NELL'HAREM DELLE RARITA' - Le affrancature miste

  
"Il francobollo fin dall'inizio non è stato soltanto un mezzo per affrancare una lettera,
ma la dichiarazione del potere di uno Stato. E' una dichiarazione di proprietà: qui comando io"
(Franco Filanci)
 
Noi conosciamo - per esperienza diretta - un'Italia geograficamente e politicamente stabile, invariata: l'Italia - per noi - spazia da Bardonecchia a Trieste, scende giù fino a Scicli, passando per Firenze, Roma e Napoli, e risale in continente triangolando fra Palermo e Messina; l'Italia - per noi - è lo stivale come ce l'hanno presentato alle scuole elementari, invariabilmente lo stesso; l'Italia - per noi - è una percezione cristallina, nitida.

Ma questa realtà italiana - per noi ovvia - è relativamente recente: se si eccettua l'Impero romano - che non fa testo - parliamo di un'area geografica storicamente frammentata sul piano politico; nel 1861, al momento della sua nascita, il cosiddetto Regno d'Italia mancava degli odierni Veneto e Lazio (che sarebbero arrivati rispettivamente nel 1866 e nel 1870); per Trento e Trieste servirà attendere la fine della Prima Guerra Mondiale; e Trieste sarà ancora disputata, dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, sino al 1954.

E poi sufficiente slittare appena un po' più indietro - al 1859 - per ritrovare una penisola frammentata in ben otto Stati, tra Regni, Ducati e Granducati. Il Piemonte - per dire - era un territorio straniero dalla prospettiva di un regnicolo delle Due Sicilie, e non si trattava solo di un fatto politico, ma soprattutto sociale e culturale. Cesare Balbo - nel 1844 - annotava che la penisola assommava "da settentrione a mezzodì province e popoli così diversi tra sé come sono i popoli più settentrionali e più meridionali d'Europa". Il Cancelliere austriaco von Metternich in fondo non sbagliava nel definire l'Italia una semplice "espressione geografica" - andando oltre il suo stesso intento, peraltro strumentalizzato - se persino dopo l'unità politica del territorio (chiamato "Italia") è rimasta viva la questione della piena condivisione di valori, mentalità e destini (della "identità italiana", si può dire) da parte di chi, per il sol fatto di appartenere al territorio, veniva appellato come "italiano".

Otto Stati, dunque - Sardegna, Lombardo-Veneto, Modena, Parma, Toscana, PontificioNapoli e Sicilia - otto potentati su un'area geografica compatta - la penisola italiana - ognuno sovrano sul suo pezzo di terra, un potere e una sovranità che si esprimevano anche attraverso i francobolli, la cui emissione - nel fornire "un mezzo per affrancare una lettera" - rappresentava "la dichiarazione del potere di uno Stato", un modo per dire "qui comando io" (con la prosa suggestiva di Franco Filanci).

Anche quando il francobollo esprimeva una subordinazione di poteri o un accordo tra poteri - come nella Lega postale Austro-Italica - il suo legame col governo del territorio rimaneva inalterato: di sicuro il francobollo sgravava la consegna della corrispondenza all'interno dell'area di riferimento, ma anche quando permetteva di oltrepassarla, su ogni spedizione (lettera, giornale, circolare) ci si aspettava di vedere solo i francobolli dello Stato di provenienza, lo Stato in cui si trovava il mittente.

Senonché la realtà si rivela invariabilmente più articolata delle stilizzazioni che se ne possono dare, e poteva così accadere che su una stessa spedizione fossero presenti francobolli di due diverse amministrazioni, a volte come conseguenza di configurazioni istituzionali previste, altre in ragione di iniziative estemporanee, con tutte le sfumature intermedie.
 
L'etichetta "affrancature miste" - in breve, "miste" - identifica una vasta classe di oggetti postali storicamente determinati, da contestualizzare in un'epoca e qualificare attraverso gli eventi storici che la caratterizzarono, e talvolta persino tramite le contingenze di situazioni individuali.

Se ne possono qualificare almeno quattro fattispecie:
 
[1] affrancature miste "originarie", nate già in partenza con francobolli di Stati diversi, per usi congiunti ammessi o comunque tollerati;

[2] affrancature miste "a staffetta" (o "rispedizioni") con francobolli apposti in luoghi e tempi diversi, lungo il tragitto della spedizione;

[3] miste "a destinazione" - senza più parlare di "affrancatura" - col francobollo del secondo Stato apposto in arrivo a titolo di tassazione;

[4] miste "formali", con compresenza di francobolli di diversi Stati per tentata frode o per qualsiasi altra ragione non riconducibile all'ordinario funzionamento del sistema postale.

