto della monografia del Bargagli? Non si è visto cosa stava passando in asta?

Scrissi un post di rettifica sulla pagina Facebook del gruppo di lavoro, per far notare l'errore, ma in realtà uno dei membri ne era già a conoscenza, perché era a lui che mi ero rivolto per avere un'opinione qualificata quando il pezzo uscì in asta e volevo prenderlo.

- Qualcosa mi dice che non reagirono bene.

Reagirono peggio. Fui bloccato e bollato come eretico ed ostile all’associazione. Ma io - ti assicuro - non avevo offeso nessuno né avuto un piglio polemico o aggressivo. Tutti possono sbagliare, ovvio. Io avevo solo mostrato le prove del loro censimento inesatto, e avevo invitato a rettificare l'informazione riportata sul file "pdf", nel loro stesso interesse se vogliamo, perché se tutti possono sbagliare, e ci mancherebbe altro, non si fa una bella figura a ignorare i propri sbagli quando vengono fatti notare.
 
- Più che altro si perde di credibilità. Come te lo spieghi?
 
Non me lo spiego, o meglio, preferisco tenere per me le mie congetture, che chiunque può peraltro intuire, a normale buon senso: basta guardare quanta enfasi viene data in alcuni casi specifici all'annullo "PER CONSEGNA", che il Bargagli cataloga invece tra le impronte comuni.
 
Il punto, comunque, è un altro: se domani mi svegliassi e la filatelia di Toscana fosse scomparsa dalla faccia della Terra, la mia vita rimarrebbe piena di interessi, di progetti e attività creative e ricreative, mentre per altri i francobolli, le lettere e gli annulli sono tutto ciò che hanno, non possiedono null'altro oltre la filatelia - in alcun senso, né materiale né intellettuale - e perciò la difendono sino a rendersi ridicoli.
 
La trovo una cosa deprimente.
 
Lo stralcio della pagina dove si cataloga l'annullo lineare di Firenze:
ne viene censito solo uno, sull'80 centesimi del Governo Provvisorio (alla vostra destra),
ma come vedete esiste anche sugli esemplari granducali da 1 crazia (alla vostra sinistra).

- Ciò che davvero preoccupa, se posso dire, è la sensazione di fronteggiare solo la punta di un'iceberg.

Qualche tempo fa ho letto un articolo pubblicato da un membro di un'importante associazione filatelica toscana - inutile fare nomi - in cui si affermava che i francobolli granducali del 1857 con filigrana "a lettere" non posseggono un plusvalore rispetto agli altri che non ne mostrano alcuna traccia.

- Le tue statistiche cosa dicono?

Che questa affermazione è quanto meno temeraria, per almeno due ragioni.

Primo: la filigrana "a lettere" si riscontra con una frequenza almeno dimezzata, nel campione di esemplari a mia disposizione.

Il calcolo è elementare: basta dividere per 240 - il numero degli esemplari di un intero foglio - il numero di francobolli che mediamente toccano le lettere della filigrana, e poi moltiplicare per cento.

La frequenza attesa è circa il 18%: presi cento francobolli a caso - stampati sulla filigrana del 1857 - in media dovremmo riscontrare 18 esemplari con tracce di lettere della dicitura "II E RR POSTE TOSCANE".

In realtà, in media, si osserva una frequenza di circa il 9%, la metà.

- Curioso. A cosa pensi che sia dovuto lo scarto tra la frequenza attesa ed effettiva?

Non ho una risposta certa, per il momento.

Forse c'è una tendenza tra i collezionisti a trattenere i francobolli con filigrana "a lettere", oppure preferiscono piazzarli a trattativa privata e quindi ne circolano meno nelle vendite pubbliche. Forse esistono collezionisti che, come me, sono interessati a quel tipo di francobolli, che li giudicano "più interessanti" di altri. 

Se questi particolari francobolli suscitassero davvero un maggiore interesse filatelico, allora il loro valore commerciale ne dovrebbe tener conto, perché - banalmente - ci sarebbero collezionisti disposti a spendere "di più" pur di averli. Io sono tra quelli, e sinceramente non credo di essere il solo. 

A ogni modo, a prescindere che si condivida o no la mia interpretazione, resta il fatto che si tratta di considerazioni fatte con "numeri alla mano", a differenza dell'autore di quell'articolo che non spiegava il motivo per cui - secondo lui - i francobolli con filigrana "a lettere" non posseggono alcun plusvalore.

Forse perché non interessavano a lui? Forse perché qualche presunto guru gli aveva detto che non c'è nessun plusvalore? Forse perché non aveva francobolli con filigrana a lettere da smerciare?

- "The answer my friend is blowin' in the wind...". Hai parlato di due motivi per cui l'affermazione è temeraria. Qual è il secondo?

Sta nel fatto che i francobolli con filigrana a lettere contengono molte più informazioni rispetto agli altri,  e quindi si può dire molto di più su di loro: si possono collocare nel quadro di stampa, si possono stimare correlazioni tra la varietà e la posizione, e determinare così delle posizioni costanti o posizioni ricorrenti.

