SPLENDORI E MISERIE DEL FASCINO DELL' EX

Il fascino dell'ex! Che sottile piacere, che raffinato godimento, che squisitezza.

Siamo tutti esposti alla seduzione di un francobollo appartenuto a una o più grandi collezioni del passato. Nessuno ne è realmente immune. Siamo tutti portatori sani del  fascino dell'ex, sin anche i cuori più duri e gli animi più aridi. Possedere un francobollo di Maurice Burrus o di Alfred Capsary, dei Signori "Pedemonte", "Scilla e Cariddi", "Seta" o "Luxus", avere nel nostro album ciò che hanno avuto loro, questi mostri sacri della filatelia, ci fa sentire un po' come loro, ci gratifica e ci lusinga, asseconda un'illusione, parla alla nostra vanità, che pure è alla base del processo collezionistico.

I commercianti ne sono consapevoli, da sempre, e non mancano di accarezzare questa parte sensibile del collezionista, ogni volta che possono.

La prefazione alla Collezione "Seta" è l'apologia del fascino dell'ex, col richiamo alla "prestigiosa provenienza" dei vari pezzi che la compongono e il consiglio spassionato di "un acquisto in ricordo di questa collezione".



La stessa enfasi la ritroviamo nella prefazione di Alberto Bolaffi al catalogo d'asta della Collezione "Pedemonte", "l'ultima grande raccolta italiana" in cui ogni francobollo scatena "il più vibrante applauso che si possa tributare a un Grande Collezionista".

Anche il catalogo della Collezione del Banco di Sicilia - oggetto di "un'asta che non ebbe mai luogo" - aveva in premessa un intervento di Enzo Diena, che per tutti i pezzi - rari, pregiati o di qualità - esaltava il "blasone di aver appartenuto alla 'Mormino' ".


Il fascino dell'ex non è soltanto un meccanismo psicologico, non tocca solo corde sentimentali, non è semplicemente una leva emotiva. Il fascino dell'ex è anche una garanzia sull'acquisto, tra le più affidabili e confortanti.

Agiamo in un mondo filatelico ormai privo di riferimenti, con i barbari non più alle porte, ma già dentro casa, in ogni stanza. Ebay, Delcampe e Catawiki hanno rotto il vaso di Pandora della filatelia. I professionisti del settore si sono accodati allo stile corsaro delle piattaforme virtuali, a volte dismettendo persino le apparenze della decenza. I commercianti con uno stock di proprietà - da gestire e valorizzare - sono come le tigri: in via di estinzione per lo stravolgimento del proprio habitat naturale. Nessun operatore si espone più con capitali propri - segno che non ci crede sino in fondo - e tutti comprano oggi solo se han venduto ieri. Il materiale scadente è diventato la normalità, i pezzi normali ribattezzati eccezionali, le percezioni alterate, il senso della misura stravolto. Mancano figure carismatiche, come Giulio Bolaffi, capaci di trasferire la loro autorevolezza agli oggetti commerciati, conferendogli fascino e attrattiva, per richiamare nuovi appassionati. Manca una Corte di Cassazione, come Enzo Diena, esso stesso soggetto al filtro preventivo di Renato Mondolfo, un'altra prestigiosa istituzione a tutela del buon nome della filatelia, ora priva di eredi. La classe peritale, più che scadente, è direttamente assente; ha abdicato al suo ruolo terzo di garante, tra l'acquirente e il venditore, per piegarsi anch'essa alle esigenze di un commercio piratesco. Il Catalogo Sassone è diventato il capro espiatorio cui addossare la colpa di inefficienze con ben altre origini, disfunzioni gravi, struttuarali, ben più profonde di un numero scritto su un foglio, che si fantastica possa avere chissà quale potere maligno o salvifico.