Sotto il profilo storico - dell'interpretazione dell'oggetto sullo sfondo delle vicende umane in cui ha preso forma - il sostantivo "miste" si lega spontaneamente all'aggettivo "risorgimentale", ché la combinazione di valori postali di diversa emanazione si verificò con maggior frequenza nel cosiddetto "magnifico biennio", tra il 1859 e il 1861, a cavallo dell'unità d'Italia (e il Catalogo della Bolaffi usa infatti degli assi di analisi ibridi, postali e geo-politici, parlando di "miste plebiscitarie", "miste interstato", "miste rivoluzionarie", "miste a staffetta").   

Potrà allora tornare utile un richiamo - da fonte autorevole - agli eventi storico-postali del periodo, per avere il giusto scenario d'ambientazione.
 

Estratto da "Il Collezionista - Italia Filatelica", n. 4, aprile 1960.
 
Le "miste" sono uno dei capitoli più fascinosi della filatelia degli Antichi Stati, ma anche altamente specialistico, di cui qui si vuole offrire un semplice assaggio, più che un'introduzione organica, nella speranza di incuriosire i singoli collezionisti (che potranno poi approfondire in autonomia, ognuno in base ai propri specifici interessi).
 
Parliamo - di là dei tecnicismi - di un insieme di oggetti senz'altro numeroso (il Catalogo Bolaffi ne censisce svariate centinaia) ma forse è improprio - e sicuramente è grossolano - accorpare oggetti così particolari sotto una stessa etichetta nominale, e ulteriori sotto-classificazioni andrebbero comunque mantenute, per apprezzarle a dovere.
 
Non vi è peraltro alcun dubbio che siano desiderate da tutti, per la loro capacità di inserirsi con gran naturalezza in qualsiasi discorso collezionistico, e che non sia così facile entrarne in possesso (se ne vedono poche sul mercato ufficiale, e quasi mai quelle più rilevanti).
 
E soprattutto - se vogliamo, prima di tutto - posseggono un association value virtualmente ineguagliabile, per il loro testimoniare - con le parole di Alberto Bolaffi - "la pagina probabilmente più interessante e culturalmente stimolante della filatelia mondiale" .
 
Fronteggiare le "miste" - ancora con Alberto Bolaffi - "è come trovarsi nel più irraggiungibile degli harem, tra le più belle e affascinanti creature di tutta la popolazione filatelica del mondo".
 
Godetevele!

 

Pontificio - Lombardo-Veneto

Lo Stato Pontificio entra nella Lega Austro-Italica l'1 ottobre 1852.

Prima di allora le lettere indirizzate verso il Regno del Lombardo-Veneto venivano affrancate per coprire il costo di spedizione sino al confine, rimanendo a carico del destinatario il costo del successivo recapito sino a destinazione.
 
Nel 1852, nella Ferrara pontificia, presumibilmente per la posizione geografica sul confine, si registrarono delle sporadiche applicazioni complementari di francobolli del Lombardo-Veneto come forma di pre-pagamento della tassa interna al territorio austriaco (da cui doveva quindi essere sgravato il destinatario).
 
Si trattava di un'iniziativa "dal basso", informale, sulla scia di ciò che storicamente trovava una precisa codificazione.

"Nelle convenzione stipulate nel secolo XIX tra paesi contigui per gestire e regolamentare il traffico postale tra loro, particolare attenzione è sempre stata prestata dalle Autorità competenti per le popolazioni vicino alla frontiera" - leggiamo nell'introduzione alla Collezione "Raggi Limitrofi" - "Essendo nota l'esistenza di una fitta rete di rapporti personali e commerciali tra gli abitanti delle località di frontiera creatasi nel corso degli anni per la loro vicinanza, si volevano mantenere ed agevolare questi rapporti".

Cartografia dello Stato Pontificio:
Ferrara si trovava sul confine col Lombardo Veneto.
 
Il Sassone censisce nove "miste" Stato Pontificio - Lombardo-Veneto (sei lettere e tre frammenti).

Questo è il documento storicamente riprodotto sul catalogo e appartenuto alla Collezione "Testine" di Ottavio Masi (da cui è ripresa l'immagine).
 

 
Qui, comunque, l'intenzione di prepagare interamente non andò a buon fine (probabilmente perché i francobolli del Lombardo-Veneto furono annullati già a Ferrara) e la lettera fu tassata per 6 carantani (segno "6" a penna, al centro della lettera) a carico del destinatario. 