Questi francobolli sono l'equivalente dello 0.1% di cui parlavo prima, sono le anomalie che permettono di far avanzare la frontiera della conoscenza, e credo ci siano alcuni collezionisti che se ne rendono conto, anche solo inconsciamente.

- Sicuramente non se ne rende conto l'autore dell'articolo.

Con tutta evidenza, no, non se ne rende conto. Ma, sai, guardare i numeri e analizzarli è un'attività faticosa e penosa.  Meglio, molto meglio, di sicuro più divertente e rilassante, dare corda a chi ritiene sia un merito fomentare sentimenti negativi e aizzare le persone contro di me...

- Ne avevi accennato all'inizio di questa nostra conversazione, ma avevo preferito svicolare. Ho la sensazione che ora, invece, non mi sarà possibile. 

Non voglio buttare benzina sul fuoco, ma il rincrescimento di Luigi Guido per esser stato ringraziato in chiusura di un lavoro mio e di Calcagno, è un altro esempio della qualità dell'ambiente.
 
 
- Citare le fonti e ringraziare è prassi di ogni ambiente accademico, e non è solo una forma di educazione istituzionale: è il riconoscimento ufficiale dell'importanza di chi ci ha preceduto, del loro ruolo nel consentirci di salire un gradino nella scala della conoscenza. Com'è possibile che qui, invece, i ringraziamenti abbiano suscitato un mal di pancia?

Luigi Guido è una persona troppo colta e intelligente: non crederò mai alla spontaneità della sua uscita, che sia stata una sua iniziativa, intendo.

- Pensi che qualcuno lo abbia manovrato?

Probabile, anche perché il linguaggio usato nel post non mi sembra conforme al suo stile.

Ma non gliene faccio assolutamente una colpa. Può capitare a tutti, anche ai migliori, di cadere nei tranelli di personaggi astuti e smaliziati, specie se tutt'intorno si respira un'aria conflittuale, livorosa.

C'è solo una cosa che tengo a ribadire: i nostri ringraziamenti - miei e di Calcagno - non erano affatto "inappropriati e fasulli", come qualcuno li ha definiti solo per accrescere la tensione.

Al contrario: erano sinceri, e direi dovuti, perché Luigi Guido - all'interno di quella reciprocità di cui parlavo all'inizio - mi ha aiutato moltissimo nel progredire nello studio.

Chi ha aizzato Luigi Guido contro di noi, chi va fiero di aver sparso un odio ingiustificato, non ha la minima idea di dove si trovi il limite tra la decenza e il ridicolo. Provo io per loro - al posto loro - quell'imbarazzo che loro non riescono a sentire.
 
- Devo essere sincero: in non credo ai "cattivi, cattivissimi, cattivi perché sì". Penso che ognuno abbia sempre le sue buone ragioni per fare quel che fa, anche se noi possiamo non condividerle. 
 
Ovvio che certa gente ha "le sue buone ragioni" - come dici tu - per fare quel che fa: ci mancherebbe altro. Riesci a indovinarle?
 
- Iniziano con "de..." e finiscono con "... naro" un'altra volta, vero?  

Gli interessi economici personali che popolano la filatelia di "Toscana" sono molto più estesi e profondi di quanto possa apparire a prima vista. E per guadagnare anche solo un euro in più si svendono valori come l'amicizia, la sincerità, l'onestà, l'etica, che sono i pilastri di un'attività che dovrebbe essere ricreativa, piacevole e rilassante, e invece viene trasformata in un ulteriore fonte di stress, come se nella vita di ogni giorno non ne avessimo già abbastanza.

Per quanto ovvio, non sto parlando dei commercianti onesti e corretti, che svolgono la loro professione con rettitudine.
 
Mi riferisco a quei figuri che spacciano materiale filatelico nel sottobosco, realizzando guadagni ingenti, tutti esentasse, a danno del lavoro onesto di tanti commercianti regolari.

Parlo di quei "fenomeni" che si mettono al riparo dai controlli fiscali affermando di vendere privatamente solo pezzi della loro collezione personale, perché figli e nipoti non sono interessati alla filatelia, e allora stanno dismettendo i pezzi pian piano, con i giusti tempi, rivolgendosi alle persone giuste, che li sanno apprezzare. 
 
E poi sono anni che li vedo smerciare tonnellate di materiale, che manifestamente non può appartenere a una sola collezione, ma costituisce un vero e proprio stock su cui basare un intero giro d'affari.
 
- Ma qui siamo davvero dentro il romanzo di Balzac! Stai descrivendo il personaggio di Rémonencq, che si trasforma da robivecchi in un mercante di secondo mano: "Prende l'aspetto di un drago a guardia del tesoro; è circondato di capolavori, è diventato un raffinato conoscitore, ha decuplicato i suoi capitali...".  
 
Devo leggerlo questo romanzo di Balzac. Come hai detto che s'intitola?
 
- "Il cugino Pons". E mentre ne recuperi una copia, lasciami avventurare in un'ucronia...
 
Fa pure: ne hai facoltà.
 