Questa è l'aria respirata dal collezionista, e se l'aria è inquinata, allora non c'è più posto dove nascondersi, se non il rifugio anti-atomico del fascino dell'ex. Il pedigree di un francobollo, la sua provenienza, diventa l'unico baluardo a difesa dei propri acquisti. Ne parlava Alberto Ponti, in un articolo su Maurice Burrus nel magazine "Best Bid" della Bolaffi, che trovate qui, e di cui stralcio il passaggio saliente.




Il fascino dell'ex - in un'accezione allargata - coinvolge tutta la storia del francobollo, per intero: i collezionisti che lo hanno posseduto, i commercianti che lo hanno intermediato, i realizzi spuntati in asta, l'aneddotica e il folklore che vi è intorno, e ovviamente anche le certificazioni peritali.


Altri tempi, d'accordo, altre sensibilità, altra cultura. Oggi non è così semplice e immediato, ammesso lo sia mai stato davvero, perché il ricordo di Luigi Sassone in memoria di Emilio Diena è chiaramente un po' romanzato. L'argomento però permane, opportunamente rimodulato sulla realtà odierna. Vedere un francobollo periziato da tre generazioni di Diena - da Emilio a Enzo, passando per Alberto - trovare il combinato disposto delle firme di Giulio Bolaffi e Renato Mondolfo su un certo pezzo, sapere che l'esemplare è nello stock di Giacomo Avanzo, son cose che magari non fanno acquistare a occhi chiusi - sono finiti quei tempi, per fortuna - ma sicuramente donano ancor oggi "un senso di riposo, di sicurezza", se non assoluto, almeno relativo.
 
Lettera da Sulmona a Catignano del 16 luglio 1861,
affrancata per 2 grana con una striscia di quattro del ½ grano II tavola.
Firmata Emilio, Alberto e Enzo Diena,
Giulio Bolaffi, Renato Mondolfo e Giacomo Avanzo.

Questo è il fascino dell'ex. Ma siete sicuri di aver capito di cosa parliamo? Proviamo.

TUTTI I LADRI SONO RUMENI.

INCONTRI UN RUMENO.

E' UN LADRO?

Seduti alla vostra scrivania - tranquilli, rilassati, con tutto il tempo necessario per riflettere - darete sicuramente la risposta esatta; non sia mai, però, che stasera, tornati a casa, incrociaste un uomo mal vestito, dai tratti somatici dell'est, che scende frettolosamente le scale, farfugliando qualcosa in italiano, ma con l'inflessione tipica delle persone dell'est; e allora, tutti i ladri sono rumeni, incontri un rumeno, è un ladro? Vedete un po' se l'ultima rampa non la fate col cuore in gola, col timore che vi abbiano svaligiato casa, perché, insomma, se tutti i ladri sono rumeni, e io ho incontrato un rumeno, allora ho incontrato un ladro.

E' incredibile quante persone commettano errori di logica su cose, non elementari, non scolastiche, ma proprio banali, infantili. Quel rumeno era un verificatore del gas, un muratore, un imbianchino, un distributore di pubblicità, era probabilmente una di questa o di tante altre cose, oppure - non può escludersi, per quanto improbabile - poteva essere un ladro. Perché tutti i ladri saranno pure rumeni, ma i rumeni sono un multiplo elevato della popolazione dei ladri. Se pesco un ladro, sarà sicuramente rumeno; se incontro un rumeno, non è detto che sia un ladro (probabilmente non lo è).

E' incredibile, ma le persone non capiscono la differenza tra "tutti i ladri sono rumeni" e "tutti i rumeni sono ladri", non colgono che la prima affermazione è innocua, la seconda è una calunnia a un intero popolo. Perché l'intelligenza umana fatica a gestire correttamente le implicazioni, a cogliere i nessi di causa-effetto, a capire cosa viene prima e cosa subentra dopo, a distinguere tra condizioni necessarie e sufficienti, anche quando si parla di banalità assolute?