 

Romagne - Lombardo-Veneto

La Seconda Guerra d'Indipendenza - negli intenti dichiarati - aveva l'obiettivo di cacciar via gli austriaci dal Lombardo-Veneto; nei fatti coinvolse i destini di Modena, Parma, Toscana e Romagne, che furono annesse al Regno di Sardegna, dopo un periodo di Governo provvisorio di cui si ha traccia in specifiche emissioni di francobolli.
 
 Il 12 giugno 1859 inizia la ritirata delle guarnigioni austriache dalle Romagne
- che si concluderà il 22 giugno - e con le truppe vanno via anche i legati pontifici.
Lo sgombero del territorio è ancora in atto, ci si trova nel mezzo di una transizione di poteri,
ma i nuovi governanti già si premurano di chiarire il funzionamento del nuovo sistema postale. 
 
 
 
 
L'annuncio del "fuori corso" dei francobolli pontifici nelle Romagne,
contestuale all'informativa sull'emissione di una nuova serie (pur denominata in bajocchi).

Tra le implicazioni del conflitto vi fu il venir meno della Convenzione Austro-Italica, che dal 1852 aveva permesso l'inoltro della corrispondenza nei territori degli Stati sottoscrittori, pagando la spedizione in anticipo a un costo di favore. 
 
Nel settembre del 1859, a Ferrara, qualcuno doveva tuttavia aver conservato memoria della possibilità di combinare francobolli di amministrazioni postali diverse per sgravare il destinatario da ogni onere di consegna, e diede così forma a una una "mista originaria" che un secolo dopo sarebbe entrata nella "vetrina delle rarità" della Bolaffi.
 
Estratto da "Il Collezionista - Italia Filatelica", n. 11, novembre 1957.
 
La lettera parte da Ferrara il 15 settembre 1859, diretta a Padova, affrancata con un 4 bajocchi delle Romagne per coprire il tragitto sino al confine (e annullato con la losanga pontificia) in combinazione con un 5 soldi del Lombardo Veneto per il tragitto successivo in territorio austriaco (annullato col circolare di Padova, che lambisce anche il 4 bajoicchi) così da sollevare del tutto il destinatario da qualsiasi costo.
 
E' appartenuta alla collezione del Lombardo-Veneto di Ottavio Masi, di cui viene qui proposta la pagina interamente dedicata.
 

 

Sardegna - Lombardo-Veneto

La città di Ferrara s'incaricò di dare grandi soddisfazioni ai filatelici del futuro, anche a seguito nel suo ingresso nel Regno di Sardegna e sin dopo l'unità d'Italia: esistono solo tre miste "originarie" tra i francobolli sardo-italiani e i francobolli austriaci partite da territori italiani (una lettera e due frammenti) e due provengono da Ferrara.
 
Esiste poi una quarta mista "originaria" (giunta a noi come frammento) nata in territorio austriaco.
 
I quattro pezzi si trovavano custoditi tra le "Testine" di Ottavio Masi. 
 

 

Lombardo-Veneto - Modena


Unica affrancatura mista ("a staffetta") tra Modena e Lombardo-Veneto.

Il documento è appartenuto alla collezione di Ottavio Masi (da cui è ripresa l'immagine) corredato dalla seguente didascalia.
 
"Lettera da Modena per Comacchio, del 13 dicembre 1859, affrancata con un valore del 20 centesimi del Governo Provvisorio di Modena in accoppiata con un 10 soldi (II tipo) del Lombardo-Veneto.

Timbri di transito di Milano (al verso) del 14 dicembre 1859, di Padova (sul 10 soldi) del 22 dicembre e di Ferrara (al verso) del 23 dicembre.

Durante il 1859, dopo la Seconda Guerra d'Indipendenza, la posta veniva indirizzata alle destinazioni attraverso diverse rotte, fino al rinnovo delle convenzioni postali
".
 
E' una spiegazione povera, obiettivamente: si invoca la guerra - con riferimento implicito ai generici disservizi che caratterizzano i periodi bellici - per giustificare un oggetto che rimane segnato da diverse stranezze.  
 