- Immaginiamo per un istante di aver lanciato il cuore oltre l'ostacolo, per quanta forza possa esser servita. Perché sinceramente questa dispersione di energie - Calcagno e Nocentini da un lato, Luigi Guido dall'altro, e in mezzo tanti personaggi ambigui a spargere zizzania - rischia di duplicare le attività, lasciarne altre inesplorate, e soprattutto confondere i collezionisti, con catalogazioni e nomenclature differenti. Se fosse prevalso il buon senso, ora, i risultati sarebbero più avanzati, unitari e coerenti. Sembra di vivere la situazione cosiddetta "del dilemma del prigioniero", dove l'ottimo collettivo - di cui tutti beneficerebbero in ugual misura - viene inibito dalla tentazione di estrarre dei benefici privati approfittando della lealtà della controparte.
 
Cosa vuoi che ti dica? Sono d'accordo.
 
- Ma allora, fuori dall'ucronia, guardando al futuro e senza preoccuparsi più di torti e ragioni, è immaginabile che tutti i soggetti coinvolti facciano un passo indietro, e uniscano le forze, nel bene della filatelia di "Toscana"? Per essere chiari: è ipotizzabile una riconciliazione con Luigi Guido?
 
Come ho già detto, io sono stato onorato di poter collaborare con Luigi Guido, e ho provato a più riprese a riallacciare i rapporti, perché - davvero - sarei stato felice di unire i nostri nomi, in nome di un obiettivo più alto.
 
- Intravedo l'arrivo di un "ma..."
 
... ma allo stato delle cose, per com'è ora la situazione, l'unione delle forze è pura utopia.
 
- Ma perché?
 
Come dicevo all'inizio, Luigi Guido è stato uno dei miei primi contatti, con cui sono rimasto in ottimi rapporti sino a poco tempo fa, e a cui - lo ribadisco - mi sarebbe piaciuto legare il mio nome. Ma il suo modo di lavorare - inutile diffondersi in dettagli - non lascia spazio a collaborazioni.
 
E poi c'è un problema "di sistema", per così dire.

- "Di sistema" vuol dire collegato all'ambiente nel suo complesso, e non a una specifica persona?
 
"Toscana" è un ambiente difficile, aspro. Non mi stupirebbe se Luigi non si fidasse del prossimo e temesse che, in un'ipotetica collaborazione, l'altro socio a un tratto si appropriasse del lavoro, lasciandolo al palo. Perciò capisco - e non gliene faccio una colpa - se preferisce portare avanti il suo lavoro in solitaria, senza mostrarne i risultati se non in occasioni ufficiali come mostre o concorsi. 
 
E poi c'è un altro ostacolo...
 
- Un altro ancora?
 
Sì. La mole di informazioni pubblicate sul sito "Il Postalista" - al momento ben 34 articoli, stracolmi di immagini tutte originali e inedite - è stata messa a disposizione gratuitamente, a beneficio di tutta la comunità, filatelica e non. E un'attività - la nostra - del tutto priva di un pur minimo scopo di lucro, e sinceramente non so dire se ciò può rappresentare un elemento di incompatibilità per delle ipotetiche collaborazioni, con Luigi Guido come con chiunque altro.

A ogni modo, per quanto possano essere freddi gli attuali rapporti con Luigi Guido, e per quanto non vi siano prospettive realistiche di disgelo, tutto il bello che c'è stato in passato, tutta la stima e simpatia che ha lungo segnato i nostri rapporti, non si potrà mai cancellare.

La dedica personale di Luigi Guido a Tiziano Nocentini, "con simpatia e stima",
nella sua copia del volume "Il Marzocco e i difetti costanti nei francobolli del Granducato di Toscana".
 
- Questo mondo di "Toscana" sarà  quel che sarà, e tuttavia permane una frangia che procede in direzione ostinata e contraria, di cui sembri essere l'elemento di spicco, un anti-eroe nel percepito diffuso, ma con un sistema valoriale ben caratterizzato. A quando risale la tua passione per il collezionismo filatelico?
 
Ho iniziato a studiare i francobolli di Toscana nel 2015, non professionalmente, ma con tutta la serietà che potevo mettere in gioco; ho accumulato materiale e informazioni; e ho notato che vi erano ancora delle lacune importanti nella conoscenza di questi oggetti; così ho iniziato a pubblicare le mie scoperte, prima su un blog aperto bell'apposta, e poi sul sito "Il Postalista", diretto da Roberto Monticini, in cui ora vi è una pagina dedicata.

- Per compiere infine il balzo verso un sito internet tutto tuo, autonomo.
 
Sì. Ho dismesso il blog e ho creato il sito web www.i500leoniditoscana.it, che è ancora under construction, e forse lo sarà sempre, perché nella ricerca non esiste un vero punto di arrivo, e ogni conclusione - se realmente significativa - diventa la premessa di un nuovo studio, il punto di partenza di un altro itinerario di approfondimento.
 
- Qual è lo statuto del sito, l'obiettivo che ti prefiggi di raggiungere?
 