Alcuni francobolli presenti nella selezione di "Toscana" sono appartenuti a grandi collezioni del passato (Caspary, "Seta", "Luxus"); altri portano la firma estesa di Giulio Bolaffi, cultore della bellezza in filatelia; altri ancora provengono da un collezionista di "Toscana" che annoveriamo tra i palati più sopraffini di ogni tempo. E allora? Cosa avete dimostrato? Che il rumeno incrociato per le scale è un ladro? Oh, povero, onesto, irreprensibile rumeno! E poveri noi, collezionisti, vittime delle nostre illogicità.

La direzione di marcia, il senso logico, il prima e il dopo, vanno rigorosamente dal nostro libero giudizio - maturato nel tempo, con la sistematica e autonoma riflessione su una molteplicità di elementi valutativi, presi singolarmente e nelle loro interconnessioni - alla sua convalida attraverso una firma estesa di Giulio Bolaffi, l'appartenenza a una grande collezione del passato e vedete voi cos'altro.

E' il certificato "Bolaffi 1890" a corroborare la bontà della mia scelta e non la mia scelta a essere telecomandata, eterodiretta, dal certificato "1890". Dopo aver trovato un francobollo in linea col mio gusto - che non è un capriccio passeggero, ma l'esito di un lungo e metodico processo educativo - potrò compiacermi di scoprire che quel francobollo porta la firma di Giulio Bolaffi o Renato Mondolfo, o che ha fatto parte di collezioni prestigiose, e dire a me stesso: "Però! Piace a me come piaceva a loro, a questi grandi del passato". Ma se per un accidente della storia sbatto contro un francobollo "Bolaffi 1890", o finisco addosso a un ex "Pedemonte" o ex "Luxus", non è che meccanicamente mi inginocchio e cado in estasi, come i veggenti di Medjugorje innanzi all'apparizione della Madonna.

Questo frammento di "Toscana" - passato recentemente in asta alla Corinphila - proviene dalla Collezione "Pedemonte".

Affrancatura da 5 soldi su frammento,
assolta con due esemplari da 2 soldi e uno da 1 soldo, con annullo di Bibbiena.
Ex Collezione "Pedemonte".
Firme di Emilio Diena, Alberto Diena e Giulio Bolaffi.
Certificato Enzo Diena.

E' un insieme complessivamente pregevole? Sì.

E' un pezzo obiettivamente raro? Sì.

E' stato vagliato dai maggiori esperti di ogni epoca? Sì.

Ha un gran bel pedigree? Sì.

Lo comprerei? No.

Perché? Per tante valide ragioni, ma di base perché disallineato rispetto a un gusto che ambisce a essere sofisticato, evoluto, raffinato. Non concordo inoltre col certificato di Enzo Diena, perché a mio parere l'esemplare da 1 soldo ha un margine intaccato.


Questo pezzo, con tutta la sua storia imponente, non mi emoziona; e mi lasciava perplesso prima di verificare che andò invenduto nell'originaria vendita "Pedemonte", da cui proviene; il suo essere invenduto - in un'asta da sold out, con molti realizzi pari a multipli del catalogo - convalida il mio pre-giudizio, il giudizio che me ne ero formato prima di entrare in possesso di questa informazione; se per ipotesi il pezzo fosse stato aggiudicato, spuntando pure un realizzo elevato, allora questa ipotetica informazione sarebbe entrata nel mio set di conoscenze, l'avrei analizzata insieme a tutto il resto, avrei sicuramente affinato il giudizio, ma probabilmente non l'avrei modificato al punto da decidermi all'acquisto, a batterlo in asta.

Altro esempio. Questa crazia del 1857 - appartenuta al conferente della Feldman, anche se non presente nella selezione di "Toscana" - proprio non va, sebbene sia corredata da un certificato "Bolaffi 1890" (così afferma il suo ex proprietario).