Il percorso è di sicuro anomalo, per almeno due ragioni:
  • nello stesso periodo si poteva spedire verso la Romagna - a Bologna, ad esempio - affrancando semplicemente con 15 centesimi (come mostra a titolo d'esempio la lettera seguente) e certamente Bologna non è Comacchio, località che - dal punto di vista del mittente - avrebbe previsto il passaggio da Ferrara, storicamente presidiata dagli austriaci;
  • per ragioni oscure si scelse la via di Milano, affrancando per il porto interno con 20 centesimi, e la lettera fu poi inoltrata da Milano a Padova - non si può dire se direttamente o meno - a cui corrispose la tassa austriaca di 10 soldi (fatto ragionevole, dato che Padova - insieme a Venezia e Rovigo - era uno dei tre snodi di passaggio della posta verso il Pontificio), ma col cono d'ombra sul soggetto che a Padova si premurò di pagare la tassa interna (cifra "10" cassata) ed aggiungere un francobollo da 10 soldi (che evoca la tariffa della Lega Austro-Italica) dando luogo  a una tariffa ritenuta comunque inadeguata (visto che a Ferrara si assegnò un altra tassa di "20", presumibilmente in centesimi, a carico del Cavaliere Raffaele Badini amministratore delle valli di Comacchio.
Può forse aiutare a rischiarare la questione la particolarità del mittente (timbro ovale in azzurro, in alto a sinistra): Jacob Diena - padre di Emilio Diena - famoso banchiere di Modena, che probabilmente aveva delle filiali nel Lombardo Veneto, o comunque dei contatti, dei punti di appoggio, pronti a gestire all'occorrenza anche la loro corrispondenza in transito.

Ne è venuta fuori una spedizione, sicuramente rara, ma soprattutto oltremodo costosa: 90 centesimi. 

 

Lombardo-Veneto - Parma

 
Unica mista ("formale") tra il Regno del Lombardo-Veneto e il Ducato di Parma.

La mista origina da un tentativo di frode postale: il mittente compose l'affrancatura per risparmiare 25 centesimi, utilizzando un francobollo parmense in suo possesso (già annullato e ritagliato sui margini laterali verosimilmente per far sparire le greche, che lo avrebbero reso sin troppo riconoscibile) insieme ai valori ordinari del Lombardo-Veneto da 5 e 10 centesimi.
 
L'amministrazione postale austriaca si accorse del tranello, ma consegnò comunque la lettera, gravandola di una tassazione.
 
Il mittente riprovò il giochetto il 5 agosto 1854, con una lettera da Milano per Trieste, affrancandola con un 5 e un 10 centesimi del Lombardo-Veneto e un 25 centesimi di Modena (già usato) sperando probabilmente nell'affinità della vignetta (un'aquila in entrambi i casi) e nella similarità del colore col 30 centesimi.

Anche stavolta i funzionari postali intercettarono la frode e consegnarono sì la lettera, ma gravandola nuovamente di una tassazione.
 
Le due miste "formali" (Lombardo-Veneto - Parma; Lombardo-Veneto - Modena) sono state proposte da Bolaffi nel 2015: partivano rispettivamente da una base di 2.000 e 2.500 euro, e realizzarono al martelletto 11.590 e 14.640 euro. 

 

Toscana - Pontificio

L'amministrazione postale pontificia - similmente ad altre - usava i francobolli anche per attestare una tassazione all'arrivo della lettera, cosicché il francobollo corrispondeva ipso facto a un segnatasse.
 
 
Questa lettera - una mista "a destinazione" - parte da Prato il 4 luglio 1856, diretta a Bologna, affrancata per 2 crazie per il porto a destino (evidenziato dal timbro "P.D." e convalidato dal segno verticale che attraversa il frontespizio, sino  a toccare il francobollo) in accordo con la Convenzione Austro-Italica.
 
Arriva a destinazione il 6 luglio (timbro circolare, sia al verso che al recto, che colpisce anche il francobollo) ma da qui si rende necessaria una rispedizione a Castel San Pietro.
 
Viene dunque imposta una tassazione (segno "1", a penna", a sinistra) poi annullata e sostituita dall'applicazione al verso di un francobollo pontificio da 1 bajocco (annullato a griglia) per agevolare la rendicontazione del credito da esigere dal destinatario (in linea con una forma di controllo tipicamente pontificia, per lettere indirizzate in distretti privi di uffici postali ma solo di distribuzione, come tra Bologna e Castel San Pietro).
 
Estratto dall'articolo di Alberto Diena, in "Il Collezionista - Italia Filatelica", n. 7, luglio-agosto 1951.

 

Sardegna - Romagne

Il 12 giugno 1859 veniva meno il presidio militare austriaco nelle Romagne, e di conseguenza cessava anche il potere pontificio.
 
L'1 settembre una nuova emissione di francobolli dava un giro di vite al cambio di governo, che pur rimaneva provvisorio, come testimoniato dalla valuta dei valori postali, ancora in bajocchi (dal ½ al 20, con valori intermedi da 1, 2, 3, 4, 5, 6 e 8).
 
Anche le tariffe rimasero temporaneamente le stesse della normativa pontificia, da settembre a ottobre. 
 