Razionalizzare e rendere fruibile la conoscenza accumulata negli anni sui francobolli toscani. Sarà utile anche a me, per fare il punto sulle mole di materiale e di informazioni a disposizione, e individuare nuove linee di ricerca, per capire in quale direzione muovere i passi successivi. 

Più in generale, il sito ambisce a promuovere una visione originale del mondo della filatelia di Toscana; sarà aperto a tutti coloro che condividono la filosofia del progetto, e restituirà informazioni e conoscenza alla comunità tutta, senza preoccuparsi di chi abbia contribuito e di chi no, anche per segnare una discontinuità con le attuali associazioni filateliche, chiuse ermeticamente, dove tutto ciò che viene prodotto all'interno rimane all'interno, senza "fare cultura".
 
- Puoi darci un'idea dei contenuti del sito, della sua impostazione? 
 
Il sito raccoglie l'eredità del blog e quindi ne recepisce l'impostazione generale.

Il blog prendeva le mosse dalla mia collezione, ne illustrava la logica di base e le modalità costruttive; dopodiché - nei post successivi - ho proceduto con uno stile più libero, per dare conto di aspetti di dettaglio della filatelia toscana, appoggiandomi sempre ai pezzi della mia collezione; lavorando su un dettaglio dopo l'altro, ho intravisto la connessione tra le cose, le varietà di cliché, gli annulli, le tariffe...
 
- Sostanzialmente il sito è il supporto tecnologico indispensabile per governare una quantità di dati e immagini altrimenti ingestibile.  
 
Sì, esatto: il progredire dei miei studi ha creato necessità pratiche di vario tipo, che solo un sito web poteva soddisfare.
 
Nel sito si trova al momento raccolta tutta la mia produzione accademica, organizzata in sezioni - ne ho previste 17, di cui 2 già attive con i post del blog e gli articoli pubblicati su "Il Postalista" - che vorrei sviluppare in modo organico e interconnesso, affinché si possa sempre mantenere la visione di assieme.
 

- Lo scheletro del sito fa impressione, la sua struttura è imponente. Sei sicuro di riuscire a sviluppare adeguatamente tutte le sezioni? Potrebbe volerci molto tempo.
 
E' stupido non fare qualcosa solo perché richiede molto tempo: il tempo passerà comunque! 
 
- Giusto. Spesso non ci si pensa, ma il tempo trascorrere inesorabile, qualunque cosa si voglia fare o non fare, e allora serve impiegarlo in ciò che sentiamo conforme alle nostre inclinazioni, a ciò che ci fa stare bene, a prescindere da quanto ne occorra. Personalmente tendo a dividere le attività umane in due tipologie: quelle a rilascio immediato di dopamina, come il sesso, la visione di una serie su Netflix, o una discussione sui social, e quelle a rilascio graduale, come può esserlo appunto la costruzione e lo sviluppo di un blog o un sito web.
 
Tendenzialmente però la maggior parte di noi preferisce il rilascio immediato, la scarica istantanea di piacere, senza accorgersi che i suoi effetti tendono a esaurirsi piuttosto in fretta, e per ripristinarli è necessaria una dose crescente dello stimolo originario, che colloca la vita su una traiettoria esplosiva, insostenibile.
 
- E' un ragionamento in cui mi ritrovo, per esperienza personale: solo le attività a rilascio graduale di piacere sono sostenibili, perché la soddisfazione è progressiva, si accumula e si consolida, e dà una gratificazione reale, solida.
 
Io immagino lo sviluppo del mio sito come la coltivazione di un bonsai.
 
La cura dei bonsai è un progetto a lungo termine, che impone un'interazione continua tra l'uomo e il vegetale. Nell'immaginario collettivo i bonsai non crescono, rimangono piccoli, ma non è vero. Sono vegetali che si sviluppano a modo loro, e si deve osservarli di continuo per comprenderne il comportamento, per capire quale è il modo migliore di rapportarsi a loro, con le potature, i rinvasi, le annaffiature. Solo così si può entrare in simbiosi con ognuno di loro e raggiungere risultati interessanti
 
Possiedo alcuni bonsai da oltre venticinque anni e non sarebbero arrivati sino a oggi se non avessi fatto ogni giorno qualcosa di piccolo o grande per loro, come minimo controllare che la terra sia umida al punto giusto.
 
- Nelle tue parole risuona il celebre "nulla dies sine linea" dei latini.
 
Sì, possiamo vederla anche così: non lasciar mai passare un giorno senza aver fatto qualcosa per il sito, non importa se grande o piccola, ma ogni giorno dovrò fare qualcosa per farlo progredire.
 
- Mi sembra fosse Marchionne a dire che la differenza tra un "sogno" e un "progetto" sta nell'avere o meno una data, una scadenza di riferimento. Hai segnato un giorno preciso sul calendario, per verificare i tuoi progressi?
 
Il primo aprile 2026 si festeggeranno i 175 anni dall'emissione dei francobolli granducali: per quella data vorrei aver raggiunto una buona uniformità nello sviluppo delle varie sezioni del sito. Vedremo.