Qui è più facile vedere i motivi del mancato feeling. C'è una buona, ottima, qualità di stampa, ma c'è anche un annullo ripetuto sgradevole e mal impresso e ci sono margini insopportabilmente irregolari e squilibrati. Questa crazia è un fenomeno da baraccone. Non sorprende che il conferente della Feldman l'abbia acquistata. Questo è esattamente il suo stile, il suo gusto.

Altro esempio, questa volta da "Napoli", provenienza "Pedemonte".

Regno di Napoli, 1858.
½ grano I tavola, rosa carminio chiaro, bordo di foglio.
Ex Collezione "Pedemonte".

Il ½ grano I tavola di Napoli è un pezzo duro, sul piano qualitativo. La povertà della stampa e l'annullato "in cartella" creano un connubio spesso esiziale per l'estetica. Questo esemplare è obiettivamente straordinario, per l'intensità del colore, il nitore dell'incisione, l'ampiezza dei margini e la pulizia dell'annullo, ancor prima che per il bordo di foglio, che aggiunge ulteriore pregio. E' siglato da Giulio Bolaffi, che lo indirizzò verso il Signor "Pedemonte", a cui riservava i pezzi migliori in commercio.

Lo specchietto a voi si inchina, la più bella è la regina, ma nei monti lontani, lontani, dove stanno i sette nani....  Lassù, nei monti lontani, c'è un collezionista della qualità che prova fastidio nel vedere un annullo ripetuto, per quanto minimo. L'occhio va lì, verso quel segno nero apparentemente irrilevante. Lo rimuove col pensiero, con l'immaginazione, e l'occhio ora vede tutto un altro francobollo, capace di emozionare l'anima. Se solo non ci fosse quel segno. Questo è il pensiero di quel collezionista di qualità, che non possiede un solo francobollo con un doppio annullo, che non vuole iniziare ad averli, perché sa che scendere un gradino significherebbe ruzzolar giù per tutte le scale. Questo è il pensiero del collezionista di qualità, che non viene scacciato dal pedigree del francobollo né dalla sua netta superiorità rispetto alla media, né dal suo aver surclassato i suoi competitor nell'asta "Pedemonte" da cui proviene (il lotto n. 229 è preferibile, anche se ci vuole parecchia finezza per capirne le ragioni).




Ancora "Napoli", questa volta però provenienza "Scilla e Cariddi".

Regno di Napoli, 1858.
½ grano I tavola, rosa chiaro.
Bordo di foglio integrale, assenza di filigrana e gomma integra.

Esemplare straordinario, che ho però lasciato dov'era, quando ho avuto la possibilità di acquistarlo. Perché - anche a prescindere dalla mia scarsa attrazione verso i francobolli nuovi, un fatto sicuramente molto personale - preferisco invariabilmente gli esemplari di colore più vivo, anche senza bordo di foglio, sul quale peraltro ho la sensazione vi siano delle macchie diffuse (come spesso accade su certi pezzi).

Un'altro ½ grano di "Napoli", ma della seconda tavola.

Regno di Napoli, 1858.
½ grano II tavola.

Esemplare bellissimo, ma oltre la soglia del dolore. Nel senso che, a differenza del ½ grano "Pedemonte", dove l'annullo ripetuto provocava dolore, perché sarebbe bastato un niente per avere un esemplare conforme al mio gusto, qui il dolore non lo sento neppure, tanto evidente e marcata è la svirgolata del margine alla destra di chi guarda.
 
Che il francobollo fosse presente nel Catalogo n. 7 di Mondolfo, descritto come eccezionale e proposto a un prezzo superiore alla quotazione di catalogo, è un fatto che non cambia il mio giudizio (il lotto n. 349, che gli sta accanto, è evidentemente tutto un altro passo, un'altra razza).


Questa carrellata tra alcuni "ex" - che potrebbe proseguire in un senso e nell'altro - vuol trasmettere un messaggio preciso: il giudizio del collezionista rimane essenziale.