Dall'1 novembre 1859, con l’introduzione della tariffazione sarda, il bajocco fu equiparato a 5 centesimi e il ½ bajocco - per comodità di calcolo - a 2 centesimi (circostanza che favorì l'uso per frazione del più basso valore della serie a sostegno della tariffa da 1 centesimo).
 
I francobolli delle Romagne rimasero ufficialmente in corso sino al 31 gennaio 1860, sostituiti, dall'1 febbraio, dalla IV emissione di Sardegna.

Di fatto i valori provvisori furono tollerati ancora un mese - con l'equivalenza 1 bajocco = 5 centesimi - e vennero così a crearsi delle miste "originarie" con l'emissione sarda (anche per l'insufficienza del suo quantitativo iniziale rispetto alle esigenze).

Sono note una decina di "miste" Romagne - IV emissione di Sardegna, tutte del febbraio 1860, a eccezione di aprile.
  


Tre miste originarie tra Romagne e IV di Sardegna 
- da da Bologna a Ferrara, da Imola a Bologna, da Forlì a Bologna  - 
tutte affrancate per un controvalore facciale di 20 centesimi sardi
(3 bajocchi più 5 centesimi, le prime due; 2 bajocchi più 10 centesimi la terza).

 

Romagne - Modena


Unica affrancatura mista ("a staffetta") tra i Governi Provvisori di Modena e delle Romagne.
 
La lettera parte da Modena il 23 novembre 1859, indirizzata a Castelfranco, affrancata con un esemplare da 20 centesimi.
 
Viene rispedita a Bologna, previo addebito di un costo aggiuntivo di 1 bajocco (equivalente a 5 centesimi) coperto dal corrispettivo francobollo, annullato con la griglia pontificia il 24 novembre 1859.
 
Giunge a destinazione il 25 novembre, come attestato dall'annullo al recto.

 

Napoli e dintorni

I francobolli di Napoli sono degli straordinari cronisti della complessità degli assetti di potere sul territorio delle Due Sicilie, a seguito della "Spedizione dei Mille": il ½ tornese della dittatura garibaldina (la cosiddetta "Trinacria") e il ½ tornese della luogotenenza di Farini ("Crocetta"); e poi l'emissione delle Province napoletane (col teatrino dei "non emessi") e la IV di Sardegna; e last but not least - e anzi prima di tutto - l'originaria serie borbonica del 1858.
 
I singoli valori postali si sono combinati tra loro in miste "originarie", producendo un'ampia configurazione di casistiche, e precisamente tra:
  • francobolli borbonici e francobollo garibaldino;
  • francobolli borbonici e francobollo luogotenenziale;
  • francobolli borbonici e francobolli delle Province napoletane;
  • francobollo luogotenenziale e francobolli delle province napoletane;
  • francobolli borbonici e francobolli della IV di Sardegna;
  • "non emessi" e francobolli della IV di Sardegna;
  •  francobolli delle Province napoletane e francobolli della IV di Sardegna.
Trovate qui una carrellata (cronologica) di affrancature miste "originarie" sul territorio napoletano.

 

Napoli - Sicilia

"Due Sicilie" è un'espressione carica di fascino e suggestioni, di mistero: la loro storia la trovate qui (o qui, se ne volete una versione minimalista).
 
La dualità tra le Sicilie - tra i dominî al di qua del Faro (Napoli) e al di là del Faro (isola di Sicilia) - trova una manifestazione paradigmatica nel funzionamento del sistema postale: le due amministrazioni erano separate, usavano diversi francobolli (emessi peraltro in tempi diversi) e i valori di un dominio non avevano validità nell'altro.

Quest'affrancatura mista tra Napoli e Sicilia  ("a staffetta") assume quindi una valenza storico-postale ben oltre la sua unicità filatelica.
 
"Lettera da Termini, 14 maggio 1860, affrancata con due 5 grana I tav., diretta a Genova.
In transito da Napoli, 23 maggio,
vergato per insufficiente affrancatura il segno di tassazione sulla soprascritta,
è posta in giacenza.
Il viaggio riprende il 26 giugno, dopo che il mittente integra il porto;
viene aggiunto un 5 grana, dell'emissione del 1858 per i Dominj di Terraferma,
che è obliterato dal timbro "Annullato" in cartella.
Altro bollo in cartella "Giacente", giustifica il ritardo nella prosecuzione del viaggio;
entrambi i bolli sono capovolti rispetto ai francobolli
ed è da presumere che siano stati impressi contemporaneamente prima della nuova partenza.
La lettera giunse a Genova il 1° luglio.
Ritengo che essa sia stata avviata per via di terra con i mezzi postali
che ancora congiungevano alcune località della Sicilia occidentale a Messina ed al continente.
Fu, quindi, affrancata in partenza per 10 grana come se costituita da un foglio.
A Napoli, accertato trattarsi di due fogli, fu richiesto il pagamento di altri 10 grana
la cui rimessa permise l'aggiunta del 5 grana napoletano
che, per la differenza valutaria fra grano di Napoli e di Sicilia, 
corrispondeva appunto ai 10 grana siciliani"
 