"Poi è più facile. Ogni giorno diventa più facile.
Ma devi farlo tutti i giorni: questo è difficile.
Poi diventa più facile"

- C'è qualche progetto che al momento è solo in cantiere?
 
Ho il pallino della "banca dati": una raccolta sistematica e razionale di materiale filatelico di Toscana, un'enciclopedia virtuale, liberamente consultabile, di agevole navigazione e gradevole da vedere.
 
La mia speranza è alzare il livello di attenzione, catalizzarlo sugli argomenti trattati, e attirare nuovi appassionati offrendogli la possibilità di ripercorrere in autonomia i passi seguiti negli studi che saranno pubblicati.
 
Non chiederò mai la fede nelle mie affermazioni, non dirò mai "è così perché lo dico io", o peggio, "non devo dimostrare niente a nessuno". Tutto ciò che si affermerà sarà dimostrato, o quanto meno supportato dalla migliore evidenza disponibile, per rendere massimamente verosimile la formulazione di una congettura. 
 
- Sembra un obiettivo altamente sfidante
 
Lo è. Parliamo di migliaia di immagini, da organizzare secondo le regole proprie di un database informatico, la cui attuazione richiede non solo una conoscenza approfondita dell'argomento, ma anche il dominio di aspetti  tecnici, di programmazione e gestione delle pagine web, di creazione degli archivi, di scelte grafiche.
 
- Hai pensato a un target di pubblico, a un "visitatore tipo" per il sito?
 
Il sito è anzitutto funzionale alle mie esigenze di razionalizzazione delle informazioni necessarie a proseguire nei miei studi; in fondo nasce come strumento di lavoro - quanto più rigoroso possibile e coerente con la realtà dei fatti - a uso dell'autore.
 
Ma al tempo stesso si rivolge a tutti gli appassionati della materia, che troveranno soddisfazione nelle tavole per determinare la posizione dei francobolli nel quadro di stampa, nelle immagini delle filigrane, negli elenchi delle varietà conosciute, e in tutte le spiegazioni - sempre supportate da immagini - necessarie per muoversi con consapevolezza e gusto in un ambito specialistico di grande fascino.
 
- Potrebbe diventare un'attività imprenditoriale, se le modalità attuative manterranno la qualità delle premesse. 
 
No, questo non accadrà mai, e non importa quanto in là si possa arrivare. Il sito non ha, non vuol avere e non avrà mai delle finalità di lucro, né dichiarate né occulte. Così come si terrà ben distante da tutti coloro che intendessero sfruttarlo per accrescere la loro fama di esperti, col solo l'obiettivo di sviluppare il proprio business.
 
- Quindi non ci sarà spazio per informazioni commerciali? Non parlo di una sezione di compravendite, che fatalmente diventa poi dominante, come vediamo in Forum e Gruppi Facebook. Mi riferisco semplicemente a una "vista sul mercato", per formarsi un'idea sul  valore economico degli oggetti di studio.
 
Lo studio di alto livello - per come lo concepisco io - è inconciliabile con la dimensione venale, qualunque essa sia.
  
Nel sito non si parlerà mai di quotazioni di catalogo, di realizzi d'asta, di pezzi rimasti invenduti, di condizioni di mercato, ma neppure di firme peritali o di pedigree, che percepisco come gravi fattori di disturbo rispetto alla diffusione del connubio "collezione-studio".
 
- Ogni tua argomentazione sembra avere un'ineliminabile intonazione estrema.
 
Può darsi sia così, non lo nego. Ammetto di avere un brutto carattere, a tratti spigoloso, che in alcune circostanze può essere difficile da tollerare. Ma non voglio dare nessuna possibilità al chiacchiericcio così diffuso in rete, ad argomentazioni volgari e dozzinali, che nulla hanno a che vedere con la filatelia e mostrano solo il basso livello culturale di chi le propaganda, il più delle volte solo per proprio tornaconto.

- Sei così preoccupato di preservare la tua creatura da possibili attacchi esterni, che quasi trascuri di valorizzarla dall'interno. Nell'home page del sito, così come nel suo indice, non si fa nessuna menzione ai premi internazionali conseguiti dai tuoi lavori sul plattaggio.
 
Hai ragione. Sarebbero in tanti a vantarsi di una simile onorificenza. Mi sento effettivamente in debito con me stesso per non essermi auto-attribuito tutto questo enorme onore. 
 
- E dai su! Dico davvero...
 
Non penso di mettere alcun riferimento alle mie medaglie, nel sito. Perché il sito non è lì per pavoneggiarsi, per urlare ai quattro venti "guardate come sono bello, come sono bravo, sono migliore di altri, anzi il migliore di tutti". 
 
- Ma che c'è di male a mostrare i riconoscimenti, soprattutto se di respiro internazionale, sganciati dall'auto-referenzialità locale?
 
Nessuno, ovviamente. E' legittimo mostrare i premi, se sono  autentici e meritati.
 
- E allora?
 
Voglio semplicemente marcare la differenza tra il mio sito, la mia mentalità, e chi si gonfia il petto nel maldestro tentativo di pompare la fama del proprio nome, spesso andando oltre la realtà dei fatti, solo per avere un tornaconto economico anche a discapito dell'etica, della moralità, della serietà.
 