Torniamo alla selezione di "Toscana". Il conferente della Feldman è stato malamente influenzato dal fascino dell'ex, ne è stato deviato sino a cadere in un'inversione metodologica, sino a scambiare la causa con l'effetto, come chi credesse che siano i regali sotto l'albero a causare l'arrivo del Natale.
 
Ho già parlato del soldo ex "Seta" e posso rimodulare il discorso per il quattrino del 1857, anch'esso un ex "Seta", un capolavoro in senso inverso.


Il quattrino è il Marzocco su cui le sbarre producono il minor danno, perché "nero su nero" - il nero dell'annullo sul nero del francobollo - è una combinazione senza soluzione di continuità, che non genera contrasti cromatici, perciò non crea né armonie né disarmonie.
 
Ma questo quattrino - incredibile! - riesce a mostrare problemi laddove di regola non ce ne sono. L'annullo, oltre che ripetuto, è brutto e apposto male. E' appartenuto alla Collezione "Seta"? E chi se ne importa! Era nello stock dell'ingegner Giacomo Avanzo, scuola Mondolfo, ultimo baluardo dei commercianti di qualità? E chi se ne importa, un'altra volta! Giacomo Avanzo l'avrà acquistato a un prezzo per lui conveniente, che gli dava la possibilità di un'intermediazione profittevole; ma la metrica qualità-prezzo appartiene ai commercianti, non ai collezionisti; con la logica qualità-prezzo ci ragionano i commercianti, non i collezionisti. Il collezionista deve solo preoccuparsi di inserire nel suo album gli oggetti appropriati, capaci di dargli piacere, soddisfazione, gusto, che ben si miscelano con quel che già possiede, sotto il vincolo esclusivo di non pregiudicare la rata del mutuo, gli svaghi presenti e gli impegni futuri dei figli, i regali alla moglie, le vacanze familiari e la copertura di spese impreviste. Dopodiché, fatto salvo il vincolo di bilancio, costi quel costi.

Ma è un altro l'esemplare che vorrei portare all'attenzione, perché dispongo di un preciso metro di confronto: il francobollo da 80 centesimi del Governo Provvisorio.


Questo francobollo ha diversi punti fastidiosi, con buona pace dell'inarrivabile Giulio Bolaffi, che lo firmò per esteso. Primo, è colpito da un doppio annullo, minimo, ma pur sempre doppio annullo, di quelli che trasmettono fastidio. Secondo, staziona su un frammento che non mostra interamente l'annullo, ne resta fuori solo una piccola parte, ma ancora una volta è fastidioso non poterlo vedere tutto. Terzo, l'annullo di per sé - prescindendo dalla ripetizione e dall'incompletezza - non è propriamente un esempio di nitidezza e rimane parecchi gradini sotto, sulla scala della qualità.

Vi invito a guardare - per confronto - il lotto n. 537 dell'asta Vaccari n. 91, del 6 maggio 2017.


Che spettacolo di francobollo! Bello, pulito, in ordine, e soprattutto che meraviglia di annullo! L'impresa eccezionale è essere normale e questo francobollo nella sua "normalità" è ecceziunale veramente. Chi l'ha acquistato - a un costo inferiore alla base d'asta dell'80 centesimi di Feldman - ha messo in collezione un grandissimo pezzo, di quelli duri, difficili da reperire in questo stato. Il suo possessore non avrà problemi a trovare chi glielo ricomprerà al giusto prezzo, a un prezzo che gli darà piena soddisfazione, il giorno che vorrà rivenderlo.

Guardate l'80 centesimi di Feldman e l'80 centesimi di Vaccari; accostateli, confrontateli e ragionate, pensate e riflettete; e se dopo tutto ancora non scorgete l'abisso che li separa, allora rinunciate a capire la qualità.

Se poi non riuscite neppure a capire che tutti i francobolli di alta qualità sono appartenuti a grandi collezionisti del passato non garantisce l'alta qualità di un francobollo proveniente da una grande collezione del passato, allora rinunciate a capire anche il fascino dell'ex.

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