Possiamo riassumere per punti la didascalia di Nino Aquila - tratta dal suo libro "I francobolli degli ultimi Re" - per coglierne meglio gli snodi essenziali della spedizione:
  • transita da Napoli il 23 maggio e viene posta in giacenza;
  • giunge a Genova l'1 di luglio.
 

Nella pur scrupolosa descrizione di Nino Aquila c'è un passaggio che rimane sibillino: "dopo che il mittente integra il porto".
 
Come ha fatto il mittente - in Sicilia - a sapere che la sua lettera era in giacenza a Napoli? E - anche ammesso ne sia venuto a conoscenza - come ha fatto, dalla Sicilia, a pagare i 5 grana napoletani necessari per la prosecuzione del viaggio?

Sono domande - chiariamolo subito - a cui non si possono dare che risposte congetturali, basandosi su un unico fatto certo: il mittente era la Ditta Mormino (come testimonia il timbro privato ovale in azzurro, in basso a sinistra della lettera).
 
 
Pasquale Mormino Navarra.
 
Una veloce ricerca in rete ci restituisce dei frammenti biografici di Pasquale Mormino Navarra: nasce a Termini Imerese, nel 1804, e fonda una delle prime e più importanti industrie del circondario di Termini Imerese e di Palermo, attiva nella produzione della liquirizia, nella conservazione e salatura del pesce in scatola e nella molitura del sommacco (all'epoca fondamentale per la concia delle pelli).
 
Per la cronaca: il fratello Francesco - sul finire del XIX secolo - fu socio di una delle prime aziende armatoriali siciliane ("La Trinacria"), il figlio Diego della società per l'esportazione di sommacchi ("I.&V. Florio") e al nipote Pasquale (figlio di Diego) si deve la fondazione del cantiere navale a Termini Imerese (di cui rimangono ancora gli stabilimenti nel porto vecchio).
 
Parliamo dunque di una realtà imprenditoriale di notevole rilevanza, nel tempo e nello spazio, e si può allora ragionevolmente immaginare che avesse sistematici contatti con le Poste - all'epoca l'unica istituzione in grado di assicurare la comunicazione a distanza - e più in generale con figure locali sparse per la penisola. All'epoca - anno 1860 - le lettere venivano ritirate presso le officine, e allora - proseguendo con le supposizioni - può darsi che l'informazione della giacenza sia arrivata al mittente attraverso le ordinarie relazioni che teneva con gli impiegati postali.

A complicare le cose arriva però un dettaglio qualitativo sul 5 grana napoletano: il francobollo è assottigliato.
 
Gli assottigliamenti - di regola, nella generalità dei casi - si producono attraverso un distacco mal eseguito del francobollo dal suo supporto cartaceo, e ciò porterebbe a congetturare che l'esemplare sia stato recuperato da una precedente missiva, approfittando del suo mancato annullamento per riutilizzarlo sulla lettera da Termini Imerese e diretta a Genova.
 
Sono tutte congetture - è doveroso ribadirlo - e per di più della peggior specie, perché non soggette a confutazioni.
 
Per ritornare a elementi certi, e più recenti, si registra l'appartenenza della lettera alle collezioni di Saverio Imperato (e i ben informati sostengono che fosse uno dei pezzi a cui il Professore era più affezionato).
 
Bolaffi l'ha proposta una prima volta - a trattativa privata - in catalogo a prezzi netti nel febbraio 2022, e poi una seconda volta - in asta pubblica - nell'aprile 2024, in cui ha spuntato un realizzo di 44.000 euro (da maggiorare con le commissioni al 22%).


Sicilia - Sardegna


Unica affrancatura mista ("a staffetta") tra il Regno di Sicilia e il Regno di Sardegna.
 
La lettera (di un foglio) parte da Palermo il 9 novembre 1859, affrancata per 10 grana.
 
Arriva a Genova il 15 novembre 1859, transitando per Napoli col Vapore "Corriere Siciliano", per poi esser rispedita a Milano, il giorno dopo, con l'aggiunta di un 20 centesimi della IV di Sardegna.
 