Quindi mi sembrerebbe fuori luogo mostrare i premi.
 
Poi, chiaramente, il riconoscimento ufficiale della comunità filatelica internazionale mi dà un'intima soddisfazione, e, sì, ne vado fiero. Penso sia normale.


Gli attestati di SESCAL 2022 alla squadra italiana.
 Calcagno e Nocentini hanno preteso la nomina di Roberto Monticini e Giorgio Migliavacca,
editori rispettivamente delle riviste "Il Postalista" e "fil ITALIA",
che hanno avuto la lungimiranza di ospitare il loro contributo,
quando era ancora in una fase pioneristica.

- E sulla "qualità" cosa ci dici? Questo Blog, come sai, insiste sulla necessità di filtrare rispetto alla qualità, per impostare e sviluppare una collezione. Tu - con i tuoi studi - come ti poni rispetto alla dimensione qualitativa degli oggetti filatelici?
 
Non mi pongo, semplicemente.
 
Non già perché la qualità non sia importante in sé, in generale, ma perché spesso induce competizioni sterili, che a loro volta producono atteggiamenti disfunzionali rispetto ai miei obiettivi: malafede, ipocrisia, bisogno di possesso e ansia di primeggiare sono tutti stati d'animo controproducenti, rispetto a ciò che mi propongo di realizzare.
 
E la qualità, a ogni modo, mantiene un peso marginale in un progetto che vuole avere una chiara e riconoscibile impronta scientifica.
 
Non mi interessa se un francobollo è corto di margini, assottigliato, o poco fresco, così come non mi interessa se è splendido o eccezionale, e magari il migliore noto.
 
Nel sito ci si occuperà soltanto di fatti oggettivi, per cui troveranno spazio solo francobolli toscani con caratteristiche "fisiche" rilevanti ai fini dell'argomento di volta in volta trattato.
 
Certamente si vedranno anche francobolli belli, e forse anche splendidi, rari o prestigiosi, ma la loro qualità non sarà mai enfatizzata, anzi non sarà neppure menzionata esplicitamente, rimarrà latente, lasciata all'apprezzamento del singolo osservatore.
  
Il sito sarà democratico: francobolli eccezionali, splendidi, di normale prima scelta e di qualità inferiore, saranno trattati tutti allo stesso modo, in funzione esclusiva delle informazioni tecniche che forniscono. Perché il sito vuole promuove la diffusione della conoscenza più solida: la ricostruzione della storia dei francobolli in senso materiale.
 
Sto persino valutando di supportarlo con video-corsi su YouTube, di stampo divulgativo, per accrescere l'interesse verso i francobolli toscani, per avvicinare i collezionisti, rendendo semplice e accessibile la tecnica. 

- Però adesso mi viene una curiosità: è apprezzabile voler diffondere massimamente la conoscenza della teoria e delle sua applicazioni, ma tu, in pratica, a un livello più spicciolo, come regoli gli acquisti per la tua collezione, in base a quali parametri?
 
Non acquisto oggetti filatelici ormai da un po', e non ho in programma di farlo per il futuro immediato. Sono concentrato sul lato accademico della filatelia, e le immagini ad alta risoluzione sono spesso sufficienti per i miei scopi, anche se avere l'esemplare effettivo sarebbe ovviamente meglio. Però - di base - non acquisto francobolli per finalità di studio.
 
- Non offenderti, ma... un filatelico che non acquista francobolli, che collezionista è?

D'accordo, confesso di ammettere delle deroghe al mio proposito, ma solo quando l'oggetto è davvero imperdibile, com'è accaduto recentemente con un esemplare da 1 soldo del 1851:
possedeva troppe caratteristiche interessanti, per rinunciare.
 
- Ah, ecco, volevo ben dire! Ora però sei obbligato a rivelarci queste "caratteristiche interessanti" che ti hanno fatto derogare dal proposito dichiarato. 
 
Angolo di foglio alto sinistro, colore giallo oro, annullo "P.D." ombreggiato di Livorno praticamente completo, varietà "piccola macchia" nella vignetta, una sola riga orizzontale di filigrana, leggermente obliqua come deve essere, e tracce delle due righe di composizione.
 
La linea verticale esterna della filigrana - in particolare - è una caratteristica che ho riscontrato solo in tre pezzi, fra le centinaia che ho avuto modo di esaminare sino a oggi: era troppo distante per poter essere inclusa nei francobolli, quindi per vederla servivano simultaneamente un forte spostamento del foglio durante la stama e un margine ampio in fase di taglio del francobollo, una concomitanza di eventi oggettivamente rara. Ho in programma di parlarne in dettaglio in un articolo dedicato.
 
- "What else?", avrebbe detto un George Clooney d'annata.
 
In realtà c'è un altro aspetto che mi ha colpito: l'assenza di firme peritali, timbrini e altre amenità, una situazione che io apprezzo molto in generale, e in particolare su pezzi outstanding, che tutti si divertono imbrattare. Qui è come se il francobollo fosse "vergine".
 
E poi c'è un'altra cosa ancora...

- Questa lista di "caratteristiche interessanti" non finisce più.

Di là degli aspetti tecnici, è la particolare cromia dell'oggetto che mi suggestiona: trovo l'accostamento tra il giallo del francobollo e il rosso dell'annullo, non solo gradevole, come dicono in tanti, ma addirittura vitale, capace di infondere ottimismo.

Il rosso mi ha sempre affascinato, anche se non so spiegarne il motivo, e la combinazione col giallo chiude il cerchio di una gamma di sensazioni piacevoli, confortevoli.


Forse tutto ciò si correla col fuoco, un elemento visivamente percepito con varie tonalità dei due colori, che richiama la passione, ma rappresentava anche l'alleato
dei nostri antenati nelle notti minacciose, fornendo la luce per sondare il territorio, e poi il calore, essenziale per proteggersi dal freddo e tenere lontani gli animali che potevano rappresentare minacce letali.
 
1 soldo giallo oro 1851, annullato "P.D." in rosso:
non solo la 
qualità, ma soprattutto - cosa rara - la bellezza.
Ex Collezione Fulpius.

- Complimenti! E stavolta senza riserve, senza "se" e senza "ma". Però mi viene un dubbio: non sarà che, come con le ciliegie, si inizia con le migliori e poi si finisce per svuotare l'intero cesto? Perché un acquisto, come una ciliegia, ne chiama sempre un altro.
 
Ho visto che hai recentemente pubblicato la tua - ormai ex, se ho capito bene - Collezione "Marzocco". E lì un pezzo che mi piace effettivamente c'è. 
 
- Uno solo? Così mi offendi, però. Sto scherzando, ovviamente. Dai, dì un po', ché ora voglio saper qual è.
 
Il 60 crazie: marginatura ampia e regolare, e col bellissimo margine sinistro che mostra una traccia della riga di composizione; anche l'annullo è interessante, un "P.D." inclinato, forse l'unico esempio di questo tipo, probabilmente dell'ufficio postale di Montevarchi.
 
Credo sia l'unico esemplare del 60 crazie per cui potrei fare una pazzia: non ne conosco altri di simile bellezza, allo stato di usato.
 
- Hai messo in sordina l'estetica dei francobolli lungo tutta la nostra conversazione, ma se questi sono i tuoi parametri selettivi, se l'asticella qualitativa l'hai poi fissata così in alto, devo presumere che il tuo album sia uno scrigno colmo di gemme, una galleria di bellezze.
  
In realtà per i mei acquisti mi sono sempre regolato - come minimo - sulla bella prima scelta. Poi è ovvio che fa piacere a tutti possedere e mostrare francobolli splendidi o eccezionali, ma non sono mai stato un fanatico: la bellezza in sé, la bellezza per la bellezza, senza nessun altro scopo, la trovo frivola, senza costrutto.
 
La bellezza ha significato se e solo se comunica informazioni rilevanti, se "fa cultura", come avviene con l'esemplare da 1 soldo di cui ti dicevo, altrimenti è solo una masturbazione cerebrale. 
 
- Non voglio provocarti oltre, perché tra l'altro anch'io sono contrario ai collezionisti-pornografi. Ci dici piuttosto qualcosa sul nome del sito e sul suo logo, entrambi così peculiari? Perché proprio "cinquecento leoni", e non cento o mille? E cosa rappresenta il collage di "Marzocchi" che hai voluto realizzare? 
 
"Cinquecento" perché - all'inizio - avevo stimato in questo numero la quantità di francobolli necessaria a coprire tutte le sfaccettature che mi proponevo di documentare.
 
E quanto al logo - che per inciso è nato in occasione della pagina da occupare sul libro di Luigi Guido - si tratta di ciò che ho battezzato "Marzocco tetravalente": la combinazione di quattro tagli di colore diverso, rappresentativi delle tre monete della filatelia toscana (il quattrino nero, il soldo giallo, e la crazia viola e verde).
 
- Siamo da tempo nell'era di internet, perciò abituati alla fruizione virtuale, che sicuramente presenta innumerevoli vantaggi. Però, diciamolo, la pubblicazione stampata mantiene ancora una sua fascinazione, mi spingo a dire una sua nobiltà. Hai mai pensato di realizzare un volume "old style", in cui presentare i tuoi studi?   
 
L'idea di riassumere tutto in un libro è sempre presente nella mia mente, e da più parti mi sono arrivate sollecitazioni in tal senso; ma vorrei dare a questa ipotetica pubblicazione un carattere il più possibile definitivo, e siccome ogni giorno scopro cose nuove - magari piccole in sé, che però messe assieme modificano significativamente il quadro complessivo - penso che servirà ancora del tempo, molto tempo, per arrivare a quel minimo di stabilità richiesta da una pubblicazione scientificamente valida.
 