Giunge infine a destinazione il 17 novembre, con l'ambulante postale.
 
Il segno "4" - poi corretto in "5" - indica la tassa sarda in arrivo di 50 centesimi, in assenza di convenzioni postale tra il Piemonte e le Due Sicilie.
 
E' rimarchevole annotare il destinatario, perché concorre a far chiarezza sulla dinamica degli eventi.
 
Parliamo del Console siciliano a Genova, a cui il mittente scriveva attraverso una pseudo-raccomandata "per sicuro recapito", come si legge sotto il nome di Ettore Alvino, vale a dire per evitare la giacenza. Qualcuno, evidentemente, data la rilevanza del personaggio, si attivò per sapere dove si trovava l'Alvino - e forse l'Alvino stesso sollecitò il recapito della lettera - procedendo dunque alla rispedizione, prima in porto assegnato e poi in prepagato, con oscurazione dell'indirizzo originale.
 

 
Due esempi prefilatelici di pseudo-raccomandate,
lettere per cui non era stata pagata la tassa prevista,
ma che si "raccomandavano" comunque all'attenzione delle Poste.
Nel primo caso ci si affidava a Odoardo Borella per la rapida consegna della lettera 
- "perché sia spedita immediatamente al suo destino" -
sapendo probabilmente che a Colombaro - all'epoca nel distretto di Adro -
 il giro del cursore comunale non era giornaliero.
(il testo interno - in particolare - ci rivela la speranza del mittente
di vederla recapitata il lunedì sera, o al più tardi martedì mattina,
proprio grazie all'indicazione "raccomandata" scritta sul fronte).
 Nel secondo caso si tratta di una lettera da Lione, del 1774,
scritta da un figlio alla madre, "raccomandandosi" al segretario della Ferma Generale, 
 l'istituzione privata-statale deputata a riscuotere le gabelle nel Ducato di Milano
(i due segni di tassazione furono cassati, perché il segretario godeva dell'esenzione postale).

 

Napoli - Pontificio

 
Unica affrancatura mista "originaria" tra Stato Pontificio e Regno di Napoli.
 
La lettera parte da Roma il 16 luglio 1859, diretta a Napoli, indirizzata al "Signor Ministro di Polizia", e il testo della missiva rivela il motivo della compresenza di un francobollo pontificio (da 5 bajoicchi) e uno napoletano (da 2 grana): il mittente voleva accelerare il disbrigo di una pratica di rinnovo del passaporto, e così - oltre al valore da 5 bajocchi, per il porto sino al confine pontificio - si premurò di pagare in anticipo anche il porto interno napoletano per la consegna finale (e ogni ufficio postale invalidò il francobollo di propria competenza: con la griglia, il 5 bajocchi; con l'annullato in cartella - in rosso - il 2 grana).
 
Questa anomala modalità di pagamento del servizio postale - senza precedenti né successivi - fu comunque accettata, originando un documento unico nel suo genere.
 
La lettera è stata proposta dalla casa d'asta Ferrario, nella tornata del 29 marzo 2020, a trattativa privata.
 

 

Modena - Parma

"Tassa sulle idee": la retorica risorgimentale avrebbe qualificato così - come un gravame sul libero pensiero - il costo per la circolazione dei giornali all'interno della penisola.
 
Il Ducato di Parma introdusse una tassa di lettura a seguito del trattato doganale con l'Austria del 9 agosto 1852: ammontava a 9 centesimi (ridotta a 6, nel 1857) e al principio prese la forma di un bollo a doppio cerchio con al centro il giglio borbonico, da apporre sui giornali in ingresso nel Ducato; nel 1853 i bolli furono sostituiti da una marca di 9 centesimi, dallo stereotipo neutro.
 
   
L'intestazione del Decreto istitutivo della tassa sulle "Gazzette estere".

L'entrata di un giornale nel Ducato era dunque tassata, anche quando il costo di spedizione era già stato coperto in anticipo dal francobollo, come si vede in questa copia del "MESSAGERE" affrancata con un 5 centesimi del Ducato di Modena (per pagare la spedizione e annullato a sbarre nere) e comunque gravato da una marca di 9 centesimi (annullata a griglietta, al momento dell'arrivo a Parma).
 

 

Lombardo-Veneto - Parma

Non servono a questo punto tante altre spiegazioni, per capire l'unica affrancatura mista tra valori postali del Regno Lombardo-Veneto e del Ducato di Parma sulla "Gazzetta Ufficiale di Milano" del 26 ottobre 1863 (appartenuta alla Collezione "Testine" di Masi): il costo di 10 centesimi per la spedizione da Milano fu gravato di un'ulteriore tassa di 9 centesimi per l'ingresso a Piacenza.
  