Per ora preferisco continuare a pubblicare gli aggiornamenti in rete, sul sito. Lo trovo un approccio più versatile ed efficace, perché mi consente di aggiornare il quadro ogni qualvolta che si presenta la necessità, e agevola la consultazione da parte di tutti gli interessati - con pc, tablet o i-Phone - senza il fastidio del peso e dello spazio occupato da un volume fisico.
 
- Proprio non se ne parla, allora, del caro, vecchio libro stampato.

Non lo escludo del tutto. Un volume classico ha sempre il suo fascino, e poterlo inserire nella propria libreria filatelica, accanto ad altre pubblicazioni storiche, è sicuramente un piacere da non sottovalutare. Ma il libro va stampato e acquistato, e quindi coinvolge un aspetto monetario da cui, come ho già detto, vorrei restare massimamente distante.
 
E a ogni modo rimane il solito vincolo di base: solo dopo aver accumulato sufficiente materiale, e averlo analizzato a fondo, si potranno tirare le somme in un ipotetico volume che possa dirsi solido, sul piano informativo.
  
- Non so dire se il tuo sia solo un eccesso di prudenza, ma il modo in cui presenti la situazione fa pensare di trovarsi in una fase, se non proprio embrionale, di sicuro ancora esplorativa.
 
Per dare un'idea: fino a oggi ho archiviato e classificato le immagini di 450 esemplari granducali con la filigrana del primo tipo; 500 esemplari con la filigrana del secondo tipo; 83 con le varietà del tassello del valore; 1492 esemplari del Governo della Toscana; e così via per le posizioni costanti e ricorrenti.

E però mi rendo conto che gli andamenti statistici per le varie caratteristiche non sono ancora così stabili da fornire una base solida per affermazioni pur provvisorie; e non posso - non sarebbe etico - incidere sulla pietra dei dati che non percepisco robusti.

- Puoi almeno fornire una stima dei tempi necessari a raggiungere questa robustezza?
 
Grosso modo, tenendo ritmi dell'ultimo anno, potrebbero occorrerne almeno altri cinque per capire a fondo come stanno le cose. Però, in tutta sincerità, il punto rilevante - per me - è un altro.
 
- Quale?
 
Portare delle novità nel panorama della conoscenza, che siano piccole o grandi non importa, purché siano significative anche per altri, al punto da incentivarli a proseguire in autonomia nello studio, fornendogli al contempo gli strumenti per compiere dei passi in avanti o addirittura per risolvere problemi di cui oggi non si conosce neppure l'esistenza.
 
Questo - e solo questo - giustifica lo sforzo e ha un valore reale e duraturo.
 
Questo - e nient'altro che questo - è il punto rilevante.
    
 
E' stato un piacere - vorrei dire un onore, se non temessi di cedere alla piaggeria - ospitare Tiziano Nocentini. Che non sarà - non ancora - un grande nome della filatelia toscana, non apparterrà "ai giri che contano", ma aveva parecchie cose interessanti da dire e più d'una idea valida da proporre, e doveva perciò trovare uno suo spazio, che il Blog è stato lieto di offrirgli.
 
E non sarà sfuggito - immagino - il suo approccio tendenzialmente distante dallo stile del Blog.
 
Ma la diversità è un valore, se correttamente intesa e governata.

Troppo spesso gli internauti pretendono di parlare in casa d'altri nell'assurda convinzione che parlare si deve solo perché parlare si può; e sbraitano e si dimenano, gridando alla censura, quando il padrone di casa li blocca, o anche solo li accompagna cortesemente all'uscita, per non trasformare casa sua in troiaio.
 
Perché - riconosciamolo - il tanto reclamato diritto alla libertà di parola, il più delle volte si riduce a una meccanica riproposizione del proprio punto di vista, senza neppure ascoltare l'opinione dell'altro. Chi assiste da fuori vede il Signor X dire "bianco" e il Signor "Y" controbattere "nero", a cui X replica "bianco", per sentirsi dire "nero" da Y, e via così, senza che nulla possa arginare questa insulsa alternanza di "bianco" e "nero". Se X e Y fossero in presenza, fisicamente uno di fronte all'altro, è probabile che la loro contrapposizione verbale procederebbe a decibel crescenti, come se alzare la voce volesse dire aver ragione (e non fosse invece più probabile il contrario). Ma poiché lo scontro avviene a livello virtuale, mediato da una pagina internet, l'aggressività non trova sfogo in un elemento fisico e ripiega allora su espressioni progressivamente più barbare. Che bello spettacolo, non è vero?
 
Per tutto ciò, il piacere di aver ospitato Tiziano sul Blog si somma a un debito di gratitudine, per avermi dato l'occasione di mostrare in che modo sia possibile avvicinare spiriti e intelligenze tra loro anche molto distanti, con una crescita culturale sia per chi partecipa alla discussione che per chi la osserva dall'esterno.
 
Il Blog sarà sempre a disposizione di chi vorrà esprimersi con spirito costruttivo, qualunque sia la sua opinione.
 
Buon 2024 a tutti.

Commenti

Post popolari in questo blog

KU FU? DALLA SICILIA CON FURORE

SEMIOFORI

LO STRANO CASO DI BENEVENTO E PONTECORVO