Parma - Sardegna - Francia

Le vicende risorgimentali di Parma determinarono un affollamento di poteri sul territorio dell'ormai tramontato Ducato, e francobolli sardi, valori provvisori, e persino francobolli francesi, si ritrovarono così a convivere su alcune lettere, annoverabili tra le miste "originarie" più affascinanti, per gran parte riunite da Alberto Barcella nella sua "Parma" (da cui sono riprese le immagini e le didascalie).

 

    
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 

Pontificio - Regno d'Italia

"Il Regno è protetto su tre lati dall'acqua salata e su uno dall'acqua santa".
 
Re Ferdinando II di Borbone riassumeva così - con l'immagine dell'acqua - il suo senso di sicurezza.

Le invasioni "via" mare - l'attacco sul versante dell'acqua salata - erano complesse di per sé, e l'esperienza lo aveva poi abituato a vederle fallire tutte.
 
Le invasioni "via" terra avrebbero richiesto di attraversare i territori dello Stato Pontificio - l’acqua santa - e nessuno avrebbe mai osato tanto, nell'immaginazione del Re delle Due Sicilie (che in punto di morte si rallegrò di aver rifiutato la corona d'Italia: "se io l'avessi accettata, ora soffrirei il rimorso di aver leso i diritti del Sommo Pontefice").

Ferdinando II abdicò da questo mondo il 22 maggio 1859.

Il 12 giugno 1859 il cardinale legato di Bologna lasciava la città, seguito il giorno dopo dagli altri legati, per il venir meno del puntello militare - le guarnigioni austriache, richiamate alla base dopo la sconfitta dell'Impero a Magenta - che aveva sino a quel momento preservato il potere pontificio al di sopra dell'Appennino. Il governo transitò tra varie figure provvisorie, che avrebbero infine consegnato le Romagne al Regno di Sardegna di Vittorio Emanuele II.
 
Erano le prove generali di ciò che sarebbe accaduto poco più di un anno dopo, quando si verificò proprio quell'evento ritenuto impossibile dal deceduto Re di Napoli: l'11 settembre 1860 l'esercito sardo varca la frontiera pontificia delle Marche e dell'Umbria, col pretesto di prevenire l'anarchia a Napoli - avallato da Napoleone III: "fate, ma fate presto" - dopo l'arrivo di Garibaldi.

L'opera di conquista sarà ultimata il 20 settembre 1870, resa possibile - ancora una volta - dal venir meno di un presidio militare straniero, stavolta francese, dopo la sconfitta di Napoleone III a Sedan.

L'acqua santa di fatto non esisteva più, era ormai ridotta a una pozzanghera, "limitata a sud dai bastioni di Santo Spirito e che comprende il Monte Vaticano, Castel Sant'Angelo e gli edifici costituenti la Città leonina", come si legge nel documento di capitolazione.

Lo Stato Pontificio rimase a lungo nemico del Regno d'Italia - serviranno i Patti Lateranensi del 1929 per risolvere la "questione romana" - e la sua ostilità si manifestò anche nelle relazioni postali. 
 
Il 19 agosto 1861 le Poste sabaude proposero un accordo alle Poste pontificie per economizzare la spedizione della corrispondenza tra i due Stati, ma se la videro bruscamente respinta: qualsiasi accordo in materia postale avrebbe implicitamente legittimato lo Stato italiano e avrebbe quindi significato la formale accettazione della perdita di Romagne, Marche e Umbria.
 
Di li a poco - il 29 settembre - un avviso al pubblico informava anzi sulle nuove tariffe pontificie: spedire in territorio italiano sarebbe costato 5 bajocchi, sino al confine, mentre la corrispondenza verso Romagne, Marche e Umbria avrebbe pagato solo 3 bajocchi, a rimarcare la peculiarità di quei territori, a ricordarne la loro usurpazione (nel 1864 la tariffa per l'Italia fu poi ridotta a 4 bajocchi e quella per le province usurpate a 2).

Furono però accettate affrancature con applicazione in partenza di francobolli di entrambi gli Stati per rendere possibile la spedizione senza oneri ("franca") sino a destinazione. 
 
Lettera del 14 gennaio 1866, diretta a Roma, con affrancatura mista Italia-Pontificio
- 20 centesimi su 15 centesimi del 1865 più un 2 bajocchi del 1852 -
col francobollo pontificio annullato in arrivo con quattro tratti diagonali di penna,
di cui uno che attraversa l'intera facciata, a segnalare il "porto pagato" per intero.

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